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Il nodo interpretativo della natura giuridica della «Tortura di Stato»

Il secondo comma della fattispecie in esame prevede che «se i fatti di cui al

primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di

pubblico servizio, con abuso di poteri o in violazione dei doveri inerenti alla

funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni». Pur

trovando una soluzione di compromesso rispetto a quanto sancito nell’art. 1

CAT, il legislatore nazionale ha conferito a tale capoverso dell’art. 613-bis c.p.

«una natura di non agevole classificazione dogmatica»

564

. La dottrina, infatti,

è divisa in merito alla natura giuridica del secondo comma, nell’alternativa tra

circostanza aggravante e fattispecie autonoma

565

. Si badi che non si tratta solo

di un problema simbolico o classificatorio, «privo di reale significato»

566

, ma

genera una serie di conseguenze rilevanti sul piano giuridico. Invero,

l’introduzione di un’aggravante speciale di natura indipendente

567

, correlata

alla qualifica soggettiva, porta con sé il rischio di porre nel nulla il disvalore

aggiuntivo connesso alla diversa cornice sanzionatoria, alla luce della piena

563 V., infra, par. 6.2.

564 I. MARCHI, Il delitto di tortura, cit., 4; S. TUNESI, Il delitto di tortura, cit., 11-12.

565 La giurisprudenza, invece, o non prende posizione sulla questione (Cass., Sez. V, 8 luglio 2019, n. 47079, cit., 5.2), oppure propende a favore nella natura circostanziale della fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 613-bis c.p. (Cass., Sez. V., 11 ottobre 2019, n. 50208, cit., par. 1.1.: «La norma di nuovo conio prevede un reato comune contemplando l'eventualità che esso sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio come circostanza aggravante»).

566 Contra, F. POCAR, Reato di tortura, nonostante la legge l’Italia sarà criticata, in Guida dir., 2017, n. 31, 7.

567In tal senso, Servizio studi della Camera dei deputati, XVII Legislatura, Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano A.C. 2168-B; Dossier n. 285, Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale, d.d.l.. 21 giugno 2017; Dossier n. 149/3, Elementi per l’esame in assemblea, d.d.l. 23 giugno 2017.

163

operatività della disciplina del bilanciamento tra circostanze eterogenee ex art.

69 c.p., oltre a richiedere indifferentemente il dolo e la colpa ex art. 59 comma

2, come imputazione soggettiva. In un tale contesto, si potrebbe sottoporre la

nuova disciplina a censure di inefficacia ed ineffettività, in evidente contrasto

con le prescrizioni sovranazionali. Considerare, invece, il secondo comma

come reato autonomo, in assenza dell’introduzione di un espresso divieto di

bilanciamento (questa è la tecnica che viene utilizzata quando il legislatore

introduce una circostanza aggravante alla quale ritiene di dare maggiore

rilevanza, così come accaduto recentemente, a seguito della Riforma Orlando),

rende la fattispecie maggiormente compatibile con la disciplina sovranazionale,

sia con riguardo all’art. 1 CAT, che focalizza il disvalore del fatto nella

condotta di sopraffazione posta in essere da quei soggetti che rivestono una

qualifica pubblicistica, sia in riferimento all’art. 2 paragrafi 2

568

e 3

569

della

CAT, che rendono inammissibili cause di giustificazione che legittimino la

tortura di Stato

570

. Considerare la previsione di cui al comma 2 dell’art. 613-bis

come fattispecie autonoma, inoltre, risalta e valorizza la condotta di abuso

perpetrata dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio. In tali

casi, infatti, il trattamento sanzionatorio più severo risulta giustificato in

relazione ad una pluralità di beni giuridici violati: non solo l’integrità fisica e la

libertà morale della vittima, bensì anche il buon andamento della Pubblica

amministrazione e la fiducia che i consociati ripongono nei riguardi delle

Istituzioni

571

.

568 Art 2.2 CAT: «Nessuna circostanza eccezionale, qualunque essa sia, si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra, d’instabilità politica interna o di qualsiasi altro stato eccezionale, può essere invocata in giustificazione della tortura».

569 Art.2.3 CAT: «L’ordine di un superiore o di un’autorità pubblica non può essere invocato in giustificazione della tortura».

570 M. PELISSERO, L’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano [L. 110 del 2017], in A. GIARDA, F. GIUNTA, G. VARRASO (a cura di), op. cit., 245-246.

571 Ibidem; A. COSTANTINI, Il nuovo delitto di tortura, cit., 12; M. B. FORNACIARI, Il reato di tortura nel disegno di legge n. 2168 approvato dalla Camera dei Deputati, in La Giust. pen., 2015, fasc. IV, II, 253.

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Ciò premesso, rimane ora da comprendere se l’ipotesi delineata dal nostro

legislatore configuri, nel caso di specie, una mera circostanza aggravante

572

ovvero un reato autonomo

573

, data la scrittura ambigua della disposizione. Pare

opportuno, quindi, soffermarsi sui criteri indicativi della presenza di un

elemento costitutivo o di una circostanza, alla luce della più recente

giurisprudenza.

Ad una prima disamina della norma, parrebbe ravvisarsi una circostanza

aggravante speciale indipendente

574

. Come è noto, non esiste un criterio

normativo in relazione al quale possa essere stabilito con certezza quando ci si

trovi in presenza di una circostanza aggravante ovvero di un elemento

costitutivo della fattispecie. Il principio di specialità, che opera come criterio

decisivo ai fini della predetta distinzione solo in negativo, ravvisando la

presenza di un reato autonomo qualora manchi un rapporto di genere a specie

tra due fattispecie, è un criterio certamente necessario, ma non sufficiente ad

individuare un’ipotesi circostanziale, occorrendo, così, ricorrere ai criteri

suppletivi, il cui valore è meramente indiziario

575

. Con riguardo al reato in

esame, il rapporto di genere a specie si deve individuare nella qualifica

pubblicistica del soggetto agente e nella realizzazione della condotta mediante

572 Propendono per la natura circostanziale, A. PUGIOTTO, Una legge sulla tortura, non contro la tortura (riflessioni costituzionali suggerite dalla legge n. 110 del 2017), in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO (a cura di), op. cit., 90-92; F. LATTANZI, La nozione di tortura, cit., nota 41; E SCAROINA, op. cit., 298-299.

573 Sull’autonomia del c.2 dell’art. 613-bis c.p., F. CANCELLARO, Tortura: nuova condanna dell’Italia, cit., par. 5.4; A. COSTANTINI, Il nuovo delitto di tortura, cit., 12-13; D. FALCINELLI, Il delitto di tortura, cit., 24-25; P. LOBBA, Punire la tortura in Italia, cit., 229-232; ID., Obblighi internazionali e nuovi confini della nozione di tortura, in L. STORTONI, D. CASTRONUOVO (a cura di), op. cit., 145-150; I. MARCHI, Luci ed ombre del nuovo disegno di legge per l’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano: un’altra occasione persa?, in Dir. pen. cont. (web) – http://www.penalecontemporaneo.it, 26 maggio 2014, 6; ID., Il delitto di tortura, cit., 4-5; M. L. MATTHEUDAKIS, Lo stalking e gli altri delitti contro la libertà morale, in A. CADOPPI, P.VENEZIANI (a cura di), Elementi di diritto penale. Parte speciale, vol.II, tomo I, II ed., Milano, 2017, 254; A. PROVERA, Art. 613-bis, in S. SEMINARA, G. FORTI, G. ZUCCALÀ (a cura di), Commentario Breve al codice penale, Padova, 2017, 2115; S. TUNESI, Il delitto di tortura, cit., 11-12; F. VIGANÒ, Sui progetti, cit., 5.

574La pena risulta determinata in misura «indipendente» rispetto a quella ordinaria, entro una nuova cornice edittale da cinque a dodici anni, rispetto a quella dai quattro ai dieci anni prevista dal comma precedente. Cfr., G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte Generale, (aggiornata da E. DOLCINI, G. L. GATTA), IV ed., Milano, 2017, 566.

165

abuso dei poteri o violazione dei doveri

576

(secondo una formulazione del tutto

analoga a quella dell’aggravante comune di cui all’art. 61 n. 9 c.p.). A

rafforzare tale lettura della natura circostanziale del comma secondo dell’art.

613-bis intervengono, altresì, il criterio «topografico»

577

, essendo la fattispecie

collocata nel medesimo articolo disciplinante la tortura comune ed il criterio

«strutturale» ravvisabile nella tecnica del rinvio al fatto-reato tipizzato nel

comma precedente («se i fatti di cui al primo comma […]»)

578

.

I recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, peraltro a Sezioni Unite

579

,

attribuiscono rilievo decisivo proprio a quest’ultimo criterio «strutturale»

riguardante la modalità di descrizione della fattispecie penale, secondo cui,

appunto, se la descrizione degli elementi costitutivi della fattispecie è operata

per relationem, mediante rinvio ad altra figura criminosa, ci si trova dinanzi ad

576 Come ritenuto dalla giurisprudenza prevalente e dalla dottrina, l’abuso dei poteri o la violazione dei doveri si ravvisano anche qualora i soggetti qualificati abbiano agito al di fuori dell’ambito delle proprie funzioni, essendo sufficiente che le proprie qualità abbiano in qualunque modo facilitato la commissione del reato. In giurisprudenza cfr., ex multis, Cass., Sez. I, 28 maggio 2009, in C.E.D., rv. n. 243805; Cass., Sez. II, 26 febbraio 2014, n. 12736, in Cass. pen., 2014, 11, 3758. In dottrina, A. COLELLA, Il nuovo delitto di tortura, cit., 7.

577 Come è noto, però, si tratta di un criterio particolarmente «debole» e smentito in un numero significativo di ipotesi. E’ pur vero che ragioni di «ordine» sistematico e di «estetica» legislativa suggeriscano di formulare le ipotesi di reati autonomi in articoli separati, collocando, per contro, le ipotesi circostanziate nello stesso articolo che prevede il reato-base cui esse accedono, tuttavia il legislatore non si è sempre coerentemente attenuto a tale criterio, specie se si considera che il nostro codice, nella sua attuale configurazione, è frutto di modifiche avvenute in tempi differenti, guidate da ideologie diverse. Sul punto cfr., F. BASILE, Reato autonomo o circostanza? Punti fermi e questioni ancora aperte a dieci anni dall’intervento delle Sezioni Unite sui “criteri di distinzione”, in Riv. it. dir. proc. pen., vol. 54, n. 4, 2011, 1581.

578 Il legislatore, infatti, opera un rinvio agli elementi costitutivi disciplinati nel primo comma, rinunciando, così, a tipizzare il fatto di reato.

579 Cass., Sez. Un., 26 giugno 2002, n. 26351, in Dir. e Giust., 2002, fasc. 23, 38. Per un commento della sentenza v., G. AMATO, Con l’addio alla giurisprudenza prevalente la Cassazione dimentica i differenti beni tutelati, in Guida dir., 2002, n. 42, 64; G. ARIOLLI, La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche è una circostanza aggravante del reato di cui all’art. 640 c.p., in Cass. pen., 2002, 3368; R. BARTOLI, Truffa aggravata per conseguire erogazioni pubbliche: una fattispecie davvero circostanziante?, in Dir. pen. proc., 2003, n. 3 303; R. BORGOGNO, Criteri di distinzione fra elementi costitutivi e circostanze del reato in una recente pronuncia delle Sezioni unite penali, in Giur. It., 2004, 379; F. CINGARI, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in F. PALAZZO (a cura di), La giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione. Diritto penale, Padova, 2005, 212; A. FABBRO, Truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche: davvero una circostanza aggravante?, in Cass. pen., 2003, 2322; V. PEZZELLA, Truffa sul conseguimento di erogazioni pubbliche: attenti alla prescrizione, in Dir. e giust., 2002, n. 38, 31; D. TERRACINA, La truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ed il ruolo del bene giuridico nella fattispecie di reato, in Ind. pen., 2003, 667.

166

una circostanza, e non ad una fattispecie autonoma di reato

580

. Ancora più di

recente la Suprema Corte a Sezioni Unite

581

, richiamando una sua precedente

decisione

582

, ha ribadito l’adesione a tale criterio al fine di dirimere la

questione della natura dell’art. 12 comma 3 del D. Lgs. 286/98, secondo la

quale la norma configura una circostanza aggravante.

Totalmente assente, invece, è il riferimento al criterio logico-letterale, non

avendo il legislatore attribuito una qualificazione esplicita alla figura in esame.

È evidente, tuttavia, che queste tecniche legislative, costituendo dei criteri

«deboli», a differenza del criterio di specialità (che rappresenta un criterio forte

ed una condizione necessaria, non anche sufficiente a fondare la natura

circostanziale di una fattispecie), non possano affatto vincolare l’interprete:

prima di tutto, perché esse sono desunte dalla mera osservazione – casistica e

assolutamente parziale – della legislazione vigente; in secondo luogo, perché il

legislatore, in nessun punto della legge – non in un prologo, non in un

«considerando» e tanto meno in un articolo di legge – ha giurato fedeltà ad

esse

583

.

580In realtà parte della dottrina considera tale requisito «il più ‘forte’ tra i criteri ‘deboli’». Sul punto, F. BASILE, Reato autonomo o circostanza? cit., 1579 ss. Secondo l’A.: «Non possiamo, pertanto, condividere l’‘entusiasmo’ espresso dalle Sezioni unite nella sentenza Fedi, in cui si è convintamente sostenuto che, allorché una fattispecie, speciale rispetto ad altra fattispecie, risulti altresì descritta per relationem ad essa, dovrebbe senz’altro essere ritenuta circostanziale. Del resto, le stesse Sezioni unite, intervenendo di recente sull’art. 319 ter – nonostante il rapporto di specialità e la descrizione per relationem agli artt. 318 e 319 – non sono state nemmeno sfiorate dal dubbio che la corruzione in atti giudiziari possa essere una circostanza, anziché un reato autonomo. Più prudente, quindi, attribuire anche al criterio della descrizione per relationem un valore meramente indiziario, dal momento che non sempre la sua presenza consente di giungere a conclusioni inconfutabili».

581 Cass., Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40982 in Riv. pen., 2018, 11, 979.

582 Cass., Sez. Un., 27 ottobre 2011, n. 4694, in Cass. pen., 2012, 11, 3681. Quest’ultima sentenza è di particolare interesse in relazione alla tematica in esame, in quanto l’elemento specializzante era la qualifica soggettiva dell’agente: la fattispecie di accesso abusivo ad un sistema informatico protetto commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, costituisce una circostanza aggravante del delitto previsto dall’art. 615-ter c.1 c.p. e non un’ipotesi autonoma di reato.

583 Che la qualificazione di un elemento come circostanziale o costitutivo possa giungere solo all’esito dell’applicazione di una pluralità di criteri, è opinione diffusa in dottrina: così, tra gli altri, M. GALLO, Sulla distinzione tra figura autonoma di reato e figura circostanziata, in Riv. it. dir. proc. pen., 1949, 566; R. GUERRINI, Elementi costitutivi e circostanze del reato, Milano, 1988, 79; M. PELISSERO, Truffa per conseguire erogazioni pubbliche: circostanza aggravante o fattispecie autonoma?, in Dir. pen. proc., 1999, 343.

167

Infine, altro elemento che fa propendere per la sussistenza di un’aggravante

speciale indipendente emerge dalla lettura dei commi quarto e quinto dell’art.

613-bis c.p., disciplinanti le fattispecie aggravate delle lesioni o della morte del

torturato. Invero, in tali casi viene fatto riferimento «ai fatti di cui al primo

comma», lasciando in tal modo trapelare che il delitto di tortura sia tipizzato

unicamente nel primo comma. Se considerassimo il comma secondo come un

reato autonomo, si giungerebbe alla conclusione paradossale di ritenere

inapplicabile proprio al delitto più grave i consistenti aumenti di pena previsti

dai commi 4 e 5 dell’art. 613-bis c.p., qualora dalla tortura derivassero lesioni

personali, anche gravi o gravissime, o la morte del soggetto torturato. La

tortura di Stato assumerebbe, invero, la veste di un reato meno pesantemente

sanzionato rispetto alla tortura privata, con tutto ciò che ne consegue

584

.

La tesi della natura circostanziale del comma de quo, ben può essere confutata

in favore dell’autonomia della figura di cui al c. 2 dell’art. 613-bis, facendo

leva su un’altra molteplicità di argomentazioni. Si pensi al criterio

«teleologico», secondo cui quando una fattispecie penale tutela un bene

giuridico diverso rispetto a quello tutelato dalla fattispecie penale di

riferimento, ci si trova dinanzi ad una fattispecie autonoma di reato e non ad

una circostanziata. Sebbene nella tortura di cui al primo comma, il «cuore»

dell’offesa sia ravvisabile nella «violazione di una relazione di affidamento o

tutela», la tortura di Stato si colloca su di un piano teleologico divergente,

traendo la propria speciale lesività dalla distorsione dell’attività della pubblica

amministrazione e «dallo sviamento del potere coercitivo conferito

all’autorità»

585

.

Inoltre, il comma quarto, caratterizzato da un’infelice formulazione, prevede

aggravi di trattamento sanzionatorio qualora dai fatti di tortura scaturiscano

delle lesioni personali di differente gravità, aumenti di pena calcolati

584C. D. LEOTTA, voce “Tortura (reato di)” in Dig. disc. pen., Torino, X aggiornamento, 2018, 877.

585 P. LOBBA, Punire la tortura in Italia, cit., 232; nello stesso senso, E. SCAROINA, op. cit., 298.

168

prendendo come riferimento «le pene di cui ai commi precedenti»

586

. Così

facendo, considerando il secondo comma quale circostanza aggravante, si

ricadrebbe nel paradosso di un aggravante operante, in maniera anomala, su di

un’altra circostanza aggravante

587

.

Ulteriore argomento a favore dell’autonomia della tortura perpetrata dal

pubblico ufficiale, risiede nel comma 3 dell’art. 613-bis, secondo il quale «il

comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente

dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti». Si tratta di

una trasposizione nell’ordinamento interno dell’ultimo paragrafo dell’art. 1

CAT

588

. Il fine di questa disposizione è quello di limitare l’ambito di punibilità

del reato de quo, escludendo la rilevanza penale del sovraffollamento

carcerario e di altri trattamenti inumani o degradanti connessi alle condizioni di

detenzione; insomma di tutti i fatti di tortura propria nei casi in cui violenza o

minaccia siano poste in essere in esecuzione di sanzioni legittime

589

.

La sua portata pratica risulterebbe scarsamente decifrabile laddove il secondo

comma avesse natura di mera aggravante: l’esclusione di tale circostanza nei

casi di esecuzione di pena legittima lascerebbe infatti in piedi la fattispecie

base, rendendo paradossalmente punibile il pubblico agente ai sensi del comma

1

590

. Inoltre, non si comprenderebbe nemmeno la logica nascosta dietro a tale

scelta legislativa, dato che il medesimo terzo comma risulta incompatibile con

gli elementi costitutivi del delitto di tortura nella sua forma base. Basti pensare

alla presenza dell’avverbio «unicamente». Le sofferenze di cui si parla

derivano esclusivamente da misure legittime che incidono in senso negativo sui

diritti della persona e non si comprende, pertanto, come le stesse possano

586 Si tratta chiaramente di un’infelice formulazione in quanto il legislatore dapprima si riferisce ad un aggravio di pena per le conseguenze derivanti dai «fatti di cui al primo comma», senza fare alcun riferimento al secondo e poi parla anche di aumento delle «pene di cui ai commi precedenti», al plurale, come a volere ricomprendere anche il secondo comma.

587I. MARCHI, Il delitto di tortura, cit., 160; nello stesso senso F. VIGANÒ, Sui progetti, cit., 5. L’A. sottolinea l’inesattezza della tecnica legislativa dell’aggravante sull’aggravante.

588 L’art. 1 CAT, nell’ultimo paragrafo, sancisce che il termine tortura: «non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate».

589 A. COLELLA, Il nuovo delitto di tortura, cit., 8; I. MARCHI, Il delitto di tortura, cit., 159. 590 F. CANCELLARO, Tortura, cit., par. 5.4.

169

essere causate da condotte minacciose, violente o crudeli

591

. In tal caso,

probabilmente, la scelta preferibile sarebbe stata quella di escludere

l’applicazione sia del primo comma che del secondo della norma in esame

592

.

Qualificare, quindi, il secondo comma dell’art. 613-bis come circostanza

aggravante, condurrebbe alla bizzarra previsione, nel terzo comma, di una

esimente applicabile solamente ad una circostanza

593

. Ciò non avrebbe come

effetto quello di escludere la punibilità, bensì quello irragionevole di escludere

solo l’applicazione dell’aggravante. Pertanto, al fine di evitare una tal siffatta

conseguenza, sarebbe opportuno individuare nel secondo comma della norma

oggetto di analisi, un reato autonomo e non una circostanza aggravante del

delitto di tortura.

La natura autonoma della fattispecie in esame si desume, altresì, dal testo

dell’art. 613-ter c.p., norma che sanziona la condotta del pubblico ufficiale o

dell’incaricato di pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle sue funzioni o

del servizio, istighi in maniera concretamente idonea un altro pubblico ufficiale

o incaricato di pubblico servizio a commettere il «delitto di tortura». L’ipotesi

richiamata non può che essere quella del secondo comma dell’art.613-bis ed il

rinvio al termine «delitto», anziché al fatto descritto in tale secondo comma,

farebbe propendere per la natura autonoma della figura ivi indicata

594

. Inoltre

l’art. 613-ter c.p. costituisce una deroga dell’art. 115 c.p., omogenea a quanto

avviene rispetto ai più gravi delitti previsti dal Titolo I c.p., trattandosi «di una

anticipazione della punibilità coerente solo con l’esistenza di una fattispecie

autonoma che stigmatizzi queste condotte»

595

.

Last, but not least, la previsione di una fattispecie aggravata risulterebbe

comunque, inutiliter data alla luce dell’art. 61 cod. pen., che prevede già quale

591A. COSTANTINI, Il nuovo delitto di tortura, cit., 13.

592 Così come era previsto nel testo del ddl. approvato alla Camera il 09.04.2015, n. 10-362- 388-395-849-874-B.

593 A. TIGRINO, La tortura, metastasi di un cancro millenario: l’irrisolto contrasto fra la tutela della dignità umana ed esigenze di accertamento penale, in Arc. Pen., 23 ss.

594 G. FLORA, Il nuovo articolo 613-bis c.p.: meglio che niente?, in L. STORTONI, G. CASTRONUOVO (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, 345. 595A. GAMBERINI, Il nuovo delitto di tortura, in L. STORTONI, G. CASTRONUOVO (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, 355-356.

170

aggravante comune «l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con

violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico

servizio», in relazione al quale l’autore del reato «pubblico ufficiale» o

«incaricato di un pubblico servizio» è implicito

596

.

In conclusione, quindi, sebbene dalla tecnica legislativa utilizzata ed in base a

quanto emergente dai lavori preparatori, a prima vista, si potrebbe essere

portati a considerare la tortura di Stato quale semplice variante aggravata del