UN RITORNO ALLA CITTÀ (ANNI ’70)
3.3) ILDEBRANDINO, SPEZIALE
Abbiamo visto Lorenzo Ciampolini abbandonare Cagliari nel 1369 e tornare a Pisa, evidentemente per approfittare della contingenza favorevole che si prospettava grazie alla vertiginosa ascesa dei Gambacorta.
Non a caso, è qui che tre anni dopo la partenza di Lorenzo da Cagliari troviamo il primo dato dell’ascesa politica della famiglia, all’interno del Breve Vetus seu Chronica Antianorum civitatis Pisarum, in cui sono elencate le composizioni del Consiglio degli Anziani dal luglio 1288 all’ottobre 1409119. Quello degli Anziani, istituito nel 1254, era l’organo-simbolo del Popolo per eccellenza, perciò i nomi dei suoi membri rappresentano un efficace termometro della situazione politica in città e delle reti di alleanze familiari. La riforma del Breve del Popolo del 1307 aveva definito i caratteri che l’istituzione avrebbe mantenuto fino alla sovrapposizione fiorentina dei primi del Quattrocento: vi si stabiliva la nomina da parte degli Anziani in carica a fine anno di «tre buoni et sufficienti homini populari, et giurati in populo» per ognuno dei quattro quartieri cittadini: Ponte, Mezzo, Fuor di Porta, Kinzica. I dodici uomini così selezionati (i “Savi Elettori”), insieme ai Capitani del Popolo, avrebbero scelto ventisette nomi per quartiere (per un totale di centootto uomini), per poi sorteggiare da questa lista i membri degli Anziani di tutto l’anno successivo, nel numero di dodici per ognuno dei bimestri di durata della carica. Anche per queste nomine valeva la regola dei tre uomini per quartiere, tra cui almeno un membro delle Arti (notai, fabbri, cuoiai, tavernai, calzolai, pellicciai, vinai); non potevano trovarsi consanguinei all’interno dello stesso collegio120.
Nel settembre-ottobre 1372 tra gli Anziani sedette Ildebrandinus Ciuccii Ciampolini spet[ialis], certamente figlio di uno dei due Ciampolini sangimignanesi che portavano quel nome, di professione speziale; Ildebrandino è il primo dei sei membri della famiglia che ho rintracciato all’interno del consiglio fino alle sue ultime propaggini sotto al dominio fiorentino, nel 1423. Prima di riportarli, è necessario ricordare le condizioni fondamentali per essere inseriti nelle liste dei Savi Elettori, quindi
119 I dati del Breve Vetus sono presi dalla raccolta di testi pisani digitalizzati dall’Università di Pisa
all’indirizzo http://icon.di.unipi.it/ricerca/pisatutti.html (ultima consultazione: 25/03/2020) e da B. Casini, Il
«Priorista» e i «Libri d’oro» del Comune di Pisa, Firenze 1986. Ho convertito tutte le date dal calendario
pisano a quello comune.
120 A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche in un Comune italiano: il
Popolo a Pisa (1220-1330), Pisa 2004, pp. 198-200 e F. Rizzelli, Gli Anziani nel governo del comune pisano,
per accedere all’anzianato pisano. Con tutti i dati alla mano sarà possibile formulare più ipotesi sulle vicende della famiglia negli anni cruciali dell’inurbamento.
Nel Breve del comune del 1287 era stato stabilito che per l’eleggibilità agli uffici pubblici e la partecipazione ai consigli fosse necessario aver vissuto a Pisa e avervi versato le esazioni fiscali per gli ultimi quindici anni, ma per sedere tra i membri dei consigli del comune e del Popolo era necessario che il candidato o suo padre fossero nati in città o nel suo contado, oppure aver vissuto a Pisa da contribuente per venticinque anni. Per accedere all’anzianato rimaneva tuttavia una condizione fondamentale essere nati a Pisa o nel contado o essere figlio di un pisano, altrimenti si poteva al più essere annoverati tra gli elettori degli Anziani dopo vent’anni di contributi. A inizio Trecento, sulla scia delle riforme che abbiamo già incontrato riguardo all’elezione degli Anziani, la distinzione tra eleggibilità negli uffici pubblici e nei consigli del comune e del Popolo fu livellata a dieci anni di contributi, ma l’anzianato rimase ristretto e l’imposizione di nascita pisana fu estesa anche agli elettori. Se quindi da un lato si può riconoscere una relativa facilità per l’acquisizione dei diritti di cittadinanza pisana nel XIV secolo (finalizzata fondamentalmente all’attrazione di artigianato specializzato in città e mercanti in cerca di privilegi commerciali), dall’altro la possibilità di partecipare all’anzianato, «il più onorevole dei diritti politici» rimase almeno sulla carta «sempre del tutto precluso a chi non fosse nato a Pisa o nel suo territorio»121.
Questi sono i Ciampolini presenti nel Breve Vetus con le varie denominazioni utilizzate per lo stesso individuo (ho riportato in parentesi quadre i nomi indicati solo da Bruno Casini)122:
• Ildebrandinus Ciuccii Ciampolini spetialis: 1372;
• Laurentius Ciampulini/Laurentius Ciampulinus / Ser Laurentius Ciampulinus / Laurentius Ghelis Ciampolini: 1374, 1378, 1382, 1384, 1389, 1392, 1394, 1398, 1405;
• Iohannes ldebrandini Ciampulini: [1380], 1406;
• Lunardus Ildebrandinum spetialis / Leonardus Ildebrandini spetialis / Leonardus Aldobrandini Ciampulini: 1384, 1394, 1409, [1419];
• Iohannes Laurentii Ciampulini: 1401; • Gerardus Laurentii spetialis: 1398; • Ildebrandinus Leonardii: [1423].
121 A. Poloni, «Nec compelli possit effici civis pisanus»: sviluppo dell’industria laniera e immigrazione di
maestranze forestiere a Pisa nel XIII e XIV secolo, in B. Del Bo (a cura di), Cittadinanza e mestieri. Radicamento urbano e integrazione nelle città bassomedievali (secc. XIII-XVI) [pp. 235-261], Roma 2014, pp.
247-249.
Tra gli Anziani si possono già intravedere i due rami pisani dei Ciampolini, su cui ritorneremo più avanti in modo più sistematico per procedere nella ricostruzione genealogica. Ma prima si pone un problema naturale per i due patriarchi, Ildebrandino e Lorenzo: non era forse necessario essere nati a Pisa o figli di pisani per poter essere inseriti nelle liste dei sorteggiabili per l’anzianato?
Partiamo da Ildebrandino di Ciuccio, speziale: l’unico dato noto finora oltre all’anzianato nel 1372 è la paternità di Ciuccio Ciampolini. Le altre informazioni su di lui provengono da fonti quattrocentesche. Per la storia della famiglia da questo punto in avanti sono state infatti fondamentali le informazioni contenute nel catasto fiorentino, che censì i fuochi pisani tra il 1428 e il 1429123. Vi si legge che i figli di Ildebrandino, Giovanni e Leonardo, al momento della registrazione avevano rispettivamente settantaquattro e sessantasei anni; le loro nascite si possono quindi collocare nel 1354 e nel 1362, e questo non collide né con i requisiti per diventare Anziani né con la storia della famiglia, che abbiamo visto essersi spostata definitivamente a Pisa nei primi anni Cinquanta. Ma se per i suoi figli la questione dell’anzianato è risolta, non lo è per Ildebrandino; su di lui abbiamo solo un’altra informazione cronologica: grazie ad un processo del 1434 che coinvolgeva i monaci della Certosa di Calci e i Ciampolini apprendiamo che Ildebrandino aveva accumulato un patrimonio complessivo di cinquemila fiorini e che era morto nel 1381124.
Le ipotesi che si presentano a questo punto sono strettamente legate alla collocazione di Ildebrandino all’interno della famiglia125. Sarebbe potuto essere figlio di Ciuccio II, uno dei fratres
di Vanni indicati nella gabella imposta a chi muoveva capitali fuori da San Gimignano nel 1332 nonché residente a San Giovanni nel 1329; ciò implicherebbe il trasferimento a Pisa negli anni Trenta o Quaranta per gestirvi con stabilità gli affari di famiglia: qui sarebbe nato Ildebrandino (a cui sarebbe stato dato il nome del nonno, il capostipite-macellaio del 1285), cugino di Matteo di Vanni e Lorenzo di Chele, che crescendo sarebbe diventato insieme al padre il riferimento cittadino per i commerci della famiglia durante i decenni successivi. La nascita del primogenito Giovanni (1354) sarebbe di conseguenza avvenuta quando Ildebrandino aveva al più venticinque anni, l’accesso all’anzianato intorno ai quaranta e la sua morte non oltre i cinquanta, ma ragionare su basi anagrafiche è un aspetto dalle variabili troppo numerose per poter essere decisivo, anche perché costui sembra collocarsi esattamente a metà tra la generazione di Matteo e Lorenzo (quest’ultimo morì entro il 1410) e quella dei loro genitori Vanni e Chele (già assenti nel catasto sangimignanese del 1350).
123 Per il catasto ho utilizzato il volume di B. Casini, Il catasto di Pisa nel 1428-29, Pisa 1984; per i calcoli
che seguono ho considerato come anno di partenza il 1428.
124 L. Carratori Scolaro, Archivio della Certosa di Calci, Pisa 2005, p. 140. 125 Rimando nuovamente all’Appendice II per l’albero genealogico.
La seconda ipotesi (che personalmente reputo più plausibile) è che Ildebrandino vada collocato nel grado genealogico precedente, identificandolo così come figlio di Ciuccio I e fratello di Vanni, Chele e Ciuccio II, quindi zio di Matteo e Lorenzo Ciampolini. In questo caso sarebbe possibile immaginare la sua nascita in un momento anche di poco precedente agli anni Trenta a cui sarebbe poi seguito il trasferimento a Pisa in un momento imprecisato, sempre per motivi commerciali. Ma questa ipotesi non risolverebbe la questione del suo accesso all’anzianato nel 1372: in definitiva non abbiamo nessun indizio che ci possa far ipotizzare una nascita pisana né per Ildebrandino né tantomeno per suo padre126.
La professione di speziale poté forse influire in qualche modo? Partiamo da un dato di fatto apparentemente fuorviante: tra gli Anziani «non compare mai alcun tintore, tessitore, o altro artigiano della manifattura laniera, fosse anche nato a Pisa e cittadino a pieno titolo», un’estromissione che si scontrava con la retorica popolare dei consigli ma che derivava dalla condizione legale e sociale dei tintori127. Abbiamo visto che tra i dodici Anziani di ogni consiglio erano previsti quattro seggi per i membri delle sette Arti cittadine: tra esse i tintori non erano inclusi, ma nemmeno gli speziali, la professione esercitata da Ildebrandino ed economicamente molto più rilevante: questo impediva l’ingresso all’anzianato tramite le “quote artigiane” sia ai tintori sia agli speziali. Nel 1369 era stata ribadita la sottomissione politica di «sarti, speziali, tintori di lenzuola tende e pannilini, venditori di pannilini e di armi, lavandai e tessitori di pannilini» all’ordine dei mercanti, giustificandola con la loro stretta connessione con i commerci128. In pratica se da una parte muoversi sotto il grande
ombrello della mercanzia garantiva l’integrazione nei circuiti commerciali e una certa sicurezza di trovare sbocchi per le produzioni, dall’altro i professionisti in quei campi rinunciavano alla rappresentanza diretta nei consigli, perché naturalmente l’ordine dei mercanti vi collocava i propri membri più rilevanti e non artigiani che avrebbero fatto soprattutto i propri interessi.
Questo significa che per chi svolgeva le professioni sopra elencate era già molto difficile trovare spazio nella politica in generale; accedere addirittura all’anzianato per uno speziale (quasi certamente anche nato forestiero!) era decisamente sinonimo di una posizione di prestigio all’interno del gruppo
126 Si potrebbe ipotizzare che Ildebrandino fosse comunque nato a Pisa e non a San Gimignano da Ciuccio
I dopo un eventuale trasferimento di quest’ultimo, ma è una speculazione estrema che non ho approfondito.
127 Poloni, «Nec compelli possit effici civis pisanus»: sviluppo dell’industria laniera e immigrazione di
maestranze forestiere a Pisa nel XIII e XIV secolo, in B. Del Bo (a cura di), Cittadinanza e mestieri. Radicamento urbano e integrazione nelle città bassomedievali (secc. XIII-XVI) [pp. 235-261], Roma 2014, p.
249.
128 C. Violante, Economia, società, istituzioni a Pisa nel Medioevo: saggi e ricerche, Bari 1980, pp. 263-
265. Il provvedimento del 1369 ne sostituiva uno del 1321 in cui le professioni sottomesse ai mercanti erano molto più numerose (ivi, p. 263).
mercantile cittadino. Nel quarantennio intercorso tra l’ultima riforma del 1369 e il 1409 gli uomini diversi identificatisi come speziali tra gli Anziani furono ventinove (su un totale di persone che sedettero nel Consiglio non inferiore alle duemilacinquecento); tra questi è possibile identificare solo due nuclei familiari che appaiono più di una volta: i Giuntini, con due rappresentanti, e i Ciampolini, con quattro (Ildebrandino, i suoi due figli Giovanni e Leonardo e Gerardo, figlio di Lorenzo) - un dato da non sottovalutare.
Può essere utile soffermarsi sugli speziali ancora per qualche riga. All’interno del Breve dal 1288 al 1369 ne troviamo un numero inferiore rispetto all’intervallo 1369-1409, ma con ripetizioni molto più frequenti: Benectus, il più presente, appare non meno di dieci volte (1289, ’91, ’93, ’94, ’95, ’97, 1302, ’03, ’08, ’10), mentre dopo il 1369 nessuno speziale fu membro di più di un collegio. In una visione di insieme il conteggio non cambia di molto se anticipiamo la cesura dal 1369 agli anni della Peste: l’ultimo Anziano speziale prima del 1348 era stato Guido Orsici nel gennaio-febbraio 1343. Poi un vuoto fino al 1365, escluso un Bonagiunta del fu Cecco nel 1356. Sembra che questi “bottegai d’élite” - che da alcuni decenni non si occupavano più solo di spezie - avessero cominciato a trovare spazio nella politica dopo che la situazione pisana si era ristabilita, ma soprattutto nel pieno della rivoluzione dei consumi del secondo Trecento, che aveva portato sulla scena quegli uomini capaci di inserirsi nella filiera dei nuovi desideri e necessità dei superstiti della Peste129.
Se i membri dei Ciampolini continuavano a segnalare la loro professione “di bottega” anche in momenti di grande successo sul fronte commerciale, significa che per loro non si trattava di un elemento secondario. Il prestigio di cui Ildebrandino di Ciuccio Ciampolini doveva godere tra i mercanti - e quindi tra gli elettori presenti al consiglio in cui fu inserito nelle liste degli Anziani - doveva essere davvero degno di nota se si trascurarono completamente sia la sua professione ufficiale che la sua condizione molto probabile di nato forestiero. Non è da escludere una minore rigidità nel processo di inclusione nella classe dirigente, non solo per la necessità di uomini fedeli ma anche per gli strascichi demografici della Peste.
Nonostante le attività economiche di Ildebrandino non siano documentate, è più che lecito pensare che il prestigio di cui godeva presso la comunità mercantile pisana fosse paragonabile a quello di Lorenzo, e che avesse quindi un ruolo altrettanto rilevante nei traffici familiari, a prescindere da dove si trovasse mentre il parente era a Cagliari.
129 Poloni, Pisa negli ultimi decenni del Trecento: i mercanti-banchieri e i ritagliatori e S. Tognetti, Prezzi
e salari nella Firenze tardomedievale: un profilo, in «Archivio Storico Italiano», vol. 153, n. 2 (564) [pp. 263-
Il discorso è poco differente per Lorenzo di Chele (che non si identificò mai come speziale, ma come dimostrato dal figlio Gerardo si trattava di un’attività di famiglia): nonostante gli straordinari anni cagliaritani, ci sono anche più probabilità rispetto al cugino/zio Ildebrandino che fosse nato a San Gimignano. Questo non impedì a Lorenzo di sedere tra gli Anziani per nove volte tra il 1374 e il 1405, dimostrandosi poi fino alla fine un fedelissimo alleato dei Gambacorta e qualificandosi di conseguenza come uno degli uomini più influenti dell’ultima fase della storia pisana indipendente.