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Criticità alla verifica dell’esonero dalla responsabilità civile e della rilevanza dei comportamenti del lavoratore

Un parallelo sgretolamento si è registrato per l’esonero dalla responsabilità civi-le che, all’inizio, veniva meno nella sola ipotesi di responsabilità accertata con particolari modalità. E’ significativo il livello di garanzia offerto al datore di lavoro sia per la inesistenza di voci di danno estranee a quelle contemplate dal-l’assicurazione (salvo che per il danno morale), sia per le stesse ipotesi di venir meno dell’esonero.

Successivamente, ed a ritmo progressivamente accelerato, la formulazione let-terale ripresa dall’articolo 10 del T.U. 1124/1965 ha perso significato sostan-ziale sotto la spinta della giurisprudenza ordinaria e costituzionale, con passag-gi che, a partire dalla sentenza 22/1967 della Corte costituzionale, possono così schematizzarsi:

I) estensione della responsabilità anche per il fatto di lavoratore di cui il dato-re di lavoro debba rispondedato-re ai sensi del codice civile, che equipara “mac-china pericolosa” e “operatore pericoloso”53, superando l’originaria dizio-ne che partiva invece dalla identificaziodizio-ne fra datore di lavoro e preposto incaricato;

II) possibilità di accertare la responsabilità risarcitoria in sede civile in caso di amnistia/morte dell’imputato o prescrizione del reato;

III) esclusione dell’esonero per le voci di danno non coperte esattamente da pre-stazioni dell’assicurazione sociale e nei limiti della copertura stessa, sicchè danno morale, danno non patrimoniale, danno da micropermanenti, danno biologico da inabilità temporanea e lo stesso danno patrimoniale (per la

53 Per il richiamo della giurisprudenza che include nel “rischio aziendale rientrante nel meccanismo di esone-ro, anche l’attività dei dipendenti del datore di lavoro in quanto strumenti del datore di lavoro per l’attuazione della sicurezza sui luoghi di lavoro, V. - con particolare riferimento a Cass. SS.UU. n.3228 del 1997. MARANDO, Responsabilità, danno e rivalsa per gli infortuni sul lavoro, Milano, 2003.

Come sottolineato da DE MATTEIS-GIUBBONI, op. cit., 966, si conferma, così, che i lavoratori non sono terzi rispetto al rapporto assicurativo, ma interni al rischio aziendale come parte di esso; una sponda significativa alla ricostruzione tendenziale del decreto 81 in termini di unità del percorso dalla prevenzione all’assicurazio-ne che si svolge all’interno del “luogo” ove nasce e si manifesta il rischio.

parte), rientrano nell’alveo dell’ordinaria responsabilità civile del datore di lavoro che può farsi valere nei modi ordinari e, quindi, non indennizzabile anche in via presuntiva;54

IV) possibilità per il giudice civile di accertare la responsabilità penale in caso di mancato esercizio dell’azione penale e più oltre in base ai principi generali di separazione fra giudizio civile e penale che consente al giudice civile una autonoma valutazione, salvo ipotesi particolari, senza più la pregiudizialità del giudizio penale;

V) arricchimento delle possibilità per l’Istituto assicuratore di tempestivo eser-cizio della azione di regresso grazie alla norma che ha previsto l’obbligo per le Procure di comunicare a detto Istituto l’avvio della azione penali per reati riguardanti la prevenzione (v. Legge 121/07 e D.Lgs. 81/08);

VI) ampliamento dei contenuti sostanziali della “perseguibilità d’ufficio”: ferma restando quella per lesioni gravi e gravissime integranti una malattia profes-sionale, per gli infortuni sul lavoro si è affermata per fatti lesivi collegati all’inosservanza di norme di prevenzione. L’ampliamento è, altresì, frutto del principio secondo il quale anche la violazione dell’art. 2087 è violazione di una norma di prevenzione rilevante penalmente (e civilmente per la costante giurisprudenza riguardante la nozione unitaria di colpa civile e penale).

Si tratta di una responsabilità diffusa, dunque, per la quale resta, quale confine, il fatto che al di fuori dei meccanismo dell’assicurazione pubblica l’accertamento della colpa del datore di lavoro, pur riferito a parametri desunti dall’art. 2087, deve essere effettuato senza ricorso a presunzione.

Pertanto, in assenza di una decisa inversione di tendenza, anche per la assicura-zione infortuni la responsabilità sociale (delle categorie nel loro complesso) per i rischi del lavoro tende a restringersi sempre più alle ipotesi di danno non ricon-ducibile ad una “congrua” responsabilità della singola azienda, con un meccani-smo tutto sommato inverso rispetto a quello della RCA.

Per quest’ultima, infatti, in primo piano è la responsabilità del danneggiante, salvo ricorso ad un Fondo di solidarietà. Nell’assicurazione infortuni in primo piano è l’assicurazione pubblica che risponde direttamente ed a prescindere da analisi circa la responsabilità del lavoratore, con emersione solo successiva della responsabilità del datore di lavoro danneggiante nonché di terzi.

A questo proposito è interessante ricordare come con la riforma del Casellario centrale infortuni prevista dal decreto 38/2000 sia consolidato l’obbligo per le

54 Per una ricostruzione in tema di Danno non patrimoniale alla persona del lavoratore: un excursus su responsabilità e tutele si v. la relazione di CINELLIal Convegno AISLASS su il danno alla salute del lavoratore, Napoli, 2006, nel testo non definitivo riportato sul sito web della Associazione. La Cassazione, da ultimo, ha superato il dibattito in ordine ai “danni non patrimoniali” riconducendo le varie ipotesi (biologico, alla vita di relazione, esistenziale ecc.) ad una figura unitaria riconducibile al danno derivante dalla lesione di valori costi-tuzionalmente garantiti (Cass. N.9510 del 2007).

compagne di assicurazione di segnalazione di incidenti stradali, affinché l’INAIL possa valutare eventuali responsabilità di terzi. Tendenzialmente, così, si riduce ulteriormente l’area dell’assunzione dell’intero onere da parte della solidarietà di categoria.

Un accenno merita anche il tema della colpa del lavoratore e della sua rilevanza ai fini della indennizzabilità ( indirettamente dell’ampiezza della garanzia assi-curativa pubblica) nella sua intera gamma: dalla colpa lieve, alla colpa grave, al dolo. Il quesito è generalmente liquidato nel senso che la indennizzabilità è esclusa solo in caso di dolo, come risulta dal dettato di numerose e concordi disposizioni del Testo Unico n.1124. Tutto ciò non sarebbe, però, sufficiente se non fosse completato con la precisazione, elaborata da dottrina e giurisprudenza, secondo cui nella specie rileva il dolo specifico (volontà di percepire un indebi-to indennizzo) e non già quello generico consistente nella mera coscienza e volontà del fatto materiale.

Il punto è delicato per l’aggancio sempre più stretto fra sistema dell’assicurazio-ne e sistema della prevenziodell’assicurazio-ne: l’adoziodell’assicurazio-ne del criterio del dolo gedell’assicurazio-nerico, infatti, potrebbe indurre ad escludere dalla tutela - in termini di evento ed in termini di rischio - tutte le ipotesi di consapevole omissione di misure di sicurezza, non per provocare l’infortunio bensì per eliminare un preteso impaccio o rendere più spe-dita l’attività lavorativa.

In queste ipotesi la giurisprudenza è oggi concorde nel superare il problema utiliz-zando la leva dell’omissione da parte del datore di lavoro del controllo o dell’ob-bligo per il datore di lavoro stesso di approntare misure atte ad impedire, comun-que, l’infortunio anche in caso di rimozione di determinate misure di sicurezza, con ricorso così alla elasticità dei principi generali dell’articolo 2087.55

Gli espliciti riferimenti legislativi alle ipotesi di dolo specifico escludono la rile-vanza di tutte le situazioni riconducibili in vario modo alle ipotesi di dolo gene-rico, colpa grave, colpa lieve che in alcuni casi costituiscono la regola dell’ope-rare lavorativo. La conclusione va conciliata, però, con l’interesse pubblico al rispetto delle normative di prevenzione in uno scenario di aziende in cui spesso il datore di lavoro è parte del processo lavorativo, vittima della mancata adozio-ne delle misure di sicurezza ovvero della consapevole eliminazioadozio-ne adozio-nella pratica di dette misure con “autolesionismo” di fatto.

Per questo è estremamente difficile segnare il confine fra l’evoluzione giurispru-denziale ed il momento in cui convenga consolidarla in norma di legge, ad evita-re che nella giurisprudenza e nella prassi il grosso impegno per la formazione sulla sicurezza possa indurre ad una qualche forma di riconsiderazione della non specificità del dolo, ad esempio, nella disattivazione consapevole delle misure di sicurezza.

D’altra parte, il problema conserva tutta la rilevanza nella ipotesi - cui

accen-55 Per una interessante casistica sul punto v. DE MATTEIS-GIUBBONI, op. cit., 244.

neremo in conclusione - di una riforma del sistema che tenda a coniugare la tutela pubblicistica con quella di un secondo pilastro di welfare contrattuale, come per le malattie. In assenza di espliciti interventi legislativi, in questo secondo caso dovrebbero valere le regole generali della responsabilità civile nel senso che quella del datore di lavoro deve essere sempre dimostrata con possibilità di concorso di colpa del lavoratore che, ad esempio, abbia volonta-riamente trasgredito le disposizioni o adottato di sua iniziativa modalità peri-colose di esecuzione del lavoro.56

Rileva, infine, per gli infortuni occorsi in una situazione di ridotta attenzione determinata da ubriachezza, rispetto alla quale si è pure ipotizzato che l’inden-nizzabilità dovesse essere esclusa per richiami del codice penale che appaiono oggi superati da un dato testuale: la previsione del decreto 38/2000 che confer-ma la indennizzabilità dell’infortunio in itinere, escludendola però per infortuni occorsi in caso di guida in stato di ubriachezza o senza patente valida.

Le due esclusioni, dimostrano la inesistenza di un principio generale, ma sono un grave “vulnus” del sistema di tutela: soprattutto la seconda che insinua l’idea - e ten-denzialmente il principio - che una prestazione illecita priva il soggetto della tutela infortunistica, con possibilità di estensione a tutte le situazioni nelle quali per eser-citare un determinato mestiere occorra un patentino di abilità e/o idoneità fisica.

18 Criticità del sistema e tutela dei lavoratori italiani