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Prodotti che curano malattie, disfunzioni e malformazioni — Punto 17

3. LA LISTA NERA DELLE PRATICHE COMMERCIALI (ALLEGATO I)

3.3. Prodotti che curano malattie, disfunzioni e malformazioni — Punto 17

«Affermare falsamente che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni.»

Questo divieto riguarda le situazioni in cui un professionista dichiara che il suo prodotto o servizio può alleviare o curare alcuni disturbi fisici o psicologici.

( 239 ) Sentenza del 15 dicembre 2016, Loterie Nationale, C-667/15.

( 240 ) Ibid., punto 30.

( 241 ) PS6425 Xango-Prodotti Con Succo Di Mangostano. Provvedimento n. 21917, 15 dicembre 2010.

( 242 ) PS4893 Agel Enterprises-Integratori. Provvedimento n. 23789, 2 agosto 2012.

( 243 ) PS7621 – Vemma Italia – Prodotti con succo di mangostano, Provvedimento n. 24784, 5 febbraio 2014.

( 244 ) Decisione n. RKR 34/2014.

Per esempio:

Un'autorità per la tutela dei consumatori ha stabilito che l'affermazione secondo cui una poltrona per massaggi aveva effetti curativi sulla salute umana (compresa la cura di patologie spinali e circolatorie) rientrava nell'ambito di applicazione del divieto di cui all'allegato I, punto 17) ( 245 ).

Durante la pandemia di COVID-19 sono stati frequenti gli episodi di disinformazione in merito alle indicazioni sulla salute. Professionisti disonesti pubblicizzavano e vendevano prodotti quali mascherine protettive, cuffie e disinfettanti per le mani, che avrebbero asseritamente prevenuto o curato un'infezione. Tuttavia tali dichiarazioni erano spesso formulate senza riferimenti a solide prove scientifiche o senza essere pienamente in linea con i consigli degli esperti ufficiali, e per questo possono violare gli articoli 5 e 6 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, che vietano azioni ingannevoli sulle caratteristiche principali del prodotto; in casi specifici tali indicazioni possono essere vietate dal divieto di cui all'allegato I, punto 17. Per contribuire a contrastare queste pratiche, la Commissione ha riunito le autorità nazionali che operano nell'ambito della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori e ha adottato una posizione comune ( 246 ) su come affrontare le truffe legate alla COVID-19.

Per esempio:

— Un'autorità nazionale ha bloccato il sito internet di un professionista che pubblicizzava un farmaco contenente i principi attivi di un antivirale per il trattamento dell'HIV come «l'unico farmaco contro il Coronavirus (COVID-19)» e «l'unico rimedio per combattere il Coronavirus (COVID-19)» nonostante le autorità sanitarie avessero dichiarato ufficialmente che non esiste una cura efficace per combattere il virus ( 247 ).

— In tre casi di professionisti che commercializzavano prodotti dando l'impressione che questi potessero proteggere dal Corona­

virus, le autorità e un organo giurisdizionale nazionali hanno ritenuto che tali pratiche fossero aggressive. In particolare, è stato riscontrato che i professionisti hanno approfittato della paura dei consumatori di essere infettati dal Coronavirus, obnubilando così la loro capacità di giudizio, e che le pratiche di marketing specifiche hanno sfruttato una situazione di grave preoccupazione sociale ( 248 ).

Tali indicazioni sono anche in parte disciplinate da normative specifiche dell'UE. La direttiva lascia inoltre impregiudicate le disposizioni dell'UE relative alle proprietà benefiche dei prodotti per la salute. Il punto 17 si applica quindi soltanto in aggiunta alle disposizioni vigenti nell'UE in materia di indicazioni sulla salute. Tuttavia ogni pratica ingannevole riguardante i prodotti per la salute e il benessere può comunque essere valutata alla luce dell'articolo 6 della direttiva (ad es. quando la presentazione complessiva è ingannevole).

Il divieto riguarda innanzitutto le affermazioni relative a condizioni fisiche classificate dalla scienza medica come patologie, disfunzioni o malformazioni. Tuttavia, poiché tali dichiarazioni sono disciplinate anche da atti normativi settoriali dell'UE, l'utilità pratica del punto 17 in relazione a tali pratiche è marginale.

Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, del regolamento relativo alle informazioni sugli alimenti ( 249 ), le informazioni sugli alimenti fornite da un professionista ai consumatori «non attribuiscono a tali prodotti la proprietà di prevenire, trattare o guarire una malattia umana, né fanno riferimento a tali proprietà». Questa disposizione generale si applica agli operatori del settore alimentare in tutte le fasi della catena alimentare quando le loro attività riguardano la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Per «informazioni sugli alimenti» si intendono le informazioni concernenti un alimento messe a disposizione mediante un'etichetta, altri materiali di accompagnamento o qualunque altro mezzo, compresi gli strumenti della tecnologia o la comunicazione verbale.

Inoltre il regolamento dell'UE relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute ( 250 ) stabilisce norme dettagliate sull'uti­

lizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute riguardanti gli alimenti nell'etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità.

Secondo il regolamento, le indicazioni nutrizionali («qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche») sono ammesse solo se sono elencate nell'allegato e sono conformi alle condizioni stabilite nello stesso regolamento. Le indicazioni sulla salute («qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l'esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e ( 245 ) Decisione del 13 marzo 2012 del presidente dell'Ufficio per la concorrenza e la tutela dei consumatori, rif. RPZ 2/2012 ZdroWita.

( 246 ) Posizione comune delle autorità della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori, Stopping scams and tackling unfair business practices on online platforms in the context of the Coronavirus outbreak in the EU, 20 marzo 2020: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/

live_work_travel_in_the_eu/consumers/documents/cpc_common_position_covid19.pdf..

( 247 ) PS11723, Coronavirus, 17 marzo 2020.

( 248 ) Casi MR-2020-563: Il Consiglio per il commercio, 23 settembre 2020, Visjon TV & Webshop AS; MR-2020-687: Il Consiglio per il commercio, 22 ottobre 2020, Vitability AS; FOV-2020-663: L'autorità norvegese competente per la tutela dei consumatori, 6 aprile 2020, Emptiodirect AS.

( 249 ) Regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.

( 250 ) Regolamento (CE) n. 1924/2006.

la salute») sono vietate a meno che non siano autorizzate conformemente al regolamento sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute e incluse negli elenchi delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14. Il regolamento inoltre vieta espressamente le indicazioni sulla salute seguenti ( 251 ):

— indicazioni che suggeriscono che la salute potrebbe risultare compromessa dal mancato consumo dell'alimento;

— indicazioni che fanno riferimento alla percentuale o all'entità della perdita di peso;

— indicazioni che fanno riferimento al parere di un singolo medico o altro operatore sanitario e altre associazioni non contemplate dall'articolo 11 del regolamento sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute.

Le indicazioni sulla salute sono anche oggetto di disposizioni dell'UE in materia di salute e prodotti farmaceutici.

L'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE sui medicinali precisa che nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione all'immissione in commercio. Gli articoli da 86 a 100 di questa direttiva contengono anche disposizioni specifiche sulla pubblicità dei medicinali presso il pubblico. È vietata la pubblicità di medicinali forniti soltanto dietro prescrizione medica e di prodotti contenenti psicotropi o stupefacenti. Gli Stati membri possono anche vietare la pubblicità dei medicinali rimborsabili. La pubblicità dei prodotti da banco è consentita ma a precise condizioni. Per esempio:

— deve essere concepita in modo che la natura pubblicitaria del messaggio sia evidente e il prodotto sia chiaramente identificato come medicinale;

— deve favorire l'uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà;

— non può essere ingannevole;

— non può rivolgersi esclusivamente o prevalentemente ai bambini;

— non può utilizzare in modo abusivo, spaventoso o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell'azione di un medicinale sul corpo umano;

— non può riferirsi alla raccomandazione di scienziati o operatori sanitari che, a motivo della loro notorietà, potrebbero incitare al consumo del prodotto.

L'articolo 7 del regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi medici ( 252 ) e l'arti­

colo 7 del regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro ( 253 ) hanno introdotto, a livello dell'UE, il divieto di ricorrere nell'etichettatura, nelle istruzioni per l'uso o nella pubblicità a indicazioni che inducano in errore l'utente o il paziente per quanto riguarda la destinazione d'uso, la sicurezza o le prestazioni del dispositivo, in particolare:

— attribuendo al dispositivo funzioni e proprietà di cui è privo;

— creando impressioni errate riguardo al trattamento o alla diagnosi, a funzioni o a proprietà di cui il dispositivo è privo;

— omettendo di informare l'utilizzatore o il paziente circa un rischio potenziale associato all'uso del dispositivo secondo la sua destinazione d'uso;

— proponendo usi del dispositivo diversi da quelli dichiarati parte della destinazione d'uso per cui è stata svolta la valutazione della conformità.

Esistono inoltre limiti specifici (cioè divieti) per quanto riguarda la promozione di prodotti farmaceutici e trattamenti medici tra professionisti e medici. La scelta di un prodotto/trattamento dipende dal medico o specialista che lo prescrive.

Qualsiasi pubblicità ingannevole in questo ambito (che riguardi o no un professionista autorizzato) rende applicabili le pertinenti disposizioni dell'UE o nazionali ed è soggetta ai rispettivi regimi di applicazione e sanzione che avranno la precedenza sulla direttiva.

Il punto 17) si applica anche a beni o servizi quali trattamenti estetici, prodotti per il benessere e simili nel caso in cui siano commercializzati con false indicazioni secondo cui avrebbero la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni.

( 251 ) Articolo 12 del regolamento (CE) n. 1924/2006.

( 252 ) Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017, relativo ai dispositivi medici, che modifica la direttiva 2001/83/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002 e il regolamento (CE) n. 1223/2009 e che abroga le direttive 90/385/CEE e 93/42/CEE del Consiglio (GU L 117 del 5.5.2017, pag. 1).

( 253 ) Regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017, relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro e che abroga la direttiva 98/79/CE e la decisione 2010/227/UE della Commissione (GU L 117 del 5.5.2017, pag. 176).

Per quanto riguarda i prodotti cosmetici, l'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui cosmetici ( 254 ) impone agli Stati membri di vietare l'impiego di diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri segni (figurativi o meno) che attribuiscano ai prodotti stessi caratteristiche che non possiedono, in sede di etichettatura, di messa a disposizione sul mercato e di pubblicità dei prodotti cosmetici.

Se il professionista non fornisce prove adeguate e pertinenti degli effetti fisici che un consumatore può attendersi dall'impiego del prodotto, qualora ciò non sia disciplinato da un atto normativo settoriale dell'UE si applica il divieto della pratica commerciale n. 17, in ragione del fatto che l'affermazione è falsa.

Per non incorrere nel divieto, i professionisti devono essere in grado di dimostrare le allegazioni fattuali di questo tipo con prove scientifiche. Il fatto che l'onere della prova spetti al professionista rispecchia il principio, più ampia­

mente formulato nell'articolo 12 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, secondo cui «Gli Stati membri attribuiscono agli organi giurisdizionali o amministrativi il potere, in un procedimento civile o amministrativo (...): a) di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni fattuali connesse alla pratica commerciale se, tenuto conto degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico».

Per esempio:

Un professionista online pubblicizzava alcuni prodotti sul proprio sito internet, tra cui capi di abbigliamento e cosmetici, affermando che avevano effetti positivi sulla salute (per es. attenuavano i dolori, miglioravano il sonno e riducevano le rughe).

Il professionista non era però in grado di fornire prove adeguate a sostegno di tali affermazioni. Un'autorità nazionale lo ha considerato un esempio di pratica commerciale ingannevole, vietata ai sensi dell'allegato I della direttiva sulle pratiche commerciali sleali ( 255 ).

3.4. Uso dell'indicazione «gratuito» — Punto 20