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Il costo del capitale e la creazione di valore

2.3 Il costo del capitale e la creazione di valore nelle banche

2.3.3 Il costo del capitale e la creazione di valore

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come calcolare il rendimento corretto per il rischio (RAROC) della banca e delle sue business unit, nonché il costo del capitale di un istituto bancario inteso come il rendimento target atteso dai suoi azionisti ovvero il tasso di rendimento minimo richiesto ad ogni unità per remunerare il capitale da esse assorbito. Adesso è necessario capire come confrontare queste due grandezze in modo da poter ricavare un collegamento tra il processo di allocazione del capitale con l'obiettivo di creazione di valore della banca e poter quindi selezionare le attività capaci di massimizzare la creazione di valore per gli azionisti.

Creazione di valore e RAROC

Considerando un'applicazione uniperiodale, il RAROC corrente, a livello di intera banca o di singola unità di business, viene confrontato con il costo del capitale. Perciò un'attività crea valore se:

RAROC > r

e

Viceversa se RAROC <

r

e allora vi è distruzione di valore. Questa risulta essere una

regola solo apparentemente semplice in quanto risente di tutte le difficoltà e i limiti riscontrati precedentemente per la stima di ciascun parametro preso in considerazione. In particolare è importante sottolineare:

74 la difficoltà di giungere ad una misura di capitale economico che effettivamente consideri tutti i rischi assunti dall'istituto bancario e che rappresenti esattamente le risorse investite dagli azionisti;

la difficoltà di calcolare il capitale diversificato adeguato che tenga conto, cioè, del contributo alla diversificazione dei rischi da parte di ciascuna business unit; la necessità di tener conto sia del capitale allocato a preventivo che del capitale assorbito a consuntivo da ogni attività;

il fatto che tutte queste difficoltà si proiettano sulle misure del RAROC;

infine, la difficoltà di stimare il costo del capitale della banca, considerando che modelli diversi possono condurre a diversi risultati.

Creazione di valore e il metodo EVA

Un metodo alternativo per la misura di creazione di valore è detta Economic Value

Added (EVA). Essa misura il valore creato da un'impresa, in un dato periodo, al netto

del costo del capitale (azionario e di debito) impiegato.

L’EVA giunge a stimare il valore che la gestione aziendale ha saputo produrre dopo aver remunerato i mezzi di produzione e soddisfatto i portatori di capitale nella misura in cui il profitto economico generato ecceda il costo del capitale.

In altre parole, lo scopo dell’indice è quello di essere una misura diretta del valore creato per gli azionisti, cioè del surplus di valore che la banca garantisce agli azionisti rispetto all’ipotesi di investimento delle loro disponibilità in altre opportunità di pari rischio. La formulazione generale dell’ EVA è la seguente:

EVA = NOPAT - WACC · (D + E)

dove NOPAT (Net Operating Profit After Taxes) esprime il reddito operativo netto, cioè al netto delle imposte ma al lordo degli interessi passivi sul debito (costo del debito),

75 proprio57. Ricordando che WACC e la media ponderata dei rendimenti di ciascun tipo di capitale impiegato (

r

d

*

58

e

r

e), l'EVA diventa:

EVA = NOPAT - D · r

d

*- E · r

e

Perciò l'EVA rappresenta il valore netto creato in più rispetto a quanto necessario per remunerare i fondi utilizzati. Pertanto, si crea valore se:

EVA > 0

Un valore negativo indica, invece, che i capitali impiegati sono stati remunerati meno del dovuto, e questo determina una distruzione di valore per l'istituto bancario.

Si ha così, che l’indicatore assume un’importanza strategica, in quanto, l’impresa tenderà a conservare (se positivo) e/o a accrescere il livello dell’EVA di esercizio in esercizio. Un buon risultato sarà conseguibile migliorando la profittabilità (aumentando il profitto economico), ottimizzando l’utilizzo del capitale, riducendo il costo complessivo o, infine, rinunciando alle business unit che poco o nulla aggiungono. Il vantaggio di un simile metodo sta nel disporre di un indicatore di breve periodo e sufficientemente oggettivo (di derivazione contabile) che consenta di valutare in modo più completo la redditività del periodo59, avvicinandola al concetto di valore per l’azionista, nonché di responsabilizzare e di valutare su basi misurabili e oggettive il management. A tal proposito, infatti, è un indicatore utilizzato come parametro di misurazione della performance, di responsabilizzazione, di valutazione e incentivazione del management, di guida alle scelte strategiche di allocazione del capitale, di pricing, di comunicazione con i mercati dei capitali.

L’EVA può anche fungere da metro di paragone (benchmark) per valutare il posizionamento competitivo della propria azienda di credito rispetto ai diretti

57

L'EVA fa riferimento al capitale contabile cioè si basa su dati contabili e non sul prezzo di mercato

delle azioni o sull'ammontare dei rischi in essere.

58

Dal momento che il confronto avviene con una misura di utile al netto delle imposte, il costo del debito

terrà anch'esso conto dei benefici fiscali legati alla deducibilità degli interessi passivi sui prestiti, perciò: rd* = rd (1 - τ) dove τ rappresenta l'aliquota fiscale della banca.

59

L’Eva misura quella parte del valore creato che è stata effettivamente generata nel periodo e già

distribuita o reinvestita, ma esclude quella componente derivante da scelte compiute nel periodo che probabilmente (con un certo grado di aleatorietà) miglioreranno le prospettive future e innalzeranno i redditi e i flussi di cassa futuri. Tale seconda forma di valore è rilevabile solo applicando il metodo dei flussi di cassa (o degli EVA) futuri scontati e calcolando il valore creato come differenza tra i valori attuali di fine e di inizio periodo, più i dividendi distribuiti agli azionisti nel periodo.

76 concorrenti ed è, infatti, direttamente collegabile, nel caso di istituti quotati, al valore di mercato della banca, il cosiddetto Market Value Added (MVA)60.

Esso rappresenta la differenza tra il valore di mercato dell’impresa e il valore del capitale proprio ed è, in un certo senso, espressione dell’apprezzamento da parte del mercato circa la capacità della banca di remunerare adeguatamente il capitale investito. Quindi, essendo l’EVA una misura del valore aggiunto secondo la prospettiva degli azionisti, l’MVA finisce con il corrispondere al valore attuale dei flussi di EVA attesi.

MVA = valore attuale degli EVA futuri scontati (al costo del capitale)

Il confronto tra MVA e il valore attuale dei flussi EVA dirà se il mercato ha una corretta percezione delle possibilità che l’impresa ha di creare valore.

Tuttavia la variazione del valore aggiunto di mercato non è calcolabile per le banche non quotate e, soprattutto, per combinazioni interne alla banca (business unit, prodotti, clientela, filiali ecc) e non sempre rispecchia l’effettivo valore economico dell’impresa, specie nel caso di mercati non efficienti dove viene alterata l’esatta percezione da parte del mercato delle prospettive dell’impresa.

Tuttavia dal momento che l’EVA è un indicatore di breve e non esprime in realtà gli effetti futuri delle scelte compiute nell’esercizio, si rivela inadatto soprattutto laddove esistono significative differenze tra performance corrente e performance futura (come nel caso dello start-up companies). In tal caso, perciò, nella valutazione delle performance di esercizio, non si può prescindere dalla stima dei flussi futuri.

Perciò, l’EVA non consente di superare il “salto logico” tra la valutazione interna di natura contabile e quella esterna di natura economica effettuata dai mercati ma ad essa si avvicina in quanto, molto spesso, il mercato guarda all’indicatore contabile per stimare il valore dell’impresa perché le soluzioni alternative non sono percorribili (basti pensare alle difficoltà di stima dei flussi futuri)61.

Il metodo del RAROC e quello dell'EVA sono simili, tuttavia, mentre il primo fa riferimento a grandezze percentuali, il secondo misura l'ammontare assoluto del valore creato dall'impresa e per questo risulta più tangibile. Entrambi i metodi si prestano ad essere applicati non solo a livello di intera banca ma anche di singola business unit, tuttavia dal momento che l'EVA si basa sul concetto di capitale contabile e non sul

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G.Bonaldo, A.Pantano, P.Ricci, La valutazione delle banche col metodo EVA in presenza di sistemi

VAR di gestione dei rischi, Bancaria, n° 9/2000.

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77 capitale economico, diventa più difficile assegnare ad ogni unità una misura di capitale diversificato che tenga conto della sua rischiosità e dei benefici da diversificazione e diventa, quindi, più difficile individuare il legame esistente tra rischio e creazione di valore per gli azionisti, come invece accade utilizzando il RAROC.

A prescindere dalle metodologie adottate, la misurazione del valore di un’impresa è di primaria importanza nella gestione aziendale specie in un contesto, come quello odierno, di crisi economica che spinge sempre più il mondo bancario a riformulare le variabili di misurazione delle performance in un’ottica più ampia ed eterogenea rispetto al passato, proprio, al fine di adattarsi al mutevole contesto economico e regolamentare, basti pensare all’implementazione del nuovo quadro normativo di Basilea 3. E’ facile, infatti, intuire che Basilea 3 non genererà unicamente impatti quantitativi, ma si ripercuoterà anche sul modo di fare business nei prossimi anni e, di conseguenza, sulla gestione del valore.

Un impatto sulla formula del valore deriverà dalle nuove regole sulla quantità e qualità del capitale, esse potranno, di fatto, incidere sulla modalità di misurazione degli indicatori di rischio e valore spingendo verso l’uso del capitale regolamentare, rappresentativo di un vincolo esogeno più oneroso rispetto al passato, anziché di quello economico. Un ulteriore impatto positivo sugli utili sarà determinato dal capital

conservation buffer che limiterà le generose, e alquanto dannose, politiche di

distribuzione dei dividendi. Il buffer prevede, infatti, percentuali crescenti di utili da trattenere a mano a mano che ci si avvicina alla soglia minima del Common Equity. L’altra componente della formula del valore - il costo del capitale - dovrebbe ridursi nel tempo per la maggiore fiducia acquisita dagli investitori nella solidità delle banche62. Occorre, perciò, un’attenta valutazione delle potenziali conseguenze al fine di tener sempre allineati i risultati conseguibili con le aspettative di rendimento degli stakeholders.

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CAPITOLO TERZO

IL CAPITALE IN BASILEA 3

LE NUOVE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI