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Il marchio nella disciplina contabile.

Il marchio registrato nella disciplina giuridica e contabile.

2.2. Il marchio nella disciplina contabile.

Il trattamento contabile del marchio nella prassi e nella disciplina sia internazionale che nazionale risulta da sempre una materia complessa. Il marchio rappresenta, nel contesto aziendale, un asset intangibile, privo cioè del carattere della materialità e, in quanto tale, gode di trattamenti contabili e di bilancio particolari che vengono regolati in base alla normativa vigente sugli intangibili che presenta non pochi punti di criticità. La disciplina del marchio non viene trattata in modo esplicito né a livello civilistico né nella prassi e il tema viene affrontato sempre congiuntamente a quello delle altre immobilizzazioni immateriali in generale. Vi sono tuttavia dei casi in cui il trattamento risulta più specifico e differisce nella sostanza rispetto a quello degli altri intangibili. Sino a pochi decenni fa, in Italia, la disciplina contabile si esauriva con le norme contenute nel codice civile e la loro interpretazione giurisprudenziale. Il codice stesso però è stato soggetto a numerose modificazioni e revisioni

che hanno portato ad un graduale adeguamento alla disciplina comunitaria e alla prassi internazionale.

Le linee guida per la iscrizione a bilancio del marchio, sono contenute nelle norme civilistiche, le quali forniscono indicazioni di massima riferendosi al bilancio nella sua totalità e indicando specificatamente solo le voci nelle quali l’elemento va inserito. L’interpretazione di tali norme è stata da sempre affidata a pareri ed osservazioni degli esperti in ambito contabile e più precisamente alle osservazioni contenute nei Principi Contabili emanati, in Italia, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal consiglio Nazionale dei Ragionieri che aggiornano costantemente norme e principi applicabili, ferma restando l’indiscutibile influenza dei pensieri espressi dalle associazioni di professionisti equivalenti degli altri Stati membri dell’Unione Europea. Le evidenze storiche e le profonde evoluzioni del contesto europeo e mondiale in ambito societario ed economico-finanziario, hanno posto le basi per una crescente collaborazione tra esperti e tra questi e legislatori nazionale ed sovranazionali. In ambito europeo, si è giunti alla decisione di adottare dei provvedimenti interni all’Unione al fine di rendere i bilanci e le altre informative aziendali comparabili, adottando al contempo i Principi Contabili Internazionali IAS, i quali sono stati accettati anche dallo IOSCO 96, ovvero l’organizzazione che raggruppa gli organi di vigilanza delle

Borse e dal Comitato di Basilea 97, che raggruppa invece gli organi di vigilanza delle Banche.

Lo IASB, ente emanatore dei principi contabili internazionali, e il FASB, l’ente equipollente degli Stati Uniti hanno adottato, negli ultimi due decenni una strategia che ha il fine di eliminare le differenze tra IAS e US GAAP in modo da rendere i bilanci confrontabili e riconciliabili come già richiesto dagli organi di vigilanza delle società quotate europei ed americani.

96 IOSCO, Internartional Organization of Security Commissions, composto da cento paesi membri che vigilano

sulla quasi totalità delle borse valori mondiali e che ha lo scopo di assistere gli Stati membri nell’adozione dei più elevati principi e regolamenti sorti dallo scambio di informazioni e osservazioni sui temi finanziari e di investimento.

97 Nacque in seguito al fallimento di una banca tedesca (Bankhaus Herstatt) che per il mancato regolamento di

transazioni valutarie si trovò a causare grosse difficoltà ai sistemi di pagamento e regolamento. Il suo scopo era quello di promuovere la cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. Il Comitato di Basilea si propone di rafforzare la sicurezza e l'affidabilità del sistema finanziario, stabilire degli standard minimi in materia di vigilanza prudenziale, diffondere e promuovere delle migliori pratiche bancarie e di vigilanza, promuovere la cooperazione internazionale in materia di vigilanza prudenziale, ma non poteri di regolamentazione autonomi.

2.2.1. La disciplina nazionale.

I cambiamenti e il processo di graduale armonizzazione descritto ha portato all’adozione dei principi internazionali IAS per la redazione dei bilanci a partire dall’esercizio contabile 2005 ed ha notevolmente modificato anche la normativa interna, ivi compreso il trattamento previsto dal codice civile.

Le norme relative alla redazione del bilancio d’esercizio trovano posto nel Codice Civile al Libro V, agli artt. 2423-2428. Il Codice contiene norme di carattere generale per la redazione del bilancio d’esercizio, norme destinate alla generalità delle immobilizzazioni e norme invece specificatamente predisposte per le immobilizzazioni immateriali. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, nonché il risultato economico dell’esercizio. 98 Lo schema di bilancio previsto dalle norme vigenti del Codice Civile è poi da

applicarsi alle società per azioni ed indirettamente, per gli effetti prodotti dagli artt. 2464 e 2491 c.c., anche alle società in accomandita per azioni ed alle società a responsabilità limitata. L’art. 2424 menziona chiaramente il termine “immobilizzazioni immateriali” a proposito del contenuto dello Stato Patrimoniale. Secondo tale articolo, nella voce in oggetto vanno ricompresse sette categorie di immobilizzazioni immateriali tra le quali figura anche il marchio alla voce B - I- 4 dell’Attivo (figura 1). Il codice tuttavia non fornisce una definizione di immobilizzazioni, limitandosi a chiarisce che “gli elementi patrimoniali

destinati a essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni” (art.

2424-bis c.c.), stabilendo quindi che affinché una risorsa intangibile venga ricompresa nelle immobilizzazioni immateriali deve possedere un requisito fondamentale: la destinazione ad un utilizzo durevole. La ragione per la quale le immobilizzazioni non trovano una loro collocazione nel Conto Economico, ma solo nello Stato Patrimoniale, risiede nella loro natura di risorse con competenze pluriennali, non potendo essere considerate costi d’esercizio. Il vuoto normativo relativo alla definizione non è colmato nemmeno dai principi contabili nazionali che afferma l’esistenza di immobilizzazioni materiali quando:

- non vi è tangibilità;

- i costi sostenuti per ottenerle, non si esauriscono nel corso di un solo esercizio.

98 L’art. 2423 specifica poi che se le informazioni che vengono richieste da disposizioni specifiche non sono

sufficienti a fornire una rappresentazione veritiera e corretta, queste devono essere integrate al fine di raggiungere lo scopo e che se, per contro, l’applicazione di norme specifiche risultino incompatibili con detto scopo, queste devono essere ignorate.

Il principio OIC n. 24 tenta di ridurre le carenze della nozione di immobilizzazione immateriale affermando che “... nella più ampia accezione di immobilizzazioni immateriali

rientrano anche alcune tipologie di costi che, pur non essendo collegati all’acquisizione o alla produzione interna di un bene o di un diritto, non esauriscono la loro utilità nell’esercizio in cui sono sostenuti.” Il principio si riferisce a quelle spese che vengono anche

definite oneri pluriennali e che quindi non rientrano tra le immobilizzazioni immateriali in senso stretto, come avviene invece nel caso del marchio e delle concessioni in licenza.

(Figura 1)

STATO PATRIMONIALE