Il viaggio di andata di un (apparente) ritorno al centro.
1. Il ‘viaggio’ del federalismo
contesto composto ‒ 2.1. Regionalismo (asimmetrico)… ‒ 2.2. … e regionalizzazione (europea).
1. Il ‘viaggio’ del federalismo
I fenomeni della globalizzazione, quali onde ‘pandemiche’, hanno sortito effetti omogenei, ed omogeneizzanti, in pressoché tutti gli ordinamenti democratici europei (e mondiali), ‘contagiandone’ il contesto economico e sociale, nonché le istituzioni, modificandone in maniera abbastanza marcata sia le forme di Stato che di Governo1.
Già si è visto come ciò abbia significato l’insorgenza di nuovi meccanismi di organizzazione, nuove modalità di governance che, unitamente al processo di costruzione, e di integrazione poi, dell’Unione europea, ha coinciso, in un turbine biunivoco di causa- effetto, con un accentuato e diffuso processo di decentralizzazione nei suoi Paesi membri.
1 Nonostante non rientri nell’economia di questo lavoro, è doveroso puntualizzare la tendenza verso
il rafforzamento del potere Esecutivo e, in alcuni casi, verso sistemi di presidenzialismo nelle forme di Governo di molti tra i Paesi europei. Su quest’ultimo aspetto si vedano: Gambino S., Forme di Govcerno, Milano, 2007; Massari O., “Gran Bretagna: verso la presidenzializzazione?”, in Pasquino G., Capi di Governo, Bologna, 2005; Blanco Valdés R., “Il parlamentarismo presidenzialista spagnolo”, in Di Giovine A., Mastromarino A. (coord.), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Torino, 2007; Volpi M., “La forma di Governo in Francia alla luce della riforma costituzionale del luglio 2008”, disponibile su www.astrid-online.it; Ventura S., Il racconto del capo. Berlusconi e Sarkozy, Bari- Roma, 2012; ID., “Il Principe democratico: presidenzializzazione della politica e caso italiano”, in Rivista di Politica, n . 1/2010.
Sul punto si veda, inoltre, Bognetti G., Il Federalismo, Torino, 2001. Sostiene l’Autore: “L’affermarsi negli ordinamenti occidentali del modello costituzionale «sociale» ha prodotto, come era inevitabile, anche una profonda modificazione nel sistema liberale della divisione «orizzontale» dei poteri. Il Legislativo, tra i poteri dello stato, ha in genere perso quella posizione di centralità e preminenza che prima gli apparteneva. Il suo posto è stato sotto più di un profilo assunto dall’Esecutivo che, meritandosi di esser chiamato ormai il «Governo» ha intrapreso a dar veramente l’indirizzo all’intera macchina dello stato- apparato” (p. 31).
A ben vedere, i due aspetti ‒ la crisi del Parlamentarismo ed il Federalizing process ‒ in qualche modo sono collegati tra di essi, poiché sembrerebbe che la garanzia del check and balance ‒ imprescindibile in ogni ordinamento democratico ‒ sia assicurata dall’organizzazione dei modelli federali(zzanti). In questo senso si permette l’affermazione di leaderships alternative a quella del governo centrale, nonché una gestione delle attività che sia prossima ai cittadini e che non provenga esclusivamente dalla volontà dell’esecutivo centrale. Cfr. Caravita B., “Federalismo, Federalismi, Stato Federale”, in federalismi.it, n. 21/2005.
21
Anche qui valgono le premesse fatte in apertura. L’auge del processo di decentralizzazione e del principio di autonomia sta, in qualche modo, intraprendendo il cammino che nella fisica traccia la distanza dalla ‘cresta’ alla ‘valle’ dell’onda, seguendo un moto di propagazione certamente più debole e ‘minacciato’ da provvedimenti e cause esogene, legate essenzialmente ad un altro ‘pandemico’ contesto, quello della crisi economica mondiale ‒ come già si ricordava all’inizio del primo capitolo ‒, che sembrano virare verso ritrovate forme di centralizzazione.
Ad ogni modo, siccome per comprendere il presente bisogna conoscere il passato, e per sapere dove andare bisogna prima ben sapere da dove si viene, sarebbe una mancanza imperdonabile non trattenerci in una breve digressione su quella che è stata una tendenza comune alla maggior parte degli Stati del ‘vecchio’ continente dal secondo dopoguerra in poi: il c.d. federalizing process.
I radicali cambiamenti prodotti dai fenomeni del nostro tempo già ricordati hanno portato a trasformazioni mondiali e, conseguentemente, a problemi e problematiche globali, che oltrepassano le frontiere nazionali e mettono in difficoltà gli Stati, ‘troppo piccoli’, ma allo stesso tempo ‘troppo grandi’ per risolvere sfide e problemi derivanti da un siffatto ordine composto e multilivello. Da qui sorge l’implicita necessità di “istituzionalizzare l’umanità, cioè, avanzare verso la progressiva instaurazione di un ideale di convivenza universale”2. L’unica via percorribile per raggiungere questo obiettivo sarebbe il federalismo: “il principale modello da seguire nell’imminente processo di costruzione della politeia mondiale […], l’unico modello di organizzazione politica delle società e dei territori capace di rendere compatibili e garantire le distinte identità locali, nazionali ed internazionali in armonia con le esigenze dell’interdipendenza, dell’integrazione e della globalizzazione”3.
Il processo di federalizzazione/decentralizzazione/devoluzione, effettivamente, prende piede come un’ondata dirompente all’interno degli ordinamenti europei e, in quella che è la ‘politeia globale’ e composta, non può non diffondersi su distinti livelli: uno esterno e l’altro interno. In questo senso, rispettivamente, da un lato gli Stati si ‘federalizzano’ (non
2 Rojo Salgado A., “Globalización, Integración mundial y Federalismo”, in Revista de Estudios
Políticos, n. 109/2000, p. 34 (corsivo originale, traduzione mia).
3Così Rojo Salgado A., “Globalización, Integración mundial y Federalismo”, cit., p. 31(corsivo
22
si federano, ma si ‘federalizzano’)4 con altri in formazioni “continentali”5 ‒ e l’esempio lampante è l’Unione europea ‒, dall’altro, invece, sorgono e/o si rinforzano livelli di governo intermedi tra il centro e le amministrazioni locali: si registra, cioè, “l’incremento dello sviluppo dei processi di riconoscimento a livello costituzionale della garanzia delle autonomie politiche territoriali”6.
La forte portata del fenomeno ha, di conseguenza, coinciso con un ritrovato interesse scientifico che ha in qualche modo segnato una nuova e rinnovata ‘tappa’ nello studio e nell’approccio del federalismo e della sua teoria.
Le classiche concettualizzazioni che si sono consolidate nel tempo ‒ partendo da Montesquieu7 e poi Proudhon8 ‒ per citare i più autorevoli tra i primissimi, si sono evolute
in una ‘metamorfosi’ innovativa negli ultimi decenni9, che ha inquadrato il federalismo in
uno schema molto diverso, flessibile e ‘caratterizzabile’.
4Non è certo questo il caso di addentrarci nel dibattito sull’organizzazione (presente e/o futura)
dell’Europa federale. Sul tema si rimanda, tra tutti, a: Rossi E., Spinelli A., Manifesto per l’Europa libera e unita (“Manifesto di Ventotene”), Roma, 1943; Von Bogdandy A., “The European Union as a Supranational Federation: A Conceptual Attempt in the Light of the Amsterdam Treaty”, in Columbia Journal of European Law, n. 6/2000; Beaud O., “La souvranité de l’Etat, le pouvoir constituant et le traité de Maastricht”, in Revue Française de Droit Administratif, n. 6/1993; Holzinger K, Knill C., “A Constitution for the European Federation: A Steady Development of Existing Achievements”, in Jean Monnet Programme, Paper n. 7/2000; Sidjanski D., Per un federalism europeo: una prospettiva inedita sull’Unione europea, Milano, 2002; Venece A., L’Europa possibile: il pensiero e l’azione di Altiero Spinelli, Roma, 2010; D’Atena A. (a cura di), I cantieri del federalismo in Europa, Milano, 2008; Bognetti G., “Lo speciale federalismo dell’Unione europea”, in Petroni A.M. (a cura di), Verso la Costituzione europea. Modelli giuridici ed economici per la Costituzione europea, Bologna, 2001. Un’interessante analisi sui punti di (dis)incontro tra il “processo federale europeo” e quello nordamericano ‒ l’essenza ‘pura’ del federalismo ‒ è proposta da D’Ignazio G., “Il “processo federale europeo”: un confronto con il federalismo degli Stati Uniti d’America”, in Gambino S., Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, costituzioni nazionali, diritti fondamentali, Milano, 2006.
5 Così Ruiperez Alamillo J., La Constitución del Estado de las autonomías, Madrid, 2003, p. 349.
Commenta l’Autore: “Dado el desarrollo político, social y, de manera substancial, económico de la sociedad actual, obvio es que el viejo Estado nacional resulta claramente insuficiente para atender las nuevas, y cada vez superiores, demandas de los individuos. De esta suerte, se hace imprescndible el ampliar los espacios de actuación a unos ámbitos geográficos mucho más extensos que los que proporcionan las actuales estructuras estatales”.
6Così De Vergottini G., “Devoluzioni e transizioni costituzionali: annotazioni comparative”, in
Torre A. (a cura di), Processi di devolution e transizioni costituzionali negli Stati unitari, Torino, 2007, p. 4.
7Cfr. Montesquieu C.L., Lo spirito delle leggi, Milano, 1989 8 Proudhon P.J., Du principe fédératif , Parigi, 1921.
9Per una ‘carrellata’ sui più importanti nomi e pensieri susseguitisi nella storia della teoria sul
federalismo cfr. Lépine F., “A Journey thug the History of Federalism. Is Multilevel Governance a Form of Federalism?”, in L’Europe en formation, n. 363/2012.
23
Da Friedrich in poi, effettivamente, il federalismo ha assunto una connotazione prettamente dinamica, in quanto ‘processo’10: un processo, un fenomeno, fin troppo mobile e ‘cangiante’ per essere ‘cristallizzato’ nelle rigide e classiche categorie dello Stato federale tradizionalmente inteso11, cosicché, “con el vigoroso soplo de su empirismo”, questa dottrina è come se avesse voluto “despertar al jurista de un largo y profundo sueño dogmático”12. La rigida equidistanza e la ‘estraneità’ tra l’organizzazione unitaria, quella federale e quella confederale ha costituito, infatti, ‒ secondo Friedrich ‒ “l’errore dei giuristi”13, strettamente ancorati all’idea della sovranità come sostegno concettuale per il federalismo14.
10Cfr. Friedrich C., Trends of Federalism in Theory and Practice, New York, 1968, ma anche ID.,
“Federal Constitutional Theory and Emergent Proposals”, in Mc Mahon (ed.), Federalism: Mature and Emergent, New York, 1955; ID., El hombre y el Gobierno. Una teoría de la política, Madrid, 1968.
11Per un’analisi attenta sulle teorie giuridiche ‘statiche’ e ‘dinamiche’ dello Stato federale cfr., tra gli
altri, Volpi M., “Stato federale e Stato regionale: due modelli a confronto”, in Rolla G. (a cura di), La riforma delle autonomie regionali, Torino, 1995.
12 In questi termini La Pergola A., “El «empirismo» en el estudio de los sistemas federales: en torno
a una teoría de Carl Friedrich”, in Revista de estudios políticos, n. 188/1973, p. 26. In lingua italiana, cfr. La Pergola A., “L’«empirismo» nello studio dei sistemi federali: a proposito di una teoria di Carl Friedrich”, in ID., Tecniche costituzionali e problemi delle autonomie «garantite», Padova, 1987.
13Così La Pergola A., “El «empirismo» en el estudio de los sistemas federales: en torno a una teoría
de Carl Friedrich”, cit., p. 25 (traduzione mia). Sottolinea l’Autore, magistralmente argomentando la teoria del Friedrich: “El error de los juristas habría consistido en considerar el concepto de Estado como punto central de toda la problemática sobre el federalismo, discriminando con un claro corte conceptual las formaciones estatales de las que no lo son”. Ancora: “Trabajando con el único sostén conceptual de la dicotomía Bundesstaat-Staatenbund ell jurista ha terminado por reducir toda la compleja perspectiva que ofrece nuestro problema al punto de vista según el cual el federalsimo no puede constituir otra cosa sino un modo de ser; una forma de Estado. Así el jurista verá el federalimo como «Estado» y no como «proceso» (p. 25).
14Per Friedrich rappresenta uno step fondamentale rimuovere il concetto di sovranità per carpire al
meglio l’essenza del federalismo. Egli considera il suo innovativo e dinamico approccio come “the beginning of the end of the traditional juristic notions, preoccupied with problems of sovereignty, of the distribution of competencies, and of the structure of the institutions”. “No sovereign can exist in federal system; autonomy and sovereignty exlude each other in such a political order […] The idea of a compact is inherent in federalism, and the ‘constituent power’ , which makes the compact, takes the place of the sovereignty”. Si veda Friedrich C., Trends of Federalism, cit., pp. 6-8. Netta, a questo proposito, anche la posizione di Rámos Recalde J., ·Constitución y Autonomías”, in Chust M. (ed.), Federalismo y cuestión federal en España, Jaume, 2004, per il quale “la soberanía se desmenuza y la diferencia entre orden internacional, confederación, federación y Estado descentralizado se convierte en meramente cuantitativa. Lo que ha ocurrido no es que el concepto histórico y político de la federación haya perdido sentido, sino que es que el concepto de soberanía lo ha perdido, tanto desde el punto de vista jurídico como político” (p. 268). Soprattutto sul tema della sovranità verte l’acutissima analisi critica del La Pergola in relazione alla teoria del federalizing process nel momento in cui questa propone di sostituire la nozione di Stato sovrano con quella di ‘comunità autonoma’, anche se ‒ come sottolinea lo studioso italiano ‒ tra i due soggetti “può esistere una stretta «parentela strutturale»”. Si veda La Pergola A., “El «empirismo» en el estudio de los sistemas federales: en torno a una teoría de Carl Friedrich”, cit., p. 30 (traduzione mia).
24
Condivisibile o meno15, la teoria del federalismo come ‘processo’, come già si accennava, ha avuto comunque il merito di ampliare l’orizzonte scientifico su un fenomeno, quello della decentralizzazione, che in qualche modo segnava una cesura, “una inversione di rotta” di quella che tradizionalmente nell’epoca liberale era stata una “rincorsa alla centralizzazione”16.
Ci si sofferma, così, a ragionare sul ‘nuovo’ federalismo: quella “tendenza, presente come fenomeno abbastanza diffuso nella storia moderna, a organizzare ordinamenti politico-giuridici ripartendo i poteri di comando tipici della stato tra enti politici distinti ‒ un apparato di governo centrale e una pluralità di apparati di governo periferici, l’uno e gli altri sovrapposti allo strato delle semplici autorità amministrative municipali o locali”17. È
quel fenomeno ‘cangiante’‒ come già si diceva ‒ che si radica e si adatta alle caratteristiche tipiche di ogni ordinamento che ‘travolge’ e ‘stravolge’, difficile da concettualizzare18 e che ‒ forse proprio per questa essenza mutevole e ‘sfuggente’ ‒ non si
accontenta, non più, della declinazione al singolare. Il federalismo, allora, è “un fenómeno plural y […] el parecido entre varios de los Estados que se incluyen o se han incluido dentro de ese mundo es, o era, pura coincidencia”19.
Questa connotazione ‘variabile’ comporta in qualche modo l’entrata in crisi della “passione classificatoria”20 della disciplina delle categorie concettuali ‒ “che, sebbene costituiscano il mezzo necessario di ogni attività di elaborazione cognitiva […]
15Si segnala lo scetticismo di alcuni sulla teoria del federalizing process in quanto teoria dinamica
per il fatto che “se viene a mancare il punto di riferimento dell’ordinamento statuale, o, comunque, se la sua definizione si attenua in modo significativo, lo studio del federalismo finisce per stemperarsi nell’analisi dei rapporti tra ordinamenti sempre meno istituzionalizzati, perdendo così la sua incisività giuridica”. In questi termini Comba M., Esperienze federaliste tra garantismo e democrazia. Il «judicial federalism» negli Stati Uniti, Napoli, 1996, p. 37.
16Così Bognetti G., Federalismo, ad vocem, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1999,
p. 280.
17Bognetti G., Federalismo, cit., p.5.
18Cfr. Lépine F., “A Journey thug the History of Federalism. Is Multilevel Governance a Form of
Federalism?”, cit. “Actually, the federalist idea seems difficult to conceptualise, as it is not an object clearly identified. A federalist arrangement is very often a complex political construct, as the result of an attempt to find a solution between antagonist concept, such as ‘unity vs. diversity’, ‘independence vs. dependency’, ‘coordination vs. subordination’… ” (p. 26).
19In questo senso Blanco Valdés R., Los rostros del federalismo, Madrid, 2012, p. 12. Sostiene
l’Autore: “De norte a sur y de este a oeste, la materialización del federalismo resulta, por eso, de una densidad histórica y política que no cabe poner en discusión. Aunque, ni decir tiene, no conviene confundir. Y confundir, y no otra cosa, es lo que se hace cuando se afirma, sin matices, que todas esas realidades federales son parejas por el hecho de que puedan aglutinarse, parcialmente, bajo un rótulo común. Pues la pura verdad es que, desde muchos y muy importantes punto de vista, no lo son” (p. 11).
25
presuppongono pur sempre il ricorso ad operazioni di carattere selettivo, finalizzate all’individuazione di elementi ritenuti rilevanti e costanti ma, in ogni caso, necessariamente parziali a fronte di una fenomenologia empirica infinitamente più complessa”21 ‒. La teoria delle forme di Stato viene, così, riconvertita ad una “funzione (ri-)conoscitiva”22, “essenziale per cogliere quell’elemento o quegli elementi che danno unità e individualità ad un fenomeno complesso che si svolge nel tempo e nello spazio”23. Ed è proprio nel tempo e nello spazio che si sono dipanate le ‘migrazioni’ di molti ordinamenti da esperienze istituzionali centraliste ad assetti decentrati ‒ se non federali, si ‘federalizza(n)ti’ ‒ dando vita a forme di Stato nuove ed intermedie rispetto alla dicotomia classica tra Stato unitario e Stato federale24 che Friedrich tanto criticava.
Conseguentemente, l’originalità di queste nuove forme, la loro peculiarità e specificità, hanno fomentato una nutrita “babele semantica”25 nell’intento di ‘battezzarle’ sotto un
nuovo nome.
La discrasia consiste nel motivo per cui “al «nome» (Stato federale) non corrisponde la «cosa» (il federalismo) e, soprattutto, la «cosa» (il federalismo) può esistere anche senza il «nome» (Stato federale): o, se si vuole, modelli federali di governo possono essere adottati anche in paesi che non si dichiarano federali”26 ‒ di cui la Spagna costituisce
21 Così Pierini A., Federalismo e Welfare State nell’esperienza giuridica degli Stati Uniti.
Evoluzione e tensioni di un modello neo-liberale di assistenza sociale, Torino, 2003, p.12.
22Palermo F., “La teoria delle forme di Stato e la sua verifica comparata. Quale attualità per il Diritto
Costituzionale dell’Unione europea?”, in Toniatti R., Palermo F. (a cura di), Il processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea, Trento, 2004, p. 17.
23Rescigno G.U., Forme di stato e forme di governo, in Enciclopedia Giuridica, vol. XIV, Roma,
1989, p. 7. Scrive Palermo, riprendendo il lavoro di Rescigno: “l’individuazione di una forma di Stato pretende di descrivere un fenomeno, ma il fenomeno è per sua natura sfuggente a possibili fotografie che ne colgono le caratteristiche in un dato momento, la classificazione/descrizione non può che individuare necessariamente un aspetto parziale in un dato tempo e in un dato spazio”. Si veda Palermo F., “La teoria delle forme di Stato e la sua verifica comparata. Quale attualità per il Diritto Costituzionale dell’Unione europea?”, cit., p.18.
24Cfr. Caravita B. “Federalismo, federalismi, Stato federale”, cit.
25Reposo A., “Tecniche costituzionali del federalismo: modelli recenti”, in Studi parlamentari e di
politica costituzionale, n. 131/2001, p. 21. Tuttavia, segnala Reposo, “l’abbandono delle sistemazioni classiche, poste in crisi dalle realtà istituzionali emergenti, non sembra compensato dall’apprestamento di un apparato dottrinale sostitutivo, dotato di una sufficiente coerenza logica”. Cfr, inoltre, Davis S.R., The federal principle: a journey through time in questo f a meaning, Berkeely, 1978.
26
l’esempio lampante, come vedremo ‒. Così le cose, dunque, “il principio federale può trovare gradi di attuazione anche prima o in assenza della federazione”27.
Rottasi, dunque, la classica dicotomia ‘Stato unitario vs. Stato federale’, si crea una sorta di ‘continuum’, uno spettro, nel quale i modelli tradizionali si pongono come i due estremi del filo immaginario, di questa ‘linea’ sulla quale si distribuiscono i ‘nuovi’ sistemi istituzionali in maniera fluida in relazione al grado di decentramento ‒ quindi, di federalismo ‒28. Così concepito, “lo studio, sia esso diacronico o sincronico, dei modelli comparati di Stato dimostra, in ogni caso, che i poli estremi […] sono poche volte frequenti, mentre sono abbondanti le posizioni intermedie occupate per le varie forme di federalismo e regionalismo”29.
Il ‘processo’ del federalismo, dunque, è riuscito a trovare una collocazione ed un percorso autonomo dagli schemi ‘classici’, rilevando la sua “natura elastica e versatile, trovando espressione in una molteplicità di forme e gradi, dentro e fuori le federazioni”, che continuano “a rappresentare la piena espressione del federalismo sul piano costituzionale”, ma senza essere “l’unica species in cui il principio federale può trovare attuazione”30. Si tratta, finalmente, di un ‘movimento’ sulla linea del ‘continuum’ che non termina in soluzioni definitive e cristallizzate, allora, ma si mantiene ‘in equilibrio’ a seconda e in relazione degli interessi e delle caratteristiche delle identità coinvolte31.
Ma, come vi si è arrivati a tutto ciò? Quali sono state le variabili che hanno fomentato un così ‘portentoso’ processo di decentralizzazione?
Alcuni sostengono la centralità della congiuntura del passaggio dall’epoca liberale a quella sociale. In effetti, l’affermazione dei diritti sociali ha reso innegabile la petizione da parte delle popolazioni di un intervento attivo ed efficace delle istituzioni statali per la loro fruizione collettiva, scardinando, così, il principio della ‘astensione’ statale nelle libertà di mercato ‒ imperativo fondamentale della logica liberale ‒. È innegabile, dunque, che esiste
27Baldi B., Stato e territorio. Federalismo e decentramento nelle democrazie contemporanee, Bari,
2003, p.117 ss. Sostiene l’Autrice, riprendendo le teorie di Elazar, che “il federalismo, a differenza della federazione, non indica uno specifico insieme di istituzioni, ma va ricercato nella «istituzionalizzazione di una particolare relazione fra i livelli di governo»”.
28Baldi B., Stato e territorio. Federalismo e decentramento nelle democrazie contemporanee, cit., p.
XI.
29Si veda Ferrari G.F., “Federalismo, regionalismo y descentralización del poder: una perspectiva
comparada”, in Anuario da Facultad de Dreito da Universidade da Coruña, n. 10/2006, pp. 363-364. D’obbligo è, inoltre, il rimando a Elazar D., Exploring Federalism, Tuscaloosa, 1987.
30Baldi B., Stato e territorio. Federalismo e decentramento nelle democrazie contemporanee, cit., p.