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La Costituzione ‘aperta’ e le ‘chiusure’ del Tribunal Constitucional.

Un modello aperto: Costituzione e giurisprudenza costituzionale come ‘arbitri’ della carrera entre liebres y tortugas.

1. La Costituzione ‘aperta’ e le ‘chiusure’ del Tribunal Constitucional.

precedenti. ‒ 1.2. ‘Teoria’ e ‘prassi’ del proceso autonómico. ‒ 2. La lepre e la tartaruga: l’eterna corsa per un ‘caffè’ ‒ 3. La ‘febbre’ di riforma. ‒ 3.1. Estatutos de Autonomía e riforma: la volontà del Costituente e le sue interpretazioni ‒ 3.2. La ‘fiebre’ di riforma: sintomo, cura o malattia? ‒ 3.3. Le principali novità delle riforme. Il paradigma catalano. ‒ 3.3.1. Il ‘vigore’ delle competenze e la razionalità della giurisprudenza ‒ 3.3.2. L’Europa e gli Statuti ‒ 4. La storia infinita della ‘comodità’ dei nazionalisti.

1. La Costituzione ‘aperta’ … e le ‘chiusure’ del Tribunal Constitucional.

1.1. I controversi precedenti.

“El mundo era tan reciente, que muchas cosas carecían de nombre, y para mencionarlas había que señalarlas con el dedo”1, scriveva García Márquez, disegnando il mondo immaginario di Macondo, un mondo nuovo, completamente diverso da tutto ciò che era conosciuto. Una metafora che si adatta alla perfezione a quello che era la Spagna del 1978, alla luce di una nuova Costituzione che non ‘disegna’ alcun modello definito per la struttura di uno Stato appena (ri)nato2.

Per la norma non scritta del ‘per sapere chi siamo e dove andiamo bisogna sapere da dove veniamo’ è chiaro che una situazione talmente ‘indefinita’ non può che essere solo l’ultimo di tutta una serie di passaggi di un percorso controverso e problematico. Un cammino orientato alla soluzione di ataviche questioni: la restaurazione della democrazia ed il ‘patto’ territoriale principalmente.

Dopo l’esperienza fortemente centralista della Constitución de Cadiz (1812), la Costituzione della Prima Repubblica, nel 1873 - sulla scia delle idee allora circolanti in Europa -, effettivamente, segna l’approdo di un dichiarato Proyecto de Constitución

1García Márquez G., Cent’anni di solitudine, Milano, 2003, p. 3 (traduzione mia). 2Cfr. Blánco Valdés R., Nacionalidades históricas y regiones sin historia, Madrid, 2005.

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Federal3, con elementi - quali l’enumerazione delle entità che compongono la Nazione e la distribuzione ‘federale’ delle competenze4 - che ad oggi potrebbero essere validi strumenti di ‘chiusura’ del sistema, anche alla luce della (ormai) inoperatività del c.d. principio dispositivo, giacché tutti i territori hanno ormai, da più di trent’anni, avuto accesso all’autogoverno5.

Ci ritorneremo meglio.

Con l’avvento della Seconda Repubblica ‒ in seguito ad una parentesi di Restaurazione borbonica, turbata fra l’altro da movimenti separatisti, baschi e catalani principalmente ‒ e l’instaurazione del modello di Estado Integral6 nella Costituzione del 1931 inizia a

delinearsi un modello ben poco delineato ‒ che sfocerà in quello ‘aperto’ attuale ‒ ‘affidato’ alle potenzialità del principio dispositivo, lasciando ai territori ‒ non più elencati ‒ la volontà dell’accesso all’autonomia7.

Con la fine della guerra civile ed il golpe del 1936 una lunga parentesi di dittatura e totalitarismo, che inaugurò una lunga fase ricentralizzatrice di unitarismo, di stampo quasi napoleonico, la ‘questione territoriale’ giunse ad un punto di “delírio”8 sotto la spinta delle forze più autonomiste in reazione ad una “retórica huera”, quella della Madrid franchista,

3Si veda l’art. 39 del Proyecto de Constitución Federal presentato alle Cortes il 17 luglio del 1873:

“la forma de Gobierno de la Nación española es la República Federal”.

4 Inoltre, le entità federate erano investite del privilegio del potere costituente. Cfr. Art. 93 del

Proyecto de Constitución Federal del 1873: “Los Estados tienen la facultad de darse una Constitución política, que no podrá en ningún caso contradecir la presente Constitución”.

5Cfr. Álvarez Vélez M.I., Alcón Yustas M.F., “Una visión sobre la posible reforma del Título VIII

de la Constitución española de 1978”, in Parlamento y Constitución (Anuario), n. 8/2004.

6Art. 1 della Constitución del 1931: “ […] La república constituye un Estado Integral, compatible

con la autonomñia de los Municipios y de las Regiones …”.

L’interesse della dottrina intorno a questo modello ‘integrale’ ha portato a definirlo come uno Stato Mixto: uno Stato la cui organizzazione territoriale conosce una formula unitaria mista ad una formula più decentrata, in virtù del legame diretto tra le province ed il Centro, nonché dell’autonomia propria della quale godevano le regioni. Cfr.: Ramírez M., “Diciembre de 1931: una Constitución no integradora”, in Cuadernos de pensamiento político FAES, n. 13/2007; Oliver Araujo J., “La Constitución republicana de 1931”, in Dereito, n. 1/1997; Orobon M.A., “La Nación republicana entre herencia y ruptura. Una aproximación a la definición de España en el debate constitucional de 1931”, in Historia Constitucional, n. 10/2009; Tomás y Valiente F., “El Estado Integral: nacimiento y virtualidad de una fórmula poco estudiada”, in García Delgado J.L., Tuñon de Lara M. (coord.), La segunda república española, el primer bienio: III Coloquio de Segovia sobre Historia contemporanea de España, Madrid, 1987; Corcuera Atienza J., “La Constitución española de 1931 en la historia constitucional comparada”, in Fundamentos: Cuadernos monográficos de teoría del estado, derecho público e historia constitucional, n. 2/2000.

7Art. 11 della Constitución del 1931: “Si una o varias provincias limítrofas, con características

históricas, culturales y económicas, comunes, acordaran organizarse en región autónoma para formar un núcleo político administrativo, dentro del Estado español, presentaran su Estatuto […]. Una vez aprobado el Estatuto será la ley básica de la organización político administrativa de la región autónoma, y el Estado español la reconocerá y amparará como parte integrante de su ordenamiento jurídico”.

8Così Blanco Valdés R., “El Estado federal interminable”, in AA.VV., El Estado de las autonomías

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“que en vez de unir a los españoles en torno a la idea de España provocó que muchos de ellos, incluso aquellos que carecían de una patria alternativa, renegaran de España, de su mismo nombre, de su historia, de sus símbolos”9.

Già da qui comincia, dunque, a percepirsi una realtà storica e costituzionale quasi ‘impressionista’, poco lineare nel tempo ‒ anzi, spesso contraddittoria ‒, che si perpetuerà con fasi alterne di centralismo e decentramento, scandite quasi sempre da momenti di rottura democratica ‒ o, comunque, di cambiamento politico ‒ come nel caso della Costituzione del 197810, che chiude la parentesi della dittatura (devastante) di Franco e apre quella (delicata) della transizione.

È in questo momento quando il principio regionale inizia a prendere forma nel sistema delle c.d. pre-autonomías11, soprattutto per l’urgenza di avere misure di riconoscimento

verso Cataluña e Paesi Baschi, ma presto generalizzato ai restanti territori in una ‘mappa’ ormai chiaramente consolidata12.

La ritrovata ‘coscienza territoriale’ e gli stravolgimenti sociali, economici e politici de, c.d. boom a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 si plasmano in una Costituzione particolarmente attenta alle libertà che essa garantisce - un vero e proprio Pacto Social13 -, ma piuttosto ‘titubante’ nel definire la forma di Stato.

9Così Varela Suanzes-Carpegna J., “España en la Constitución”, El País, 26 aprile 2004.

10Cfr. Rolla G., “El Estado Autonómico. La experiencia española desde la óptica del regionalismo

italiano”, in Balaguer Callejón M., XXV aniversario de la Constitución española. Propuestas de reforma, Malaga, 2004. Si veda, inoltre, Tomás y Valiente F., “La Constitución de 1978 y la historia del Constitucionalismo español”, in Anuario de historia del derecho español, n. 50/1980.

11Cfr. Aja E., El sistema jurídico de las Comunidades Autónomas, Madrid, 1982, specialmente p. 76

e ss.

12Si veda Aja Fernández E., “Igualdad competencial y hecho diferencial, diez tesis y una cita sobre

el carácter del Estado Autonómico”, in AA.VV., Uniformidad o diversidad de las Comunidades Autónomas, Barcelona, 1995, per il quale la distribuzione territoriale delle pre-autonomie faceva assolutamente “impensable que la Constitución restringiera la autonomía solo a algunas regiones” una volta approvata (p. 74).

13La Costituzione del ’78 si pone come un vero e proprio patto sociale, che sancisce definitivamente

la rottura con l’esperienza franchista ed il “punto de no retorno en la transición política”. Così Ruiperez Alamillo J., La Constitución del Estado de las Autonomías, Madrid, 2003, p. 63. Precisa l’Autore: “A nadie puede ocultárse que, en efecto, la determinación del momento en que se verifica el pacto social, por el que, no está de más recordarlo, se acepta continuar como una única comunidad política organizada confrme a principios distintos a los de la etapa imediatamente anterior, es muy difícil en la reciente Historia política española […] Tanto es así, que podría muy bien entenderse que el pacto social se verificó tanto con el referéndum de aprobación de la Ley para la Reforma Política en 1976, como en la campaña electoral, o, finalmente, en el acto de votación de las elecciones de 15 de junio de 1977, como punto de no retorno en la transición política”.

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Nonostante il dibattito in Costituente offrisse ‘strategie’ territoriali più ‘nette’14, la redazione finale ‒ così come la conosciamo oggi ‒ propese per una soluzione ‘aperta’ nella quale, per intitolare il Título VIII a “De los territorios autónomos” si preferì “De la organización territorial del Estado”, formula certamente più ‘vaga’, anche letteralmente ‒ richiamare (solo) la organización territorial è senz’altro meno vincolante che contemplare territorios autónomos, che racchiude in sé l’idea di qualcosa di già definito ‒.

Si lascia, dunque, ad altri soggetti istituzionali, in altri luoghi e momenti istituzionali, “un gran espacio para adoptar decisiones en diferentes sentidos”15, ma tutto consapevolmente ispirato da una logica votata a chiudere l’empasse dell’impossibilità di trovare un accordo tra le forze politiche sulla distribuzione territoriale del potere creando, appunto, un modello flessibile16, un vero e proprio “compromiso apócrifo”17: una

soluzione che non soluziona, ma che solo ‘allontana’ la decisione sulla questione territoriale, assicurando un livello di autonomia definito solo per i territori ‘storici’ ‒ quello basco, quello catalano e, in qualche modo, quello galiziano ‒ rinforzati dalla recente conferma elettorale. Come dire, “la estructura del Estado no se ha resuelto nunca en España en la Constitución, si no con base en la Constitución!”18.

1.2.‘Teoria’ e ‘prassi’ del proceso autonómico.

Una Costituzione ‘aperta’, come quella spagnola, necessita di organi istituzionali che la ‘completino’, così come di una cornice salda che ‘racchiuda’ le macchie di colore ‒ indeterminate ed irregolari, ma decise e nette nel tono ‒ di un’opera impressionista, evidenziandone l’immagine agli occhi di chi la osserva19.

14La redazione finale della Costituzione spagnola differisce molto dal testo che era stato

precedentemente proposto nel Avanproyecto, pubblicato il 5 gennaio 1978 nel Boletín Oficial de las COrtes Españolas. Questo documento proponeva un processo fondamentalmente omogeneo di accesso all’autonomia da parte delle distinte nacionalidades e regiones che integravano allora il territorio nazionale, con un unico processo di formazione degli Statuti, un’unica organizzazione istituzionale ed una distribuzione delle competenze paritaria. Per un’analisi più approfondita cfr. Pérez Royo, “Hablando en prosa sin saberlo: reflexiones sobre la articulación territorial del Estado en la Constitución española de 1978”, in Revista Jurídica de Derecho Político, n. 54/2002.

15Così Aja E., “La consolidación definitiva del Estado Autonómico: tareas pendientes”, in AA.VV.,

El Estado de las autonomías en el siglo XXI: cierre o apertura indefinida, cit., p.240.

16Cfr. Espin E., “Perspectivas y futuro del modelo territorial español”, in Pau i Vall F. (coord.), El

futuro del Estado Autonómico. VII jornadas de la Asociación Española de Letrados de Parlamentos, Navarra, 2001.

17Così Blanco Valdés R., “La seconda decentralizzazione spagnola: fra riforma confederale e Stato

possibile”, in Gambino S. (a cura di), Regionalismi e Statuti, Milano, 2008, p. 104.

18Così Pérez Royo, “Hablando en prosa sin saberlo: reflexiones sobre la articulación territorial del

Estado en la Constitución española de 1978”, cit., p. 410.

19Cfr. Tomás y Valiente F., “La España de las autonomías: el desarrollo autonómico a través del

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È ormai oggi inconcepibile un ordinamento costituzionale sprovvisto di un’istituzione di controllo che garantisca la supremazia della Norma fondamentale, vigilandone e assicurandone tanto la parte ‘statica’ delle sue norme, quanto quella ‘dinamica’ del loro sviluppo effettivo da parte dei poteri istituzionali e politici20 e vivificandone il connubio con il principio democratico ‒ proprio in virtù del quale vengono storicamente instaurate le Corti costituzionali ‒21.

Con riferimento al caso spagnolo, “el Tribunal Constitucional es algo más que el guardián jurídico de la Constitución: es su diario creador, su continuo vivificador”22. Rappresenta quell’aiuto fondamentale attraverso il quale, già dai primi momenti di vita della rinnovata democrazia, si sono riuscite a dare “soluciones bastante razonables que han garantizado que el sistema no haya sido intrínsecamente inestable”23. Un vero

e proprio “centro de equilibrio del sistema de poderes separados, territorial y funcionalmente, que la Constitución articula”24.

Svolge le sue funzioni secondo l’organizzazione e le competenze definite dalla Ley Orgánica del Tribunal Constitucional 2/1979 (LOTC)25 ‒ così come previsto in Costituzione all’art. 165 ‒, che, a sua volta, opera una sorta di ‘ancoraggio’ normativo ‒ o un “mero recordatorio”26 ‒ fondamentale nell’ordinamento spagnolo, quale il c.d.

bloque de constitucionalidad27: parametro normativo al quale il TC si attiene durante il suo lavoro28.

20Per un’analisi più approfondita della giurisdizione costituzionale nella prospettiva della sua

vigenza nei sistemi legali nello Stato di Diritto e negli Stati costituzionali di Diritto cfr. García Pelayo M., “Estado legal y Estado constitucional de derecho: el Tribunal Constitucional español”, in ILANUD, N. 23- 24/1989.

21 Cfr. Groppi T., “Sistemi di giustizia costituzionale in Europa”, relazione presentata in occasione

dell’incontro promosso dal Consiglio Superiore della Magistratura su “Il controllo degli atti da parte degli organi di giustizia costituzionale e comunitaria” tenutosi a Roma, dal 7 al 9 aprile 2003 (testo visionabile alla pagina web http://appinter.csm.it/incontri/relaz/8756.pdf).

22Così Aragon Reyes M., “El Tribunal Constitucional y su jurisprudencia”, in Revista Española de

Derecho Constitucional, n. 26/1989, p. 337.

23Così Bustos Gisbert R., “Las tensiones del Estado Autonómico ante el proceso de reforma

estatutaria”, cit., p. 80.

24Così si legge nel Preambolo della LOTC apportato dalla Legge Organica 6/2007 ‒ il testo

originario, del 1979, non prevedeva questa parte introduttiva ‒.

25Più volte interessata da interventi di riforma: L.O. 8/1984; L.O. 4/1985; L.O. 6/1998; L.O., 7/1999;

L.O. 1/2000; L.O. 6/2007; L.O. 1/2010.

26Così Rubio Llorente F., “El Bloque de Constitucionalidad”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 27/1989, p. 19. Si tratta, secondo l’Autore, di un “falso punto de partída” giacché non include le norme infracostituzionali che, secondo il TC, devono tenersi in considerazione per pronunciarci sulla costituzionalità delle leggi sottoposte a sua conoscenza, né precisa quali sono le leggi alle quali il suo primo comma allude.

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Alla luce di questa breve, ma indispensabile, premessa possiamo più consapevolmente accingerci alle ‘vicende’, le tappe ed i passaggi dello sviluppo dell’integrazione del proceso autonómico ‒ senza pretesa alcuna di esaustività ‒, mettendo in evidenza le ‘aperture’ di un testo costituzionale volutamente ‘vago’ e le tempestive ‘chiusure’ di una giurisprudenza, si potrebbe dire, ‘supplettiva’.

L’origine degli assi, le coordinate 0,0 dello studio dell’Estado Autonómico è imprescindibilmente l’art. 2 della Costituzione Spagnola:

“La Constitución se fundamenta en la indisoluble unidad de la Nación española, patria común e indivisible de todos los españoles, y reconoce y garatiza el derecho a la autonomía de las nacionalidades y regiones que la integran y la solidaridad entre todas ellas”.

Non è facile spiegare, nè estrapolare, l’essenza di questa norma; una norma ‘azzardosa’, nella quale distinte idee e concetti convivono ad una ‘pericolosa’ distanza ravvicinata. L’impressione che la disposizione trasmette è quella di dualità; tutto il testo dell’articolo ha una struttura ‘doppia’ ed i concetti chiave vanno in coppia: indisoluble unidad di una patria común e indivisible; diritto all’autonomia reconocido y garantizado per nacionalidades y regiones.

Non sarebbe tanto il fatto di prevedere la garanzia e la convivenza di unità e autonomia ad essere problematico ‒ il pluralismo istituzionale sancito dall’art. 5 della Costituzione italiana, in effetti, si fonda sulla stessa biunivocità: “La Repubblica, una e indivisibile, Art. 28 LOTC: “1. Para apreciar la conformidad o disconformidad con la Constitución de una Ley, disposición o acto con fuerza de Ley del Estado o de las Comunidades Autónomas, el Tribunal considerará, además de los preceptos constitucionales, las Leyes que, dentro del marco constitucional, se hubieran dictado para delimitar las competencias del Estado y las diferentes Comunidades Autónomas o para regular o armonizar el ejercicio de las competencias de éstas”.

28Si tratta di un concetto mutuato dalla dottrina giuridica francese, con il quale si individua il

complesso di norme che il Conseil Constitutionnel applica per il controllo previo di costituzionalità delle Leggi e dei Regolamenti parlamentari. Nell’ordinamento spagnolo costituisce il parametro al quale il Tribunal Constitucional si attiene nello sviluppo delle sue funzioni e si compone di differenti tipologie di norme: primarias, formalmente costituzionalizzate; secundarias, cioè le regole che delimitano le competenze negli Statuti di autonomia; infine, norme sub-constitucionales, che possono ricomprendersi nella Stessa Costituzione o essere abilitate dal legislatore. Si veda l’importante articolo Rubio Llorente F., “El Bloque de Constitucionalidad”, cit., pp. 25 ss. Sul Bloque de Constitucionalidad si vedano, inoltre: Ramón Fernández T., Las leyes orgánicas y el bloque de la constitucionalidad: en torno al artículo 28 de la Ley Orgánica del Tribunal Constitucional, Madrid, 1981; Carpio Marcos E. “El bloque de constitucionalidad”, in Revista de Derecho, n. 5/2004; Lorenzo Rodríguez.Armas M., “Reflexiones en torno al concepto del bloque de la constitucionalidad”, in Morodo Leoncio R., de Vega García P. (coord.), Estudios de teoría del Estado y derecho constitucional en honor de Pablo Lucas Verdú, Madrid, 2001; Gómez Fernández I., “Redefinir el bloque de la constitucionalidad 25 años despues”, in Estudios de Deusto: revista de la Universidad de Deusto, n. 1/2006; Aparicio Pérez M.A., “Sobre la configuración del modelo territorial del Estado y el bloque de constitucionalidad”, in García Herrera M.A. (coord.), El constitucionalismo en la crisis del estado social, País Vasco, 1997; Ruiz-Huerta Carbonell A., “Ante una reforma del bloque de constitucionalidad (BC)”, in AA.VV., La reforma de los Estatutos de autonomía, Valladolid, 2005

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riconosce e promuove le autonomie locali …” ‒, quanto le ‘aperture’ che il già citato Titolo VII CE lascia (volutamente) irrisolte29.

La Costituzione spagnola non si preoccupa neppure di stabilire definizioni e, quindi, criteri espressi di qualificazione che permettano di distinguere tra nacionalidades e regiones, le quali, “dopo il fugace riferimento dell’articolo 2” ‘spariscono’ completamente lasciando spazio ad “un termine comune, unico presente dall’articolo 3: ‘Comunidades Autónomas’”30.

Si legge, nell’articolo in questione, che nacionalidades e regiones “integran” la Nazione spagnola, e che è a queste che viene garantito il diritto all’autonomia. Ciò fa dedurre che siamo in presenza di due entità primordiali, che preesistono alle Comunità Autonome, giacché sono esse le titolari del diritto all’autonomia. Ne consegue, allora, che tutte le nacionalidades e regiones che integrano la Spagna possono, se lo ritengono opportuno, accedere all’autonomia diventando, così, Comunità Autonome.

Solo a tal fine, il Costituente ‒ lo vedremo meglio più avanti ‒ stabilisce l’unico, forse, strumento di distinzione tra i due soggetti in esame, prevedendo un percorso ‘ordinario’ (art. 143 CE) e uno ‘straordinario’ (art. 151 CE).

È stato il Tribunal Constitucional a stabilire una sorta di consecutio temporum tra le entità ‘primordiali’ dell’art. 2 CE e le ‘successive’ Comunità Autonome, affermando che quest’ultime altro non sono se non “enti di nuova creazione che raggiungono una reale esistenza solo nella misura in cui lo Stato si ristruttura sottraendo alle sue istituzioni centrali parte delle sue competenze per trasferirle a questi enti territoriali”31; in altre parole, delle “entità anteriormente inesistenti”, alle quali “la Costituzione concede uno status proprio”32.

Le Nacionalidades sono rappresentate da quei territori históricos, che possiedono una lunga tradizione storica e politica di autonomia e nazionalismo, che già anteriormente avevano provveduto all’approvazione di Estatutos e che, con il ritorno alla democrazia post-franchista, ritornano a rivendicare un decentramento forte. Si caratterizzano per i c.d.

29Per un’analisi completa si rimanda a Aja E., El Estado Autonómico. Federalismo y hechos

diferenciales, Madrid, 1999.

30Così Cruz Villalón P., La curiosidad del jurista persa y otros estudios sobre la Constitución,

Madrid, 2006, p. 378. Si veda, inoltre, Domínguez García F., Más allá de la nación. La idea de España como “Nación de naciones”, Barcelona, 2006 (traduzione mia).

31STC 58/1982.

32STC 76/1988 (FJ 3). Cfr. Tomas y Valiente F., “Uniformidad y diversidad en las Comunidades

Autónomas, en la legislación estatal y en la doctrina del Tribunal Constitucional”, in AA.VV., Uniformidad o diversidad de las Comunidades Autónomas, cit.

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hechos diferenciales, quegli elementi, cioè, relazionati ad una personalità storica peculiare, che solo possiedono determinati territori, riconosciuti come tali dalla Costituzione e dai