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4.3 Le valutazioni sull’adeguatezza dei livelli di capitale delle banche europee

4.3.1 La raccomandazione dell’EBA

Nel contesto della serie di misure volte a ripristinare la fiducia nel settore bancario dell’UE, l’8 dicembre 2011 l’EBA ha formulato una raccomandazione rivolta alle autorità di vigilanza di tutti gli Stati membri dell'Unione europea nella quale richiedeva che le banche, che avevano partecipato all’esercizio sul capitale (71 grandi banche europee), avrebbero dovuto aumentare il coefficiente patrimoniale in termini di capitale di classe 1 di elevata qualità in modo tale da garantire una disponibilità di capitale sufficiente a coprire eventuali perdite inattese nel caso di un aggravamento della situazione economica. È importante sottolineare che la raccomandazione dell’EBA non era un nuovo esercizio di stress test che simula l’effetto di scenari avversi, ma trae semplicemente origine dall’applicazione delle soglie più elevate di patrimonializzazione stabilite dal Consiglio europeo e dalla valutazione a prezzi di mercato (cosiddetto mark

to market) dell’esposizione delle banche verso titoli del debito pubblico, al fine di

determinare le differenze rispetto ai valori iscritti in bilancio da coprire con la costituzione di riserve temporanee di capitale.

L’introduzione nel giugno 2013 del pacchetto (CRD IV Package) costituito dalla direttiva e dal regolamento UE sui requisiti patrimoniali ha modificato, di fatto, il quadro giuridico per la valutazione dei livelli di capitale. Per questo motivo e in vista della creazione di un’unione bancaria europea con un’unica autorità di vigilanza (BCE) e un unico meccanismo di salvataggio delle banche in difficoltà, l’EBA ha deciso che le riserve di capitale stabilite dalla sua raccomandazione del dicembre 2011 dovessero essere sostituite da una nuova misura sulla conservazione del capitale.

In data 22 luglio 2013 l’Autorità europea ha, perciò, pubblicato una nuova raccomandazione, che supera e abroga quella precedente, richiedendo alle autorità competenti di valutare i piani di capitalizzazione delle banche per la transizione verso la piena attuazione e l’applicazione della direttiva CRD e del regolamento CRR, tenendo altresì conto dell’introduzione graduale e del livello finale dei nuovi requisiti122.

A tal fine, le banche dovranno trasmettere i propri piani di capitalizzazione alle autorità nazionali le quali dovranno esaminare la validità delle ipotesi di lavoro adottate dalle banche e considerare l’impatto di situazioni di stress sulla realizzabilità dei piani al fine

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European Banking Authority, Recommendation on the preservation of core Tier 1 capital during the

transition to the Capital Requirements Directive/Capital Requirements Regulation framework, 22 July

133 di garantire che la transizione verso la piena attuazione e applicazione della direttiva e del regolamento avvenga in modo appropriato e tempestivo.

Conseguentemente, si dovranno applicare misure di conservazione del capitale, quali restrizioni sui dividendi e su altri pagamenti variabili, nonché tutte le altre misure considerate necessarie per far fronte ad eventuali carenze rilevate nei piani.

Poiché, durante il periodo di transizione, i requisiti patrimoniali minimi potrebbero essere meno stringenti rispetto a quelli della raccomandazione del 2011, viene richiesto agli enti creditizi di preservare i propri livelli di capitale e quindi mantenere un ammontare nominale del Core Tier 1 corrispondente all’ammontare di capitale necessario a soddisfare i requisiti di cui alla raccomandazione del dicembre 2011. Mediante tale raccomandazione le autorità nazionali chiedevano alle banche, infatti, di rafforzare, laddove necessario, la loro posizione patrimoniale costituendo un buffer di capitale eccezionale e temporaneo a fronte delle esposizioni verso gli emittenti sovrani che rifletteva i prezzi di mercato alla fine di settembre e che doveva essere tale da portare, entro la fine di giugno 2012, il Core Tier 1 ratio delle banche al 9%.

Per soddisfare l’obiettivo di capitale, le banche dovevano, in prima istanza, utilizzare risorse private, che potevano provenire da: utili non distribuiti, restrizioni sui bonus aziendali, aumenti di capitale della migliore qualità, emissioni presso investitori privati di strumenti di debito convertibili in azioni al ricorrere di determinate evenienze (contingent capital) a patto che rispettassero i requisiti previsti dell’EBA, ristrutturazione in Core tier 1 di strumenti ibridi esistenti, se effettuate entro la fine di ottobre 2012 e altre misure di gestione del passivo123.

A fronte delle decisioni del Consiglio europeo, l’EBA ha ricevuto il mandato di quantificare l’ammontare delle ricapitalizzazioni necessarie per la costituzione delle citate riserve di capitale.

Delle 71 grandi banche che hanno partecipato all’esercizio solo 37 istituti si presentavano in deficit patrimoniale e per loro l’EBA ha stimato, appunto, il fabbisogno patrimoniale aggiuntivo in 115 miliardi di euro. Successivamente dalla lista erano state stralciate 9 banche sottoposte a pesanti strutturazioni e una banca spagnola entrata in dissesto. Perciò 27 tra i maggiori istituti di credito avrebbero dovuto trovare nuovi capitali (o ridurre gli asset in portafoglio) per 76 miliardi di euro al fine di adeguare il

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European Banking Authority, Recommendation on the creation and supervisory oversight of

134 proprio Core Tier 1 ratio al 9%. Ebbene, in poco più di nove mesi, tali banche hanno complessivamente rafforzato la propria posizione patrimoniale attraverso nuove misure di capitale e includendo anche interventi sul fronte dell’attivo. Eppure, non tutti gli istituti sono riusciti a cavarsela con le proprie forze, sono sette le banche che hanno dovuto far ricorso alla finanza pubblica tra cui il Monte dei Paschi di Siena.

Per le banche italiane è stato indicato un fabbisogno di capitale di 15,4 miliardi di euro. Le ricapitalizzazioni richieste erano di 8 miliardi di euro per Unicredit, di 3,3 miliardi per Banca Monte dei Paschi di Siena, di 2,7 miliardi per Banco Popolare e 1,4 miliardi per Unione di Banche Italiane, mentre Intesa Sanpaolo non presentava esigenze di capitale aggiuntivo124.

Le banche europee hanno presentato il 20 gennaio 2012 alle rispettive Autorità nazionali i piani di capitalizzazione che intendevano adottare per adeguarsi alla raccomandazione in modo tale che le azioni di rafforzamento patrimoniale indicate in tali piani dovessero essere attuate entro giugno 2012.

Per l’EBA il risultato è che le banche europee hanno superato ampiamente il requisito minimo richiesto e la Commissione UE ha espresso soddisfazioni per i risultati ottenuti, sottolineando che il consolidamento patrimoniale rafforza la capacità delle banche di finanziare l’economia reale in modo sostenibile scongiurando la temuta contrazione del credito. Tuttavia, l’esercizio condotto dall’EBA nel 2011 presenta profili e aspetti che possono prestarsi a valutazioni critiche, in particolare per ciò che riguarda alcune questioni di metodo e di parità di trattamento delle banche operanti in paesi diversi. Per ciò che riguarda le questioni metodologiche, un primo aspetto critico è relativo al fatto che l’esercizio si basa su un coefficiente patrimoniale costituito da grandezze (sia al numeratore sia al denominatore) calcolate secondo criteri non omogenei nei diversi paesi europei. In particolare il calcolo delle attività ponderate per il rischio avviene sulla base di modelli interni di valutazione del rischio definiti dalle singole banche e soggetti a procedure di validazione che possono essere molto diverse fra i paesi europei.

Un secondo aspetto riguarda l’applicazione del mark-to-market sia all’intero portafoglio dei titoli di Stato, anche quindi a quei titoli detenuti sino alla scadenza rendendo così l’approccio troppo rigido, sia all’esposizione in titoli di Stato di tutti i paesi dell’area euro e non solo a quella verso i titoli di Stato dei paesi realmente esposti alla crisi del debito sovrano avvantaggiando, di fatto, le banche tedesche e francesi le cui plusvalenze

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Banca d’Italia, Comunicato stampa: Raccomandazione dell'EBA sul capitale delle banche, Roma 8

135 sulle rilevanti esposizioni verso i titoli di Stato del proprio paese di residenza hanno generato risparmi rilevanti in termini di assorbimento patrimoniale.

È poi importante sottolineare che l’EBA ha ritenuto di non estendere lo stesso approccio rigoroso previsto per i titoli di Stato anche alle attività finanziarie illiquide, quali ad esempio titoli strutturati e cartolarizzazioni.

Questo aspetto ha finito per penalizzare le banche italiane, che hanno un’esposizione in titoli illiquidi superflua rispetto agli altri gruppi bancari europei. In aggiunta a ciò, la disciplina sui requisiti patrimoniali assoggetta il rischio di credito ad un trattamento molto più severo e rigoroso rispetto al rischio di mercato e ciò, nel calcolo dei coefficienti patrimoniali, può essere quindi fonte di penalizzazione per le banche più concentrate nei settori tradizionali del credito alle famiglie e alle imprese - quali appunto le banche italiane - rispetto alle banche più orientate nei settori del trading e dell’investment banking.

Infine, un aspetto di carattere generale riguarda la fissazione di una soglia di Core Tier

1 ratio al 9% particolarmente elevata (superiore addirittura a quella target del 7%

prevista da Basilea 3). Pur assumendo una perfetta omogeneità tra paesi nelle modalità di calcolo del Core Tier 1, una soglia del 9% risulta molto alta perché richiede alle banche notevoli sforzi di raccolta di nuove risorse in un contesto di forte turbolenza sui mercati. Inoltre, un forte incremento del Core Tier 1 durante una fase di recessione può avere effetti fortemente pro-ciclici poiché spinge le banche, che non riescono a raccogliere nuove risorse, a ridurre l’offerta di credito accelerando l’andamento del ciclo. Si tratta quindi di un approccio opposto a quello del counter-cyclical buffer di Basilea 3125.

La raccomandazione dell’EBA risultò essere sicuramente una risposta decisa e rigorosa per ripristinare la fiducia nel comparto bancario in vista della futura implementazione di Basilea 3, tuttavia l’applicazione di una soglia così elevata a distanza di pochi anni dallo scoppio della crisi ha causato non pochi problemi per le banche europee.

In primo luogo, la realizzazione di consistenti aumenti di capitale entro la metà dell’anno creò un pericoloso effetto di sovraffollamento di richieste di risorse al mercato su di un ristretto arco di tempo in cui si concentrarono ingenti scadenze di titoli pubblici e di obbligazioni, quindi, gli aumenti di capitale determinarono pericolosi effetti di spiazzamento sulla stessa raccolta bancaria e sulla domanda di titoli di Stato.

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G.Vegas, Audizione del Presidente della Consob: Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e

136 Le banche italiane interessate dalla raccomandazione dell’EBA avevano già avviato sin dai primi mesi del 2011 l’esecuzione di piani di rafforzamento del capitale al fine di rispettare i requisiti previsti dal nuovo Accordo di Basilea 3: Intesa Sanpaolo aveva effettuato un aumento di capitale per 5 miliardi di euro, il Banco Popolare per 2 miliardi, MPS per 2,1 miliardi e UBI per 0,9 miliardi.

L’aumento di capitale di Unicredit, pari a 7,5 miliardi di euro, ha evidenziato alcune criticità poiché il prezzo di emissione delle nuove azioni, come prevedibile, è stato fissato a un livello largamente inferiore a quello di mercato. L’operazione è andata a buon fine, tuttavia, si è registrata una forte tensione ribassista sui diritti di opzione, fenomeno peraltro accentuato dal fatto che anche alcuni azionisti rilevanti si sono trovati nella condizione di non poter sottoscrivere l’aumento e sono stati costretti a cedere parte dei diritti di opzione loro assegnati a un prezzo fortemente scontato.

Le altre banche italiane interessate dalla raccomandazione dell’EBA furono, invece, orientate a ricorrere a forme di rafforzamento patrimoniale alternative rispetto all’aumento di capitale. Alcuni interventi riguardarono l’ottimizzazione dell’attivo mediante la cessione di immobili e partecipazioni. Tuttavia, data la perentorietà del termine entro il quale si doveva dare seguito alla raccomandazione dell’EBA, le dismissioni si conclusero a condizioni economiche svantaggiose.

Le considerazioni sopra esposte non implicano naturalmente che oggi le banche debbano rinunciare a rafforzare la propria struttura patrimoniale ma vi è la possibilità di consentire che le operazioni di patrimonializzazione, sia quelle relative ad aumenti di capitale sia quelle di asset management, possano essere realizzate su di un arco temporale più ampio e con scadenze meno ravvicinate, garantendo nel contempo un adeguato e graduale flusso di credito all’economia reale.

Come già detto, in ragion di quest’ultimo aspetto e in base alla soglia dell’8% di common equity sugli RWA decisa dalla BCE in preparazione al Meccanismo di Vigilanza Unico, oggi mediante la più recente raccomandazione, l’EBA ha richiesto di continuare a mantenere e preservare il livello di capitale raggiunto con la precedente raccomandazione e qualora le banche dovessero scendere sotto la soglia programmata dovranno presentare dei piani credibili, per ripristinare la loro base di capitale, che saranno sottoposti al vaglio delle rispettive autorità di vigilanza le quali effettuano l’attività di controllo nazionale in stretta collaborazione con l’EBA.

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