UNA PARABOLA DISCENDENTE? (ANNI ‘90 E QUATTROCENTO)
5.1) UNA CRISI SFIORATA
Come intuibile, a causa della loro rilevanza politica ed economica i Ciampolini non furono estranei alle turbolente vicende del primo Quattrocento. È comunque interessante osservare che anche negli anni tra il 1392 e il 1404, in cui ci aspetteremmo di vederli lontani dalla città o quantomeno
183 F. Ragone, voce Giovanni Gambacorta, in «Dizionario Biografico degli Italiani».
184 B. Dal Borgo, Dissertazione sopra l’istoria de’ codici Pisani delle Pandette di Giustiniano imperatore,
Lucca 1764, p. 67.
mantenere un basso profilo a causa della loro affiliazione gambacortiana, ben quattro membri della famiglia continuarono a sedere tra gli Anziani: Lorenzo Ciampolini nel 1394 e 1398, Giovanni di Lorenzo nel 1401 e il fratello Gherardo nel 1398, Leonardo di Ildebrandino nel 1398. I rapporti commerciali, come si è visto nel capitolo precedente, erano continuati apparentemente senza troppi intoppi e dalla provenienza delle lettere possiamo affermare che Lorenzo non si fosse mai mosso dalla città (eccetto nel maggio 1401, quando scrisse a Manno di Albizo Agli dalla Spezia), mentre altri membri lo fecero per ragioni esclusivamente commerciali; lo stesso si può dire del figlio Giovanni, che come abbiamo visto era ad Aigues-Mortes nel maggio 1396 ma nell’ottobre era già di ritorno a Pisa186.
Una vicenda del 1397 è utile a dimostrare il clima in città, ma anche «les rapports de solidarité et de concurrence» che nonostante tutto continuavano a guidare i mercanti pisani187. Nei primi mesi dell’anno, in un momento di ripresa delle rappresaglie contro la fazione gambacortiana, i creditori del fondaco datiniano di Pisa richiesero tutti insieme il saldo dei loro conti, e davanti all’impossibilità di solvenza Lodovico Sciancati e Antonio Facca ottennero a nome di tutti il sequestro di ogni mercanzia del Datini che si fosse trovata in città. Filippo di Giovanni Benci, in quel momento responsabile del fondaco, commise alcuni errori sui libri di conto che resero la situazione ancora più critica (ad esempio registrare una serie di crediti come debiti). Il mercante pratese prese la decisione di chiudere la filiale pisana ed avviare i negoziati per tutte le liquidazioni necessarie; ma a Pisa - così come a Brugge e in Catalogna - si diffuse la voce di un imminente fallimento del mercante, spingendo anche i vari correntisti a richiedere rimborsi e ritirare le loro parti di capitali. Lorenzo Ciampolini dimostrò in questa occasione tutta l’amista nei confronti del Datini, garantendo in prima persona, insieme a Filippo Benci, il pagamento delle lettere di cambio che cominciavano ad arrivare da Firenze. Il rapporto personale tra Ciampolini e il Datini non fu l’unico motivo per cui il pisano corse il rischio di schierarsi dalla parte del pratese; era stato necessario anche «l’intervention en faveur de Francesco de deux influents marchands et hommes politiques florentins»: Guido di Tommaso del Palagio e soprattutto l’umanista Niccolò da Uzzano188. Quest’ultimo il 16 aprile scriveva a
Ciampolini che Francesco Datini era ancora intenzionato a «paghare facendo per modo che sia
186 ASPo, Datini, 664.6, Lettera di Ciampolini Lorenzo a Agli Manno di Albizo (La Spezia/Firenze),
24/05/1401; ASPo, Datini, 425.4, Lettera di Ciampolini Giovanni di Lorenzo a Datini Francesco di Marco e Agli Manno di Albizo e comp. in Pisa (Aigues-Mortes/Pisa), 04/05/1396.
187 J. Hayez, S’observer, coopérer, se fréquenter ou rester avec les siens. Les interactions entre marchands
florentins et pisans dans les correspondances Datini vers 1400, Roma 2017, par. 19.
188 Ibid. La lettera di Guido pervenne probabilmente intorno al 10 marzo 1397: non è sopravvissuta ma si può
dedurre da una lettera del Ciampolini al Datini in cui parla di quello scritto partita da Pisa il 16 marzo (ASPo, Datini, 688.22, Lettera di Ciampolini Lorenzo a Datini Francesco di Marco e Stoldo di Lorenzo di ser Berizo e comp., Pisa/Firenze, 16/03/1397). Lettera di Niccolò da Uzzano: ASPo, Datini, 490.2, Lettera di Niccolò da Uzzano a Ciampolini Lorenzo (Firenze/Pisa), 16/04/1397. Trascrizione in Appendice IIId.
salveza di lui non manchando in nulla il suo honore»; era a conoscenza anche della merce sequestrata: «e pare che il decto Francesco abi costa certa roba arestata per lo facto di Lodovico Scianchato e Antonio Faccha». Si percepisce in più punti tutto il peso che l’Uzzano era consapevole di avere («Elle sopradecte cose voglamo si fanno con questa condizione»): è la dimostrazione di come Francesco Datini, nel momento del bisogno estremo, stesse muovendo tutte le leve politiche su cui poteva poggiare a Firenze, e in quel momento l’Uzzano era un uomo più che influente189.
Naturalmente nel frattempo il mercante pratese continuava ad inviare istruzioni a Lorenzo: il 6 aprile gli scriveva che insieme a filipo [Benci] nostro giovane avrebbe dovuto lasciare ogni merchatantia e tutte le maserizie di sua proprietà che avrebbero trovato a Pisa e a Livorno, oltre a fornire indicazioni circa del denaro avuto da Genova, probabilmente per ottenere parte della liquidità necessaria190. Lorenzo non esitò ad essere molto diretto - e critico - nei confronti di Francesco Datini in quello che possiamo immaginare essere stato il momento più drammatico della crisi: il 25 aprile gli scriveva «voi avete preso partito che non vi sarà honore. Fate conto dimane, come s’aperanno li fondachi, voi sarete qui dato per homo rotto e converrà che lo vostro [Filippo Benci] vada in pregione e la casa vi sarà suggiellata come homo rotto»191.
Ma il fondaco si salvò: il flusso di denaro che giungeva da Firenze (e da Genova) provò che la rete datiniana non era prossima al collasso e permise di ridare aria alla filiale e al Datini. Parte dei creditori accettò come saldo la merce di proprietà del mercante, che continuò ad affidarsi al fedele amicho Lorenzo per tutto il decennio successivo.