La valutazione economica del marchio.
BASI INFORMATIVE PER LA VALUTAZIONE RELATIVA
3.5 I metodi di valutazione del marchio nella dottrina aziendalistica.
L’evoluzione dell’importanza degli intangibili nel contesto di gestione dell’impresa, di informativa di bilancio e di strategie di marketing aziendale ha avuto conseguenze dirette anche sul concetto di misurazione del marchio non tanto modificando i metodi di valutazione quanto piuttosto incidendo sui focus delle analisi e sulle finalità delle stime.
In sede di bilancio il ruolo degli intangibili ha assunto rilevanza a partire dagli anni Ottanta, fino a quel momento, infatti, il valore dei beni immateriali e delle risorse veniva desunto su base differenziale rispetto alla stima complessiva del valore dell’azienda sia dagli analisti che dalla compagine dirigenziale dell’impresa. Nel corso degli anni ’80 e ’90, però, la crescente tendenza all’acquisizione di società di grandi dimensioni al fine del controllo sui marchi, ha sollevato problematiche in sede di valutazione data la prevalenza del valore del goodwill nelle componenti del valore complessivo, rispetto ai valori relativi ai beni tangibili. “[..] le
operazioni più interessanti si concentrano proprio sulle imprese a elevata intensità di risorse immateriali la cui presenza conduce frequentemente al formarsi di prezzi di scambio notevolmente superiori rispetto ai valori fondati sulle stime patrimoniali.” 160 Le acquisizioni
di marchi celebri e forti aveva lo scopo di aumentare le quote di mercato dell’acquirente in modo da accrescere la redditività, incrementare il differenziale di settore o di area geografica e permettere uno sviluppo dell’impresa nei mercati maturi con un livello medio basso di innovazione tecnologica. Al contempo il venditore ha la necessità di massimizzare il rendimento derivante dalla cessione del brand includendo nel prezzo il valore potenziale che il marchio può generare nel futuro. L’esperienza di quegli anni ha evidenziato come i dati contabili non fossero rappresentativi del reale e pieno valore delle aziende proprietarie di brand celebri inducendo ad errori valutativi che si riflettevano sui prezzi di mercato delle azioni. Il contemporaneo avvento di internet e la conseguente diffusione delle informazioni ha poi incentivato la nascita di imprese operanti nel settore dell’informazione (internet based companies) portando alla luce l’esigenza di una valutazione puntuale di queste imprese che avevano la caratteristica di essere molto capitalizzate a fronte di pochissimi investimenti su beni materiali. Nasce in questo modo la consapevolezza che si debba stabilire il valore degli intangibili basando sulle qualità intrinseche del prodotto offerto, sulla percezione della clientela rispetto al prodotto, la notorietà del marchio e la conoscenza delle relazioni con il consumatore; “è infatti proprio il brand l’unico possibile mezzo di comunicazione” 161
Nelle valutazioni del marchio bisogna tener conto del fatto che esso costituisce parte integrante del valore dell’impresa e in esso vengono sintetizzate le capacità di generare flussi futuri mediante l’attrazione della clientela ed il mantenimento delle quote di mercato. Il metodo utilizzato per la stima del valore del marchio non può che consistere nella stima dei flussi di cassa attesi futuri e nella sua attualizzazione.
La stima del marchio e le modalità applicative dei modelli assunti, dipendono dalla finalità della stessa e dalla natura del soggetto richiedente. La classificazione delle finalità può essere sintetizzata attingendo alla più generale suddivisione fornita in letteratura con riferimento alla totalità dei beni intangibili e quindi si avranno stime in occasione di:
← - operazioni straordinarie;
← - valutazioni ex lege come nel caso dell’impairment test;
- operazioni di management, analisi per decisioni strategiche e valutazioni interne.
Per ciò che attiene alle operazioni straordinarie va considerato che alcune di esse possono riferirsi al marchio come oggetto unico e indipendente dell’operazione mentre altre fanno riferimento al marchio all’interno del complesso aziendale oggetto di operazione straordinaria.
Nel primo caso avremo operazioni di cessione, conferimento e affitto. Con la cessione, i focus della stima devono essere da un lato l’analisi dei costi e delle conseguenze dell’integrazione del marchio nel complesso aziendale, come è il caso dell’acquirente, e dall’altro l’effetto fiscale immediato che colpisce il venditore. Nei casi di aumento del capitale sociale o di apporto di beni nel momento della società di nuova costituzione, si avranno operazioni di conferimento. In questo caso il nostro ordinamento civile impone la redazione di una perizia asseverata 162 del bene conferito e nel caso di specie di conferimento del marchio
conseguiranno tre fasi del conferimento quali la stipula dei contratti, la perizia e infine la sua asseverazione con al delibera dell’atto di conferimento. In caso di affitto del marchio invece operazione consisterà nel permesso di utilizzo dello stesso da parte di un soggetto terzo non
161 Predovic D., La valutazione del marchio:dalla consumer-based brand equità alla valutazione finanziaria.,
Milano, EGEA, 2004, pag. 145.
162 “Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal
tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di valutazione seguiti. La relazione deve essere allegata all'atto costitutivo.” Art. 2343, comma 1, c.c.
titolare. In questo caso il valore da stimare sarà quello dei canoni corrisposti da questo soggetto sotto forma di royalties.
Le operazioni che hanno per oggetto l’intera impresa sono invece la fusione, scissione e la liquidazione dell’impresa. Nel primo caso la finalità della stima sarà individuare il modo in cui i soci partecipano alla formazione del patrimonio della società finale incidendo quindi sul suo valore complessivo. Le operazioni finalizzate alla ristrutturazione finanziaria, alla separazione di aree di business o a strategie di disinvestimento comportano una scissione dell’impresa in cui manca il rispetto del principio di continuità e, per tali ragioni sarà necessaria una valutazione distinta del marchio asseverata ai sensi dell’art. 2343 c.c. La liquidazione dell’azienda riguarda invece le operazioni messe in atto nella fase conclusiva della vita dell’impresa che può avvenire per volontà dei soci o per volontà delle autorità; a seconda della motivazione il valutatore dovrà adottare la procedura adeguata per la stima del marchio in modo che questa risulti oggettiva e rappresentativa della sua effettiva capacità di generare flussi al di là della liquidazione del complesso aziendale.
Le valutazioni imposte per legge scaturiscono dall’esigenza a parte di interlocutori esterni di avere accesso ad informazioni relative ai valori non contabilizzati del marchio e degli altri intangibili e sono regolamentate dai principi internazionali. Nel rapporto con l’esterno poi, risulta particolarmente importante, ai fini del presente elaborato, citare quelle stime che attengono alla sfera delle controversie legali e del risarcimento del danno a seguito di contraffazione ed appropriazione indebita del brand, le quali hanno assunto rilevanza negli ultimi decenni in conseguenza al crescente sviluppo di brand celebri soprattutto nei settori della moda e della cosmesi, si pensi ai brand Luis Vuitton o Gucci.
Per ognuna di queste finalità quindi sarà necessario affrontare il processo valutativo decidendo il metodo più consono e vantaggioso per il fine che si prefigge e che permette una valutazione quanto più oggettiva ed affidabile. Il mio intento è quello di fornire un quadro generale dei metodi utilizzati nella stima del marchio, si quelli che fanno riferimento al costo, sia quelli che invece si basano sull’analisi dei differenziali di valore come schematizzati nella tabella 5 di seguito riportata.
Tabella 4