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Rosa di Sion: scritture e riscritture.

3.3 La cugina ebrea

Nel 1920, anno della prima edizione di Rosa di Sion, uscì nella rivista <<Il Sagittario>> un articolo dal titolo: Una magnifica primizia peiana. Il primo

atto inedito di “Rosa di Sion”. In realtà, ad essere dato alle stampe non era il

primo atto di Rosa di Sion, ma del suo intero rifacimento: La cugina ebrea. Questo articolo funge quindi da termine ante quem, importante per stabilire quando Pea cominciò a lavorare alla riscrittura di Rosa di Sion.

Catia Giorni ha curato un'edizione critica del testo, cercando di dimostrare che La cugina ebrea non è una semplice riscrittura della precedente Rosa di

Sion, ma costituisce un'opera autonoma. A dimostrazione di ciò la Giorni

riporta una lettera inedita inviata da Pea a Contini nel maggio 1939, nella quale il seravezzino elenca i propri testi teatrali:

“Le mie cose di teatro infatti sono: Giuda /ripudiato/ Prime Piogge. Rosa di Sion. Tre alberi. Parole di scimmie e di poeti. Passione di Cristo. L'anello del parente folle. C'è un'altra versione di Rosa di Sion dattiloscritta che ti potrei mandare91.”

Questa lettera trova riscontro nella richiesta fatta da Pea a Lisa Zucchetti, la sua segretaria, di una nuova stesura dattiloscritta de La cugina ebrea. Quindi, come termine ante quem per la definitiva stesura di quest'opera potremmo considerare il 1939, dato che Pea ne dava notizia a Contini. Un altro elemento che ci porta a credere che La cugina ebrea fosse un'opera a sé stante, autonoma e conclusa, è il fatto che Pea nel 1948, alla richiesta di una propria autobiografia da parte dell'Istituto americano “World Biography”, elencando le proprie opere, citi Rosa di Sion, ma anche l'inedita

La cugina ebrea92.

90 Abbiamo già notato come anche l'aspetto esteriore dei personaggi venga accuratamente sottolineato da Pea: Elia, raffigurato come un santo dai gesti di grande nobiltà, Rosa, simile ad una Madonna dai capelli cresputi.

91 Le lettere di Pea a Contini, ad oggi inedite, si trovano nel “Fondo Contini” presso la Fondazione “Ezio Franceschini” di Galluzzo.

92 Questa notizia è riportata da Catia Giorni, la quale ha potuto condurre approfondite ricerche all'interno degli archivi statali che posseggono inediti scritti di Pea. In questo caso tali informazioni sono state reperite tra le carte manoscritte conservate nella Biblioteca Centrale di Roma, nella sezione “Scritti vari”.

Prendendo come punto di partenza il fatto che La cugina ebrea sia un testo in sé compiuto, Catia Giorni ne cura un'edizione critica, basandosi su quattro testimoni:

1) bncr:

manoscritto autografo composto da 18 carte sciolte, nelle quali rimane ancora la numerazione inserita dall'autore, e dalle carte 6-8 comprese nel taccuino 50. Questo sarebbe il testimone più antico, dal momento che le correzioni qui riportate sono poi state accolte nella versione edita su <<Il Sagittario>>. Il documento, essendo acefalo, mutilo e privo di didascalie, fa pensare ad un primo abbozzo, steso velocemente in vista della prossima pubblicazione che sarebbe avvenuta nel 1920. Quindi si potrebbe presupporre che il manoscritto sia di poco anteriore a quella data.

2) sag20:

edizione a stampa del primo atto de La cugina ebrea, pubblicato nella rivista <<Il Sagittario>> con il titolo Una magnifica primizia peiana. Il primo atto

inedito di “Rosa di Sion”, pp. 57-61. Questo documento è stato poi corretto

a penna dall'autore e le correzioni sono entrate a far parte del testimone successivo dell'opera, che a sua volta conferma che il primo atto pubblicato non faccia parte di Rosa di Sion, ma di un'opera ben diversa da quella che stava venendo data alle stampe dalla Libreria della Diana in quello stesso anno.

3) fie.ms.:

manoscritto di 26 cartelle, tutte numerate dall'autore, contenenti 52 carte. La carta delle pagine 10 e 11 è andata perduta, mentre quella su cui l'autore ha appuntato il titolo, La cugina ebrea, e l'elenco di tutti i personaggi è a parte. Questo documento è acefalo, in quanto inizia direttamente dal secondo atto: è probabile che Pea, avendo a disposizione la stampa del primo atto pubblicata su <<Il Sagittario>>, abbia ritenuto superfluo riscrivere nuovamente tutto per intero.

4) fie.ds.:

dattiloscritto di 22 cartelle, è incompleto: riporta solo una parte del primo atto e si interrompe alla fine del secondo. Sembra il documento più recente e presenta poche differenze rispetto al testimone precedente, riguardanti soprattutto la punteggiatura. Questo pare confermare l'ipotesi che si tratti

della redazione definitiva e forse proprio della stessa commissionata da Pea a Lisa Zucchetti e destinata a Contini.

Grazie a questi testimoni Catia Giorni ha potuto ricostruire in via congetturale l'intero testo de La cugina ebrea.

Dal punto di vista strutturale anche questo dramma è composto da tre atti, nei quali però le vicende familiari di Elia subiscono forti variazioni.

Il primo atto si apre con un dialogo tra Rosa, Elia e Bianca; già da qui si noterà l'evidente cambiamento apportato alla trama se la sorella di Elia, assente dalla scena in Rosa di Sion, è uno tra i primi personaggi ad esserci presentato ne La cugina ebrea. Altra importante variante sta nel fatto che il primo atto si svolge cronologicamente prima della fuga di Elia. I tre affrontano il tema della religione cercando di aprire un dialogo tra le due fedi: l'ebraismo e il cattolicesimo. Elia è scettico, Rosa è pienamente convinta della propria fede, mentre Bianca è suggestionata dalle opinioni del fratello e della cugina. Le battute pronunciate da Elia dimostrano quanto il giovane sia diffidente nei confronti della religione:

Elia: Furono le guerre.

[il tempio] Non crollò per miracolo.

Elia: Io non mi salvo più con nulla...

A tal punto da prendersi gioco delle credenze usuali legate alla Sacra famiglia:

Bianca: L'hai veduta la capanna di paglia, dove nacque Gesù?

Elia: (scherzevole) Perbacco! Era di paglia secca. Può esserci sempre? Bianca: (a Rosa che non risponde) Allora non c'è più?

Elia: Se fosse stata di cemento armato... Bianca: (come sopra) Allora non c'è più?

Elia: L'hanno mangiata i topi bianchi di re Faraone...

Dopo varie disquisizioni, in cui è Rosa la sola ad essere certa della propria fede, Bianca ha come una crisi mistica:

(Bianca trema poi lascia andare il drappo e cade in ginocchio) Bianca: Ho paura! Ho paura! Gesù mi guarda!

[…] Credo! In te, Gesù Messia!

Da questo momento in poi Bianca non comparirà più sulla scena, sapremo soltanto dopo, dalle parole del padre, che essa si è fatta monaca.

sprezzo a Rosa: motivo di disaccordo è un drappo, appartenuto al padre quando era ancora ebreo e che Rosa sta ricamando per sé:

La madre: (con ironia) Ahn! Ho capito: E' un santo cencio ebreo... (Poi duramente) Mio marito non ama ricordarsi di queste cose... E non

è contento di certe vostre narrazioni... E' meglio anche per voi tacerle... A quest'ora avreste potuto accasarvi bene: non siete una bimbetta... Certe cose capitele... Volete che vi si stampi un ebreo, per non incanutire zitella in casa d'altri? O sperate di convertire in ghetto il vicinato? E in una sinagoga questa casa? E' meglio per voi fare come han fatto gli altri... Tempo, esempio avete avuto: basta!...

Con questo monologo Pea ci presenta una madre diversa da quella di Rosa

di Sion: qui la madre esprime chiaramente quello che nel dramma

precedente potevamo soltanto intuire, dal momento che le sue battute erano estremamente concise e mai rivolte a Rosa. L'astio e l'insofferenza con cui la madre si rivolge a Rosa mettono in luce gli aspetti più negativi della sua persona, dal momento che le rinfaccia di vivere alle spalle della propria famiglia. Anche di fronte a Don Luca la madre continua la sua perorazione contro gli usi della nipote, ma Rosa, diversamente da Rosa di Sion, dove il suo atteggiamento risultava remissivo fino all'eccesso, ne La cugina ebrea fa sentire la propria voce e mantiene le proprie posizioni:

La madre: […] Si può dire che in ogni settimana ci sia pretesto di

costumi ebrei.

Rosa: In ogni settimana c'è un sabato.

La madre: Già, già: un sabato e in quel giorno può bruciare tutto sul

fornello.

Rosa: Io di sabato non posso toccar fuoco.

Dopo aver congedato stizzosamente Rosa definendola una stregoneria

vivente, la madre si rivolge a Don Luca affrontando il problema

dell'allontanamento di Bianca da casa. Il pretesto è quello che la sua permanenza potrebbe risentire dell'influenza della cugina, mentre in realtà sappiamo che la vera ragione è nascondere a più occhi possibili la tresca della madre con Giovanni che subito appare sulla scena. A questo punto assistiamo ad ogni tentativo della madre di scacciare Don Luca per poter rimanere sola con l'amante. I due parlano di Elia, della sua ribellione nei confronti del capomastro, ma sentendo tornare Don Luca la madre nasconde

l'amante dietro una porta secondaria. Al che sopraggiunge anche Elia, avendo saputo che la madre e Giovanni erano rimasti soli. La doppiezza della donna è evidente dal momento che, sentendosi minacciata e in atto di essere scoperta, diventa aggressiva:

La madre: (Spaventata) Ma che vuoi? Che vuoi?

[…] (Improvvisamente cattiva) E modera il tuo carattere...

Si chiude così il primo atto, nel quale ci sono già tutti gli elementi per il definirsi delle vicende successive. Il secondo atto non è che una ripresa del primo atto di Rosa di Sion: il padre, Don Luca e la madre discutono riguardo al ritorno di Elia e mentre il padre attende impaziente, la madre spera in un niente di fatto, tenuta a freno dal buon senso di Don Luca. Entra Elia e la scena si svolge esattamente come in Rosa di Sion: ottiene il perdono dal padre, mentre gli viene negato dalla madre e s'incontra con Rosa. E' da questo momento che ci sono interessanti varianti, le quali non sono che piccole sfumature rispetto al testo precedente, ma che in realtà significano molto al fine dell'esito della vicenda. Elia, dopo aver recitato con Rosa un passo della Bibbia, spiega ora chiaramente i motivi dl suo ritorno alla fede:

Elia: Per te, cugina, son tornato ebreo. Ora capisco quale forza abbia l'amore. Ora capisco e scuso mio padre, perché so che a questa magica potenza nulla si oppone. Sono tornato ebreo e mi sono industriato di rimanerti fedele fino alla scelta dei fiori. E t'ho portato anche il rosmarino degli orti di Sion, e la mortella che sta sull'uscio delle sinagoghe per la benedizione del tramonto...

Rosa: (Appoggia una mano sulla bocca di Elia) Zitto che siamo in

casa di cristiani!

Elia: Siamo tornati dunque in schiavitù?

Rosa: Non eran nate serve queste mani e invece... Elia: (Interrompe) Queste mani son mie

(Le bacia una nel palmo e una nel dorso)

Rosa: (Come continuasse) E invece, hanno servito qui tutti. Ma non

han messo un sasso sulla tomba del padre...

Elia: (Interrompe caldo come prima) Ti riconduco io a Sion. Conosco

le preghiere dei Caldei che si dicono ai morti.

Rosa: (Adesso con gioia) Se sarà vero, Elia, ti parrà di essere qui. C'è

bello come qui e in più ci sono i nostri santi. C'è bello e non avresti nemmeno rammarico di starci anche per sempre. Io lo ricordo bene, c'è

come qui, come qui... Elia arrivai qui di notte. Con tanti giorni di viaggio, e tanta nostalgia nel cuore, ma quando vidi questi monti viola, e rividi gli ulivi, io risono a Sion ed ho sognato dissi... C'è bello come qui, come qui...

Ho riportato questo lungo spezzone di dialogo a dimostrazione dei cambiamenti avvenuti nel dramma in questa seconda stesura. Innanzitutto Elia riconosce di aver cambiato il proprio credo per amore, esattamente come il padre. Elia definisce l'amore come una magica potenza a cui nulla si

oppone: la sua dunque, più che una vera fede è un riconoscimento alla donna

amata; e ciò troverebbe conferma in quello scetticismo iniziale che Elia aveva manifestato nei confronti di ogni credo. Quando Rosa parla dei suoi anni in casa dello zio e di come le sue mani abbiano servito tutti, Elia la interrompe e le bacia. Questo nuovo Elia è molto più impetuoso del primo nel suo atto d'amore, tanto che Pea lo definisce caldo: egli è più preso dal sentimento che lo lega a Rosa piuttosto che da quello della vendetta. La stessa Rosa, remissiva al limite dell'inazione, pentita per ogni slancio d'amore in Rosa di Sion, è qui molto più vitale e positiva; non si colpevolizza per essersi lasciata andare ad un sogno d'amore. La Versilia non è più il riflesso in negativo di Sion, con le vie torte come le vie della

fortuna, ma entrambi i luoghi possono essere felici e lo saranno in un finale

nuovo.

Il secondo atto si chiude con la notizia della morte di Bianca, racchiudendo in un circolo l'intero primo atto di Rosa di Sion, seppur con le importanti varianti che abbiamo riportato.

Il terzo atto inizia riprendendo il secondo di Rosa di Sion, in cui Elia racconta a Rosa il giorno della scoperta del tradimento della madre e, a questo punto, ciò che potevamo soltanto intuire nel dramma precedente diviene certezza per le parole di Rosa: Bianca si è fatta monaca per non dover più assistere all'infedeltà della madre.

Rosa: Si, in tutti era certezza la tua innocenza. Anche la morta capì e

da quel giorno diradava di trovarsi sola con tua madre. Sospirava e pregava e diceva: “E' bene che io me ne vada”. Il proposito si fece ostinazione tanto che vinse il contrario parere di Don Luca e lo strazio del padre...

da paragonarsi alle rondini, paragone usuale in Pea che ritroveremo anche in

Prime piogge d'ottobre:

Rosa: E' vero. Noi siamo di passaggio da questa contrada. Pellegrini

pazienti: aspettiamo l'ordine per rimetterci in viaggio alla giusta stagione. Che diresti Elia se tu vedessi le rondini trasmigrare da giù al principio d'estate?

Elia: Direi che han presentito l'avvicinarsi dell'uragano.

Rosa: E non diresti piuttosto che le rondini sono impazzite, perché la

legge delle stagioni non muta?

Elia: Direi, che han presentito la tempesta e che sono impazzite dalla

paura.

Elia e Rosa, simili a rondini che decidono di trasmigrare in un periodo non favorevole perché impaurite dall'arrivo della tempesta, temono la morte del padre e del momento in cui Giovanni ne prenderà il posto rendendo la loro vita impossibile. Rosa cerca di convincere Elia a fare il proprio dovere, ma il giovane preferirebbe partire ora senza fretta, con l'anima crucciata piuttosto

che imbrattarsi le mani di sangue. Rosa, spaventata dai propositi dell'amato,

decide di seguirlo, ma i due sono trattenuti da Don Luca:

Don Luca: Ve ne vorreste dunque andare? Fuggire, volete dire... E lo

scandalo nel paese? E abbandonereste la casa proprio adesso? E io che ho fatto tanto perché tu rimanessi qui, che ne hai diritto. Che è casa tua del resto. Senza saperlo avrei tenuto mano a una tresca?

Elia: Forse, senza saperlo, a qualche tresca sì... avete tenuto mano...

La tresca a cui si riferisce Don Luca è ovviamente tra Elia e Rosa, ma Pea sposta argutamente la prospettiva a quella reale tra la madre e Giovanni. E così Elia, rimasto solo con Don Luca mette in atto il suo piano: far sì che il parroco scopra a sua volta la relazione adulterina della madre:

Elia: […] Ma credetemi; qui dietro di noi (accenna al lato opposto del

corridoio, sul portico) c'è una bestia pericolosa e immonda. Di là, non può andarsene, perché ci sono soltanto finestre, e alte. Per andare via dovrebbe passare o dal portico, o da quella porticina che è qui in fondo alla scala dl corridoio. Questa è la chiave. Comunque stando qui si è come cacciatori in un capanno all'aspetto... potrei aspettare. La bestia scempia entrerebbe, uscirebbe dal suo nascondiglio. E poi? E poi quel povero vecchio morirebbe di crepacuore. Ecco perché volevo fuggire prima del vostro arrivo. Ora, io, esco per di là. Fingete di andare da

mio padre, e ritornate. Sorprendete la bestia già impaziente di aver trovato la porta chiusa...

Attraverso questo stratagemma Elia fa in modo che Don Luca scopra l'infedeltà della madre, umiliandola e facendo in modo che lei sia costretta a cacciare via Giovanni. L'omicidio, inevitabile in Rosa di Sion è così sventato, anche se Elia non riesce comunque a trattenere l'ira per qualche istante tanto da puntare una pistola contro il capomastro. Il pensiero del dolore del padre a tale scoperta e la paura di velocizzarne la morte, fanno desistere Elia che si accontenta di prendersi soltanto la propria rivincita personale. Alle grida per il trambusto accaduto, sopraggiunge il padre, al quale viene data la notizia di un amore, ormai non più segreto: quello di Elia e Rosa che si sposeranno.

Come avevo precedentemente accennato, qualcosa in questi anni doveva essere cambiato in Pea se quest'opera, pur basandosi sugli antefatti di Rosa

di Sion ha, contrariamente a questa, un finale estremamente positivo. Tutto

lo svolgimento de La cugina ebrea è caratterizzato da una narrazione più lineare, di ampio respiro, fatta anche di momenti ironici e di sotterfugi che fanno sorridere il lettore. Alla morte di Rosa e del padre, che caratterizzava la chiusura del precedente dramma, si oppone un finale in cui trionfa l'amore e una sorta di rivincita personale: la madre è stata definitivamente smascherata e umiliata, Giovanni è cacciato via per sempre, Elia riesce a coronare il suo sogno d'amore e il padre rimane ignaro di tutti gli intricati avvenimenti svoltisi nella sua casa. Manca poi tutta la polemica sociale che caratterizzava il finale di Rosa di Sion, in cui si svolgeva la rivolta degli operai: non sappiamo se Pea abbia accolto il suggerimento dei suoi amici, in particolare Salvatori, di eliminare un finale così pericoloso a livello sociale, oppure se l'autore abbia optato per una vicenda intimamente familiare dai risvolti meno drammatici. Fatto resta che, pur mantenendo alcuni dialoghi e scene pressoché identiche a quelle di Rosa di Sion, La cugina ebrea può ritenersi un'opera autonoma, pienamente compiuta ed originale.

Lo stesso stile narrativo mostra in che modo l'autore abbia voluto far cambiare direzione alla sua opera precedente: i dialoghi sono più lunghi, al contrario delle didascalie quasi assenti, meno spazio è dato al sotteso e gli eventi sono chiaramente esplicati dai personaggi, c'è un'ironia diffusa e

manifesta93. Diversamente da Rosa di Sion in cui molti atteggiamenti o gesti

dei personaggi erano descritti nelle didascalie, nel caso de La cugina ebrea si può dire il contrario: qui sono i personaggi stessi a parlare, a dimostrare attraverso le proprie parole ciò che realmente sentono, provano e pensano. Se la madre risultava abile nei sotterfugi per i suoi bisbigli, solamente descritti da Pea, qui ne abbiamo una prova: quando nasconde Giovanni dietro una porta e poi, temendo di essere scoperta, alza la voce con il figlio per scacciarlo e liberare l'amante; quando cerca a tutti i costi di mandare Don Luca dal marito per avere il pretesto di rimanere sola con il capomastro. Se Rosa appariva timida e sottomessa, ora reagisce e si difende dalle accuse che le vengono rivolte e lo stesso Elia prende in mano la propria vita, svoltando astutamente gli eventi a proprio favore. Mettendo nuovi dialoghi in bocca ai propri personaggi e dando maggiore spazio alle loro voci, Pea fa in modo che ne risultino caratteri molto più definiti e chiaramente individuabili: Bianca risulta debole e influenzabile, la madre cattiva e prepotente, Rosa dolce, ma decisa, Elia astuto e ardente nel suo amore per la cugina, Don Luca paterno e giusto, il padre amorevole e distratto.

Le poche didascalie che costellano il dramma riguardano principalmente il

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