• Non ci sono risultati.

La tipizzazione del delitto di tortura: reato comune o reato proprio?

All’indomani dell’entrata in vigore della L. n. 110/2017, la disposizione

approvata ha rivelato, quindi, la netta scelta di fondo di configurare la tortura

con i tratti di reato base comune piuttosto che di un reato necessariamente

proprio.

Tale soluzione ha suscitato le perplessità di quegli autori che ritengono che la

tortura, in considerazione della sua storia e dei suoi contenuti, abbia sempre

gravitato (e graviti tuttora) attorno al rapporto tra autorità ed individuo e sia da

sempre espressione dell’esercizio del potere punitivo dello Stato. A sostegno di

tale assunto deporrebbero, da un lato, le diverse forme in cui, nel corso dei

secoli, si è declinata la tortura

530

; dall’altro, la definizione di tortura individuata

nell’art. 1 della Convenzione ONU, la quale postula che le sofferenze che la

caratterizzano siano inflitte da un agente pubblico, o da una persona agente su

istigazione di questo, o con il suo consenso

531

. Ergo, l’illecito si sarebbe dovuto

530 Come è noto, al tempo dell’Inquisizione era praticata sia la c.d. «tortura giudiziaria», posta in essere dagli inquisitori per ottenere informazioni o confessioni dai sudditi nell’ambito di un procedimento giudiziario, sia la c.d. «tortura-pena», data dalle forme di violenza praticate come punizione nei confronti dei soggetti che erano già stati condannati. In seguito all’avvento dell’Illuminismo, la tortura veniva considerata come un illecito; tuttavia, non potendola estirpare nella realtà dei fatti, si è assistito ad una modifica della stessa nozione. Se si poteva assistere da un lato all’abbandono da parte degli stati occidentali della «tortura giudiziaria» quale strumento processuale, dall’altro era sempre più crescente l’impiego di altre forme di «tortura di Stato» ad eruendam veritatem, vale a dire quei tormenti inflitti al di fuori di un regolare processo da parte di funzionari statali, ad esempio, sulle spie straniere durante la guerra fredda o sui presunti terroristi. Si tratta di strumenti utilizzati dai servizi di sicurezza, forze di polizia e apparati militari per ottenere informazioni e reprimere dissidenti politici ovvero nemici ideologici. Cfr., sul punto, P. FIORELLI, La tortura giudiziaria, cit., 5 ss; G. SERGES, Il diritto a non subire tortura, ovvero: il diritto di libertà dalla tortura, in M. RUOTOLO, S. TALINI (a cura di), I diritti dei detenuti nel sistema costituzionale, Napoli, 2017, 340 ss; ID., La tortura Giudiziaria. Evoluzione e fortuna di uno strumento di imperio, in L. PACE, S. SANTUCCI, G. SERGES (a cura di), op. cit., 215 ss; ID., L’introduzione dei reati di tortura in Italia ed in Europa, cit., 19-22; G. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, 2009, 125.

531Come sottolineato da C. PEZZIMENTI, Tortura e diritto penale simbolico, cit., 155 quella del legislatore nazionale è stata «una scelta che tradisce lo spirito di tutte le convenzioni internazionali che considerano la tortura come un delitto che gravita intorno al rapporto tra autorità ed individuo». Nello stesso senso, F. LATTANZI, La nozione di tortura nel codice penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Riv. dir. int., 2018, 154.

153

configurare «senza dubbio e necessariamente “proprio”, anche se in forma

non esclusiva: l’autorità deve comunque esserci, anche se può non essere

“sua” la mano che tormenta»

532 533

. D’altra parte, volgendo lo sguardo al

nostro ordinamento, il legislatore avrebbe dovuto guardare all’art. 13 comma 4

della Cost., come ad un «manuale d’istruzioni per l’uso»

534

, dato che ciò che la

disposizione tutela non è la generica libertà personale, «bensì l’indisponibilità

ed inviolabilità del corpo del cittadino dalla pretesa di controllo degli apparati

coercitivi statali»

535

. Sebbene l’art. 13 comma quarto della nostra Carta

costituzionale non individui l’autore dell’atto di violenza, è possibile

ravvisarne la ratio nella punizione delle condotte poste in essere dai pubblici

ufficiali nei confronti «dei soggetti interrogati, fermati, arrestati o detenuti»,

oltre a considerare il legame indissolubile che unisce tale disposizione all’art.

27 Cost. e, come indicato dal relatore on. Basso, all’art. 28 Cost. per cui i

funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono responsabili

degli atti compiuti in violazione dei diritti.

Le considerazioni sopra esposte si prestano, però, ad essere smentite. La scelta

del legislatore italiano di aver optato per la soluzione del reato comune pare,

infatti, in linea con i precetti stabiliti in sede sovranazionale

536

. Le ragioni che

hanno portato a confinare il divieto alla sola tortura di Stato non rispecchiano

532 T. PADOVANI, Quel progetto di legge sulla tortura dalle prospettive deludenti, in Guida dir., 27 gennaio 2007, cit. 6-7; ID., Tortura: Adempimento apparentemente tardivo, inadempimento effettivamente persistente, in Criminalia, 2016, n. 1, 29. Secondo l’A., «Degradare la tortura a reato comune non costituisce solo un’innocua distonia (nel più sta il meno, si potrebbe dire); in realtà apre la strada all’incongruenza ed al paradosso» poiché «la tortura non offende tanto e solo i beni della persona di volta in volta aggrediti, ma soprattutto, demolisce lo status di cittadino e di persona in chi la subisce, degradandolo a oggetto senza diritti e senza tutela: proprio ad opera dell’autorità che di quei diritti dovrebbe essere garante e quella tutela assicurare».

533 Cfr. Relazione della Commissione permanente (Giustizia) sui d.d.l. n. S. 324, S. 789, S.895, S. 954 ed S. 1216, Relatore Bucicco, comunicata alla Presidenza del Senato il 24 settembre 2007, dalla quale emerge che il negare la configurabilità del reato di tortura quale fattispecie propria equivarrebbe a privarne del tutto il suo «specifico disvalore». Cfr., altresì, A. COLELLA, La repressione penale della tortura, cit., 31-32.

534 A. PUGIOTTO, Una legge sulla tortura, non contro la tortura (riflessioni costituzionali suggerite dalla L. n. 110 del 2017) in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO (a cura di), op.cit., 90. 535 Ivi, 91.

536 In questi termini, con riferimento a progetti passati, ma con argomenti tuttora pertinenti, v. A. COLELLA, La repressione penale della tortura, cit., 31 ss; F. VIGANÒ, Sui progetti, cit., 7.

154

logiche penalmente rilevanti

537

. Ad un’analisi più approfondita della normativa

internazionale emerge come la stessa non precluda affatto una previsione di più

ampio scenario della tortura rispetto al limitato spettro confinato nell’ambito

dei pubblici apparati. Invero, come già analizzato

538

, l’art. 1 par. 1 CAT ha la

funzione di definire lo standard minimo di tutela, lasciando la possibilità agli

Stati di ricorrere anche a forme di protezione più ampie rispetto a quelle

previste dalla Convenzione, così come stabilito nell’art. 1 par. 2

539

. La mera

introduzione di un delitto del pubblico ufficiale, anzi, non avrebbe pienamente

soddisfatto gli obblighi internazionali, ciò generando, tra l’altro, una disparità

di tutela nel caso in cui fossero sorti dei dubbi in merito alla qualifica di

pubblico ufficiale del soggetto agente o circa il coinvolgimento di un pubblico

ufficiale

540

. Si aggiunga la considerazione che il Patto internazionale sui diritti

civili e politici del 1966 si caratterizza per un contenuto più ampio rispetto

all’ambito più limitato della Convenzione Onu, richiedendo lo stesso di

537La dottrina internazionalistica individua tali logiche in quelle tipiche del settore internazionale. Da un lato, la limitazione soggettiva de qua analizzata discenderebbe dal fatto che la responsabilità degli Stati derivi da condotte attribuibili a funzionari pubblici, dall’altro essa si spiegherebbe «con l’intenzione dei contraenti di evitare eccessive intrusioni nella sovranità statale, accontentandosi di colpire gli abusi a maggior rischio di impunità, il cui efficace contrasto richiedeva dunque l’intervento della comunità internazionale». V., P. LOBBA, Obblighi internazionali e nuovi confini della nozione di tortura, in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO ( a cura di) Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, 137; N. S. RODLEY, The Definition(s) of Torture in International Law, in Current Legal Problems, vol. 55, 2002, 467-493; P. GAETA, When is the Involvement of State Officials a Requirement for the Crime of Torture?, in Journal of International Criminal Justice, 2008, 189-191. V., altresì, J. H. BURGERS, H. DANELIUS, The United Nations, cit., 1, 120.

538 V., supra, par.2

539Giova sottolineare, a tal proposito, l’interpretazione estensiva del testo convenzionale fatta propria dal Comitato contro la tortura e dal Relatore speciale del consiglio per i diritti umani dell’ONU, secondo cui gli Stati che trasgredissero agli obblighi di prevenzione, indagine e punizione degli atti di tortura, compresi quelli commessi da privati, incorrerebbero in responsabilità internazionale. V., Comitato CAT, General Comment No.2, 24 gennaio 2008, CAT/C/GC/2, par.18; Consiglio DU, Report of the Special Rappourter on torture and other cruel, inhuman degrading treatment or punishment, Manfred nowak, 15 gennaio 2008, A/HRC/7/3, par. 31.

540 P. LOBBA, Obblighi internazionali e nuovi confini della nozione di tortura, in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO (a cura di), op.cit., 148. L’A. si riferisce alla vicenda del sequestro Abu Omar, compiuto da alcuni agenti segreti della CIA, in collaborazione con i servizi di sicurezza italiani. In particolare, pone l’esempio di una persona torturata, dopo essere stata sequestrata, da agenti di sicurezza appartenenti a Stati stranieri. In tal caso questi ultimi avrebbero tenuto condotte esulanti dal campo di applicazione del reato proprio e, in assenza di una fattispecie comune, sarebbero state «sottratte allo stigma sociale ed alle conseguenze sanzionatorie associate alla tortura».

155

sanzionare anche la tortura commessa da persone che non rivestono una

qualifica pubblicistica, per esempio in istituzioni di cura private o in istituti di

insegnamento privati

541

.

Non va dimenticato, altresì, che l’art. 7 c. 1 lett. f) dello Statuto di Roma, che

definisce la tortura come crimine contro l’umanità

542

, non restringe la

fattispecie alla qualifica pubblica del responsabile

543

. Antecedentemente

all’adozione di quest’ultimo, in cui veniva definita, per la prima volta a livello

pattizio, la fattispecie in esame, l’individuazione dei confini di ciò che dovesse

qualificarsi come tortura era esclusivamente rimessa all’apprezzamento del

giudice penale internazionale. In particolare, sono stati i Tribunali penali

internazionali ad hoc ad occuparsi di individuare i contorni di ciò che dovesse

configurare un atto di tortura. Sebbene in un primo momento il Tribunale

penale per il Ruanda (TPR), facendo rifermento all’art. 1 par 1 CAT, avesse

individuato la fisionomia del crimine de quo ancorandolo alla commissione da

parte di un soggetto pubblico

544

, pochi anni dopo il Tribunale penale per la ex

Jugoslavia (TPJ) lo svincolava dalla suddetta qualifica dell’agente,

delineandone i tratti di un reato comune

545546

.

541 F. POCAR, Reato di tortura, nonostante la legge l’Italia sarà criticata, in Guida dir., 2017, n. 31, 7. Si ricordi che, in virtù, dell’art. 7 del Patto del 1966 anche la sottoposizione ad esperimenti medici e scientifici senza il libero consenso dell’interessato può configurare un fatto di tortura. Cfr, altresì, Comitato DU, General Comment No. 20: Article 7 (Prohibition of Torture, or Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment), 10 marzo 1992, HRI/GEN/1/ Rev. 9 (vol.I), par. 2.

542Con riguardo alla nozione di tortura quale crimine contro l’umanità, cfr., altresì, art. 5, lett. f), Statuto TPJ; art. 3, lett. f), Statuto TPR; art. 2, lett. f), Statuto della Corte speciale per il Sierra Leone; art. 5, punto 6, legge istitutiva delle Camere straordinarie in seno alle Corti di Cambogia.

543 V., A. CASSESE, Crimes against Humanity, in A. CASSESE, P. GAETA, J.R.W.D. JONES, The Rome Statute of International Criminal Court: A Commentary, vol. I, Oxford, 2002, 374. Recentemente è stato affermato che l’abbandono, da parte dello Statuto, del requisito della qualifica pubblicistica, sia legato «ad una tendenza del diritto internazionale consuetudinario». Sul tema, v., C. K. HALL, C. STAHN, Article 7. Crimes against humanity, in O. TRIFFTERER, K. AMBOS, The Rome Statute of ICC. A. Commentary, III ed., Monaco, 2016, 205.

544 Tribunale penale per il Ruanda, 2 settembre 1998, Akayesu, TC, par. 681.

545 Tribunale penale per l’ex Jugoslavia, 22 febbraio 2001, Kunarac, TJ, par. 479, 482. Tale esito interpretativo ha trovato conforto in altre pronunce successive, quali, a titolo esemplificativo: Tribunale penale per l’ex Jugoslavia, 2 novembre 2011, Kvočka, TJ, par. 139, 141; Tribunale penale per l’ex Jugoslavia, 30 novembre 2005, Limaj, TJ, par. 240; Tribunale penale per il Ruanda, 20 maggio 2005, Semanza, AJ, par. 248.

546 Con riguardo a tale evoluzione, v. J. MARSHALL, Torture Committed by Non-State Actors: The Developing Jurisprudence from the Ad Hoc Tribunals, in Non-State Actors and

156

Nella stessa direzione altre Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia

imponevano la repressione della tortura anche nei rapporti orizzontali tra

privati, «configurando altrettanti obblighi sovranazionali di incriminazione di

cui il legislatore ha dovuto tener conto in sede di introduzione dell’art. 613-

bis»

547

.

Infine, la presenza di un reato realizzabile da «chiunque» si sarebbe collocato

nella stessa direzione della sconfinata giurisprudenza della Corte EDU

548

concernete i comportamenti connotati da crudeltà ed integranti atti di tortura,

nonché trattamenti inumani o degradanti. In relazione al divieto sancito

nell’art. 3 CEDU, infatti, i Giudici di Strasburgo hanno preso in considerazione

una nozione avente ad oggetto sia i rapporti verticali tra pubblici funzionari e

privati, sia quelli tra i privati, con la conseguente imposizione in capo agli Stati

membri di obblighi comportanti l’applicazione di misure idonee a prevenire e

reprimere anche la tortura tra soggetti privi di una qualifica pubblicistica

549

.

Tale conclusione, discendente non solo dal carattere assoluto del divieto, ma

anche dalla dottrina degli obblighi positivi, «appare ormai un’acquisizione

consolidata»

550

.

International Law, vol. 5, 2005, 171 ss; S. SIVAKUMARAN, Torture in International Human Rights and International Humanitarian Law: The Actor and the Ad Hoc Tribunals, in Leiden Journal of International Law, 2005, 541 ss; F. DE VITTOR, La partecipazione del pubblico ufficiale quale elemento per la definizione del crimine di tortura: in margine al caso Kunarac, in Riv. dir. int., 2004, 427 ss.

547A. COSTANTINI, Il nuovo delitto di tortura, cit., 3. Nello stesso senso A. COLELLA, La repressione penale della tortura, cit., 32; E. SCAROINA, Il delitto di tortura, cit., 261. In particolare, in relazione alla proibizione della tortura anche a livello di rapporti orizzontali, con riguardo al diritto internazionale pattizio, è opportuno menzionare, la Convenzione ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale del 1965 e la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza nei confronti della donna del 1993, il cui art. 3 par.2 lett h) prevede il diritto delle donne a non essere sottoposte a tortura, o ad altri trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti.

548 Corte europea dei diritti dell’uomo, 31 luglio 2012, M. and others v. Italy and Bulgaria, ric. n. 40020/03, par. 99-100;Corte europea dei diritti dell’uomo, 29 aprile 1997, H.L.R. v. France, ric. n. 24573/94, par. 40; Corte europea dei diritti dell’uomo, 10 maggio 2001, Z. and others v. United Kingdom, ric. n. 29392/95, par. 73; Corte europea dei diritti dell’uomo, 04 dicembre 2003, M.C. v. Bulgaria, ric. n. 39272/98, par. 149, 150, 153.

549 P. LOBBA, Obblighi internazionali e nuovi confini della nozione di tortura, in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO ( a cura di), op. cit., Bologna, 2019, 135.

550 Ibidem. V., ex multis, Corte europea dei diritti dell’uomo, 28 marzo 2017, Skorjanec v. Croatia, ric. n.25536/14, par. 59 («the Court notes that its case-law consistently and clearly establishes that Article 3 of the Convention requires the implementation of adequate criminal- law mechanism once the Court has found that the level of severity of violence inflicted by

157

L’unico vero appiglio all’introduzione di un reato proprio sarebbe da

individuarsi, pertanto, con riguardo all’art. 13 comma 4 Cost., seppur sia vero

che, come è stato osservato

551

, tale disposizione «non fornisce una specifica

definizione di tortura (riferendosi ad «ogni violenza fisica o morale»), non fa

alcun riferimento allo scopo per il quale la violenza è perpetrata (questa è

punita in quanto tale), non identifica l’autore della tortura (o meglio dell’atto

di violenza) come pubblico ufficiale»

552

. Stando al mero dato letterale, quindi,

anche la disposizione costituzionalistica di cui all’art. 13, comma 4 non osta, in

sé e per sé considerata, alla configurabilità della tortura come reato comune.

E’ chiaro che quest’ultima opzione ha, dunque, il vantaggio di eliminare ogni

spazio di impunità

553

. Non si comprendono, pertanto, le forti critiche avanzate

in sede dei lavori parlamentari, oltre che in seno alla dottrina, che

propendevano per l’introduzione di un reato proprio, dal momento che le

condotte riconducibili alla nozione di tortura ben possono essere perpetrate da

soggetti privi di qualifiche pubblicistiche. Il legislatore, con la Novella del

2017, si è fatto carico di reprimere il maggior disvalore della condotta

offensiva posta in essere dal pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico

servizio mediante la previsione del secondo comma dell’art. 613-bis,

caratterizzato da un trattamento sanzionatorio più severo (nonostante tale

aspetto, è bene precisarlo fin d’ora, sia foriero di molteplici criticità)

allineandosi, in questo modo, sia alla definizione storica di tortura, sia alla

definizione maturata in sede internazionale, sia alla ratio dell’art. 13 c.4.

Sulla base di quanto sopra esaminato, escluso che l’art. 613-bis comma 1

richieda, per la sua consumazione, il possesso di una qualifica pubblicistica in

capo al reo, risulta opportuno domandarsi se il reato possa essere davvero

commesso da «chiunque» oppure se dietro quel pronome indefinito possa

private individuals attracts protection under that provision»; Corte europea dei diritti dell’uomo, 28 gennaio 2014, O’ Keeffe v. Ireland, ric. n. 35810/09, par. 172.

551M. RUOTOLO, Brevi riflessioni, 891 ss; G. SERGES, L’introduzione dei reati di tortura in Italia ed in Europa, cit., 24.

552 M. RUOTOLO, Brevi riflessioni, cit., 892.

553 V., P. P. DE ALBUQUERQUE, C. GRANDI, Il nuovo delitto di tortura. Tutto sommato, un passo avanti, in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, 396.

158

celarsi una struttura del fatto di reato che indichi una delimitazione dei

destinatari del precetto

554

. Gli elementi descrittivi con cui viene identificato il

soggetto passivo, infatti, possono operare funzionalmente come «canone

selettivo» rispetto all’agente

555

. Nel caso di specie, pare individuarsi una norma

che si potrebbe definire impropriamente «mista». Sebbene quel «chiunque»

rinvii ad una platea illimitata di soggetti, ad un’analisi maggiormente

approfondita della fattispecie si ricavano indicazioni non prettamente univoche

in tal senso

556

. Vengono, infatti, individuate tre categorie differenti di soggetti

passivi. In particolare, nella parte in cui la persona offesa viene descritta come

«persona affidata alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o

assistenza» del reo, effettuando un ragionamento analogo rispetto alle

omologhe fattispecie di cui all’art. 570 e 591 c.p., si ritiene configurabile un

reato proprio, dal momento che l’impiego del termine «affidamento» comporta

la protezione dell’incolumità fisio-psichica di colui che è sottoposto ad una

qualunque forma di auctoritas o potestas altrui

557 558

, determinando un status

giuridicamente formalizzato.

Con riguardo alle due rimanenti categorie di soggetti passivi ossia, «la persona

privata della libertà personale» ovvero «che si trovi in condizioni di minorata

554 Come è noto, la circostanza che il legislatore identifichi il soggetto agente con espressioni del tipo «chi», «chiunque» non è sempre indice della natura di reato comune, natura che va accertata sulla base del rapporto tra soggetto attivo e quello passivo. A titolo esemplificativo, basti pensare al delitto di abbandono di persone minori o incapaci ex art. 591 c.p. che non può essere commesso da chiunque, come parrebbe desumersi dall'incipit della norma, ma solo da coloro che abbiano un dovere di cura e di custodia nei confronti del soggetto abbandonato; nella stesso senso, si pensi, altresì, all’art. 570 c.p. Sul punto cfr., ex multis, C.F. GROSSO, M. PELISSERO, D. PETRINI, P. PISA, Manuale di diritto penale. Parte generale, II ed., Milano, 2020, 196; cfr., altresì, F. BASILE, Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.), Milano, 2008, 36 ss; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte Speciale. I delitti contro la persona, cit., 68; G. NEPPI MODONA, Sui presupposti della tutela del minore, in Riv. It. Dir. pen e proc., 1970, 887.

555I. MARCHI, Il delitto di tortura, cit., 3; S. TUNESI, Il delitto di tortura. Un’analisi critica, cit., 9-10.

556 Cfr., A. CISTERNA, Colmata una lacuna, ma molte nozioni restano poco precise, in Guida dir., 2017, n. 39, 18 ss.

557 V., infra, par. 7.

558 Cfr., M. PELISSERO, L’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano [L. 110 del 2017], in A. GIARDA, F. GIUNTA, G. VARRASO, (a cura di), Dai decreti attuativi della legge “Orlando” alle novelle di fine legislatura, Torino, 2018, 230. Il riferimento è a qualsiasi forma di affidamento che tragga la sua origine da una fonte privata o pubblica (si pensi, a titolo meramente esemplificati, alle strutture scolastiche, ospedaliere, case di cura e riposo, aziende).

159

difesa», non si presuppone la sussistenza di una preesistente relazione

qualificata tra il torturatore e la vittima, estendendosi la tutela anche a quei

soggetti privati della libertà personale sine titulo

559

, in via di fatto o con mezzi

illegali

560

.

In conclusione, quindi, solo in questi ultimi due casi (in cui il soggetto passivo

sia privato della libertà personale ovvero si trovi in condizioni di minorata

difesa), la norma si presenta come un reato comune. Si deve salutare con

favore l’introduzione, nel primo comma dell’art. 613-bis c.p., di una fattispecie

svincolata dalla qualifica pubblicistica del reo, sia per le ragioni sopra esposte,

sia in relazione a quanto l’esperienza fenomenica sovranazionale

561

ed

interna

562

insegnano in merito ai fatti di tortura privata. La nozione di tortura si