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Estabilidad presupuestaria e sangría del sistema sociale nell’Estado

La crisi (d)e l’autonomia

3. Estabilidad presupuestaria e sangría del sistema sociale nell’Estado

Autonómico spagnolo.

Nelle maglie fitte della pandemia economica e finanziaria la Spagna vi è caduta in pieno e sembra esservi ancora impigliata.

A differenza di altre realtà, la Spagna proveniva da un periodo virtuoso di crescita interna, ma l’eco dell’inflessione del capitalismo internazionale si unì ad alcune deficienze interne strutturali in modo da far piombare il Paese in una delle peggiori epoche di ‘depressione’ mai conosciute dalla seconda guerra mondiale in poi.

Per sommi capi, in principio fu la c.d. burbuja imobiliar: il boom della costruzione, avallato anche da politiche specifiche del Governo, fece aumentare a dismisura la sua

108Così Martinez T., “La parabola delle Regioni”, in AA.VV., L’autonomia regionale siciliana tra

regole e storia, Milano, 2000, p. 1023.

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redditività, a discapito di altri settori non meno incisivi, quali la produttività industriale e l’investimento in tecnologie. Anche il turismo rappresentava buona parte del prodotto interno lordo, ma, così come la costruzione, si sorreggeva sul lavoro precario e la mano d’opera a basso costo. Industria e agricoltura erano i ‘fanalini di coda’ di un’economia ‒ comunque attiva ‒ che, stando così le cose, dipendeva molto dalle importazioni, creando uno squilibrio nella bilancia commerciale.

La discrasia, allora, tra crescita economica e crescita della produttività produsse una situazione di indebitamento che si aggravò con l’arrivo della crisi delle entità finanziarie e del credito, in modo che la crisi della costruzione, come se si bloccasse una catena di montaggio, paralizzò l’intero tessuto economico del Paese110.

Va comunque segnalato che di vera e propria crisi in Spagna non si parlò fino all’estate del 2008, quando l’allora Primo Ministro Zapatero non potette più eludere la precipitosa ‒ e ‘precipitata’ ‒ situazione economica111.

Non è certo questo il luogo, né il caso, di una ricostruzione economica precisa e dettagliata. Ciò che ci proponiamo di sottolineare è come il contesto della crisi oltre ad ‘infestare’ i principali settori produttivi, abbia alla stessa maniera ‘travolto’ le istituzioni nella loro distribuzione ‘multilivello’ e cioè lo Stato, le Comunidades Autónomas (CC.AA.) ‒ principalmente ‒ ed il livello locale112, in una congiuntura politica particolarmente importante per la Spagna, come vedremo più avanti.

In un clima già di per sé incerto e confusionario, la vertiginosa crescita dello spread e l’impellente bisogno di ‘tranquillizzare i mercati’, di fronte ai dubbi e le ‘paure’ degli investitori sulla solvenza della Spagna, hanno fatto sì che nell’agosto del 2011 si procedette ad una riforma che, inserendosi nella ‘scia’ degli ‘adeguamenti’ da parte dei vari ordinamenti europei alla nuova governance economica comunitaria113 inaugurati dalla

110Per un’analisi più detenuta e attenta sui ‘passaggi’ della crisi in Spagna cfr., tra tutti, Alabort E.

(coord.), “La crisis económica en el Estado español: análisis desde una perspectiva libertaria”, in Estudios, n. 1/2011.

111Cfr. “Zapatero menciona por primera vez la palabra crisis para referirse a la situación

económica”, in El País, 8 luglio 2008.

112L’economia del lavoro ci esula dal soffermarci sull’analisi del livello locale, per cui si rimanda a:

García Prats F. A., “Stability Pact and multi-level Governance. European constraints and local public finance: The Spanish experience”, relazione tenuta in occasione dell’incontro Patto di stabilità e governance multilivello. Vincoli europei e finanza locale nelle esperienze nazionali, tenutosi a Roma il 28 novembre 2011 (testo consultabile su www.fondazioneifel.it); Rodríguez Márquez J., “Notas para una racionalización competencial en el nivel local”, e Salvador Crespo M., “Retos y oportunidades para el gobierno local en tiempo de crisis”, entrambi in Cuadernos Manuel Giménez Abad, n. 4/2012.

113Cfr. Fabbrini F., “Il pareggio di bilancio nelle Costituzioni degli Stati membri dell’UE”, in

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Germania nel 2009114, ha ‘blindato’ il principio del pareggio di bilancio nella Costituzione spagnola (CE) ‒ forse in maniera ‘innecessaria’, o, comunque ‘insufficiente’115 ‒.

La riforma, entrata in vigore il 27 settembre 2011116, si è concentrata esclusivamente sulla novella dell’art. 135 CE, mediante l’introduzione ex novo di una prolissa disposizione mediante una “desafortunada redacción”117 di sei commi, una disposición adicional única e una disposición final única.

Il costituente di riforma ‘blinda’ innanzitutto il “principio de estabilidad presupuestaria”, al quale dovranno adeguarsi le attività di tutte le Amministrazioni Pubbliche nelle varie ‘declinazioni’ territoriali (art. 135 CE, comma 1) per poi stabilire che né lo Stato né le Comunità Autonome potranno incorrere in un “deficit estructural” superiore a quello che l’Unione europea stabilisca per i suoi Paesi membri, rimandandone la fissazione ad una successiva Ley Orgánica (comma 2). Anche l’indebitamento viene ‘blindato’ nel limite espresso stabilito dal TFUE (comma 3). Vengono anche espressamente previste delle ‘eccezioni’ ai limiti di deficit, che potranno superarsi “en caso de catástrofes naturales, recesión económica o situaciones de emergencia extraordinaria que escare al control del Estado y perjudiquen considerablemente la situación finanziera o la sostenibilidad económica o social del Estado” 118, una volta comprovato il consenso

the European Constitutions: ‘Europe Speaking German’”, in European Constitutional Law Review, n. 1/2012.

114Per un’interessante analisi comparativa tra la riforma costituzionale tedesca del 2009 e quella

spagnola del 2011 cfr. Gomez Orfanel G., “La reforma constitucional del federalismo financiero alemán (Föderalismusreform 2009) y la reforma constitucional española de 2011”, in Cuadernos de Derecho Público, n. 38/2012.

115Sostiene Bastida Freijedo F.J., La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 93/2011, che “La Unión Europea debería establecer unos criterios básicos uniformes para todos los Estados miembros y señalar, al mismo tiempo, unos márgenes de fluctuación que permitan a economías tan diferenciadas adaptarse al principio de estabilidad presupuestaria. O lo hace la Unión Europea o lo imponen los países líderes en la Unión. La convergencia con Europa requiere necesariamente que las referencias sobre el déficit estructural se sitúen en ese contexto. Cosa distinta es que esas referencias aparezcan en la Constituciçon, porque bien son innecesarias, dada la primacía del Derecho comunitario, bien son insuficientes, si se trata de mínimos que pueden alentar a un endeudamiento, posible en otros Estados, pero nocivos para una economía en situación delicada, como la española actual” (p. 174).

116Pubblicazione nel Boletín Oficial del Estado disponibile on line:

http://www.boe.es/boe/dias/2011/09/27/pdfs/BOE-A-2011-15210.pdf.

117In questi termini Aragón Reyes M., “La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de

Derecho Constitucional, n. 93/2011, p. 171. Si tratta di un accurata indagine condotta dalla rivista che raccoglie le risposte dei principali costituzionalisti spagnoli ad un questionario comune che li interroga in merito alla riforma costituzionale in questione.

118Interessante a tal proposito la considerazione di De Carreras Serra F., “La reforma del artículo

135 CE”, in Revista Española de Derecho Constitucional, n. 93/2011, il quale sostiene che “No cabe duda que, dado el carácter de la materia, algunas exepciones son necesarias para flexibilizar las normas que se establecen. Ahora bien, las exepciones que se prevén son de tal amplitud que, en su caso, pueden invalidar las normas establecidas en el resto del artículo” (p. 187).

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della maggioranza assoluta dei membri del Congreso de los Diputados (comma 4). Tutti i principi enunciati sono affidati allo sviluppo normativo da parte di una Ley Orgánica (comma 5), mentre alle Comunità Autonome, d’accordo con i rispettivi Statuti di autonomia, viene richiesta l’adozione de “las disposiciones que procedan para la aplicación efectiva del principio de estabilidad en sus normas y decisiones presupuestarias” (comma 6). Nella disposición adicional única si stabiliesce ‒ oltre al fatto che la Ley Orgánica prevista nell’articolo venga approvata prima del 30 giugno 2011 ‒ che i limiti del deficit strutturale sanciti dall’art. 135 CE entreranno in vigore a partire dal 2020.

La ‘riserva’ di Legge Organica viene soddisfatta con l’approvazione della L.O. 2/2012, del 27 aprile “de Estabilidad Presupuestaria y Sostenibilidad Financiera” (LEPSF)119, la

quale ‒ oltre a perseguire i principi di stabilità, trasparenza, efficienza, responsabilità e lealtà istituzionale ‒, tra le altre cose, ‘abilita’ uno speciale ‘protagonismo’ al Governo in termini di coordinazione e applicazione effettiva dei principi e delle disposizioni120 in una materia già di per sé ‘accentratirice’ come quella della stabilità finanziaria, da applicare, comunque, a tutte le Amministrazioni Pubbliche operanti nell’ordinamento.

Questa nostra necessaria, seppur breve, analisi deve, per forza di cose, astenersi dai tecnicismi dettagliati che richiederebbero l’apertura di parentesi di carattere più economico, finanziario e tributario, e pretende più che altro stressare i punti più importanti e controversi che ci permetteranno poi di poter andare avanti nel percorso che ci proponiamo di portare a termine nel corso di questo lavoro.

La dottrina, nella sua maggior parte, ha concordato nell’attribuire alla riforma costituzionale de qua un profilo sostanzialmente poco opportuno, arrivando addirittura ‒ con termini ‘forti’ ma alquanto esplicativi ‒ ad aggettivarla come una riforma “inútil, vacía y mal tramitada”121. Forse perché si tratta di una riforma dal significato politico ed

119Per un’accurata ed attenta analisi sulla LEPSF si rimanda a: Delgado D., “La Ley Orgánica de

Estabilidad presupuestaria y sostenibilidad financiera”, in Fundación Ciudadania y Valores, 2012 (testo

consultabile su

http://www.funciva.org/uploads/ficheros_documentos/1343036928_estabilidad_persupuestaria.pdf); Ruiz Almendral V., “La estabilidad presupuestaria en la Constitución española”, relazione presentata in occasione delle V Giornate italo-ispano-brasiliane di diritto costituzionale, sul tema “La Costituzione alla prova della crisi finanziaria mondiale” tenutesi a Lecce il 14 ed il 15 settembre 2012 (testo consultabile su www.gruppodipisa.it).

120 Si veda l’art. 10 della LEPSF, recante “Disposiciones para la aplicación efectiva de la Ley e

mecanismos de coordinación”.

121Così De Carreras F. nel fortunato commento, “Inútil, vacía y mal tramitada”, in La Vanguardia, 1

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ideologico, più che giuridico122. Forse perché la Costituzione non è il ‘luogo’adatto per questo tipo di regolazione normativa, non essendo la estabilidad presupuestaria un valore costituzionale, non potendo il potere di riforma non rispettare il modello economico costituzionale originariamente stabilito, ed infine perché la costituzionalizzazione di questa formula la ‘irrigidisce’, rischiando di contravvenire ai propositi che la hanno animata123. Forse perché risulta quanto mai difficile mantenere l’equilibrio intorno al labile confine tra la flessibilità di un principio e la “rígida prefiguración normativa que apunte o se aproxime al déficit zero”124, con il rischio di convertirlo in un ingessato ‒ ed ingessante ‒ “dogma”125.

Ma andiamo con ordine.

La ‘inutilità’ della riforma o, se si vuole usare una più ‘pacata’ espressione, la sua scarsa necessità contingente proviene dal fatto che l’impianto normativo spagnolo in qualche modo già conteneva degli strumenti di copertura finanziaria126 costituzionalizzati

nella ‘calda’ estate spagnola del 2011, e, se non bastasse, una più recente giurisprudenza costituzionale giustificava la competenza statale nella “fijación del objetivo de estabilidad presupuestaria” e la sua proiezione “sobre el triple nivel territorial” dell’ordinamento127.

I contenuti, dunque, non rappresentano un’importante novità e rimandano largamente ad uno sviluppo legislativo successivo. Degna di nota, comunque, è l’introduzione del principio di “prioridad absoluta” nel pagamento del debito pubblico128, una vera e propria “bomba de relojería”129 che minaccerebbe l’intera architrave costituzionale, giacché “obbligherebbe a dare priorità al pagamento del debito anche se con ciò si sacrificassero altri obiettivi costituzionali, come la soddisfazione dei diritti sociali, l’uso razionale delle

122Si veda Albertí Rovira E., “La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 93/2011.

123Cfr. Álvarez Conde E., “La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 93/2011, p. 161.

124Così Cámara Villar G., “La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 93/2011, p. 176.

125Così Cámara Villar G., “La reforma del artículo 135 CE”, cit., p. 176.

126Il riferimento è alla Ley 18/2001, de 12 de diciembre, General de Estabilidad Presupuestaria e

alla Ley Orgánia 5/2001, de 13 de diciembre, complementaria a la Ley General de Estabilidad Presupuestaria, nonchè al Real Decreto Legislativo 2/2007, de 28 de diciembre, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General de Estabilidad Presupuestaria.

127STC 134/2011 (FJ 17).

128Si veda l’art. 135 CE, comma 3: “El Estado y las Comunidades Autónomas habrán de estar

autorizadas por ley para emitir deuda pública o contraer crédito. Los créditos para satisfacer los intereses y el capital de la deuda pública de las Administraciones se entenderán siempre incluidos en el estado de gastos de sus presupuestos y su pago gozará de prioridad absoluta. …”.

129Così Pisarello G., “Sobre la reforma constitucional”, in Cuadernos de la Fundación 1 de Mayo,

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risorse o la garanzia dell’autonomia finanziaria delle comunità autonome e dei municipi”130.

E proprio la ‘tenuta’ dello Stato sociale ‒ così come in Italia, come abbiamo avuto modo di vedere ‒ diventa il fulcro delle riflessioni in merito alla riforma in analisi, che, sembrerebbe, oltre a compromettere irrevocabilmente la sovranità fiscale dello Stato, irrigidire il principio stesso dello Stato sociale di Diritto, flessibile per natura e fattivamente ‘sofferente’ nei limiti dell’equilibrio di bilancio, del quale potrebbe più volte richiederne lo ‘sforamento’ per la propria soddisfazione.

Sebbene un limitato indebitamento non sarebbe che funzionale alla buona amministrazione dei diritti sociali131, e la “coherencia a la politica fiscal” e la

“sostenibilidad presupuestaria a largo plazo”132 del novellato art. 135 CE assicurerebbero

la sostenibilità necessaria ai costi dello Stato sociale, dei dubbi permangono. La ‘cristallizzazione’ formale dei ‘tetti’ di deficit e indebitamento che vincolano tutte le Amministrazioni dello Stato, contribuirebbero ad impedire “en la práctica la satisfacción eficaz de muchos derechos sociales reconocidos en la constitución para que se materialicen en la acción pública y no para que se les considere piezas declamatorias sin risultado real alguno en razón de una regla “técnica”, la imposibilidad de utilizar recursos presupuestarios públicos para poner en práctica actuaciones de nivelación social constitucionalmente reconocidas”133, a discapito del ‘disegno’ sociale previsto dal costituente originario134.

130 Pisarello G., “Sobre la reforma constitucional”, cit., p. 16 (la traduzione è mia).

131Cfr. De Carreras Serra F., “La reforma del artículo 135 CE”, in Revista Española de Derecho

Constitucional, n. 93/2011, il quale argomenta che un eccessivo indebitamento devierebbe un’ingente parte dei fondi pubblici al pagamento degli interessi alle entità finanziarie, sempre più elevati quanto maggiore sia il volume del debito e, perciò, con il rischio che il credito non sia recuperabile. A questo proposito, l’Autore sostiene quanto siano poco convincenti gli argomenti secondo i quali sarebbero proprio i mercati a pretendere la fissazione dei limiti al deficit e all’indebitamento. Anzi, sarebbero proprio i mercati i primi interessati all’indebitamento degli Stati, per i pingui benefici risultanti dal pagamento degli interessi. Di conseguenza, “a las instituciones clásicas de todo Estado social ‒sanidad, pensiones, paro y enseñanza‒ lo que más les conviene es una buena administración que evite en lo posible el endeudamiento para que así disminuyan los gastos dedicados a pagar intereses a las entidades financieras y ese ahorro puede revertir en su beneficio” (p. 184).

132Così Tajadura Tejada J., “Reforma constitucional e integración europea”, in Claves de la Razón

Práctica, n. 216/2011, p. 27. Sostiene l’Autore che “es falso que la reforma suponga un ataque al Estado Social; antes bien, su objetivo último no es otro que garantizar su sostenibilidad. La regla fiscal introducida en el artículo 135 de la Constitución no contiene alusión alguna a un techo de gasto o a recortes sociales de ningún tipo; simplemente pretende garantizar la compatibilidad de ingresos y gastos a lo largo del tiempo” (p. 27).

133Così Baylos A., “Lealtad constitucional, Estado social y límite al déficit público”, in Cuadernos

de la Fundación 1 de Mayo, numero speciale “Reforma del artículo 135 de la Constitución”, n. 25/2011, p. 6. Per l’Autore, dunque, “el techo constitucional al déficit público afecta directamente a la función del Estado

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Un ulteriore punto rilevante è senz’altro il rimando fatto per la prima volta all’Unione europea, che ‘finalmente’ entra nella Costituzione spagnola, anche se “de manera inopinada”135 ed ‘inconveniente’, figurando “non come contesto sovranazionale nel quale si integra la Spagna, ma esclusivamente come autorità che detta l’indebitamento che la Spagna può avere”136. Per effetto della primazia del Diritto comunitario, non sarebbe necessario un rinvio costituzionale interno affinché i limiti di deficit pubblico stabiliti da Bruxelles ‒ si ricordi che l’art. 126 del TFUE stabilisce che “Gli Stati devono evitare disavanzi pubblici eccessivi” (comma 1) ‒ vincolino direttamente gli Stati membri; inoltre, la riforma ‘spreca’ un’occasione per poter colmare la ‘lacuna’ della Costituzione spagnola del 1978 che non contempla questioni relative all’integrazione europea, affidandosi alla clausola di apertura generale dell’art. 93. Si consideri, ancora, che per essere l’unica menzione all’Unione europea, la citazione espressa del TFUE (ex art. 135 CE, comma 3) comporta delle criticità evidenti, “no ya sólo porque en el marco de evolución del proceso de integración europea podría quedar obsoleta si cambia el Derecho originario, sino también porque […] da la impresión de una renuncia a nuestra facultad como Estado soberano de retirarnos, en su caso, de la Unión”137.

Ma, ciò che più colpisce è sicuramente il procedimento della riforma, express, che in qualche modo racchiude e spiega ‒ ma certamente non giustifica ‒ tutto ciò che essa (ap)porta con sé. Stupisce essenzialmente la rapidità con la quale si porta a termine un processo di revisione costituzionale in un ordinamento fondamentalmente ‘immobilista’ da questo punto di vista, che in più di trent’anni di Costituzione ha sempre avuto ‒ e continua ad averne ‒ una certa reticenza (politica) a modificarne le disposizioni ‒ fatta eccezione per un piccolo intervento riformatore nel 1992, più che altro di carattere tecnico138 ‒; “de hecho, esa rapidez y, sobre todo, las desafortunadas formas que venian a ser la primera social, porque niega a los poderes públicos uno de los mecanismos importantes para encarar en un momento histórico determinado comopromisos sociales que se han reconocido como derechos que requieren de la actividad prestacional del Estado y de las Comunidades Autónomas para su materialización” (p.6).

134Art. 1 CE, comma 1: “España se constituye en un Estado social y democrático de Derecho, que

propugna como valores superiores de su ordenamiento jurídico la libertad, la justicia, la igualdad y el pluralismo político”.

135Così Blanco Valdés R., “La reforma de 2011: de las musas al teatro”, in Claves de la Razón

Práctica, n. 216/2011, p. 18.

136Così Bastida Freijedo F.J., “La reforma del artículo 135 CE”, cit., p. 175 (traduzione mia). 137 Così Cámara Villar G., “La reforma del artículo 135 CE”, cit., p. 179.

138 In ottemperanza alle disposizioni introdotte dal Trattato di Maastricht, e alla Declaración del

Tribunal Constitucional 1/1992, viene modificato l’art. 13 CE, comma 2, inserendo l’inciso “y pasivo” nella disposizione che fissa i criteri per l’esercizio da parte degli stranieri del diritto di suffragio attivo e, dunque, passivo, nelle elezioni municipali.

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expresión de tantas prisas, contrastan con la letania, mantenida durante tres decada por los dos grandes partidos españoles, sobre la necesidad de ser extremadamente cuidadosos a la hora de reformar una Constitución que fue en si día la expresión jurídica del pacto político fundador de la actual España democrática”139.

Come al solito, è il contesto che fa il testo, e il contesto nel quale nasce e culmina la riforma dell’art. 135 CE è quello di una ‘calda’ estate in cui l’infiammarsi della crisi, della sfiducia dei mercati, della ‘febbre alta’ dello spread e dell’instabilità finanziaria interna al Paese hanno richiesto un provvedimento d’urgenza che si è tradotto nel tentativo estremo da parte del Governo Zapatero, ‒ ormai esanime e ‘terminale’, pronto alla sconfitta annunciata delle anticipate elezioni generali del novembre 2011 ‒ di gettare acqua sul fuoco mediante una ‘rassicurazione’ blindata nelle maglie costituzionali140.

La tradizione del largo consenso, che aveva caratterizzato il momento costituente del 1978, viene ‘rotta’141 da un’intesa di riforma preso fondamentalmente grazie all’accordo

(solo) tra i due principali partiti, PSOE e PP,‒ o meglio, tra i rispettivi dirigenti ‒ a discapito delle posizioni, manifestamente contrarie, delle minoranze politiche e parlamentari ‒ sostanzialmente nazionaliste e di sinistra ‒142, nonché del dibattito pubblico, pressoché inesistente, e in virtù di ragioni legate all’urgenza; ragioni comunque dubbie e controverse, che difendono male il loro carattere ‘emergenziale’ a fronte della data ben lontana, fissata nel 2020, per l’entrata in vigore dei limiti di estabilidad presupuestaria e, piuttosto, si spiegano in relazione ad un’altra data, quella delle imminenti elezioni di