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Informazioni rilevanti negli inviti all'acquisto — Articolo 7, paragrafo 4

2. PRINCIPALI CONCETTI DELLA DIRETTIVA

2.9. Articolo 7 — Omissioni ingannevoli

2.9.5. Informazioni rilevanti negli inviti all'acquisto — Articolo 7, paragrafo 4

Articolo 2, lettera i)

«invito all'acquisto»: una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto

Nel caso degli «inviti all'acquisto», l'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva considera «rilevanti» alcune informazioni. Ciò significa che i professionisti sono tenuti a fornire ai consumatori tali informazioni qualora non risultino in altro modo evidenti dal contesto.

Le «caratteristiche del prodotto» sono sistematicamente presenti quando è presente un riferimento verbale o visivo al prodotto. Una diversa interpretazione potrebbe incoraggiare i professionisti a fornire descrizioni vaghe del prodotto oppure a omettere informazioni nelle loro offerte commerciali al fine di sottrarsi agli obblighi stabiliti all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva.

L'ultima parte della definizione di cui all'articolo 2, lettera i), («e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto») non richiede che la comunicazione commerciale offra al consumatore un meccanismo di acquisto effettivo (per es. un numero telefonico o un buono). Significa che l'informazione fornita nell'attività di marketing del prodotto deve essere sufficiente per consentire al consumatore di prendere una decisione riguardo a se acquistare un particolare prodotto a un determinato prezzo.

Nella causa Ving Sverige, la Corte ha statuito:

«Ne consegue che, affinché una comunicazione commerciale possa essere qualificata come invito all'acquisto, non è necessario che essa offra un mezzo concreto di acquisto oppure che avvenga in prossimità o in occasione di un tale mezzo» ( 204 ).

La nozione di invito all'acquisto è più limitata rispetto a quella di pubblicità, e non tutte le comunicazioni commerciali si qualificano come invito all'acquisto ai sensi dell'articolo 2, lettera i).

Tuttavia la nozione di invito all'acquisto è più ampia rispetto a quella di informazione precontrattuale. Gli obblighi di informazione precontrattuale si riferiscono alle informazioni che devono essere fornite prima che il consumatore concluda un contratto, mentre un invito all'acquisto non implica necessariamente che il passo successivo del consumatore sia la conclusione di un contratto con un professionista.

Per esempio:

Un annuncio pubblicitario alla radio che descrive le caratteristiche e il prezzo di un prodotto è un invito all'acquisto, ma di norma non si qualifica come informazione precontrattuale.

( 202 ) Sentenza del 12 maggio 2011, Konsumentombudsmannen / Ving Sverige AB, C-122/10, punto 59.

( 203 ) Audiencia Provincial de Madrid Sentencia n o 270/2014. Conclusioni analoghe sono state raggiunge in un'altra causa esaminata da un organo giurisdizionale spagnolo, Juzgado de lo Mercantil de Madrid Sentencia n. 704/2012.

( 204 ) Sentenza del 12 maggio 2011, Konsumentombudsmannen / Ving Sverige AB, C-122/10, punto 32.

Questa distinzione è particolarmente importante in termini di interazione tra la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la direttiva sui diritti dei consumatori. Una grande varietà di comunicazioni commerciali solitamente si qualifica come invito all'acquisto.

Per esempio:

— Un sito internet di una compagnia aerea che propone offerte di voli e i relativi prezzi.

— Un annuncio di vendita per corrispondenza ( 205 ).

— Un opuscolo di un supermercato che pubblicizza prezzi scontati per determinati prodotti.

La direttiva consente ai professionisti di scegliere se includere il prezzo nelle comunicazioni commerciali. Una comuni­

cazione commerciale o un annuncio pubblicitario che contenga una descrizione esauriente della natura, delle caratteri­

stiche e dei vantaggi offerti da un prodotto o servizio, ma non il prezzo, non può essere considerata un «invito all'acquisto» ai sensi dell'articolo 2, lettera i), della direttiva. Un esempio di comunicazione commerciale che non è un invito all'acquisto è una pubblicità volta a promuovere il «marchio» di un professionista anziché un particolare prodotto (cioè pubblicità di marca).

Per esempio:

Un organo giurisdizionale nazionale ha statuito che un annuncio pubblicitario che inviti un consumatore a visitare un sito Internet per richiedere un'offerta assicurativa non costituisce un invito all'acquisto ( 206 ).

I n f o r m a z i o n i r i l e v a n t i

L'articolo 7, paragrafo 4, contiene un elenco di obblighi di informazione considerati rilevanti. Ciò è finalizzato ad assicurare il massimo livello di certezza del diritto per i consumatori in questo momento critico ( 207 ). Scopo dell'artico­

lo 7, paragrafo 4, è assicurare che, ogniqualvolta propongano offerte commerciali, i professionisti forniscano al tempo stesso, in modo comprensibile e inequivocabile, sufficienti informazioni per permettere al consumatore di prendere una decisione di acquisto consapevole, a meno che le informazioni non risultino già evidenti dal contesto.

La mancata presentazione ai consumatori delle informazioni di cui all'articolo 7, paragrafo 4, nel caso di un invito all'acquisto costituisce un'omissione ingannevole, se ciò è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

La Corte ha chiarito che l'articolo 7, paragrafo 4, contiene un elenco esaustivo delle informazioni rilevanti che devono comparire in un invito all'acquisto. Tuttavia il fatto che un professionista fornisca tutte le informazioni elencate nell'ar­

ticolo 7, paragrafo 4, non esclude che tale invito possa essere qualificato come pratica ingannevole, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, o dell'articolo 7, paragrafo 2 ( 208 ).

Tuttavia, al fine di non imporre ai professionisti oneri non necessari o sproporzionati in materia di informazione, gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 4, non sono statici e prevedono informazioni diverse a seconda della situazione.

Ciò deriva, in particolare, dalle precisazioni fornite all'articolo 7, paragrafi 1, 3 e 4, secondo le quali occorre tenere conto della fattispecie concreta e dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, come descritto nel punto precedente.

La causa Verband Sozialer Wettbewerb riguardava una pubblicità diffusa da una piattaforma, nella quale si mostravano diversi prodotti che non erano forniti dalla piattaforma stessa ma da venditori terzi attraverso la piattaforma ( 209 ). Il mercato online agevolava la conclusione di contratti tra professionisti e acquirenti, compresi i consumatori. La Corte ha chiarito che la pubblicità può essere valutata ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, in particolare per verificare se sono state fornite tutte le informazioni rilevanti, quali le identità dei professionisti che offrono prodotti specifici, tenendo conto al contempo delle restrizioni in termini di spazio e di altre circostanze specifiche del caso. La Corte ha altresì chiarito che possono esservi restrizioni in termini di spazio ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, che potrebbero giustificare l'omissione dell'indirizzo geografico e dell'identità di ciascun professionista. Tali informazioni devono tuttavia essere comunicate semplicemente e rapidamente, a livello della piattaforma ( 210 ).

( 205 ) Per esempio, un annuncio su una rivista reclamizza la vendita di magliette. Nella pubblicità sono indicati i prezzi e le taglie disponibili e la metà inferiore dell'annuncio è costituita da un modulo d'ordine che si può compilare e inviare, accludendo il pagamento, direttamente al rivenditore.

( 206 ) Tribunale del commercio di Anversa, 29 maggio 2008, Federatie voor verzekerings- en financiële tussenpersonen/ING Insurance Services NV e ING België NV.

( 207 ) Il considerando 14 precisa che «Per quanto concerne le omissioni, la presente direttiva elenca un limitato novero di informazioni chiave necessarie affinché il consumatore possa prendere una decisione consapevole di natura commerciale…».

( 208 ) Sentenza del 26 ottobre 2016, Canal Digital Danmark A/S, C-611/14, punto 71.

( 209 ) Sentenza del 30 marzo 2017, Verband Sozialer Wettbewerb, C-146/16.

( 210 ) Ibid., punti da 28 a 30.

L'articolo 7, paragrafo 4, lettera a), indica espressamente che, quando si valuta se vi sia stata un'omissione di informazioni rilevanti concernenti le caratteristiche principali del prodotto, si tiene conto del «mezzo di comunicazione e [del] prodotto stesso».

La determinazione degli elementi che costituiscono le caratteristiche principali di un prodotto, quindi, dipende dal prodotto interessato e da ciò che si può considerare «adeguato» in relazione al «mezzo» impiegato dal professionista per la comunicazione commerciale.

Le informazioni sulle principali caratteristiche dei beni possono essere già rilevabili dal loro aspetto, dalla confezione o dall'etichettatura che il consumatore può consultare al momento della vendita. Beni più complessi possono richiedere la comunicazione di informazioni supplementari, sulle etichette di descrizione del prodotto nel negozio o sulle pagine online, per stabilire le loro caratteristiche principali.

Le caratteristiche di quest'ultimo prodotto e le condizioni restrittive che il consumatore medio non si aspetta normalmente da una determinata categoria o tipo di prodotto devono essere comunicate al consumatore soprattutto perché sono particolarmente suscettibili di influenzare le sue decisioni di natura commerciale. Tali caratteristiche po­

trebbero essere, ad esempio, la limitazione della durata o della natura e delle prestazioni di un servizio (ad es. se un servizio di fibra internet è «fiber-to-the-home» o di altro tipo) o una particolare composizione o specifica dei beni (ad es.

l'origine sintetica di pietre preziose come i diamanti).

Fatta salva la valutazione caso per caso, le avvertenze in materia di sicurezza costituiscono una caratteristica principale ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4. Attualmente la legislazione settoriale dell'UE sulla sicurezza dei prodotti di norma impone ai professionisti di apporre le informazioni relative agli aspetti connessi alla sicurezza direttamente sul prodotto e/o sulla sua confezione. Nel caso delle vendite online, può quindi essere difficile per i consumatori prendere una decisione di natura commerciale veramente consapevole, qualora il sito Internet interessato non presenti un'immagine leggibile dell'etichetta sul prodotto/sulla confezione. Una deroga importante a questo approccio è contenuta nell'artico­

lo 11, paragrafo 2, della direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli ( 211 ), il quale prevede espressamente che le avvertenze in materia di sicurezza dei giocattoli, quali quelle che precisano l'età minima/massima degli utilizzatori, devono essere chiaramente visibili prima dell'acquisto, anche in caso di acquisto online.

Per la maggior parte degli altri prodotti, la direttiva può essere usata come base giuridica per imporre ai professionisti, specialmente quando promuovono prodotti online, di informare i consumatori in merito agli aspetti connessi alla sicurezza che, tenuto conto della natura del prodotto, possono essere considerati caratteristiche principali ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4.

Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, lettera b), la mancata comunicazione ai consumatori dell'indirizzo geografico e dell'identità del professionista può costituire un'omissione ingannevole.

Per esempio:

In un caso riguardante un servizio di incontri online, un organo giurisdizionale nazionale ha ingiunto al professionista di pubblicare, in modo diretto e permanente, le informazioni relative al suo nome, indirizzo, numero di registrazione e indirizzo di posta elettronica quando promuove i suoi servizi su internet. Il tribunale ha ritenuto che la mancata pubblicazione dell'indirizzo corretto o di un indirizzo di posta elettronica sul sito internet costituisse un'omissione ingannevole idonea a indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso ( 212 ).

D'altro canto, le informazioni sull'identità del professionista omesse possono in alcuni casi essere considerate già «evi­

denti dal contesto» ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4.

Per esempio:

— L'indirizzo di un negozio o ristorante nel quale il consumatore si trova già.

— Per i negozi online, l'articolo 5 della direttiva sul commercio elettronico impone ai professionisti di rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, il proprio nome, indirizzo e altre informazioni, compreso l'indirizzo di posta elettronica. Inoltre, in forza dell'articolo 10 di detta direttiva, anche altre informazioni (ad es. sulle varie fasi tecniche necessarie prima della conclusione formale di un contratto) devono essere fornite prima dell'inoltro dell'ordine.

Sulla base di una valutazione caso per caso, l'indicazione della denominazione sociale di un professionista può essere sufficiente a rispettare l'obbligo di cui all'articolo 7, paragrafo 4, lettera b), relativo all'identità del professionista. La ragione sociale deve essere indicata nei termini e condizioni di vendita, ma può anche non essere considerata un'in­

formazione rilevante ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4.

( 211 ) Direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sulla sicurezza dei giocattoli (GU L 170 del 30.6.2009, pag. 1).

( 212 ) MD 2015:2, 9 marzo 2015.

Per esempio:

Nel materiale promozionale, un'impresa di fast food non è tenuta a specificare il proprio statuto giuridico, ossia Ltd, SA, SARL, Inc.

Oltre all'obbligo di cui all'articolo 7, paragrafo 4, lettera b), la direttiva sui diritti dei consumatori stabilisce ulteriori obblighi di informazione relativi ai dati di contatto del professionista, in particolare all'articolo 5, paragrafo 1 (vendite nei locali commerciali) e all'articolo 6, paragrafo 1 (vendite fuori dei locali commerciali e a distanza).

L'articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva sul commercio elettronico impone ai prestatori di servizi online di rendere accessibili ai destinatari dei loro servizi e alle autorità competenti informazioni riguardanti «gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui, compreso l'indirizzo di posta elettronica».

Gli indirizzi di posta elettronica dei professionisti del settore del commercio elettronico possono quindi costituire informazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, della direttiva. Tali informazioni dovrebbero essere facilmente reperibili (cioè non solo nei termini e condizioni generali) e accessibili in modo diretto e permanente.

Anche ai sensi del regolamento generale sulla protezione dei dati il responsabile del trattamento deve fornire all'interes­

sato alcune informazioni obbligatorie che comprendono, fra l'altro, l'identità (e i dati di contatto) del responsabile del trattamento ed eventualmente del suo rappresentante (a meno che l'interessato ne sia già informato).

L'articolo 7, paragrafo 4, lettera c), impone ai professionisti di indicare, in un invito all'acquisto, il prezzo totale (o finale), che deve includere tutte le imposte applicabili (ad es. l'IVA) e le spese aggiuntive. Il prezzo finale deve includere le imposte applicabili e le spese aggiuntive inevitabili e prevedibili al momento della pubblicazione dell'offerta. Qualora la natura del prodotto comporti l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, il consumatore deve essere adeguatamente informato delle modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, di tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, del fatto che tali spese potranno essergli addebitate (cfr. anche articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sui diritti dei consumatori).

Nella causa Canal Digital Danmark, la Corte ha stabilito che nel caso in cui un professionista abbia scelto di indicare il prezzo di un abbonamento in modo tale che il consumatore debba pagare sia un forfait mensile sia un forfait semestrale, tale pratica deve essere considerata come un'omissione ingannevole ai sensi dell'articolo 7 nel caso in cui il prezzo del forfait mensile è messo in particolare evidenza nella pubblicità, mentre quello del forfait semestrale è completamente omesso o è presentato solo in maniera meno evidente, se tale mancanza induce il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe preso altrimenti ( 213 ).

Per esempio:

— Un'autorità per la tutela dei consumatori è intervenuta nei confronti di un operatore di telecomunicazioni che non informava i consumatori del fatto che, per fruire dei servizi prestati, dovevano versare un contributo di attivazione. I consumatori venivano informati di tale contributo soltanto dopo aver firmato il contratto ( 214 ).

— Un'autorità per la tutela dei consumatori ha inflitto sanzioni amministrative a un operatore di telecomunicazioni che addebitava spese, senza averne informato i consumatori, per la prestazione di servizi che non era in grado di prestare/

fornire ( 215 ).

— Un organo giurisdizionale nazionale si è pronunciato in favore di una decisione con la quale un comune aveva inflitto un'ammenda a un fornitore di servizi di connessione a internet che non indicava il prezzo totale del servizio nelle offerte commerciali, in particolare ometteva le spese e le imposte di rete ( 216 ).

Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, lettera c), della direttiva, usare «prezzi di partenza», cioè indicare il prezzo «a partire da» un importo minimo specifico, è ammesso se il prezzo finale non può «ragionevolmente essere calcolato in anticipo» a causa della natura del prodotto.

( 213 ) Sentenza del 26 ottobre 2016, Canal Digital Danmark, C-611/14, punti da 46 a 49.

( 214 ) Decisione n. RBG 38/2014.

( 215 ) 16 luglio 2015 — Decisione amministrativa nei confronti di Stoppa Telefonforsaljning Limited.

( 216 ) Tribunal Superior de Justicia de Madrid Sala de lo Contencioso Administrativo Sección 10, n. 112/2014.

Per esempio:

Un'agenzia di viaggio indicava i prezzi «a partire da» per determinati voli e pacchetti turistici. Un organo giurisdizionale nazionale ha stabilito che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali non esclude l'uso di prezzi di partenza, purché le informazioni fornite soddisfino i requisiti della direttiva, tenuto conto delle circostanze nella fattispecie concreta. Ha statuito che: «La sola indicazione di un prezzo di partenza può quindi essere giustificata in casi in cui il prezzo non può ragionevolmente essere calcolato in anticipo, tenuto conto, in particolare, della natura e delle caratteristiche del prodotto» ( 217 ).

Il prezzo minimo dovrebbe tuttavia essere un prezzo reale applicabile a determinati prodotti, come si afferma nell'an­

nuncio pubblicitario.

Per esempio:

Un'impresa pubblicizzava la vendita di appartamenti facendo ricorso ad affermazioni quali: «È più economico di quanto possiate immaginare. Prezzi a partire da 2 150 EUR al metro quadro». Tuttavia è risultato che non erano disponibili appartamenti al prezzo indicato. Inoltre il prezzo indicato non comprendeva l'IVA. Questa pratica commerciale è stata giudicata ingannevole da un'autorità per la tutela dei consumatori ( 218 ).

Le pratiche commerciali che pubblicizzano prezzi inesistenti potrebbero violare anche l'allegato I, punti 5) e 6), della direttiva, in quanto possono essere considerate casi di bait advertising ovvero pubblicità propagandistica (punto 5) o di bait and switch ovvero pubblicità con prodotti civetta (punto 6).

Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, lettera d), i professionisti devono fornire informazioni sulle modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale. Ciò significa che dette informazioni devono essere presentate soltanto se tali modalità risultano svantaggiose per il consumatore rispetto al normale grado della speciale competenza e attenzione che ragionevolmente si possono presumere essere esercitate da un professionista nei confronti dei consumatori.

L'obbligo di fornire informazioni sulle modalità di trattamento dei reclami è stato eliminato in seguito agli emenda­

menti della direttiva (UE) 2019/2161. Tali informazioni sono più rilevanti nella fase precontrattuale, che è già disciplinata dalla direttiva sui diritti dei consumatori, e quindi la disposizione non era necessaria per gli inviti all'acquisto nella fase pubblicitaria a norma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.

Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, lettera e), in un invito all'acquisto deve essere indicata, ove applicabile, l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto. In forza di questa disposizione, i professionisti sono tenuti a informare i consumatori soltanto in merito all'esistenza di tali diritti, senza specificare le condizioni e le procedure per esercitarli.

La direttiva sui diritti dei consumatori stabilisce ulteriori norme riguardanti le informazioni da fornire al consumatore prima della conclusione del contratto, per esempio nei siti di commercio elettronico, durante una visita a domicilio da parte del venditore o durante una conversazione telefonica a fini di vendita (articolo 5, paragrafo 1, lettera d), e articolo 6, paragrafo 1, lettera g)).

Per esempio, detta direttiva impone al professionista di fornire informazioni in merito al «prezzo totale» prima che il consumatore sia vincolato da un contratto (articolo 5, paragrafo 1, lettera c), e articolo 6, paragrafo 1, lettera e)). Il consumatore ha inoltre diritto al rimborso di qualsiasi pagamento supplementare qualora non abbia dato il suo consenso espresso per tale pagamento, ma il professionista lo abbia dedotto utilizzando opzioni prestabilite, per esempio le caselle preselezionate (articolo 22).

Per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il professionista deve fornire informazioni sulle condizioni, i termini e le procedure per esercitare il diritto di recesso. Deve altresì fornire il modulo tipo di recesso di cui all'allegato I, parte B, della direttiva sui diritti dei consumatori (articolo 6, paragrafo 1, lettera h)).

Gli obblighi dell'articolo 7, paragrafo 4, lettera f, dell'articolo 4 bis e dell'articolo 6, riguardanti i mercati online, la trasparenza dei risultati di ricerca e le recensioni degli utenti, sono discussi nella sezione 4.2.

( 217 ) Sentenza del 12 maggio 2011, Konsumentombudsmannen / Ving Sverige AB, C-122/10, punto 64.

( 218 ) Decisione n. RWA-25/2010, Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów, Delegatura w Warszawie, 28 dicembre 2010, Eko-Park S.A.