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I motivi di un approfondimento a partire dal disagio interpretativo di un mix disorganico di Testo Unico, legislazione, giurisprudenza

20. Alcune valutazioni conclusive

20.1. I motivi di un approfondimento a partire dal disagio interpretativo di un mix disorganico di Testo Unico, legislazione, giurisprudenza

L’insieme di questi spunti può fornire un contributo per approfondire i motivi della crisi della assicurazione infortuni, attestata dalla laboriosità della dimostrazione del diritto alla tutela per categorie marginali. Un diritto posto in discussione nel tempo sulla base di motivazioni che, di per sé non sostenibili, sono fondamentali per cogliere le ragioni della tutela, difficilmente comprensibili ragionando lungo la tra-iettoria lineare del dettato costituzionale e degli impegni per realizzarlo.

Per sottolineare la complessità del sistema attuale, ricordiamo che a differenza di quanto realizzato, come abbiamo visto, dal decreto 81, nel Testo Unico 1124/1965 la nozione base di “lavoratore dipendente” è resa con un riferimento all’opera manuale che nel tempo ha perso significato limitativo. E’ stata comple-tata, poi, con il requisito della attività rischiosa che solo per approssimazioni suc-cessive è identificabile con l’attività lavorativa tout court. La concezione di rischio ambientale, da ultimo, è stata dilatata per riconoscere la tutela del vigile viabilista che non utilizza macchine ma che è esposto al rischio dell’ambiente stradale, e come tale va tutelato grazie ad una rilettura della elencazione tassati-va: tassative non più le definizioni per numero ma le componenti delle definizio-ni stesse.61

61 Così la Corte di cassazione, con sentenza n. 16364/2002 che ha innovato la precedente giurisprudenza orien-tata alla esclusione della tutela per i predetti soggetti. La massima è emblematica del percorso ricostruttivo utiliz-zato dalla Cassazione nel senso che “L’attività lavorativa prestata dal vigile urbano addetto, a piedi, alla viabilità stradale rientra tra le attività protette dall’assicurazione generale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro-fessionali, dovendosi riconoscere un carattere meramente esemplificativo all’elencazione contenuta nell’art. 1, terzo comma, del D.P.R. n. 1124 del 1965 (che considera il lavoro sulle strade intrinsecamente pericoloso e sotto-pone all’obbligo assicurativo le persone, ivi indicate, addette ai lavori stradali senza ausilio di macchine mosse dalla persona stessa) e dovendosi considerare che il rischio della strada grava sul vigile urbano “viabilista” in misu-ra almeno uguale a quella per il vigile “automobilista” (e in maniemisu-ra diversa che sul comune cittadino), sì da con-figurarsi anch’esso come di natura professionale e suscettibile, pertanto, della tutela antinfortunistica, in virtù del principio generale secondo cui a parità di rischio infortunistico deve corrispondere parità di tutela”.

Lo sforzo ricostruttivo della Suprema corte conferma il disagio degli inter-preti di fronte a norme che, pur elastiche, hanno un limite oggettivo nella for-mulazione letterale. Lo stesso disagio fa comprendere perché l’INAIL ha dovuto attendere per adeguare formalmente la propria normativa generale con una circolare 2005 che, recepita la logica della Cassazione, subito dopo sviluppa, per la prescrizione del diritto, un ragionamento che è la riprova a mio avviso di tutta la difficoltà di muoversi in un “non sistema” con pretese di sistematicità62.

Ogni volta, poi, con l’inserimento di una categoria è emersa la difficoltà nel tenerne fuori altre. Così nel caso del piccolo commerciante che partecipa alla gestione al pari dell’artigiano restando esposto a quel rischio “ambientale” deri-vante dalla presenza nel negozio di un apparato solo formalmente rischioso. Nel caso degli insegnanti, poi, è forte la resistenza a considerarli assicurati al pari degli altri lavoratori per la presenza di “apparati” pericolosi nei loro luoghi di lavoro. Si tocca poi il vertice della incoerenza riguardante la mancata tutela degli appartenenti al corpo di polizia e dei militari, basata su incomprensibili riferi-menti alla presenza di pensionistica per causa di servizio.

A tutto questo si aggiungono, per riassumere:

- il fatto che per la tutela di molte categorie di soggetti occorre far riferimen-to all’evoluzione della giurisprudenza ed alla sensibilità amministrativa che, spesso, registrano involuzioni come nel caso in cui si richieda, per alcune categorie ma non altre, che l’infortunio sia avvenuto nell’esercizio delle mansioni rispetto alle quali si è riusciti in qualche modo a costruire un motivo di assicurabilità63;

- la difficoltà di rievocare la responsabilità d’impresa, come fondamento del-l’assicurazione, per motivare l’estensione della tutela ai lavoratori italiani dipendenti da ditte italiane operanti all’estero in posizioni di comando, distac-co, assunzione mirata, nonché agli artigiani operanti all’estero.

Si procede, insomma, a zig zag, incidendo sul fondamento della assicurazione che se è, come noi crediamo, il diritto di garanzia deve basarsi su certezze a monte, dal momento in cui si inizia a lavorare e durante l’intero percorso lavora-tivo, senza dover attendere, in qualche caso, l’accadimento lesivo per scoprire se

62 Infatti, l’Istituto afferma che “dal momento che la decisione della Corte di Cassazione non ha valore costi-tutivo ma ricognitivo di un diritto che preesisteva, la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto poteva esse-re esercitato e cioè dalla di consolidamento dei postumi e del superamento della soglia minima indennizzabile, nonchè dalla “conoscibilità”, da parte dell’assicurato, delle predette circostanze, mentre per le malattie profes-sionali coincide con la data in cui sia dimostrato che l’assicurato era consapevole, secondo criteri di normale conoscibilità, di essere affetto da malattia di probabile origine professionale in misura indennizzabile, se tale data è anteriore a quella della denuncia.

63 Con una conferma interessante nella sentenza del Consiglio di Stato richiamata nel testo.

si è assicurati o meno; con la conseguenza che, nel dubbio, si tende a ricorrere all’assicurazione privata64.

Inoltre il sistema, pensato con riferimento a lavorazioni con retribuzioni nel com-plesso omogenee, non appare idoneo a soddisfare le esigenze di maggiore dutti-lità sul versante delle tipologie di assicurazione, che andrebbero invece modella-te a seconda delle diverse camodella-tegorie. Questa scelta, oltretutto, costituirebbe un modo per favorire e sostenere la duttilità dell’occupazione, indispensabile a meno che non si intenda scegliere la via della riduzione del pubblico in una sfera di diritti essenziali, naturale completamento del percorso della prevenzione.

Tutto il dibattito sulla riforma del sistema - mantenerne la valenza assicurativa ovvero valorizzarne la funzione previdenziale ed assistenziale - non può essere liquidato, quindi, con una meccanicistica riproposizione di un passato che “non c’è più” quale scenario di sfondo di una assicurazione infortuni che agli inizi era:

- l’unico sicuro presidio per situazioni di bisogno di maggiore gravità o di mag-giore impatto sulla qualità della vita professionale; - in un mondo nel quale scar-se e di tipo filantropico - assistenziale (ovvero a tutela della salute pubblica) erano le tutele per le persone bisognose e scarsissime norme intese a rimuovere le condizioni di rischio sul lavoro.

Né può essere liquidato con sufficienza, nella convinzione che si tratti di un’inu-tile esercitazione rispetto ad un sistema che ormai ha riconosciuto tutto a tutti i lavoratori senza bisogno di riproporre laboriosi dibattiti solo dottrinari e l’im-pianto di complessi sistemi. Lo conferma la storia stessa del nostro sistema di tutela sociale e, di recente, la vicenda della circolare INAIL sul mobbing.

Per la storia, a quanti chiedevano negli anni che si riformasse la previdenza socia-le, essenzialmente pensionistica, con un meccanismo che riproponesse all’”atten-zione” sociale la tutela del lavoro e dei soggetti marginali rispetto ad esso si è sempre risposto che già avevamo un compiuto sistema di sicurezza sociale, som-matoria però di tanti pezzi e pezzetti ciascuno chiuso nei suoi livelli e privilegi.

Di fronte, però, a crisi gravi come l’attuale, l’assenza di un sistema ricostruito dalle fondamenta si evidenzia in tutta la sua gravità, tanto che lo stesso legislato-re deve ricorlegislato-relegislato-re a continui adattamenti dei meccanismi di ammortizzatori socia-li schiacciati dal peso dei trattamenti pensionistici e costretti a concentrarsi sulla situazione di chi già è dentro il sistema. Il percorso non è certo adatto a fare da supporto per il welfare con il quale si intende garantire la “vita buona”

promes-64 A questo proposito, per il tema della indennizzabilità dello specifico evento, non è casuale che le assicura-zioni sostitutive - da quella ENPAIA a quella INPGI, a quella P&I dei marittimi extracomunitari - tendono ad offrire pacchetti che comprendono infortuni professionali ed extraprofessionali con il massimo così di garanzia rispetto al rischio che nell’ottica del lavoratore - accolta dalla filosofia sottesa al Libro Verde ed al Libro Bianco del Ministro Sacconi - non è solo di essere “danneggiato” quanto di essere privato della possibilità di lavorare e garantire così la qualità della vita propria e della propria famiglia. In questo termini può meglio comprender-si e motivarcomprender-si l’attenzione legislativa per fenomeni quali la rischiocomprender-sità sportiva oltreché della strada, la rischio-sità delle operazioni di volontariato che sono accomunate dall’essere fonte di uno stesso rischio: di non poter più lavorare o lavorare agli stessi livelli di prima.

sa ai giovani dal Libro Verde” e che resta faticoso ed impervio per ricostruire un sistema equilibrato in termini di tutele sociali cui accenneremo nel successivo paragrafo.

Per la circolare INAIL sul “mobbing”, la vicenda conferma l’assunto di questa nostra riflessione complessiva circa la inadeguatezza di un sistema che da quasi cinquanta anni vive di giustapposizioni legislative e di evoluzioni giurisprudenzia-li che non scalfiscono, però, la immanenza della legge scritta e mai cancellata.

Le prese di posizione del TAR e del Consiglio di Stato, così, preoccupano perché salvano il principio consolidato di separazione fra rapporto contributivo e rapporto di prestazione, ma lo confinano nella sfera dei rapporti “individuali”, mentre a livel-lo di categoria sarebbe superato dal fatto che i rappresentanti di essa avrebbero inte-resse all’annullamento dell’atto lesivo in virtù del loro inteinte-resse a pagare il giusto.

La distinzione fra livello generale e livello dei rapporti individuali non convince perché potrebbe ipotizzarsi al più un interesse della categoria a non veder calco-lati gli oneri corrispondenti alla circolare illegittima nella determinazione dei tassi di tariffa senza necessità di privare i lavoratori di tutele.

Preoccupa, soprattutto, perché la distinzione fra livello generale e livello dei rap-porti individuali non regge nella sua palese ingiustizia ed irrazionalità: una orga-nizzazione rappresentativa degli interessi collettivi è legittimata per una danno forse eventuale e non lo è una singola azienda che di fronte ad una interpretazio-ne, nel caso di specie, palesemente errata e illegittima si veda caricare di un mag-gior onere contributivo, e con perdita di incentivi ecc.

Allo stesso tempo, però, ci conforta poiché è una chiara conferma della necessi-tà di un intervento di riordino, che parta addirittura dal ruolo e dalle funzioni degli istituti assicuratori sempre più ridotti, sul versante assicurativo, a meri stru-menti operativi e tecnici: il discorso si salda con quello fatto in precedenza sullo spostamento delle competenze INAIL, per i dati statistici, dal governo del siste-ma d’intesa con ISPESL e Regioni, alla gestione tecnica (sembra quasi delle macchine) del nuovo Sistema informativo della prevenzione.

Ci conforta, d’altra parte, perché nel merito la questione è forse più complicata di quello che sembra a prima vista e richiede una riflessione più meditata.

Innanzi tutto, è bene sottolineare che il Consiglio di Stato non mette in discus-sione tutta la evoluzione giurisprudenziale che ha portato a consolidare la esten-sione generalizzata del campo di applicazione soggettivo della tutela: un dubbio che in prima lettura potrebbe pur emergere.

In secondo luogo, Il Consiglio sembra sviluppare in modo più articolato un ragionamento lineare rispetto alla “legge scritta e mai abrogata” di cui abbiamo più volte parlato, che potrebbe essere così ricostruito: l’evoluzione giurispruden-ziale ha superato tutti i vincoli normativi per il campo di applicazione soggettivo salvo quello - sul piano oggettivo - che richiede il legame del rischio non con il

“lavoro”, ma con una lavorazione, come del resto conferma lo stesso meccani-smo di tabellazione (lavorazioni che espongono a...)

In questa logica, l’intervento della Corte costituzionale non avrebbe superato il vincolo, poiché la Corte avrebbe sindacato il fatto che il lavoratore non potesse dimostrare l’origine professionale (rispetto ad una lavorazione) della malattie manifestatasi. Potrebbe essere ultroneo il richiamo degli articoli 1 e 4, essendo sufficiente il richiamo di tutto il meccanismo di considerazione delle malattie professionali in ambito assicurativo.

La conclusione è che in questo quadro resta difficile individuare - leggendo la legge scritta e mai abrogata - per il mobbing (e per la costrittività organizzativa) la “lavorazione” che esponga la rischio, sicché l’unica soluzione sarebbe quella di delimitare il campo a quelle lavorazioni specifiche che, per le ordinarie moda-lità di svolgimento, possano comportare un livello di costrittività abnorme rispet-to alle specifiche condizioni psico fisiche del lavorarispet-tore interessarispet-to.

Senza entrare nello delle argomentazioni dei giudici65, esse vanno approfondite e dibattute nella loro portata immediata e di prospettiva, sempreché non si accet-ti di uscire, come riteniamo indispensabile, dal quadrato del dibataccet-tito esegeaccet-tico su “norme che non ci sono più”, per partire dalla constatazione che si tratta di tema centrale del dibattito sulla tutela delle condizioni di vita e di lavoro in azien-da, da leggere - proprio partendo dal decreto 81/08 - non più solo in ottica di sicu-rezza ed igiene del lavoro, ma anche in termini di qualità della vita e relazioni professionali del soggetto interessato.

20.2. La disorganicità del sistema assicurativo ed i nuovi nuovi scenari di