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Il crimine di tortura nel diritto penale internazionale: a)la tortura

Gli strumenti analizzati si sono posti il precipuo fine di controllare

l’applicazione dei trattati internazionali e di garantire il rispetto dei diritti

umani da parte degli Stati sovrani, non prendendo in considerazione le

responsabilità dei singoli individui che si erano resi personalmente autori,

istigatori o complici delle violazioni

119

.

E’ a seguito del Secondo Conflitto mondiale che furono istituiti il Tribunale

Militare Internazionale di Norimberga e il Tribunale Militare Internazionale

per l’Estremo Oriente, con sede a Tokyo, competenti a giudicare dei gravi

crimini commessi da singole persone durante il conflitto mondiale. Si deve a

questi Tribunali, che hanno per la prima volta affermato la responsabilità

penale personale degli individui davanti alla comunità internazionale, l’avvio

per la formazione del c.d. diritto penale internazionale, ispirando la creazione

del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia

120

ed il Tribunale

momento, assunto valenza di diritto internazionale consuetudinario. Ai due Protocolli del 1977 ha fatto seguito un terzo Protocollo relativo all’adozione di un emblema distintivo aggiuntivo dell’ 8 dicembre 2005.

118 C. D. LEOTTA, voce Tortura (reato di), cit., 871. 119 C. ZANGHÌ, op. cit., 64.

120 Il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è stato istituito con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 827 del 25 maggio 1993. Il Tribunale ha

39

penale internazionale per il Ruanda

121

, ai quali ha fatto seguito la Corte penale

internazionale

122

.

Con riguardo, quindi, alla sfera penale internazionale, la pratica di tortura non

assurge a reato a sé stante, potendo lo stesso costituire un crimine di guerra

ovvero un crimine contro l’umanità

123

.

Tale area del diritto sovranazionale nasce per occuparsi tendenzialmente di

attività criminose commesse in modo massivo, differenziandosi, sotto questa

visuale, dai trattati sui diritti umani, i quali trovano applicazione in relazione ad

atti di tortura non sistematici.

Per quanto concerne la classificazione della tortura quale crimine di guerra,

occorre richiamare gli artt. 8 dello Statuto di Roma

124 125

, 2 dello Statuto del

competenza in merito alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario integranti crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità, commesse nel territorio della ex Jugoslavia a partire dal 1991, nel corso dei conflitti in Croazia (1991-1995), Bosnia- Erzegovina (1992-1995), Kosovo (1998-1999) e Macedonia (2001). Per un approfondimento v., E. AMATI, M. COSTI, E. FRONZA, Introduzione, in E. AMATI, M. COSTI, E. FRONZA (a cura di), Introduzione al diritto penale internazionale, Milano, 2010, 9 ss.

121 Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda è stato istituito con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 955 dell’8 novembre 1994, il quale è competente in relazione ai fatti di genocidio in danno del popolo ruandese (art. 2) e con riguardo alle violazioni dell’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra e del II Protocollo opzionale, contemplanti anche fatti di tortura. Per un approfondimento v., E. AMATI, M. COSTI, E. FRONZA, Introduzione, in E. AMATI, M. COSTI, E. FRONZA (a cura di), op. cit., 9 ss.

122 F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., 10.

123 Per quanto non contemplata all’art. 6 dello Statuto di Roma che si riferisce al genocidio, la tortura ben «può diventare condotta consumativa anche del «crime of crimes», a condizione che integri un cosiddetto «genocidial act» accompagnato, sul piano soggettivo, dalla finalità di distruzione («intent to destroy») di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». C. D. LEOTTA, Voce Tortura (reato di), cit., 872.

124 Lo Statuto di Roma è stato stipulato il 17 luglio 1998 ed è entrato in vigore il 01 luglio 2002 e ratificato dall’Italia con la L. n. 232 del 1999. Per un approfondimento, si veda, G. VASSALLI, Cinquant’anni dopo. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e “Statuto di Roma”, in Studi in onore di G. Pisapia, Vol. I, Milano, 2002, 534 ss. V., altresì, E. AMATI, M. COSTI, A. FRONZA, Introduzione, in E. AMATI, M. COSTI, E. FRONZA (a cura di), op. cit., 18 ss; G. WERLE, F. JESSBERGER, Principles of International Criminal Law, III ed., Oxford, 2014, 35-36.

125 L’art. 8 par. 2, lett. a), ii) dello Statuto di Roma la tortura sanziona un war crime, da intendersi quale «infrazione grave» delle Convenzioni di Ginevra, commessa nei confronti delle persone protette; l’art. 8. par. 2, lett. c), i), qualifica la tortura quale «seria violazione» dell’art. 3 (che, come si è analizzato nel precedente paragrafo, risulta comune a tutte le Convenzioni ginevrine), in caso di conflitto armato non internazionale, commessa nei confronti di persone che non prendono parte attiva alle ostilità, compresi i membri delle Forze Armate che hanno deposto le armi e coloro che non sono in grado di combattere per malattia, ferite, stato di detenzione o per qualsiasi altra causa.

40

Tribunale per la ex Jugoslavia

126

e 4 dello Statuto del Tribunale per il

Ruanda

127

, i quali prevedono i c.d. war crimes, caratterizzati per il fatto di

recare grave offesa o mettere gravemente in pericolo persone o cose protette

dal diritto internazionale umanitario

128

. L’art. 8 dello Statuto di Roma

suddivide in quattro gruppi i crimini di guerra: a) le gravi infrazioni delle

Convenzioni del 1949 (par. 2, lett. a)); le altre violazioni serie delle leggi e

degli usi applicabili nei conflitti armati internazionali (par. 2, lett. b)); le

violazioni serie dell’art. 3 comune alle Convenzioni ginevrine nel caso di

conflitto armato non internazionale (par. 2, lett. c)); le altre violazioni serie

delle leggi e degli usi applicabili nei conflitti armati non internazionali,

nell’ambito di un quadro consolidato del diritto internazionale (par. 2, lett. e)).

Quanto sopra enunciato, però, non individua una definizione di tortura. A

fornire un ausilio in relazione alla corretta interpretazione degli articoli dello

Statuto, tra cui quello in esame, sono gli Elementi Costitutivi del Crimine

(“Element of Crimes”), previsti dall’art. 9 dello Statuto stesso e contemplati

all’art. 21, nell’elencazione del diritto applicabile dalla Corte. Questo corpus

126 L’art. 2 par. 1, lett b) dello Statuto del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia punisce la tortura come infrazione grave delle Convenzioni di Ginevra, commessa nei confronti di persone protette nel corso di un conflitto internazionale: «The International Tribunal shall have the power to prosecute persons committing or ordering to be committed grave breaches of the Geneva Conventions of 12 August 1949, namely the following acts against persons or property protected under the provisions of the relevant Geneva Convention: […] (b) torture or inhuman treatment, including biological experiments […]».

127 L’art. 4, par. 1 lett. a) dello Statuto del Tribunale penale internazionale per il Ruanda reprime la tortura come crimine di guerra in quanto violazione seria dell’art. 3 comune a tutte le Convenzioni ginevrine, commessa nel corso di un conflitto non internazionale: «The International Tribunal for Rwanda shall have the power to prosecute persons committing or ordering to be committed serious violations of Article 3 common to the Geneva Conventions of 12 August 1949 for the Protection of War Victims, and of Additional Protocol II thereto of 8 June 1977. These violations shall include, but shall not be limited to: (a) Violence to life, health and physical or mental well-being of persons, in particular murder as well as cruel treatment such as torture, mutilation or any form of corporal punishment […]».

128 I crimini di guerra sono crimini commessi durante un conflitto armato. Quest’ultimo anche se non viene definito nello Statuto di Roma, secondo la Corte va inteso come «a resort to armed force between States or protracted violence between governmental authorities and organized armed groups or between such groups within a State». Corte penale internazionale, Prosecutor c. Lubanga, sentenza 14 marzo 2012, ICC-01/04-01/06, par. 533. Per quanto riguarda la natura del conflitto armato, la Corte è chiara: «war crimes arise either in the context of international armed conflict (article 8(2) (a) and (b) of the Statute) or an armed conflitct not of an international character (article 8(2) (c) and (e) of the Statute) […]». Corte penale internazionale, Prosecutor v. Bemba, sentenza 15 giugno 2009, ICC-01/05-01/08-424, par. 216.

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normativo, fonte primaria per la Corte, ma subordinata allo Statuto e non

vincolante, consiste in una serie di specificazioni delle singole fattispecie

criminose complesse elencate agli art. 6, 7, 8, 8-bis dello Statuto, strutturate

nella descrizione della condotta, dell’evento (“consequences”), delle

circostanze e dell’elemento soggettivo, nei casi in cui quest’ultimo sia

differente od ulteriore rispetto a quanto previsto in via generale dall’art. 30

dello Statuto (“intention e connaissance”)

129

.

Nelle situazioni in cui la tortura costituisca grave braches ai sensi dell’art. 8,

par. 2 lett a), ii), sia in quello in cui determiniserious violations dell’art. 3 delle

Convenzioni di Ginevra ai sensi dell’art. 8, par. 2 lett. c), i), convergono i

requisiti indicati negli Elements of Crimes

130 131

, con lievi divergenze in

riferimento allo status della vittima e alla consumazione dell’illecito,

specificate ai nn. 3 e 5. In particolare, il n.1 prevede che siano inflitti dolore o

sofferenze acute, fisiche o mentali, su una o più persone; lo scopo del soggetto

agente è quello di ottenere una informazione o una confessione, imporre una

punizione, un’intimidazione o una coercizione o, ancora, agire con una finalità

129 Il Corpus degli Elementi Costitutivi del Crimine è stato adottato nell’ambito della Prima Sessione dell’Assemblea degli Stati Parte, tenutasi a New York dal 3 al 10 settembre 2002. Successivamente, in occasione della Prima Conferenza di Revisione dello Statuto tenutasi a Kampala dal 31 maggio al’11 giugno 2010, è stata adottata una seconda versione degli Elementi Costitutivi del Crimine in ragione dell’introduzione del crimine di aggressione nella giurisdizione della Corte Penale Internazionale.

130 Articolo 8, par. 2, lett. a), ii) degli Elements of crimes (War crime of torture) : «1. The perpetrator inflicted severe physical or mental pain or suffering upon one or more persons. 2. The perpetrator inflicted the pain or suffering for such purposes as: obtaining information or a confession, punishment, intimidation or coercion or for any reason based on discrimination of any kind. 3. Such person or persons were protected under one or more of the Geneva Conventions of 1949. 4. The perpetrator was aware of the factual circumstances that established that protected status. 5. The conduct took place in the context of and was associated with an international armed conflict. 6. The perpetrator was aware of factual circumstances that established the existence of an armed conflict».

131 Articolo 8, par. 2, lett. c), i) degli Elements of crimes (War crime of torture): «1. The perpetrator inflicted severe physical or mental pain or suffering upon one or more persons. 2. The perpetrator inflicted the pain or suffering for such purposes as: obtaining information or a confession, punishment, intimidation or coercion or for any reason based on discrimination of any kind. 3. Such person or persons were either hors de combat, or were civilians, medical personnel or religious personnel taking no active part in the hostilities. 4. The perpetrator was aware of the factual circumstances that established this status. 5. The conduct took place in the context of and was associated with an armed conflict not of an international character. 6. The perpetrator was aware of factual circumstances that established the existence of an armed conflict».

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discriminatoria di ogni tipo (n.2). Con specifico riferimento al n. 3, laddove in

caso di gravi violazioni si precisa che le vittime godano dello status di persona

protetta secondo le Convenzioni del 1949, nel caso in cui la tortura, intesa

come war crimes, sia commessa mediante serius violation, la vittima è una

persona fuori combattimento, civile, o appartenente al personale sanitario o

religioso che non prende parte attiva al conflitto. Con riferimento al n. 4 il

soggetto agente è consapevole che la vittima sia persona protetta dalle

Convenzioni di Ginevra nel caso dell’art. 8, par.2 lett. a) e persona fuori

combattimento o civile, personale sanitario o religioso che non prende parte

attiva al conflitto nel caso previsto dall’art. 8, par. 2 lett. c). Un altro aspetto di

divergenza è rappresentato dal punto 5 degli Elements. Come anticipato, muta

il contesto della consumazione dell’illecito in quanto, nel caso delle gravi

violazioni, la condotta è correlata ad un conflitto armato internazionale, nel

caso delle violazioni serie, il conflitto è non internazionale. Infine, ritorna

convergenza in merito alla circostanza che il soggetto agente sia a conoscenza

delle circostanze di fatto che determinano l’esistenza di un conflitto armato (n.

6).

Qualora sia commessa nel contesto di un attacco esteso o sistematico contro

una popolazione civile, la tortura assume la qualifica di crimine contro

l’umanità. Le norme di riferimento sono rappresentate dall’art. 7, par. 1 lett. f)

dello Statuto di Roma

132

, dall’art. 3, lett. f) dello Statuto del Tribunale per il

Ruanda

133

, dall’art. 5, lett. f) dello Statuto del Tribunale per la ex Jugoslavia

134

.

132 Articolo 7, par. 1 lett. f) (Crimes Against Humanity) dello Statuto della Corte penale internazionale: «For the purpose of this Statute, "crime against humanity" means any of the following acts when committed as part of a widespread or systematic attack directed against any civilian population, with knowledge of the attack: […] (f) Torture […]».

133 Articolo 3, lett. f) (Crimes against Humanity) dello Statuto del Tribunale internazionale penale per il Ruanda: «The International Tribunal for Rwanda shall have the power to prosecute persons responsible for the following crimes when committed as part of a widespread or systematic attack against any civilian population on national, political, ethnic, racial or religious grounds: f) Torture […]».

134Articolo 5, lett. f) (Crimes against Humanity) dello Statuto penale internazionale: «The International Tribunal shall have the power to prosecute persons responsible for the following crimes when committed in armed conflict, whether international or internal in character, and directed against any civilian population: (f) torture […]».

43

L’art. 7, par. 2 lett. e) fornisce una definizione del termine tortura non

perfettamente coincidente

135

con quanto sancito all’art. 1 CAT: «per tortura

s’intende l’infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche o

mentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale

termine non rientrano i dolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da

sanzioni legittime, che siano inscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle

stesse incidentalmente occasionati»

136

.

Si evince una coincidenza tra l’art. 1 della Convenzione Onu e l’art. 7 sopra

citato con riguardo all’inflizione di un grave dolore fisico o psichico

137

e

l’intenzionalità della condotta oltre all’elemento negativo consistente

nell’esclusione dal concetto di tortura di quelle sofferenze derivanti solamente,

inerenti o incidentalmente occasionate da sanzioni legittime.

Con riguardo agli altri requisiti previsti nella norma de qua si assiste ad un

distanziamento rispetto alla definizione convenzionale del crimine.

Non solo non viene data rilevanza alla qualifica del soggetto agente

138

,

risultando tale definizione imperniata sulla vittima che si trovi in stato di

135 Per una approfondita analisi delle differenze tra la definizione di tortura accolta nello Statuto di Roma e quella sancita dalla CAT, v., D. ROBINSON, “Article 7 (1) (f) - Crime Against Humanity of Torture”, in S. R. LEE (a cura di), The International Criminal Court: Elements of Crimes and Rules of Procedure and Evidence, New York, 2001, 90 ss.

136 K. CH. HALL, Article 7 Crimes Against Humanity, in O. TRIFFTERER (a cura di), Commentary on the Rome Statute of the international Criminal Court, Observers’ Notes, Article-by-Article, Portland, 2008, 205-206, 251-255; A. ZAHAR, Torture, in A. CASSESE (a cura di), The Oxford Companion to International Criminal Justice, Oxford, 2009, 537-538. 137 Resta da capire se la giurisprudenza della Corte penale internazionale stabilisca una gerarchia tra le diverse forme di sofferenza. Gli Elements of crime nulla aggiungono in merito. La stessa Corte penale internazional, nel caso Bemba, non ha fornito alcuna definizione delle “severe pain” che è stata interpretata alla luce della giurisprudenza della Corte EDU: «although there is no definition of the severity threshold as a legal requirement of the crime of torture, it is constantly accepted in applicable treaties and jurisprudence that an important degree of pain and suffering has to be reached in order for a criminal act to amount to an act of torture». Corte penale internazionale, 15 giugno 2009, Prosecutor v. Bemba Gombo, ICC- 01/05/2009, par. 195.

138 A. CASSESE, Crimes against Humanity, in A. CASSESE, P. GAETA, J.R.W.D. JONES (a cura di), The Rome Statute of the international Criminal Court: a commentary, Oxford, 2002, 374. A. W. SCHABAS, op. cit., 166-169. Ciò spiega la circostanza che, in molte vicende di sistematiche violazioni dei diritti umani in contesti di guerra civile, gli autori di tali crimini siano para-militari e non siano formalmente funzionari dello Stato. Si è voluto evitare che le persone incriminate potessero difendersi sostenendo di essere meramente dei privati cittadini. P. GONNELLA, op. cit., 29

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«custodia o controllo» rispetto al “torturatore”

139 140

, ma prescinde, altresì,

dall’elencazione di specifiche finalità. Nel caso Bemba la Corte penale

internazionale, nel definire la tortura, ha affermato che l’elemento soggettivo

dell’intenzionalità è di per sè sufficiente a configurare il crimine, non

necessitandosi dell’ulteriore requisito dello scopo specifico

141142

.

Il più ampio ambito operativo di tale definizione di tortura rispetto a quello

sancito nella Convenzione ONU è giustificato dal peculiare scenario («esteso o

sistematico attacco contro popolazioni civili» e la consapevolezza nel soggetto

agente di questa aggressione) in cui tale forma di tortura può venire in

considerazione

143

.

Per quanto concerne gli Statuti dei tribunali ad hoc, l’art. 3 dello Statuto del

Tribunale penale internazionale

144

del Ruanda e l’art. 5 dello Statuto del

Tribunale ad hoc dell’ex Jugoslavia

145

non forniscono una definizione

139Secondo Rodley il requisito de quo implicherebbe un ruolo in qualche modo ufficiale del soggetto agente e, conseguentemente, di fini analoghi a quelli presi di mira dall’apparato statale, ciò al fine di riportare ad una conformità alla Convenzione Onu ed alle pronunce degli altri tribunali penali internazionali. N. RODELY, The Definition of Torture in International Law, cit., 25-26. Sull’esclusione dall’ambito di applicazione del reato di condotte poste in essere da privati per fini puramente personali, v., W. A. SCHABAS, The International Criminal Court. A Commentary on the Rome Statute, II ed., Oxford, 2010, 182.

140 L’assenza del riferimento, nell’art. 7 dello Statuto della Corte penale internazionale, ad una responsabilità penale nel caso di compimento di atti di tortura derivante da una condotta istigativa o dal consenso del pubblico ufficiale viene colmato dall’art. 25, par. 3 lett. b) in tema di partecipazione criminosa e dall’art. 28 dello Statuto, in tema di responsabilità del superiore gerarchico, ritenendosi pertanto responsabile ai sensi del predetto Statuto, conformemente a quanto sancito dall’ art. 1 CAT, colui che istighi l’autore materiale o colui che, in qualità di soggetto dotato di potere/dovere impeditivo, acconsenta che gli altri commettano il crimine. 141 Corte penale internazionale, 15 giugno 2009, Prosecutor v. Bemba Gombo, ICC- 01/05/2009, par. 195.

142 Una simile previsione si dissocia nettamente dalla definizione contenuta nell’art. 1 CAT, ma è del tutto conforme agli Elements of crimes che escludono dalla definizione di tortura l’elemento dello scopo specifico.

143 E. SCAROINA, op. cit., 64. L’A. sottolinea come la definizione del termine fornita dallo Statuto di Roma debba «essere letta alla luce delle specifiche finalità – quelle di repressione dei crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale – in cui essa è destinata a trovare applicazione».

144 L’art. 3 dello Statuto del TPR prevede che il contesto per la commissione dei crimini contro l’umanità sia l’atto esteso o sistematico ad una popolazione civile, per motivi nazionali, politici, etnici, razziali o religiosi, ragioni queste del tutto assenti con riguardo all’art. 7 par. 1 dello Statuto di Roma.

145 L’art. 5 dello Statuto del TPJ, differenziandosi dall’art. 3 dello Statuto del TPR e dall’art. 7 dello Statuto di Roma, richiede che le condotte consumative siano perpetrate nel corso di un conflitto armato, di carattere internazionale o interno e siano dirette contro una qualsiasi popolazione civile.

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legislativa del termine tortura, dato che essi si limitano unicamente ad elencare

i reati sui quali è attribuita la giurisdizione di questi organi. Fino, quindi,

all’adozione dello Statuto di Roma, in cui si sono delineate per la prima volta a

livello pattizio le coordinate della fattispecie oggetto di attenzione, sono stati i

Tribunali penali internazionali ad hoc e, specialmente, quello per l’ex

Jugoslavia, ad occuparsi, a livello giurisprudenziale

146

, dei profili penali di tale

figura.

In particolare, nel caso Akayesu

147

, il Tribunale penale internazionale per il

Ruanda, nell’individuare gli elementi costitutivi della tortura, aveva adottato

alla lettera la definizione sancita dalla Convenzione ONU, ravvisando nella

fattispecie un reato proprio. E’ a partire dalla pronuncia nel caso Kunarac che

si elimina la condizione che il reato debba essere commesso da un pubblico

agente, trasformandolo in reato comune.

148

Emergerebbe, quindi, la

preoccupazione che la sussistenza di un reato proprio possa determinare

l’aumento del rischio di una eccessiva limitazione del crimine.

Nonostante nella realtà dei fatti emerga frequentemente un coinvolgimento

degli apparati statali, ciò non trova riscontro nel dato normativo, prescindendo i

146 Per una analisi, v., C. BURCHARD, Torture on the Jurisprudence of the Ad Hoc tribunals: A critical assessment, in Journal of Criminal Justice, vol. 6, 2008, 159 ss; W. A. SCHABAS, The Crime of Torture and the International Criminal Tribunals, in Case Western Reserve Journal