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Le riflessione sommariamente svolte confermano che è essenziale ridimensiona-re il risalto di iniziative emozionali, meritorie sul piano umano, ma che attivano una pericolosa deriva assistenziale, portando fuori dall’assicurazione, ad esem-pio, interventi che dovrebbero trovare collocazione nel sistema assicurativo per la parte propria di esso. La conseguenza è che, l’attimo dopo, queste iniziative implodono o si attiva il percorso inevitabile di estensione a tutti coloro che si tro-vino in posizione analoga, come nel caso del Fondo per le vittime dell’amianto, la cui attivazione incontra grosse difficoltà.

Né sono risolutivi interventi su singole componenti del sistema, come dimostra il decreto 38/2000.

Queste nostre riflessioni, volutamente disordinate, confermano che in questo modo via si crea una situazione nella quale si risolvono singoli problemi senza poter salvaguardare il valore primario della coerenza del sistema.

La coerenza è ricostruibile solo con una scelta a monte - la ipotesi ricostruttiva globale del sistema - che rilegga il complesso dei temi interconnessi fra loro, fra i quali spiccano:

- il campo di applicazione oggettivo e soggettivo;

- l’esonero dalla responsabilità civile;

- le motivazioni del “privilegio”;

- la traduzione di esso in un diritto di garanzia a monte dell’evento infortunistico;

- la continuità fra tutela prevenzionale e assicurativa sollecitata dal decreto 81/08 e rafforzata dal decreto correttivo che riconosce un ruolo attivo dell’as-sicuratore nelle terapie per l’infortunio;

- la scelta su quanto investire in prevenzione e quanto in protezione e “reinte-gro” fisico e professionale, anche per tener conto di prospettive, oggi futuribi-li, circa le opportunità offerte dalle staminali;

- la continuità fra tutele pubblicistiche e privatistiche, in analogia con quanto si verifica in altri settori ed in coerenza con i criteri di sussidiarietà;

- la necessità di una considerazione autonoma, non necessariamente separata, della tutela per le malattie professionali per le quali è forte la spinta per un

“aggancio” alle malattie “comuni” piuttosto che agli infortuni sul lavoro.

La definizione dei principi guida della riforma, cioè, non può essere trattata per temi, come accaduto finora, ma deve declinare una scelta di fondo circa il modo in cui si intenda tutelare il lavoratore rispetto ai rischi professionali.

A questo proposito, riteniamo che sia necessario partire dalla constatazione, più volte richiamata, del fatto che resta salda l’attenzione privilegiata per detta con-dizione, ribadita dalla Costituzione ed avvertita come patrimonio comune dalla coscienza sociale.

Partendo da questo dato occorre decidere, poi, quale debba essere un livello di tutela “adeguato” secondo la Costituzione, con una lettura dinamica dei suoi principi, ma senza cedere alla suggestione di modulare volta per volta l’adeguatezza in ragione di interessi generali e della situazione della finanza pubblica, con un ruolo “etico” dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, e senza chiedersi fino a che punto la spesa in questione possa considerarsi

“pubblica”.

Occorre, altresì, chiedersi in sede politica se l’adeguatezza debba essere garanti-ta a togaranti-tale carico del sistema pubblicistico, per tipologia di danni ed entità degli indennizzi, con una risposta non “di bandiera” ma che, partendo dall’articolo 38, tenga conto dei profondi mutamenti e crisi in atto e della ricchezza e varietà di tutela pubblicistiche e private che, come si è ricordato, “fronteggiano” le situa-zioni di bisogno e disagio sociale.

Per tentare di costruire una prima ipotesi di lavoro, il punto di partenza può essere, dunque, quello di recuperare in termini giuridici il “comune sentire” rispetto all’in-fortunio al fine di confermare l’essenzialità di un sistema che:

- non sia necessariamente monolitico (tutto pubblico, tutto nel pubblico), ma modulato con una lettura evolutiva dei principi costituzionali e della realtà sociale ed economica del Paese;

- privilegi la garanzia di tutti i mezzi necessari ed utili per favorire - in modo personalizzato - un pronto e proficuo reinserimento nel circuito economico e sociale di lavoratori che le riforme del Welfare considerano primari protagoni-sti del proprio benessere restando da verificare se la forma assicurativa conti-nui ad essere la soluzione più adeguata;

- prenda atto - ed il correttivo del decreto 81 lo ha fatto - che il sistema nitario (tutto ciò che viene dopo, come prevenzione della invalidità ed inden-nizzo di essa) è una componente di un sistema più ampio di tutela per i rischi professionali, essa stessa essenziale al pari degli interventi volti a prevenire l’accadimento lesivo.

In questa prospettiva riteniamo che solo il diritto di garanzia, nei termini più volte richiamati consenta di modellare le tutele rispetto alla realtà ed effettività dei bisogni, che non può essere uguale per tutte le categorie, qualora non si voglia scadere in un assistenzialismo che per dare poco - ed uguale - a tutti costringe chi può a fare da solo per realizzare un minimo di sicurezza per il proprio futuro.

A partire da questa idea guida sono delineabili vari scenari di tutela e di riforma, ispirati a principi e criteri comuni, per un verso, diversificati per altro. Per i prin-cipi comuni si tratta, ad esempio, di verificare se possano considerarsi tali:

- la completa attuazione sul piano formale del dettato costituzionale con tutela di tutti i lavoratori: coloro che producono un reddito in termini di ricchezza, monetaria e non, senza escludere quanti svolgano attività socialmente rilevan-ti per i quali la scelta possa essere modulata in modo specifico, nel rispetto del criterio di identificazione del campo di applicazione;

- il recupero di spunti presenti nel T.U. del 1965 per un orientamento attivo del sistema indennitario volto a favorire la costante presenza della persona sul lavo-ro ed il parallelo mantenimento/sviluppo della presenza sociale e familiare;

- l’adeguata considerazione delle diversità di situazioni e bisogni per consentire una risposta modulare ed equilibrata nelle sue componenti;

- l’attenta considerazione degli sviluppi finora realizzati sul piano legislativo e giurisprudenziale, avendo il coraggio di innovare anche profondamente ma evitando soluzioni di continuità non imposte dal variare degli scenari e senza escludere modifiche in un quadro di miglioramento complessivo.

A seguire rispetto a questi criteri comuni si possono esemplificare alcune ipote-si: alternative che si differenziano nei termini di seguito schematizzati.

1) Razionalizzazione nella continuità di un sistema di tutela sociale che:

- recuperi l’impianto assicurativo con riferimento, per il finanziamento, ai valori di corrispettività e mutualità di settore, temperandoli con interventi solidaristici, purché trasparenti, selettivi e finalizzati;

- garantisca un adeguato livello di tutela, congegnato per consentire un aggancio senza soluzione di continuità con forme complementari (priva-to/collettive, privato/individuali) volte al miglioramento complessivo del livello di tutela, frutto della cooperazione di soggetti pubblici e privati, governato dallo stesso destinatario della tutela e non frutto di “casualità”;

- realizzi corrispondente chiarezza nella posizione del datore di lavoro come coprotagonista della tutela e soggetto la cui responsabilità civile abbia una chiara definizione: un diritto di garanzia, anche per lui, rispetto al rischio che grava sulla sua azienda.

2) Una prospettiva assicurativo-previdenziale che già concretizzatasi secondo alcuni (v. poi, nota 74):

- superi il principio assicurativo e la sua logica transattiva;

- costruisca un modello che, rispetto a tutele di base per la prevenzione della invalidità (sintesi di prestazioni sanitarie e di sostegno del reddito), garan-tisca un indennizzo sotto forma di prestazione aggiuntiva a quella pensio-nistica ordinaria;

- escluda forme di esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro.

Nel rispetto del dettato costituzionale (frutto del combinato disposto di tutte le disposizioni in tema di lavoro e della salute) questa soluzione potrebbe funziona-re purché, in parallelo, si concludesse la trasformazione dell’INAIL in ente moto-re della tutela dei lavoratori per i rischi del lavoro, a partimoto-re dal momento della prevenzione.

Si realizzerebbe, così, una presa in carico completa nell’intreccio di un diritto di garanzia con una corrispondente obbligazione dell’assicuratore, chiamato a seguire l’infortunato nel confronto continuo con la menomazione e le sue conse-guenze. La trasposizione previdenziale riguarderebbe solo le prestazioni “perma-nenti” erogate per gli infortuni come addendo della pensione.

3) Una valorizzazione piena della logica assicurativa nel sistema pubblicistico, con un meccanismo che:

- resti nella sfera pubblicistica con attenzione ai principi richiamati dalla Corte di giustizia della UE;

- preveda la possibilità di modulare a sistema la protezione, con garanzia di un adeguato - ed efficace - livello di base, arricchita dalla facoltà di stipu-lare, sempre in detto ambito pubblicistico, polizze flessibili che amplino l’area della copertura assicurativa pubblica, variando prestazioni e livelli senza intaccare integralmente la sfera di libero mercato a disposizione del welfare contrattuale e della iniziativa privata pura;

- conseguente conferma, con conslidamento nella certezza, dell’esonero corrispondente ai livelli - per quantità e qualità - di tutela garantiti.

Sarebbe contraddittorio rispetto all’obiettivo di promuovere e non di chiudere -un dibattito esprimere valutazioni e scelte di su queste tre posizioni; contraddit-torio, cioè, con il leit motiv della nostra riflessione tesa a sollecitare un’analisi approfondita, di spessore storico e attenta a fattibilità economica e rispondenza anche statistica ai bisogni dei lavoratori.

È certo, però - soprattutto per la terza ipotesi - che l’ampiezza dell’area sog-gettiva da codificare, dovrebbe far riflettere sulla adeguatezza di tipologie e livelli di prestazioni uguali per tutti, finora cardine dell’assicurazione.

Cardine ovvio, per un sistema costruito alle origini per gli “operai dell’indu-stria” ma entrato in crisi per l’allargamento della platea di assicurati, l’avven-to degli aul’avven-tonomi ecc.; col rischio di alimentare una deriva assistenzialistica negando un principio base del nostro sistema costituzionale che garantisce eguaglianza a parità di bisogno.

4) Una sintesi possibile delle tre ipotesi

Le tre ipotesi sono accomunate dalla conferma - con varia intensità - della pre-senza pubblica e dal fatto che tutte:

- dovrebbero fare i conti con il deficit della gestione agricola e la garanzia di equilibrio gestionale di detta assicurazione; un problema ridimensionabile con la possibilità di differenziare le prestazioni per i diversi bisogni e la diversa potenzialità economica delle categorie, senza escludere che per alcune - esiste il precedente dei marittimi - interessi generali consentano un intervento di sostegno dello Stato;

- escludono la possibilità di ricondurre il sistema di tutela ad una logica previ-denziale propria di altre forme di tutela sociale.69

Detto assorbimento sarebbe soluzione riduttiva se confrontata sul piano formale con la “idea” della tutela sociale oggi garantita dall’assicurazione pubblica ed alla scelta del decreto 81 di una linea continua fra prevenzione e assicurazione.

Se si guarda alla sostanza delle cose, però, essa non sarebbe affatto riduttiva rispet-to alla deriva assistenzialistica e marginalistica che emerge per i profili indennitari e che privilegia specifiche situazioni di bisogno, finendo per affastellare in modo indistinto categorie professionali diverse per dimensioni, professionalità e reddito70. D’altra parte non si può, per la sola assicurazione infortuni, continuare a trascura-re la sostenibilità dei sistemi pubblicistici che, per le dimensioni degli stessi, mette in discussione l’equilibrio del sistema Paese e la competitività dello stesso sul mercato globale, con un impegno fiscale per sostenere, appunto, i predetti servizi -abnorme rispetto alle potenzialità dell‘economia ed alle disponibilità dei singoli.

A ciò si aggiunga che imprese e cittadini ritengono non solo che il costo dei

servi-69 Solo per inciso, si sottolinea che nella scelta non potrà non considerarsi che i nuovi meccanismi di determi-nazione e calcolo delle pensioni sembrano privilegiare un recupero di valori assicurativi, poiché sono volti a stabilire un costante equilibrio fra contribuzioni e prestazioni ma, al tempo stesso, a confermare il rilievo di una sorta di garanzia assicurativa per i lavoratori circa il valore delle prestazioni attese al compimento dei requisiti di pensionabilità.

70 Si pensi, ad esempio, alle vicende della assicurazione degli sportivi professionisti per i quali si era inizialmen-te posto il problema della contribuzione e della indennità di inizialmen-temporanea di cui appariva problematico individuare un limite massimo. Con D.M. 28 Marzo 2002 il problema è stato” superato” istituendo una specifica voce di tarif-fa con un tasso da applicare alla retribuzione effettiva che non può essere superiore al massimale dell’industria.

La stessa retribuzione è valida ai fini del calcolo della indennità di temporanea, sempre con il limite del massima-le dell’industria sicché in molti casi l’indennità finisce per essere una prestazione “inutimassima-le”.

zi è insostenibile, ma che la loro qualità è assolutamente inadeguata, qualora si con-sideri il servizio pubblico come modalità per trasferire costi individuali, personali o di azienda, su un terzo ovvero conseguire utilità altrimenti non realizzabili.

B) La insofferenza per il “pubblico” e l’assicurazione per le casalinghe