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Se è vero che i nuovi requisiti possono garantire maggiore stabilità al sistema, vi è d’altra parte il fondato timore che una loro introduzione troppo repentina possa comportare costi economici e sociali troppo elevati per il mondo produttivo, i consumatori, la collettività. L’introduzione immediata di nuovi e più stringenti requisiti risulterebbe, inoltre, in contrasto con uno dei principi cardine del Comitato di Basilea, quello del level playing field, ossia di regole che non avvantaggino le banche di un Paese rispetto a quelle di un altro. In una situazione di crisi, come quella attuale, la raccolta di nuovo capitale sul mercato risulta chiaramente difficile, sarebbe dunque arduo, per molte banche, reperire in poco tempo i capitali necessari a far fronte ai nuovi requisiti. Un avvio troppo brusco delle nuove regole, quindi, potrebbe esercitare un impatto negativo sulla crescita, già debole, della maggioranza delle economie sviluppate. Lo stesso Comitato di Basilea, assieme al Financial Stability Board, nella propria analisi relativa all’impatto macroeconomico di Basilea 3 ha mostrato chiaramente come un’entrata in vigore graduale consenta di minimizzare gli effetti negativi sulla crescita economica111.

Per questo motivo è previsto un regime transitorio (phasing-in) per definire le modalità di calcolo dei requisiti di capitale durante il periodo transitorio di applicazione della nuova disciplina europea in materia di fondi propri e riserve di capitale. Esso prevede un meccanismo di introduzione graduale delle nuove regole dal 2014 fino al 2019, anno di piena applicazione, che però ricalca solo parzialmente quello previsto da Basilea 3 perché alle autorità nazionali di vigilanza sono concessi dei margini di discrezionalità in fase di recepimento, in particolare è possibile accelerare l’entrata in vigore dei nuovi livelli dei coefficienti di capitale o delle nuove deduzioni al patrimonio di vigilanza. La Banca d’Italia perciò ha aperto una consultazione pubblica, attraverso commenti e osservazioni dei partecipanti, con l’obiettivo di definire la discrezionalità nazionale da applicare durante il periodo transitorio.

Un’analisi di impatto svolta ad ottobre 2013 dalla Banca d’Italia, sui dati al 30 giugno 2013 di un campione di 15 gruppi bancari rappresentativi di oltre il 70% del sistema bancario italiano, ha sancito che le banche italiane possono addirittura sostenere la piena applicazione dal 1° gennaio 2014 della disciplina del capitale e dei cuscinetti

111

A.Resti, A.Sironi, La crisi finanziaria e Basilea 3: origini, finalità e struttura del nuovo quadro

116 addizionali prevista a regime (CET1 4,5%; CCB 2,5%; T1 6%) e intesa, quindi, come l’opzione più rigorosa che si possa testare. L’analisi ha previsto, infatti, la simulazione di 3 opzioni normative, quella di una completa e immediata applicazione della disciplina, l’applicazione dei coefficienti di capitale previsti a regime (come nell’opzione 1, eccetto il tier1 ratio fissato al 5,5%, anziché il 6%, nel 2014) con graduale phasing-in per le deduzioni e l’ultima ipotesi che prevede un esercizio delle discrezionalità nella misura più favorevole per deduzioni e conservation buffer ma l’applicazione dei coefficienti di capitale previsti a regime.

In tutti i casi esaminati le esigenze patrimoniali complessive stimate per il 2014 sarebbero inferiori a 0,6 miliardi di euro. Tali esigenze sarebbero massime nell’opzione 1 e nulle nell’opzione 3 (meno stringente)112.

Secondo quanto definito dalla Banca d’Italia nella Circolare n° 285, le disposizioni transitorie sono in vigore dal 1° gennaio 2014 in attesa che le norme entrino pienamente a regime nel 2019. Per ciò che riguarda la disciplina delle riserve di capitale113:

1) la riserva di conservazione del capitale si applica, a partire dal 1°gennaio 2014, utilizzando un coefficiente pari al 2,5%, ai gruppi bancari a livello consolidato e alle banche non appartenenti a gruppi bancari. Le banche appartenenti a gruppi bancari applicano a livello individuale un coefficiente di riserva di conservazione del capitale pari a:

0,625% dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014; 0,625% dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015; 0,625% dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016; 1,25% dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017; 1,875% dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018; 2,5% dal 1° gennaio 2019;

2) la riserva di capitale anticiclica specifica si applica a partire dal 1° gennaio 2016, secondo quanto segue:

non superiore allo 0,625% dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016; non superiore all’ 1,25% dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017; non superiore all’ 1,875% dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018; 2,5% dal 1° gennaio 2019;

112

Banca d’Italia, Le nuove norme sul capitale nel periodo transitorio. Relazione sull’analisi d’impatto, ottobre 2013.

113

Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, Circ. n. 285 del 17/12/2013 “Disposizioni di vigilanza per le

117 3) le misure di conservazione del capitale si applicano a partire dal 1° gennaio 2014. Per il primo periodo di applicazione, le banche che, a tale data, non rispettino il requisito combinato di riserva di capitale effettuano distribuzioni (incluso il pagamento di dividendi relativi all’esercizio 2013) soltanto nei limiti dell’ammontare massimo distribuibile (AMD), calcolato con riferimento al capitale primario di classe 1 disponibile al 1° gennaio 2014 e agli utili generati nell’esercizio 2013.

Gli Stati membri possono imporre un periodo transitorio più breve di quanto specificato e applicare quindi la riserva di conservazione del capitale e la riserva di capitale anticiclica a decorrere dal 31 dicembre 2013. Quando uno Stato membro impone tale periodo transitorio più breve, esso ne informa le parti interessate, inclusi la Commissione, il CERS, l'EBA e i pertinenti collegi delle autorità di vigilanza.

Per ciò che riguarda le disposizioni transitorie in materia di fondi propri, contenute nella Parte Seconda, Capitolo 14 della Circolare n° 285 si precisa che:

1) Nel periodo dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014, le banche rispettano i seguenti requisiti di fondi propri:

coefficiente di capitale primario di classe 1 almeno pari al 4,5%; coefficiente di capitale di classe 1 almeno pari al 5,5%.

2) Per le deduzioni dagli elementi del capitale primario di classe 1 ed esenzioni, la disciplina transitoria è così riassunta:

DEDUZIONI 2014 2015 2016 2017

Perdite relative all’esercizio in corso; Attività fiscali differite che dipendono dalla redditività futura e non derivano da

differenze temporanee;

Importi negativi risultanti dal calcolo delle perdite attese;

Attività dei fondi pensione a prestazioni definite nel bilancio;

Le partecipazioni significative in società finanziarie bancarie e assicurative fuori dal perimetro di consolidamento;

20 % 40 % 60 % 80 %

Attività immateriali;

Partecipazioni incrociate nel capitale di entità bancarie, finanziarie e assicurative volte a gonfiare artificialmente la dotazione patrimoniale delle banche;

Investimenti in azioni proprie;

118 Infine, per le attività fiscali differite che dipendono dalla redditività futura e derivano da differenze temporanee esistenti al 1° gennaio 2014, le percentuali applicabili crescono di 10 punti (dallo 0% al 90%) ogni anno dal 2014 al 2023.

Riassumendo, queste sono le fasi relative al periodo di transazione:

Tabella 3.2

FASI 2014 2015 2016 2017 2018 2019

Requisito minimo per il capitale

primario di classe 1 4,5% 4,5%

Riserva di conservazione del

capitale 2,5% 2,5%

Requisito minimo per il common equity più la riserva di

conservazione del capitale

7% 7%

Requisito minimo per il capitale di

classe 1 5,5% 6%

Requisito minimo per il

patrimonio totale 8% 8%

Requisito minimo per il

patrimonio totale più la riserva di conservazione del capitale

10,5% 10,5%

Applicazione delle deduzioni dal

CET1114 20% 40% 60% 80% 100% 100%

114 Tranne le attività immateriali e le partecipazioni incrociate nel capitale di entità bancarie, finanziarie e assicurative volte a gonfiare artificialmente la dotazione che saranno dedotti al 100% in tutti gli anni.

119

CAPITOLO QUARTO

L’IMPATTO SULLE BANCHE DELLA NUOVA

DISCIPLINA SUL CAPITALE

4.1. PREMESSA

L’impostazione del nuovo quadro normativo di Basilea 3 rappresenta il punto di partenza nella normativa bancaria internazionale per il confronto con l’industria e con gli altri portatori di interessi. La riforma del capitale determinerà sicuramente notevoli impatti in ambito bancario e di riflesso anche sull’economia reale. Essa comporterà che i livelli di capitali dovranno crescere, gli strumenti di qualità inferiore dovranno essere sostituiti con strumenti patrimoniali più robusti e sarà maggiore l’armonizzazione nella definizione di capitale utilizzata dai vari Paesi rispetto a quanto avvenuto finora. Inoltre, la normativa presenta una certa complessità applicativa, se si pensa alla disciplina delle deduzioni dal capitale, al funzionamento dei buffer e al regime transitorio. Perciò sarà necessario un compromesso tra una migliore qualità del capitale e l’adozione di criteri di ragionevolezza, evitando svantaggi competitivi connessi a situazioni e regolamentazioni diverse tra Paesi115.

Sussiste il fondato timore che, soprattutto nell’attuale fase di congiuntura economica, i grandi gruppi bancari possano trovare serie difficoltà nell’allineare la propria struttura del passivo alle nuove regole. Quasi tutte le grandi banche commerciali hanno, in effetti, attraversato un periodo caratterizzato da una bassa redditività del patrimonio riconducibile ad elevate perdite su crediti generate da un rallentamento nella crescita, perciò, diviene evidente come, nello scenario delineato, la raccolta di nuovi capitali sul mercato rischi di divenire oltremodo onerosa risultando arduo per molte imprese bancarie reperire in così poco tempo le risorse necessarie ai fini del rispetto dei nuovi e più stringenti requisiti stabiliti dall’Accordo116.

Per di più, come avvenuto in occasione di Basilea 2, il sistema imprenditoriale si attende effetti negativi derivanti dalle restrizioni creditizie che i nuovi requisiti patrimoniali potrebbero provocare (credit crunch) e che verosimilmente andrebbero a

115

G. De Martino, Il nuovo quadro regolamentare in materia di capitale delle banche. Implicazioni per

l’Italia e l’Europa, Servizio Normativa e Politiche di Vigilanza, Banca d’Italia, 2 dicembre 2010.

116

V.Manzi, La disciplina dei nuovi requisiti patrimoniali imposti dalle regole di Basilea 3. Implicazioni

120 colpire, tramite il costo del credito, le imprese di ridotte dimensioni, che in realtà non dispongono di vere alternative rispetto al finanziamento bancario. Tale sensibilità è oggi fortemente acuita in alcuni sistemi, quali quello italiano, in cui la ripresa economica stenta a manifestarsi ed in cui permangono gli storici fattori di arretratezza strutturale ed inefficienza ambientale.

Giova affrontare un’ulteriore questione che spesso viene posta a carico di Basilea 3, ma non del tutto correttamente. Da alcune parti, infatti, si sostiene che l’impianto della nuova disciplina potrebbe finire per sfavorire proprio le banche caratterizzate da orientamenti strategici prudenti (ad esempio le banche italiane e molte banche europee), le quali, colpite dall’esigenza di ricapitalizzazione e dal contesto difficile creato dalla crisi, avrebbero difficoltà a conseguire una redditività paragonabile a quella delle banche USA attive nell’investment banking. Queste, infatti, pur dopo la dura lezione subita, mantengono capacità gestionali e tradizioni operative assai più consolidate in tali business che promettono una pronta ripresa della redditività (e conseguente rafforzamento patrimoniale). Nella misura in cui Basilea 3 penalizza, ma non impedisce, un’attività potenzialmente molto lucrosa sebbene rischiosa, essa finirebbe paradossalmente per premiare il modello strategico che ha causato la crisi e che ha esposto il mondo intero al rischio del collasso finanziario117.

L’introduzione di requisiti più rigidi in tema di adeguatezza patrimoniale ha, perciò, suscitato timori ed aspettative in relazione alle possibili implicazioni non solo di ordine macroeconomico, per via dei possibili effetti sulla disponibilità di credito bancario e del suo costo per l’intero sistema economico, ma anche di natura microeconomica con riferimento all’influenza che la nuova disciplina eserciterà sulle scelte operative adottate dai soggetti appartenenti al settore. È da presumere, infatti, che la rinnovata normativa in materia di vigilanza bancaria internazionale possa avere importanti riflessi strategici e decisionali sulle aziende di credito ai fini della ridefinizione della loro struttura gestionale e del loro posizionamento sul mercato. Le nuove esigenze qualitative e quantitative di patrimonializzazione dovranno necessariamente condurre ad un’analisi strategica circa l’opportunità di riconsiderare e, se del caso, modificare l’attuale politica aziendale in materia di ricorso al mercato dei capitali, nonché la necessità di porre maggiore attenzione alla redditività di medio-lungo periodo e di progettare un’adeguata politica di destinazione degli utili in vista del raggiungimento di un più equilibrato

117

R.Bottiglia, Prime riflessioni su Basilea3 e possibili impatti sulle imprese, Convegno. Oltre la crisi:

121 rapporto fra accantonamenti e dividendi. Ciononostante, si appalesa anche il rischio che talune banche, pur fissando livelli di payout dei dividendi più bassi rispetto a quanto sinora avvenuto, vengano a trovarsi nelle condizioni di non poter riprendere livelli di redditività tali da consentire la formazione di utili ed il rafforzamento patrimoniale auspicati, donde il ricorso ad ingenti emissioni azionarie per far fronte al necessario adeguamento ai nuovi requisiti imposti da Basilea 3.

Alla luce, dunque, del nuovo quadro disciplinare, è da prefigurare una più massiccia raccolta di nuovo capitale azionario ed un più esteso autofinanziamento attraverso utili non distribuiti accompagnato da un minor ricorso a strumenti ibridi.

Pur riconoscendo, inoltre, che l’innalzamento del livello di capitale potrebbe sortire effetti positivi sul contenimento di insidiose pratiche di moral hazard da parte degli azionisti, non vanno d’altra parte sottovalutati i possibili effetti che gli aumenti di capitale azionario suddetti potrebbero causare sugli assetti proprietari delle banche e sui rapporti di potere interni alle stesse. Un ruolo determinante sarà svolto, in proposito, da fattori di primaria importanza quali la dimensione dei fabbisogni di capitale, la situazione economico-patrimoniale delle singole banche, le condizioni di offerta al mercato delle nuove azioni, le esigenze e la disponibilità futura dell’azionariato (specialmente di maggioranza), la situazione del mercato, nonché la compresenza, o meno, di emissioni da parte di altre banche e la relativa manifestazione temporale. Infine, sotto l’aspetto degli interventi destinati alla ridefinizione qualitativa e quantitativa delle attività, in seguito alla nuova disciplina le imprese bancarie avrebbero la possibilità di optare per una riduzione del volume degli impieghi in essere o per una ricomposizione finalizzata ad un ridimensionamento delle poste più rischiose, cui debbono corrispondere maggiori accantonamenti patrimoniali a favore di attività dirette ad assorbire un minor capitale regolamentare118.

Per questa serie di motivi l’impatto regolamentare che Basilea 3 sortirà sul sistema bancario, e più in generale sulla crescita economica, dovrà necessariamente costituire oggetto di attenta valutazione da parte delle Autorità di vigilanza, chiamate al delicato compito di controbilanciare interessi molteplici e contrapposti.

Nel complesso, è chiaro come una previsione precisa degli effetti di Basilea 3 sulla crescita economica e sul finanziamento delle imprese sia alquanto difficile.

118

V.Manzi, La disciplina dei nuovi requisiti patrimoniali imposti dalle regole di Basilea 3. Implicazioni

122 Essa, finora, è stata tentata solo sul piano dei modelli di impatto quantitativo, sicuramente utili per orientare le attese ed i comportamenti di tutti i soggetti coinvolti, ma, verosimilmente, capaci di definire soltanto un abbozzo, incerto e mutevole, di un fenomeno particolarmente complesso ed articolato.

L’intero pacchetto regolamentare internazionale è stato, infatti, oggetto di un articolato studio di impatto da parte del Comitato di Basilea, finalizzato a valutare gli effetti quantitativi delle singole modifiche proposte sui bilanci delle banche e di raccogliere le informazioni necessarie per la calibrazione del livello definitivo di capitale e liquidità che gli intermediari dovranno detenere. Analogamente, per le banche dell’Unione europea, l’EBA (European Banking Authority)119 ha coordinato un esercizio simile, tenendo conto delle specificità del sistema finanziario e della regolamentazione dell’UE. Oltre all’impatto, attraverso le informazioni raccolte, è stato inoltre possibile valutare più compiutamente le interazioni tra i diversi strumenti e identificare le aree sulle quali possono rendersi necessari interventi migliorativi o correzioni. Con la progressiva conclusione dei lavori sulle diverse misure, infine, potrà essere analizzato il funzionamento complessivo della riforma120.