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CAPITOLO 4: PRESERVAZIONE DELLA FERTILITA’

4.1 PRESERVAZIONE DELLA FERTILITA’ FEMMINILE 1 Ovogenes

4.1.2.3 Crioconservazione di tessuto ovarico

Questa tecnica è ancora considerata sperimentale ma viene applicata nei casi in cui non è possibile ricorrere alla stimolazione ovarica o per età della paziente o per tempistiche relative al trattamento oncologico. Ha il vantaggio di non richiedere una stimolazione ormonale e offre importanti prospettive per preservare sia la funzione riproduttiva, in quanto consente gravidanze naturali, sia l’attività steroidogenica. Inoltre può essere

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effettuata in qualsiasi momento del ciclo mestruale e permette quindi di evitare il ritardo nell’inizio del trattamento chemioterapico nelle pazienti oncologiche.228 E’

indicata in donne con età inferiore ai 38 anni con riserva ovarica adeguata.229 Dovrebbe essere proposta in casi selezionati a pazienti giovani che non possono effettuare la criopreservazione di ovociti e che devono effettuare terapie con elevato rischio gonadotossico. L’obiettivo della crioconservazione del tessuto ovarico è la preservazione dei follicoli primordiali.216 Questa tecnica è stata utilizzata nelle bambine di tutte le età ed è risultata sicura ed efficace, con meno dell’1% di rischio di complicanze minori.230 Questo è il metodo di preservazione della fertilità per i pazienti

pediatrici e adolescenti con cancro più accettato.231 Per la crioconservazione di tessuto ovarico è necessario eseguire un intervento chirurgico laparoscopico in anestesia generale che richiede circa un’ora di tempo. Una particolare attenzione deve essere posta alla regione corticale dell’ovaio. Infatti bisognerebbe evitare la manipolazione eccessiva di questa zona, in quanto in questa regione è presente la più alta densità di follicoli primordiali. Inoltre bisogna essere particolarmente attenti nell’esecuzione di questa tecnica, nelle bambine prepubere, perchè le dimensioni dell’ovaio sono poco più di 1 ml, ma denso di follicoli primordiali.232,233Ad oggi non esistono tecniche operatorie standard per ottenere tessuto ovarico corticale da criopreservare. Metodi riportati includono biopsie ovariche corticali unilaterali o bilaterali; ovariectomia parziale (con asportazione di almeno un terzo di ciascun ovaio, presenta complicanze quali sanguinamento eccessivo ed è stato riportato un caso di trasfusione in seguito ad emorragia intraoperatoria);234 ovariectomia unilaterale. Alcuni autori sostengono che effettuare un’ooferoctomia unilaterale porterebbe a insufficienza ovarica prematura mentre altri sostengono che si assiste ad un processo compensatorio nell’altra ovaia: questa teoria si basa sul fatto che le donne con un unico ovaio, sottoposte alla raccolta di ovociti per la fecondazione in vitro, hanno un numero più elevato di ovociti per ovaio rispetto alle donne con entrambe le ovaie.235 Eseguire una emiovariectomia o biopsie della corticale, potrebbe preservare più tessuto ovarico in situ ma la rimanente corteccia, in caso di trattamento gonadotossico, sarebbe più esposta a questi trattamenti e si avrebbe invece a disposizione meno tessuto ovarico per la criopreservazione rispetto alla rimozione dell’intero ovaio. In generale l’ooforectomia unilaterale riduce il rischio di sanguinamento e mette a disposizione più tessuto ovarico da poter crioconservare; in casi particolari si può effettuare la salpingo-oforectomia unilaterale .236 E’ stato visto che l’uso dell’elettrobisturi ha effetti negativi sulla riserva funzionale residua ovarica e può incrementare la formazione di aderenze pelviche.237 Poche pubblicazioni sono dedicate alle tecniche operatorie e ai risultati dei pazienti pediatrici sottoposti a chirurgia per la preservazione della fertilità. L’intervento viene eseguito in laparoscopia e come prima cosa si deve effetturare il dosaggio dei biomarkers sierici della capacità riproduttiva (FSH, LH, AMH, estradiolo) oltre ad escludere la presenza di infezioni. Si esegue inoltre un’ecografia addomino/pelvica prima di procedure con l’operazione chirurgica. Si comincia con l’induzione dello pneumoperitoneo utilizzando un trocar ombelicale 10mm. Successivamente si inseriscono due trocar da 5 mm in fossa iliaca destra e sinistra. Si procede con l’esplorazione della pelvi, addome, utero e ovaie (di cui si riesce a valutare meglio il destro perchè quello sinistro è coperto dal colon). Durante l’ooforectomia parziale bilaterale, ciascun ovaio è preso con un grasper e clampato con una pinza a punta smussa (blunt-ended graspers) e poi resecato longitudinalmente con delle forbici chirurgiche. Vengono asportati circa 2/3 di ciascun ovaio. L’emostasi dell’ovaio viene eseguita con bisturi bipolare, perchè gli altri devices potrebbero creare danni irreversibili all’ovaio residuo, e danneggiare anche un gran numero di follicoli. Durante la dissezione è importante conservare la

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tuba del Falloppio con minima manipolazione della capsula ovarica perchè la maggior parte dei follicoli sono localizzati nella corticale appena al di sotto della capsula. Alcuni autori, per le bambine molto giovani, preferiscono utilizzare la salpingo- ooforectomia unilaterale perchè le ovaie sono molto piccole e se si asportassero solo queste ci sarebbe il rischio di danneggiare irreversibilmente la capsula e i follicoli stessi. Quindi si procede con la resezione della tuba di Falloppio a livello dell’istmo. L’estrazione dell’ovaio o della tuba insieme all’ovaio viene eseguita tramite Endobag, attraverso il trocar ombelicale da 10 mm.238,239 Una volta asportato l’ovaio, una porzione del tessuto corticale viene analizzata in anatomia patologica per il routinario esame istologico, mentre la restante parte è destinata al laboratorio per la crioconservazione. Si procede quindi alla preparazione del tessuto ovarico asportato da criopreservare. La parte midollare del tessuto viene eliminata e rimane quella corticale che contiene i follicoli. Solitamente non se ne trovano più di 10. Il tessuto poi viene diviso in “striscioline” o “stripes” di 0,5 mm x 1cm o in quadrati di 0,4mm x 0,5 mm. Successivamente i campioni vengono congelati tramite la tecnica del congelamento lento.240 Questa tecnica prevede il trasferimento dei campioni di tessuto

ovarico in una soluzione contenente il mezzo Leibovitz-L15 e Glutamax. Successivamente il tessuto viene posto in una soluzione contenente un crioprotettore. A questo punto i frammenti di tessuto vengono trasferiti in supporti appositi per la crioconservazione (cryovials) riempiti di Leibovitz-L15 con aggiunta di 4 mg/ml di albumina sierica umana (HSA) e 1,5 mmol/l di DMSO. I cryovials sono posti in un congelatore programmabile fino a -150 °C e successivamente immersi in azoto liquido a -196 °C.241 I follicoli primordiali possono essere congelati in maniera efficace, ma a

causa dell’iniziale ischemia a cui vanno incontro durante il prelievo, un quarto o più di questi follicoli può andare perduto; per questo la quantità di tessuto ovarico da asportare deve essere ampia. Il reimpianto di tessuto della corticale ovarica viene comunemente effettuato in sede ortotopica, sull’ovaio residuo o in una tasca peritoneale, anche se può essere effettuato a livello della parete addominale o sull’avambraccio quindi in sede eterotopica.232,242 Il reimpianto in sede eterotopica ha

alcuni vantaggi quali: permette un consistente recupero funzionale ovarico e risulta meno invasiva soprattutto in caso di aderenze pelviche che non permetterebbero un reimpianto ortotopico. Ha però lo svantaggio di avere meno probabilità di concepimenti naturali. Ad oggi sono stati riportati solamente due casi di nascite dopo reimpianto eterotopico. 243,244 Esistono diverse tecniche per riposizionare il tessuto di corticale ovarica criopreservato, ma tutte richiedono almeno un intervento di laparoscopia. Durante questo intervento la superficie ovarica deve essere decorticata e si deve preparare il sito, promuovendo la neoangiogenesi, nel punto in cui si andrà a posizionare il tessuto ovarico una volta scongelato. I campioni di tessuto devono essere posizionati a livello di uno o entrambe le ovaie. Si può anche reimpiantare un campione di tessuto in una tasca peritoneale preparata in prossimità di una delle ovaie.245 A Bruxelles, in Belgio, sono stati riportati casi di reimpianto di tessuto ovarico ortotopico mediante tecniche robotiche (robot-assisted transplantation approach). Questa, rispetto alla laparoscopia, ha il vantaggio di essere più precisa, presenta minor rischio di danneggiare l’innesto tissutale per l’eccessiva manipolazione e riduce il tempo che intercorre tra lo scongelamento e il trapianto.246 La ripresa della funzionalità endocrina ovarica comunque si ottiene nel 90-100% dei casi ma la sua durata è ancora limitata, in media 5 anni, anche se è stato riportato un caso in cui la funzione ovarica è stata mantenuta per 10 anni dopo il reimpinato autologo.247 Il primo bambino nato da una gravidanza avuta dopo reimpianto autologo di tessuto ovarico è stato nel 2004. La donna si era sottoposta a trattamento gonadotossico per un linfoma di Hodgkin per cui

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era anche stata eseguita in laparoscopia una biopsia di tessuto corticale ovarico. Dopo 5 mesi dal reimpianto ha avuto ciclo mestruale, con recupero del normale ciclo ovulatorio (valutato mediante dosaggio ormonale) e regolare sviluppo di follicoli e corpo luteo. 241 Ad oggi sono nati più di 130 bambini dopo autotrapianto di tessuto ovarico, incluso un paziente prepuberale e peripuberale 248,249Sono stati riportati inoltre 2 casi in Italia250. Nel 2014 è nato il primo bambino da una donna che si era sottoposta

a crioconservazione di tessuto ovarico all’età di 13 anni. La donna era affetti da sickle- cell anemia e non aveva mai avuto mestruazioni. Nel 2000 è stato asportato e criopreservato il suo tessuto ovarico. Dopo 10 anni le è stato reimpiantato il tessuto in parte in un ovaio e in parte in una tasca peritoneale. Dopo 5 mesi è comparso il ciclo mestruale e dopo 2 anni ha avuto una gravidanza spontanea.251In letteratura sono riportate altre due nascite da crioconservazione di tessuto prelevato in età prepubere. In un caso la donna era affetti da beta talassemia e all’età di 9 anni le era stato criopreservato tessuto ovarico. 14 anni dopo le è stato reimpiantato ed è stata in grado di dare alla luce un bambino nel 2016.252 Sempre nel 2016 è nato un bambino da gravidanza avuta dopo crioconservazione di tessuto ovarico avvenuta in età prepubere.253 In Italia la prima nascita dopo criopreservazione di tessuto ovarico si è verificata nel 2013, in una paziente affetta da beta talassemia. All’età di 21 anni le era stato prelevato e criopreservato parte di tessuto ovarico e, dopo reimpianto, è stata in grado di dare alla luce un bambino all’età di 29 anni.250 Nel 2019, sempre in Italia si è

verificata un’altra nascita in seguito a reimpianto di tessuto ovarico criopreservato, in una donna di 37 anni, in cui il prelievo di tessuto era stato eseguito all’età di 29 anni perchè affetta da linfoma non Hodgking.254 Circa il 50% dei bambini nati dopo

autotrapianto ortotopico di tessuto sono stati concepiti spontaneamente mentre l’altra metà con tecniche di fecondazione assistita. La maggior parte delle gravidanze spontanee insorge nei primi anni dopo l’autotrapianto ma sono state riportate gravidanze spontanee anche dopo 5 o 6 anni.255 Il rischio dato dall’autotrapianto di tessuto ovarico nelle pazienti oncologiche è rappresentato dalla potenziale reintroduzione di cellule cancerose, dal momento che un ampio studio ha riportato un’ incidenza dell’1.3%di ritrovamento di cellule maligne in campioni istologici di tessuto ovarico analizzati prima della crioconservazione.256,257 E’ indispensabile quindi eseguire un adeguato screening preoperatorio per escludere un possibile coinvolgimento ovarico e un’attenta analisi istologica dei frammenti, con tutte le metodiche disponibili, prima del reimpianto.258,259 I criteri di selezione delle pazienti che possono beneficiare di una criopreservazione di tessuto ovarico sono riportati nei criteri di Edimburgo: 260,261

• Età inferiore ai 35 anni.

• Se la paziente ha 15 anni o più al momento della diagnosi nessuna chemioterapia o radioterapia precedente; se la paziente ha meno di 15 anni è accettata la possibilità di una chemioterapia non aggressiva e non gonadotossica.

• Una possibilità realistica di sopravvivenza a 5 anni • Alto rischio di insufficienza ovarica precoce (> 50 %)

• Consenso informato (da genitori e ,ove possibile, dalla paziente) • Sierologia negativa per HIV, Sifilide e HBV

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I fattori che influenzano la longevità dell’innesto del tessuto ovarico sono : l’età al tempo della criopreservazione; tecniche di preparazione del tessuto ovarico; numero delle sezioni di innesto di tessuto corticale; tecniche di reimpianto e sedi di innesto; grado di ischemia dopo il reimpianto; numero dei follicoli sopravvissuti dopo il congelamento e la rivascolarizzazione dell’innesto ovarico.243

Per quanto riguarda la Regione Toscana, i criteri di selezione per la criopreservazione di tessuto ovarico riportati dalle linee guida sono i seguenti.

Criteri di inclusione:

• Paziente in età fertile di età inferiore o uguale ai 38 anni ( per le pazienti con età inferiore ai 18 anni le procedure devono prevedere il consenso scritto dei genitori o del tutore legalmente riconosciuto).

• Diagnosi di neoplasia maligna da sottoporre a terapia antitumorale potenzialmente tossica a livello gonadico

• Piena informazione e consapevolezza dello stato di malattia, della prognosi e del programma terapeutico.

• Consapevolezza dei rischi legati alle procedure per il prelievo di ovociti. Criteri di esclusione:

• Malattie benigne collaterali che possono interferire con le procedure collegate al prelievo degli ovociti.

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