• Non ci sono risultati.

Criterio della decisione di natura commerciale

2. PRINCIPALI CONCETTI DELLA DIRETTIVA

2.4. Criterio della decisione di natura commerciale

«decisione di natura commerciale»: una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto.

( 128 ) Sentenza del 20 luglio 2017, Gelvora, C-357/16.

( 129 ) Krajsky sud/Presove, 27 ottobre 2011, 2Co/116/2011.

( 130 ) PS9042 — Esattoria-Agenzia Riscossioni. Provvedimento n. 24763, 22 gennaio 2014.

( 131 ) DKK – 61 – 10/07/DG/IS.

Le disposizioni generali della direttiva (articoli da 5 a 9) riguardano le pratiche commerciali sleali, ingannevoli e aggressive che possono falsare il comportamento economico del consumatore e lo inducono o sono idonee a indurlo in tal modo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

La formulazione dell'articolo 2, lettera k), lascia supporre che la definizione debba essere interpretata in termini ampi e che il concetto di decisione di natura commerciale comprenda una grande varietà di decisioni prese dal consumatore in relazione a un prodotto.

La Corte ha statuito che la nozione di «decisione di natura commerciale» comprende non soltanto la decisione di acquistare o meno un prodotto, ma anche le decisioni che presentano un nesso diretto con quest'ultima, in particolare la decisione di entrare nel negozio:

«poiché nel procedimento principale la pratica commerciale riguarda informazioni relative alla disponibilità di un prodotto a un prezzo vantaggioso per un determinato periodo, occorre stabilire se atti preparatori all'eventuale acquisto di un prodotto, come lo spostamento del consumatore fino al negozio o il fatto di entrarvi, possano essere considerati costitutivi di decisioni di natura commerciale, ai sensi della richiamata direttiva.

(…) per decisione di natura commerciale s'intende ‘una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni’. Tale nozione comprende quindi non soltanto la decisione di acquistare o meno un prodotto, ma anche quella che presenta un nesso diretto con quest'ultima, ossia la decisione di entrare nel negozio.

(…) L'articolo 2, lettera k), di tale direttiva dev'essere interpretato nel senso che nella nozione di ‘decisione di natura commerciale’

rientra qualsiasi decisione che sia direttamente connessa con quella di acquistare o meno un prodotto» ( 132 ).

In tal senso la nozione di «decisione di natura commerciale» comprende le decisioni precedenti e conseguenti all'acquisto.

Esiste un ampio ventaglio di decisioni di natura commerciale che il consumatore può prendere in relazione a un prodotto o servizio, diverse dalla decisione riguardo a se effettuare o meno l'acquisto.

Tali decisioni di natura commerciale possono sfociare in azioni che non hanno conseguenze giuridiche sotto il profilo del diritto contrattuale nazionale e possono essere assunte in qualsiasi momento tra quello in cui il consumatore è inizial­

mente esposto al marketing e la fine della vita di un prodotto o l'uso finale di un servizio.

Molte decisioni precedenti l'acquisto possono essere considerate decisioni di natura commerciale.

Per esempio:

— La decisione di recarsi in un punto vendita o negozio in conseguenza di un'offerta commerciale.

— La decisione di assistere alla presentazione di un prodotto da parte di un professionista.

— La decisione di navigare in un sito internet in conseguenza di un'offerta commerciale.

Molte decisioni successive all'acquisto, cioè assunte dopo aver acquistato un prodotto o concluso un contratto di servizio, si possono qualificare come decisioni di natura commerciale.

Per esempio:

— La decisione di recedere da un contratto di servizio o di risolverlo.

— La decisione di rivolgersi a un altro fornitore di servizi.

Inoltre una pratica commerciale sleale diretta a un consumatore potrebbe indurre un altro consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Per esempio:

Le pratiche commerciali di un professionista che offre recensioni online degli utenti occultando le recensioni negative potrebbero costituire un'azione o un'omissione ingannevole, anche se la decisione di natura commerciale interessata riguarda la decisione di un consumatore diverso da quello costretto a eliminare o a non pubblicare una recensione negativa. In questa situazione l'impressione generale falsa o ingannevole creata dal professionista riguardo alla natura del sito di recensioni, o alle sue modalità di funzionamento, potrebbe indurre il consumatore medio che legge le recensioni online a decidere di contattare un professionista menzionato (e a stipulare poi un contratto con quest'ultimo), decisione che non avrebbe preso se avesse saputo che le recensioni negative non erano state pubblicate.

( 132 ) Sentenza del 19 dicembre 2013, Trento Sviluppo srl, Centrale Adriatica Soc. coop. arl/Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, C- 281/12, punti 35, 36 e 38.

Le disposizioni generali della direttiva (articoli da 5 a 9) riguardano le pratiche commerciali sleali, ingannevoli e aggressive che possono falsare il comportamento economico dei consumatori. Tali disposizioni esprimono queste condizioni utilizzando una formulazione leggermente diversa.

Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva una pratica commerciale è sleale se è contraria alle norme di diligenza professionale e «falsa o è idonea a falsare in misura rilevante» il comportamento economico del consumatore medio.

Invece gli articoli 6, 7 e 8 vietano una pratica commerciale ingannevole o aggressiva qualora induca o sia idonea a indurre il consumatore medio ad «assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

La condizione che, per essere sleale, una pratica commerciale deve essere in grado di falsare il comportamento economico del consumatore è formulata in modo diverso all'articolo 5, paragrafo 2, rispetto agli articoli 6, 7 e 8. A prima vista questa apparente contraddizione può sollevare problemi di interpretazione. Tuttavia l'articolo 5, paragrafo 2, deve essere letto in combinato disposto con l'articolo 2, lettera e), che recita:

Articolo 2, lettera e)

«falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori»: l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Di conseguenza, sulla base dell'articolo 5, paragrafo 2, l'elemento che determina se una pratica commerciale falsi o sia idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore è se tale pratica induca o sia idonea a indurre il consumatore ad «assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

Si tratta della stessa valutazione che occorre effettuare ai fini degli articoli 6, 7 e 8. Ne consegue che, sebbene la formulazione dell'articolo 5, paragrafo 2, sia diversa da quella degli altri articoli citati, la condizione relativa all'alterazione rilevante del comportamento del consumatore è identica.

La definizione in termini ampi della nozione di decisione di natura commerciale elaborata dalla Corte ( 133 ) consente di applicare la direttiva a una varietà di situazioni in cui la condotta sleale di un professionista non si limita a indurre il consumatore a concludere un contratto di vendita o di servizi.

Una pratica commerciale può essere considerata sleale non solo se è idonea a indurre il consumatore medio ad acquistare o non acquistare un prodotto ma anche se è idonea a indurlo, ad esempio, a:

— entrare in un negozio;

— dedicare più tempo a una procedura di prenotazione su internet;

— decidere di non cambiare prodotto o fornitore di servizi;

— cliccare su un link o annuncio pubblicitario online;

— continuare a utilizzare il servizio navigando in internet o scorrendo le pagine web.

La direttiva non impone l'obbligo di dimostrare che il comportamento economico del consumatore (ossia la decisione di natura commerciale) sia stato effettivamente falsato. Essa permette di valutare se una pratica commerciale sia «idonea»

a (cioè possa) esercitare tale influenza sul consumatore medio. Le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione delle normative dovrebbero pertanto accertare i fatti e le circostanze del singolo caso (cioè in concreto) ma valutare anche l'«idoneità» della pratica a influenzare la decisione di natura commerciale del consumatore medio (cioè in abstracto).

Per esempio:

Un annuncio commerciale affermava che un nuovo modello di automobile era «l'automobile più sicura del mondo». Nel decidere se l'affermazione avesse influenzato i consumatori ai fini dell'assunzione di una decisione fondata di natura commerciale, un organo giurisdizionale nazionale ha stabilito che, perché si qualifichi come decisione di natura commerciale, è sufficiente che il marketing sia idoneo a suscitare interesse nel consumatore medio e a indurlo a prendere la decisione di compiere ulteriori azioni (ad es. visitare un negozio o sito internet per chiedere maggiori informazioni sul prodotto) ( 134 ).

( 133 ) Cfr., tra l'altro, la succitata sentenza Trento Sviluppo srl, Centrale Adriatica, C-281/12.

( 134 ) MD 2010:8, Marknadsdomstolen, Toyota Sweden AB v Volvo Personbilar Sverige Aktiebolag, 12 marzo 2010.

2.5. Consumatore medio