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I criteri di classificazione

1.5.1 La vita utile residua.

1.5.2. I criteri di classificazione

L’individuazione dei criteri per la classificazione delle risorse immateriali ha sempre suscitato dibattiti sia tra gli esperti contabili che operano in ambito aziendale, sia tra i teorici che hanno formulato differenti distinzioni nel corso dei decenni.

Un contributo importante all’analisi di questi criteri risale alla fine degli anni 80 ed è offerto da Brugger39 che, nelle sue opere introduce per la prima volta alcuni dei criteri che

vengono ad oggi utilizzati diffusamente. Brugger sostiene che un intangibile, per essere tale, deve possedere tre requisiti:

- deve essere trasferibile, per lo meno idealmente; - deve produrre flussi differenziali futuri;

38 “Intangible asset value is something defined as the present worth of future economic income expected to be

derived from the ownership or use o fan intangibile asset during the remaining economic life of the intangibile asset. […] The outcome of the remaining useful life estimation also influences the quantitive results of the three approaches to value in a direct, predictable manner.” Reilly F., Schweihs Robert P., Valuing Intangible Assets,

New York, McGraw-Hill, 1999, pag. 209 e succ.

39 Brugger G., La valutazione dei beni immateriali legati al marketing e alla tecnologia., Finanza Marketing e

- deve far parte integrante di un flusso di investimenti.

Il requisito della trasferibilità, che, come sostenuto nel paragrafo precedente, non può essere l’unico criterio per l’individuazione del bene intangibile, è invece molto utile per identificare un gruppo omogeneo di intangibles che ricomprende tutti gli asset di cui è possibile friuire separatamente e per decidere se si è in presenza di un elemento patrimoniale autonomo, come avviene nel caso dei beni materiali. L’oggettiva difficoltà da sempre riscontrata nel trasferimento di beni immateriali fa si che se ne parli anche in un senso puramente ideale, ma il recente sviluppo dei mercati integrati e di forme contrattuali nuove e atipiche, ha avvalorato la tesi secondo cui questo criterio è adeguato per il fine della classificazione tanto più che è adattabile anche a situazioni in cui il singolo bene intangibile non risulta autonomo ma può divenire oggetto di scambio se unito ad altri intangibili come nel caso delle Business Combinations 40.

Secondo Brugger l’intangibile deve essere anche oggetto di flussi di investimento. Dall’analisi della struttura degli investimenti dell’azienda deve emergere in modo chiaro ed inequivocabile un nesso di casualità tra l’insieme di costi e risorse investite e lo sviluppo del bene immateriale. Nell’ambito dei costi sostenuti per ricerca e sviluppo di un determinato bene, per esempio, questi devono essere direttamente ed inequivocabilmente riconducibili all’intangibile come può essere, in questo caso, un brevetto registrato.

Se per investimento si intende “un’operazione che comporta un sacrificio iniziale di risorse,

in cambio della formazione futura di nuove (e possibilmente accresciute) risorse”41, si

comprende anche l’inclusione del concetto di benefici futuri differenziali tra i requisiti individuati da Brugger. Con il termine differenziale ci si riferisce all’analisi con cui determinare l’entità dei benefici, anche se non sempre risulta agevole l’individuazione dei benefici e l’analisi può essere effettuata quindi solo sui costi sostenuti per il bene.

Secondo il pensiero di Brugger si possono individuare tre categorie di beni intangibili legate rispettivamente al marketing, alla tecnologia ed al fattore umano. Le risorse legate al marketing sono tutte quelle che l’azienda è in grado di produrre nello sviluppo dei rapporti con i soggetti con cui interagisce e può comprendere quindi il marchio, la reputazione dell’azienda e la sua immagine rispetto al proprio prodotto ed alla propria affidabilità. Le risorse legate alla tecnologia comprende tutto il know-how dell’azienda ed è una categoria costituita dalle conoscenze tecnologiche, effettive e potenziali, tutelabili legalmente o contrattualmente. Nel terzo gruppo invece rientrano tutte le conoscenze, le idee, le

40 IFRS 3, Business Combinations, Londra, 2001. 41 Brugger G., op. cit.

competenze delle persone che prestano la loro opera, anche intellettuale, all’interno dell’azienda ad ogni livello della sua struttura, e che quindi avranno un certo grado di fedeltà che di per sé costituisce risorsa intangibile sfruttabile.

Un’ulteriore classificazione autorevole è quella fornita da Lev, che, esattamente come la teoria fin qui analizzata, individua tre tipologie di risorse a seconda del modo in cui vengono generate: le innovazioni, le pratiche organizzative e le risorse umane. Nella prima categoria rientrano tutti quegli investimenti che permettono la creazione di nuovi intangibili ed è questo il caso degli investimenti in ricerca e sviluppo. Nella categoria delle pratiche organizzative invece Lev include tutte quelle azioni di marketing che permettono di creare una struttura organizzativa unica e originale dell’azienda fornendo spesso vantaggi in termini competitivi. Si pensi per esempio al marchio o più in generale alle proprietà intellettuali che sono generate dal connubio tra ingenti investimenti in risorse di innovazione e una struttura organizzativa forte e riconoscibile.42 La terza categoria ricomprende invece tutte quelle

operazioni che incentivano il proprio personale all’efficienza ed alla fedeltà come per esempio gli incentivi economici, gli investimenti in formazione e la condivisione delle informazioni interne.

Il bene intangibile, al pari degli altri beni, può essere classificato in base alla sua provenienza. Alcune risorse derivano infatti da tutte le informazioni interne che l’organizzazione aziendale possiede e sfrutta e vengono definite interne, mentre le altre sono generate all’esterno. Questa classificazione in base alla genesi della risorsa è accettata anche da Vicari che nelle sue trattazioni43 distingue poi le risorse invisibili in:

- risorse di competenza; - risorse di fiducia.

Le prime sono collegate al know-why ed al know-how e sono utili al processo di funzionamento dell’impresa, mentre le seconde consistono nelle aspettative in capo ad azionisti ed investitori rispetto alle capacità dell’impresa di produrre reddito e di generare flussi futuri.

Autorevole distinzione è infine quella fornita da Renoldi44 che utilizza come criterio

quello dell’oggetto dell’intangibile distinguendo tra i diritti, le proprietà intellettuali, le

42 “I marchi costituiscono un’importantissima forma di risorse intangibili soprattutto nei prodotti di largo

consumo - l’elettronica (Sony), i cibi e le bevande (Coca Cola) e ultimamente le società operanti su internet (American Online, Yahoo e Amazon) – e spesso sono il frutto di una combinazione tra innovazione e struttura organizzativa.” Lev B., Intangibles, Ed. Italiana di Summit, ETAS, p. 8.

43 Vicari S., Brand Equity. Il potenziale generativo della fiducia. Milano EGEA, 1995. 44 Renoldi A., La valutazione dei beni immateriali: metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992.

relazioni e le linee di prodotto. Nel primo gruppo rientrano ovviamente tutti quei diritti legali e contrattuali che favoriscono la crescita dell’azienda e costituiscono parte integrante del patrimonio aziendale, come per esempio la proprietà o il diritto all’uso del marchio o del logo ed i benefici che ne derivano. Nel caso della proprietà intellettuale invece si intendono tutti quei beni quali le conoscenze e le informazioni esclusive che, come i diritti sono ben identificabili, ma non vengono tutelati nè in via generale né sul piano del diritto soggettivo pur producendo un vantaggio competitivo e un reddito potenziale in espansione. Le relazioni dell’azienda possono essere esemplificate come il portafoglio clienti, la rete di vendita o comunque tutte quelle abitudini comportamentali che l’azienda assume con l’esterno. Renoldi individua infine una quarta categoria costituita dal differenziale considerato in termini di utilità che ogni linea di prodotto apporta al contesto reddituale dell’azienda nel suo complesso.

Il criterio della classificazione in ragione dell’oggetto dell’intangibile è condiviso anche dalla dottrina internazionale. La letteratura statunitense fornisce una classificazione largamente accettata secondo cui si possono distinguere gli intangibile assets usando gli stessi presupposti utilizzati per la classificazione dei beni tangibili; sia il bene materiale che quello immateriale possono essere distinti tra:

- real estate (nel caso dei beni tangibili) o real property (nel caso degli intangibili); - personal property (termine usato indistintamente sia che si tratti di beni materiali che

immateriali).

La prima categoria riguarda tutti quei beni che hanno una derivazione ambientale e che quindi sono legati a fattori esterni o interni che attengono alla sfera aziendale nel suo complesso, come le proprietà materiali, l’organizzazione aziendale, le proprietà legali o ancora le strategie dell’impresa. La seconda categoria invece attiene alla sfera personale o comunque non deriva da condizioni ambientali o del mercato in cui opera l’azienda, come per esempio le capacità dei singoli manager, le competenze personali di ogni individuo lungo la catena del valore e altre caratteristiche relative alla professionalità ed affidabilità.45 Secondo questa

suddivisione è importante chiarire in primis il confine tra bene tangibile ed intangibile. Il real estate per esempio include tutte le immobilizzazione materiali, mentre il bene real property rappresenta tutti i diritti legali e contrattuali propri dell’azienda associati a tali beni materiali.

45 “Accordingly, tangible assets can either be real (i.e., their value is derived from the land) or personal (I.e.,

their value is not derived from the land) in nature. Likewise, intangible assets can be either real (i.e., their value is derived from the land) or personal (I.e., their value is not derived from the land) in nature.” Reilly Robert F.,

Si tratta quindi dei diritti e dei benefici che derivano dal possesso o dalla titolarità degli asset tangibili, si pensi al diritto di controllo, di vendita, di affitto, concessione d’uso e infine di esclusione a terzi del bene. Le personal property, al contrario, includono una serie di asset che possiedono le caratteristiche della visibilità e della fisicità. Esiste tuttavia, anche nella letteratura statunitense, una quantità enorme di definizioni associate a questa categoria che, nella pratica contabile non permettono ancora un’individuazione ed una classificazione unitaria dell’immobilizzazione generando non poche problematiche sul piano delle metodologie quantitative.

Come già specificato, un criterio indiscutibilmente utile è quello relativo alla genesi del bene, che può essere interna all’azienda o esterna. Si tratta della distinzione tra i beni acquisiti e quelli internamente prodotti che ha avuto seguito in Italia e forma la base per le classificazioni elaborate dalla Scuola Bocconiana ed in particolare da Guatri 46. Le risorse

prodotte internamente sono il risultato di informazioni possedute all’interno dell’azienda e che si generano e possono essere sfruttate dall’organizzazione dell’impresa. Le altre invece si formano all’esterno dell’azienda ma se acquisite, possono migliorare i vantaggi competitivi. Le risorse prodotte internamente sono in genere non trasferibili poiché non si possono scindere dal complesso dell’azienda anche se in alcuni casi risultano misurabili e utili quindi alla puntualità della stima dell’azienda. Vi sono poi risorse interne misurabili e trasferibili come i risultati di ricerche innovative che permettono lo sviluppo di software di gestione che hanno un’utilità che va al di là dell’utilizzo interno e può produrre benefici anche in altre organizzazioni. Le risorse esterne, al contrario, possono essere acquistate proprio perché vi è un mercato di scambio che permette di individuare un costo di acquisto e di individuarne quindi un valore, siano esse autonome o gruppi di beni. La peculiarità del pensiero di Guatri, peraltro molto affine a quello di Brugger, riguarda però un ulteriore approfondimento rispetto rispetto al concetto di separabilità dal sistema azienda. Pur riconoscendo l’utilità di distinguere gli intangibili a seconda della loro effettiva trasferibilità solleva nuovamente l’irrisolto problema della sovrapposizione ed il rischio di duplicazione che derivano da un’eccessiva suddivisione in classi e microclassi di asset intangibili. L’autore bocconiano formula una teoria propria nel tentativo di eliminare questi elementi di rischiosità introducendo il concetto del criterio della dominanza nel caso in cui i beni possano rientrare in più classi contemporaneamente. La classificazione proposta, che si riferisce in generale sia agli intangibili prodotti internamente, sia a quelli acquisibili, suddivide i beni in due classi:

- intangibles legati al marketing;

- intangibles legati alla tecnologia.

Secondo Guatri infatti è possibile ricondurre ogni singolo bene ad una delle due macroclassi, se si riesce nell’intento di delineare per ognuna di esse un ambito circoscritto e puntuale ed un contenuto adeguato.

“Gli intangibili legati al marketing possono essere: - nome e logo della società;

- denominazione dei marchi;

- insegne;

- marche secondarie;

- idee pubblicitarie; - strategie di marketing; - garanzie sui prodotti; - grafica;

- pubbliche relazioni; - design delle etichette; - design dell’imballaggio; - registrazione del marchio.

I componenti degli intangibili legati alla tecnologia invece sono: - tecnologia;

- know-how produttivo;

- proggetti di ricerca e sviluppo; - brevetti;

- segreti industriali; - design/styling;

- software;

- database.” 47

Con un criterio residuale, Guatri suggerisce poi una classe che egli stesso definisce “altri intangibili”, cui si riferisce per tutti quegli asset che derivano dalla conoscenza e dalle capacità che non sono direttamente afferibili agli ambiti della tecnologia e del marketing ma che sono comunque degni di nota e che possono generare benefici futuri come per esempio, le testate giornalistiche o determinate autorizzazioni governative che hanno quasi sempre una valenza in termini di immagine o di vantaggio competitivo. Nella scelta di attribuire un determinato bene ad una classe piuttosto che ad un’altra, diventa di primaria importanza il

suddetto criterio della dominanza, soprattutto per quei beni che potrebbero essere inseriti sia in un elenco che nell’altro, come è il caso di particolari database o software o il caso del marchio che oltre ad avere una valenza sul piano dell’immagine dell’azienda può derivare da investimenti nell’ambito dello Styling o del design. In questo caso un marchio può essere legato sia alla fiducia verso l’impresa e quindi legato al mercato, sia alla tecnologia e quindi a tutto il ramo dell’informazione e della conoscenza. Il criterio della dominanza permetterà di distinguere i beni a seconda della prevalenza di un legame piuttosto che un altro, soprattutto alla luce del fatto che uno stesso bene può essere utilizzato e collocato su più livelli della catena del valore e può produrre non poche confusioni sulla sua appartenenza ad una sola classe. La classificazione puntuale degli intangibili ha, secondo Guatri, uno scopo bene preciso nell’ambito delle stime dei valori aziendali. Sul tema della valutazione e della stima per esempio sarà importante utilizzare il criterio della dominanza per delineare correttamente il tipo di intangibile specifico e non incorrere nel rischio di duplicare la valutazione dell’asset se all’interno della stessa impresa un determinato investimento ha concorso alla produzione di un intangibile per il quale vi possono essere dubbi sull’appartenenza. Decidere a priori come inquadrare tale investimento e come valutarlo può facilitare l’esperto nella stima del singolo asset e quindi dell’azienda nel suo complesso, evitando ripetizioni di concetti e valori.

In sintesi possiamo riassumere i criteri usati in dottrina per la classificazione degli intangibili, come nella seguente tabella in cui si evidenzia la classificazione in base al criterio adottato, fermo restando che nella prassi spesso si usano contemporaneamente più criteri per la classificazione risultando così difficile una visione unitaria e condivisa dell’inquadramento delle varie risorse in ambito aziendale e quindi in ambito contabile e gestionale.

Tabella 1.

CRITERIO CLASSIFICAZIONE

Fonte Risorse legate alla tecnologia.

Risorse legate al marketing.

Genesi Risorse interne.

Risorse esterne.

Oggetto Risorse legate a fattori umani.

Risorse legate a diritti contrattuali o legali Trasferibilità

Risorse specifiche cedibili. Risorse specifiche non cedibili.

I pensieri fin qui espressi e largamente condivisi, non possono però spiegare il fenomeno dei beni intangibili nella sua interezza. L’evidenza delle evoluzioni del mercato e le conseguenti esigenze metodologiche, hanno inevitabilmente dimostrato che i requisiti sin qui trattati sono solo parte dei molteplici criteri di classificazione e che soprattutto non possono rappresentare ancora una definizione esaustiva e completa del concetto di bene immateriale.