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4.4 Tradizioni popolari e leggende …

4.4.1 Le credenze in De Marchi …

Caterina Barlausen fu pubblicata in «L'Italia Giovane» nel 1886 e poi inserita nella raccolta Racconti nel 1889; la novella sembra pensata per il teatro sin dalle prime battute e per tutto il tempo del racconto l'autore mantiene un tono leggero di frivolezza. Come già visto in precedenza per qualche novella, anche in questa De Marchi dichiara si tratti di una storia appresa dai giornali e confermata dai medici, quindi vera, seppur assurda, «dove il verosimile cozza con il paradossale»50 È la storia di Caterina

Un'erbivendola di Breslavia, nota nel mercato per la sua lingua sciolta e per la sua grande incapacità di conservare un segreto. Di tali donne se ne trovano dappertutto, tranne che in casa mia; ma la Caterina per l'indole sua larga ed espansiva passava per ciarlona anche fra le sue stesse comari. Per chi voleva far correre una notizia per tutta Breslavia o anche per tutta la Slesia, il miglior modo era di confidarla in gran segretezza alla Caterina, che sedeva in tutta la sua maestà in mezzo ai cavagni di insalata presso la gotica chiesa di Santa Elisabetta51.

50 Silvana Tamiozzo Goldman, L'operoso teatrino di Emilio De Marchi, in Emilio De Marchi un

secolo dopo, Atti del convegno a cura di Renzo Cremante, Roma, Edizioni di storia e letteratura,

2005, p.115

51 Emilio De Marchi, Caterina Barlausen, in Tutte le opere di Emilio De Marchi, a cura di Giansiro Ferrata, Milano, Mondadori, 1959, vol. I, p. 781

Ad avvalorare la veridicità della storia raccontata ci pensa il referto del medico, che dà una spiegazione per quello che sarà raccontato successivamente:

Pare che questo sfogo fosse per la Barlausen una vera salute e a questo proposito nota assai bene il sullodato dottor C. W. Hunger che, essendo la parola una specie di secrezione del cervello, nelle teste immaginose e feconde (come sono in generale quelle delle donne) il parlare è una valvola di sicurezza. […] A questa abitudine di dir tutto il suo cuore doveva adunque la Barlausen il suo florido aspetto, il suo appetito e la felicità del suo spirito. 52

Il colpo di scena arriva quando il nipote di Caterina, ricercato perché disertore, si presenta alla porta della zia e le chiede di nasconderlo in casa sua per un mese, fin quando l'Imperatore darà l'amnistia, e le fa giurare di non rivelare questo segreto a nessuno:

Quel suo benedetto segreto la povera donna se lo sentiva correre come un topolino vivo nello stomaco. Veniva su fino alle labbra, e lo trangugiava con un forte impeto di volontà53.

Da questo momento in poi inizia la trasformazione della donna:

Pare che quel grosso segreto inghiottito e confitto attraverso la gola impedisse anche agli altri più piccoli di uscire, come un cocchiume che tappa la botte. Per modo che dopo una settimana tutte le trecentomila parole, che mamma Katchen soleva versare sopra i cavoli e le carote dall'alto del suo scanno, condensandosi e gonfiandosi nel suo corpo, cominciarono a ingrossarlo, proprio come se lo gonfiassero. […] Il suo bel colorito era quasi scomparso, ma con tutto questo l'aria l'ingrassava. Era una strana malattia54.

A nulla servono le varie cure e i vari tentativi del dottore, che studia il caso in modo approfondito senza trovare nessun precedente, ne parla con i suoi colleghi e decide di portarla in ospedale. Mentre i medici cercano una spiegazione logica e razionale, il resto della comunità si basa su ipotesi di magia, di folletti o streghe o addirittura malefizi: ecco i due versanti opposti di una storia, il razionale e il comprensibile dalla

52 Ivi, p. 782 53 Ivi, p. 785 54 Ivi, pp. 786-787

parte degli scienziati e l'irrazionale basato su credenze e superstizioni da quella del ceto basso del popolo, in questo caso fatto da pollivendole, lattivendole e via dicendo. Giocoso è anche il tentativo da parte degli infermieri di trasportare Caterina in ospedale:

I quattro robusti uomini presero la donna in braccio e meravigliarono che non pesasse tanto come facea credere il suo volume; anzi notarono un non so che di elastico e di galleggiante, come quando si tocca un pallone o si porta una damigiana nuova. Maggior meraviglia provarono ancora, quando, giunti all'uscio, non ci fu mezzo di far passare la povera donna, né per dritto, né per traverso. Eran tre le settimane che essa aveva il suo segreto in corpo55.

Divertente il dialogo tra i tre dottori che si consultano tra loro e altrettanto divertenti i loro nomi che hanno una musicalità poco seria, Hanger, Hinger e Hunger.

Il colpo di scena finale arriva quando finalmente viene annunciata l'amnistia e Caterina può iniziare a parlare e a raccontare tutto, per cui:

Parlando si sentiva a poco a poco gli umori andare a posto, e il suo corpo diventare più sottile, più agile. I vestiti che prima allacciava con larghe stringhe, al defluire di tante parole e di tanto fiato, rientrarono nei loro bottoni, e tutti meravigliavano e gridavano al miracolo56.

Si conclude così la storia surreale di Caterina che paragona il corpo a un contenitore che si può riempire ma che necessita anche di essere svuotato; spesso l'ignoranza porta a pensare che mettendo un tappo metaforico alla bocca di una donna questa può gonfiarsi e addirittura rischiare di scoppiare fisicamente. Nella novella, nonostante la mancata conclusione da parte dei medici, si è più propensi a cercare una soluzione scientifica e razionale piuttosto che ricorrere e accontentarsi della leggenda per dare una spiegazione all'accaduto; lo si evince anche dal fatto che l'autore per tutta la durata del racconto garantisce l'autenticità della storia con la costante presenza della figura del dottore, segnale di verità e obiettività.

Si deve comunque precisare che in merito a questo argomento non si può fare un paragone equo tra i due autori in quanto il mondo verghiano è sicuramente molto più

55 Ivi, p. 788 56 Ivi, p. 791

interessato alle credenze popolari e alle leggende, aspetto che, come si è visto in De Marchi è affrontato solamente in modo giocoso e superficiale.