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Criticità per la giustizia ripartiva

Giustizia riparativa: una nuova risposta al crimine e al conflitto

7. Criticità per la giustizia ripartiva

Restano ancora molti interrogativi connessi all’efficacia della giu-stizia riparativa. Per esempio cosa si può fare, quando il processo

riparativo non può essere utilizzato, se la vittima rifiuta di parte-cipare o il colpevole non è cooperativo? E le pratiche riparative si stanno sviluppando correttamente?

7.1. Quando un processo completamente riparativo non è possibile Il primo e fondamentale punto è che la giustizia riparativa può essere utilizzata solo quando l’imputato ammette almeno un po’

il coinvolgimento nel reato. Se egli afferma di essere vittima di uno scambio di identità, non è la persona con cui la vittima dovrebbe avere un dialogo. Se ammette il coinvolgimento, ma minimizza, lo giustifica o non mostra alcun rimorso, la vittima dovrebbe essere consultata; se tuttavia dovesse urlare contro il colpevole, a pre-scindere dal suo comportamento o mettere in campo un atteggiamento offensivo o provocatorio, un incontro non sarebbe utile.

In tal caso, ovvero se il colpevole rifiuta di incontrare la vit-tima, o non riesce a mantenere l’accordo, chiaramente non è ac-cettabile dire “Offriremo la giustizia ripartiva”. Al contrario, se la vittima non può o non vuole prendere parte alla mediazione, non è giusto imporre una sanzione punitiva ad un reo che è disposto a fare ammenda. In questi casi il trasgressore deve affrontare le

“conseguenze” di qualche tipo, ma dovrebbero essere di tipo ri-parativo, per esempio sottoponendosi ad un corso di consapevo-lezza o facendo un lavoro per la comunità. Dovrebbe essere un lavoro dal valore evidente. Se possibile, il trasgressore dovrebbe incontrare i beneficiari del lavoro, o lavorare al fianco di volontari ad un compito comune, ricevendone gratificazione. Questo con-tribuisce all’obiettivo della reintegrazione. Può essere fisicamente impegnativo o addirittura un lavoro spiacevole, ma il fattore es-senziale è che non sia imposto.

7.2. La Giustizia riparativa è attuata correttamente?

Mettere la questione in questo modo è fuorviante, perché implica che ci sia un modo “giusto”. Sarebbe meglio chiedersi se sia svolta nello spirito della giustizia riparativa. I mediatori, ovviamente, de-vono essere educati, e vi è qualche prova che quelli precedente-mente formati in giustizia penale abbiano bisogno di prestare particolare attenzione ai principi riparativi come la condanna del reato, senza rifiutare il colpevole, senza usare l’incontro di me-diazione per raccogliere informazioni per il procedimento con scopi accusatori. Un sistema di accreditamento di coloro che hanno completato con successo la formazione è necessario, ma dovrebbe essere tale da far diventare mediatori sia i volontari che i professionisti. Ciò implica la compilazione di standard, come la già citata guida Best practice guidance for restorative practice (La migliore guida pratica per la procedura riparativa), (2011).

La necessità di servizi di supporto è già stato menzionata. Essi dovrebbero essere disponibili anche nei casi in cui la giustizia ri-parativa non è possibile o inappropriata. Servizi a sostegno alle vittime (che possono includere organizzazioni per le vittime di reati specifici, come ad esempio omicidio, o omicidio procurato con un veicolo a motore, stupro, e altri). Per i trasgressori ci sono molte organizzazioni, almeno nel Regno Unito; quella che fun-ziona in modo riparativo, pur non coinvolgendo le vittime è Cir-cles of Support and Accountability (Circoli di supporto e responsabilità), per autori di reati a sfondo sessuale dopo la scar-cerazione, a causa del marchio legato al crimine, molto probabil-mente incontreranno difficoltà, solitudine e disoccupazione. Ci sono altri requisiti da soddisfare rispetto al concetto di ripara-zione. Per esempio, i mediatori dovrebbero essere reclutati tra tutti i gruppi sociali, comprese le minoranze etniche. Dovrebbe esserci una relazione annuale, che dimostri la responsabilità nei confronti della comunità locale.

Infine, alla giustizia ripartiva si rimprovera di considerare il

cri-mine come evento isolato, commesso da un criminale, che è chia-mato ad “aggiustare” le cose, senza guardare al contesto sociale.

In concreto accade che quando i facilitatori di incontri riparativi ritengono che ci siano particolari fattori legati alla criminalità, vedi l’elevato numero di rei provenienti da una determinata scuola o quartiere, per questa ragione, essi attirano l’attenzione delle auto-rità responsabili della riduzione della criminalità e la politica so-ciale in generale.

8. Conclusioni

Per riassumere: che cosa è questo nuovo modello, o nuova incar-nazione di una vecchia istituzione umana? Abbiamo iniziato con la giustizia riparativa, che è un’applicazione un po’ particolare per-ché si occupa di illeciti e quindi coinvolge spesso il sistema di giu-stizia penale. Potrebbe essere usato in diverse fasi del processo. I paesi attuano la giustizia riparativa in misura diversa, e la legge a volte non raggiunge gli ideali riparativi, concentrandosi per esem-pio sui criminali, piuttosto che sulle vittime, e in alcuni casi limi-tando gli incontri riparatori agli imputati minorenni e alle loro vittime. Ci sono pochi paesi nei quali la giustizia riparativa è di-sponibile a livello nazionale, anche in misura limitata. Il pubblico e i media non sempre comprendono il concetto in modo chiaro, ad esempio, ordinare ad un reo di fare un lavoro umile, per la vo-lontà di punire, senza un tentativo di dialogo vittima-colpevole, a volte è erroneamente descritto come “giustizia riparativa”. Ecco il primo cambiamento di paradigma: essere lontani dall’idea di pu-nizione, mirare alla risoluzione del conflitto e reinserire i colpe-voli nella comunità. Partire cioè non dalla domanda come dovrebbero essere puniti, ma come possono fare un uso migliore della loro vita in futuro. Il modello, ottenere questo risultato deve avere un approccio che favorisca l’empatia e la comprensione, e quindi un comportamento che sia motivato da tali relazioni.

Queste idee si basano sul desiderio di permettere alle persone di risolvere i conflitti da soli, piuttosto che imporre una decisione dall’alto, e sull’incoraggiare l’empatia, come base per farlo. Esse sono state applicate in altre sfere della vita, in particolare nelle scuole. Ai bambini si può dimostrare come stabilire le proprie re-gole, e che possono farlo in modo molto concreto. Possono anche comprendere i principi fondamentali della risoluzione dei pro-blemi in modo rispettoso, non giudicante, condannando l’azione illecita, non il malfattore.

Gli stessi principi sono anche presenti fuori, nella società. Nella città di Hull, nel nord-est dell’Inghilterra, tutti coloro che lavo-rano con i bambini son stato formati con metodi riparativi. Lo scopo è quello di orientarsi verso l’armonia con la creazione di una “città riparativa”. Le controversie tra vicini di casa possono es-sere risolte con l’aiuto dei mediatori, così come i conflitti tra i membri della famiglia, o tra compagni di lavoro. Le persone che erano considerate un problema entrano a far parte della soluzione al problema. Come Thomas Kuhn (1962) ha dimostrato, le rivo-luzioni nel modo di pensare non avvengono dall’oggi al domani.

Ma siamo nel bel mezzo di un cambiamento di paradigma, e stiamo imparando a vivere in armonia con il pianeta.

«Mediares», n. 17-18, 2011

* Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Bari.

1. Introduzione

La premessa generale da cui occorre partire, stante l’assenza di un legislatore sovraordinato nella comunità internazionale, è data dal-l’esistenza di atti giuridici internazionali che hanno natura giuri-dica ed efficacia diversa. In particolare occorre evidenziare la fondamentale distinzione tra atti internazionali che hanno efficacia obbligatoria, come gli accordi internazionali e atti che tale effica-cia non possiedono, come le raccomandazioni di organi di orga-nizzazioni internazionali, quali l’Assemblea generale delle Nazioni Unite o, sul piano europeo, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Le raccomandazioni internazionali consistono infatti in esortazioni di carattere politico o morale rivolte agli Stati membri delle organizzazioni e che confluiscono nella più ampia categoria denominata International soft law.

Occorre poi tenere presente che l’Unione europea (attual-mente formata da 27 Stati membri) – accanto ai più noti atti