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Rosa di Sion: scritture e riscritture.

3.2 Rosa di Sion

Passiamo ora ad analizzare Rosa di Sion, rappresentata per la prima volta nel 1919 al Teatro Sperimentale di Bologna dagli attori Giannina Chiantoni, Egisto Olivieri, Romano Calò e Lina Tricerri.

Questo dramma, suddiviso in tre atti, era illustrato da xilografie del pittore Lorenzo Viani53, amico di Pea. Essendo disperso il copione della prima Sion

è impossibile stabilire quali cambiamenti apportasse questa nuova stesura, ma dalle battute recuperate e sopra citate è probabile che la trama rimanesse sostanzialmente identica54. Non sappiamo se in Sion fosse già presente la

52 Una tragedia d'argomento ebraico in Italia, in <<Il Corriere Israelitico>>, Trieste, 15 febbraio 1912.

53 Lo stesso Lorenzetti nell'articolo citato alla nota 1 parla di una copertina, di illustrazioni

ad inizio e fine d'atto con i relativi ornamenti e di due bozzetti di scena , per il personaggio del padre e per la scena del primo atto che Viani avrebbe realizzato per

l'amico.

54 Sappiamo che in Sion Elia recitava: ...mamma sono tornato con la fede

ch'era già grande prima del battesimo e che mio padre l'ha dimenticata per voi mamma

figura di Bianca, la sorella di Elia, fattasi monaca per sfuggire alla vista del tradimento perpetrato dalla madre, e morta in convento. In Rosa di Sion, pur non ricoprendo alcun ruolo sulla scena, questa figura acquista un ruolo importante a livello della trama e del risentimento che Elia prova nei confronti della famiglia.

Invece, per quanto riguarda la stesura del dramma, ci sono grossi cambiamenti: possiamo infatti ipotizzare, dai pochi versi conservatici, che

Sion fosse interamente in versi, mentre Rosa di Sion è totalmente in prosa55.

L'opera inizia in medias res con Don Luca e il Padre che parlano del ritorno di Elia: ritorno tanto sperato e aspettato dal padre, quanto indesiderato dalla madre. A mediare la situazione c'è il parroco che tenta di far ragionare la madre, proponendosi quale intermediario per placare il carattere impetuoso del figlio:

Il padre: Ascoltavo l'andare dei passanti sulla strada maestra. A quando

a quando sentivo l'uggiolio del nostro cane. Lungo lamento che mi facea male.

Ed ogni tanto mi sembrava udire un battere di nocche sulla porta. Sono stato nell'ansia sino a giorno.

[...]

La madre: Meglio, meglio per noi se non tornasse.

Don Luca: Signora, non le dite queste cose. Una madre non deve dire

questo, s'anche fosse un figliolo snaturato. […] Parlerò con Elia. Gli metterò dei patti ben precisi. Sarà emendato dalla sua superbia56.

A questo punto entra in scena Elia. Pea ce lo presenta, in didascalia, nelle vesti e nell'atteggiamento tipiche dei santi:

(Apparirà sulla porta centrale la magra figura di Elia. Avrà sulle braccia dei fiori selvatici, e in mano un libro chiuso, e con l'indice tra le pagine. Porterà i segni del lungo viaggio, ma dal suo atteggiamento trasparirà una grande nobiltà […] si avanzerà a fronte alta e con passo sicuro verso il camino, e porgerà tutte e due le mani al padre.) Elia porgerà il perdono al padre, mentre la madre lo rifiuterà sdegnata, facendo avvampare il figlio di una collera mai sopita, che lo porterà ad accusare Don Luca, la cui toga non porta verità. A questo punto entra in scena Rosa, la cugina ebrea di Elia, da lui amata, ricambiato. I due recitano a

55 Fatta eccezione per quegli inserti del canto del Maggio sopra citati. 56 E. Pea, Rosa di Sion, Piero Gobetti editore, Torino, 1923.

memoria il ventiseiesimo salmo della Bibbia che la donna aveva donato al cugino prima della fuga:

Elia: […] <<Sia diligente il giudice, e condanni il falso testimone.

Occhio per occhi, dente per dente e piede per piè... […] Porgi, o Signore, ascolto alla giustizia, porgi l'orecchio alla mia orazione, ascolta il grido dell'anima mia>>.

Rosa: <<Hai visitato il mio cuore di notte, e in esso non hai trovato

colpa. Sostienmi i passi per i tuoi sentieri, tienmi coperto il capo con le ali, guardami con la tua bianca pupilla>>.

Passi fondamentali a livello della trama che andrà dispiegandosi in un intreccio tra passato e presente volto a chiarire lo snodo della vicenda. Elia infatti, dirà il falso di fronte al padre per coprire il peccato della madre e, così come lui ucciderà Giovanni, privando la madre dell'amato, altrettanto faranno gli operai della sua fabbrica uccidendo Rosa. Quest'ultima sembra presentire la propria fine e la tragedia che incombe, avvertendo presagi nella natura stessa, secondo quel principio peiano per cui l'ambiente circostante non è che un riflesso di un'entità sovrannaturale volta a manifestarsi57. Al

risentimento per il duplice tradimento della madre, si somma in Elia il dolore per la morte della sorella Bianca, morta da monaca dopo aver perdonato la madre. Non è chiaro, ma si intuisce che Bianca, pur non avendo assistito al tradimento della madre, ne sia venuta a conoscenza ed abbia deciso di sottrarsi volutamente alla casa paterna. Si chiude, quindi, con la morte di un'innocente il primo atto.

Il secondo atto si apre con la confessione di Elia a Rosa riguardo il fatidico giorno della scoperta della relazione tra la madre e Giovanni. Elia vorrebbe andarsene subito con Rosa, non aspettare la morte del padre a cui succederà tempestivamente il patrigno. A questo punto dell'intreccio si ode una strofe di maggio:

Una voce: <<Siedi, o Spartaco, sul trono>> Un'altra voce: << Io non siedo sullo scranno,

<<dove Silla siede e impera. <<Io non porto la gorgiera << non ho l'elmo del tiranno>>.

Non si può certo credere un caso che Pea abbia inserito questo canto nel

57 Rosa: […] per gli uliveti ch'anno le vie incise, torte come le vie della fortuna. Ma menan sempre all'uscio di una casa, e dentro c'è qualcuno ch'è infelice.

momento in cui il padre sta morendo e Giovanni è pronto a prenderne il posto. Elia rifiuta il ruolo di tiranno, come quello di successore di suo padre, ma questo apparirà ancor più chiaro sul finale quando egli ne rifiuterà l'intera eredità. A questo punto Elia mostra a Rosa le due figure che egli sta lavorando con la creta: i due dovrebbero essere Paolo e Francesca, ma portano i volti dei due adulteri ben più vicini alla realtà e alla vita di Elia. Quest'ultimo farà in modo che la madre e l'amante rimangano da soli, poi, vedendo le impronte dei due sul gesso che egli aveva sparso proprio per dimostrare la loro colpa, avvamperà d'odio e di vendetta. Gridando all'affronto contro il padre morente Elia ferirà a morte Giovanni con un compasso – e non sarà un caso se proprio in quel momento si riudirà il

canto del maggio, che inneggia alla morte del tiranno- e lo finirà gettandogli

addosso un secchio di gesso. Solo a questo punto il padre capirà veramente come sono andate le cose:

Il padre: Dov'è mio figlio? Figlio sventurato, ridammi un'altra volta il

tuo perdono. Anima generosa, figlio santo, perdonami, ero cieco. E fui cattivo. Che non riveda quella donna, io! Ma perché non l'ho uccisi tutti e due? Io, sai... L'ho ucciso io.

Allora Elia, volendo che il padre muoia in pace, scagiona la madre e si addossa tutta la colpa. Il secondo atto termina con il bacio suggellatore di Elia alla madre.

Il terzo ed ultimo atto si apre con la morte del padre, il quale prima di spirare chiede ad Elia di perdonarlo e di portare Rosa con sé. Rosa inizialmente si oppone alla fuga, ma la forza dell'amore e la speranza di una nuova vita la fa cedere, senonché Don Luca, favorevole alla partenza di Elia, non lo è altrettanto a quella di entrambi. Mentre i due uomini discutono sulla fuga e sull'eredità lasciata a Elia dal padre, Rosa ripete due volte tra sé: Ha gli

occhi aperti [il padre]. Aspetterà qualcuno per portare con sé?. Queste sue

parole sembrano anticipare il finale e ciò che accadrà di lì a poco. Non appena Elia ha deciso di rinunciare all'eredità, una folla di operai si avventa contro la casa di famiglia gridando insulti e minacce per l'uccisione del capomastro. Elia si sporgerà dalla finestra per difendersi, schivando le pietre lanciate dagli operai infuriati. Per salvarlo dal linciaggio Rosa cercherà di farlo allontanare, rimanendo uccisa da un colpo d'arma da fuoco. Il dramma

si chiude con la battuta ricorrente nella mente di Rosa: Questi occhi aperti

aspettano qualcuno!

Rosa di Sion fu pubblicata per la prima volta nel 1920 presso la Libreria

della Diana di Napoli.

Fu poi nuovamente edita nel 1923 da Piero Gobetti che incluse in appendice alcune considerazioni sul dramma, già apparse in un suo articolo l'anno precedente58. Gobetti, dopo aver premesso che il dramma risulta

difficilmente comprensibile a chi chieda di vedere subito chiaro come per

incanto, individua nell'opera “tre drammi immanenti”: la dissoluzione delle tradizioni famigliari, il ritorno a Sion e il contrasto tra la solitudine spiritualistica dell'aspirazione dei protagonisti e il materialismo estraneo che li annienta. Per quanto riguarda il primo punto è innegabile che Elia si

senta emarginato in una famiglia già profondamente e intimamente disgregata al suo interno, nella quale il tradimento è presente in mille forme. Principale indiziata è la madre, la cui voluttà ha fatto allontanare entrambi i figli, perpetrando un tradimento volto a sconvolgere la vita di tutta la famiglia. Oltre a ciò si consideri il divario religioso all'interno del nucleo familiare, diviso tra ebrei e cristiani: Elia e Rosa da una parte, la madre, il padre, Bianca e Don Luca dall'altra. Ma i valori religiosi risultano ipocriti se il padre, fattosi cristiano per amore della moglie viene tradito proprio da colei per la quale il tradimento dovrebbe essere condannato; se Bianca, fattasi monaca soltanto per sfuggire alla vista della madre adultera, perdonerà in punto di morte ogni peccato da vera cristiana. C'è insomma, una sorta di inversione tra ciò che viene predicato e quella che è invece la realtà delle azioni, riequilibrata e mediata soltanto dalla figura di Don Luca che, sin dalle prime battute, predica un credo fatto di carità e perdono, e che sarà in grado di distaccarsi dai falsi moralismi quando sul finale rifiuterà sdegnato l'eredità di Elia e anzi, gli porgerà il proprio aiuto per organizzare la fuga. Elia e Rosa, fedeli all'ebraismo, recitano salmi dalla Bibbia che li unisce in un legame di amore e comprensione, ma Elia non riuscirà comunque a liberarsi della propria ansia di vendetta e compirà un efferato omicidio. Quindi, pur essendo un dramma con forti risvolti religiosi, Rosa di

58 Mi riferisco all'articolo scritto da Gobetti sotto pseudonimo: G. Baretti, Cronache

teatrali. “Rosa di Sion” di E. Pea (Teatro Carignano, 5 settembre 1922), in <<L'Ordine

Nuovo>>, Torino, 7 settembre 1922, p.5, ora anche in Opere complete di Piero Gobetti, Einaudi, Torino, 1969.

Sion fa emergere soprattutto le passioni dell'uomo in quanto tale,

indipendentemente dal credo di ciascun personaggio.

Per quanto riguarda il secondo “dramma” individuato da Gobetti, il ritorno a Sion, c'è da dire che Sion sta ad indicare la speranza di una vita salva da ipocrisie e falsi moralismi. A Rosa, strappata da Sion per essere affidata allo zio, sembra di ritrovare in Versilia quello che aveva lasciato:

Rosa: […] Tanti giorni di viaggio aveo sofferto, e tanta nostalgia

sentio nel cuore. Ma quando vidi i monti di Versilia tinti di viola, e rividi gli ulivi illuminati dal chiaror d'estate. <<Io risono a Sion, ed ho sognato>> dissi.

Ma in casa dello zio non rivive Sion: Daniele è divenuto ormai cristiano e non c'è più posto per l'ebraismo59, tanto che non se ne può neanche parlare:

Elia: Rosa, per te, sono tornato Ebreo.

(Accennerà al rosmarino e alla mortella che sono tra i fiori sulle braccia di Rosa)

E t'ho portato anche il rosmarino degli orti di Sion, e la mortella che sta sull'uscio delle Sinagoghe per la benedizione del tramonto.

Rosa: (Appoggerà una mano sulla bocca di Elia). Zitto, che siamo in

casa di cristiani.

Elia: (Si turberà). Siamo tornati dunque in servitù?

Rosa: Non eran nate serve queste mani, e invece sono serve da

vent'anni. Elia, non ho speranza di riscatto.

L'ebrea Rosa è rimessa alla volontà di una famiglia che ha cambiato la propria fede e crede per questo di essere migliore, al punto da non rispettare la volontà altrui e renderla schiava, senza il diritto di esprimere la propria diversità. Dunque Sion non potrà che rivivere nella morte quando Rosa, ormai allo stremo delle forze, invocherà: Elia... Elia... Eli...Eli è il vocativo di Dio. Per i due cugini non potrà esserci lieto fine: la speranza di una terra dove essere finalmente felici verrà infranta. Sion rimane idealmente un luogo immacolato dall'ipocrisia proprio perché resta inesplorato.

Il terzo “dramma” insito in Rosa di Sion è per Gobetti il castigo di una

irrealizzabile aspirazione che vien pronunciato dall'esterno. Tutti i

protagonisti di questa tragedia sono costretti ad abbandonare i propri desideri per cause di forza maggiore: il desiderio del padre di veder tornare

il figlio redento e pronto a prendere il suo posto è reso vano da tutta una serie di aspirazioni negate che lo stesso Elia prova su di sé. Il dispiacere per la conversione del padre alla religione della madre, peraltro donna infedele, porta Elia a compiere lo stesso gesto del padre: farsi ebreo per amore60, per

l'unica donna che lo ha sempre rispettato, creduto e amato, Rosa. La madre non riuscirà a coronare il proprio sogno d'amore con il capomastro Giovanni, ucciso dal figlio. Persino Don Luca non vedrà compiersi la propria aspirazione di riappacificare la famiglia e mettere Elia sulla “retta via”. Soltanto le due donne innocenti del dramma riescono, nella tragicità della loro fine, a non far trasparire la propria frustrazione: Bianca, che morirà da vera cristiana perdonando la madre e Rosa, uccisa per salvare il proprio amore. La morte delle due donne porta a fare qualche considerazione: non importa a quale credo si appartenga, perché ciò che importa è che si abbia la vera fede. Questo rispecchia molto il pensiero di Pea: durante l'arco della vita l'uomo, indipendentemente dalla sua religione si comporta come tale, facendosi guidare da emozioni e passioni, celandole sotto il falso nome di una religiosità che alla lunga risulta ipocrita, ma che è fondamentale nel momento estremo del bisogno perché è il sentirsi appartenere e il tornare a qualcosa più grande di noi e delle nostre azioni, la vera consolazione della vita.

Prese come punto di partenza le considerazioni di Gobetti, procederei con un'analisi approfondita dei personaggi. Innanzitutto la madre, fondamentale figura femminile attorno alla quale ruota tutto l'asse della vicenda. Pea, in quasi tutti i suoi scritti di questo periodo, cerca di ricreare una figura di donna- madre che sopperisca a quella mancata nella sua vita. Sappiamo infatti, biograficamente parlando, che la madre di Pea fu assente nella vita del figlio e probabilmente questa mancanza si è ripercossa su tutta la produzione dell'autore. Nel caso di Rosa di Sion il figlio prova per la madre un misto di amore ed odio, di venerazione ed indignazione, di perdono e condanna, che la donna percepisce bene se afferma: Ti partorii per essere

insultata. Il medesimo rapporto ambiguo e doloroso allo stesso tempo lo si

ritrova nella fola di Golia61, abbandonato dalla madre che poi violenterà. Il

60 Elia: Rosa, per te, son tornato ebreo, in E. Pea, Rosa di Sion.

61 Golia esprime, sebbene in modo più violento ed esasperato, tale doloroso rapporto:

“Anche mia madre mi ha fatto soffrire!Sia maledetta mia madre!”, in E. Pea, Fole,

morso che Golia darà a sua madre sulla bocca non è che l'equivalente del bacio dato da Elia come suggello di una bugia che li unirà per sempre. Allo stesso modo la madre di Rosa di Sion ricorda in qualche modo la madre di Giuda, la quale svelerà al figlio la sua discendenza regale. Giuda, come Elia, si sentirà tradito dalla madre che lo costringe a sopportare un peso più grande di quanto non voglia. A queste madri “traditrici” si opporrà la figura di Sara in Prime piogge d'ottobre, che analizzeremo in seguito. In Rosa di

Sion la madre si presenta, sin dalla sua prima apparizione62, come una donna

confabulatrice, piena di segreti e abile nell'arte della dissimulazione. La donna mostrerà subito, senza ritegno, il desiderio che il figlio non torni e anzi, prenderà le distanze da Elia63 per favorire Giovanni. Essa infatti

rifiuterà il perdono di Elia ed uscirà senza rivolgergli altro rimprovero che quello di essere tornato come quando se ne era andato. L'acme del dramma si ha al secondo atto, nel quale si concentra la vera azione drammatica. C'è da notare che il primo atto si era concluso con l'annuncio di Elia della morte di Bianca; notizia che non sembra aver sconvolto eccessivamente la madre che, quando ci viene nuovamente presentata, è intenta in un incontro con Giovanni:

La madre: (Dalla parte opposta apparirà la madre. Spierà nella stanza. Andrà alla porticina di sinistra, farà per aprirla, resterà contrariata. Poi andrà sul portico dalla parte donde è uscito Elia. Nel frattempo apparirà allo stipite Giovanni. Sarà indeciso, rimarrà sul portico. Tornerà la madre. Sottovoce, affannando).

Da questa didascalia appare evidente l'atteggiamento della madre, preoccupata soltanto di essere scoperta, esperta di sotterfugi64. Più volte

tratterrà Giovanni, affannandosi a convincerlo del suo amore e del loro futuro insieme una volta morto il marito; ma Elia li scoprirà e ucciderà Giovanni mentre la madre fuggirà come una furia gridando all'omicidio. Da questo momento in poi la madre assumerà l'aspetto di una statua di cera

accigliata e impassibile, quasi come se la scultura di Elia raffigurante Paolo

62 Ecco in Rosa di Sion la prima didascalia alla quale segue l'entrata inscena della madre:

(Dalla porta di centro apparirà la Madre e il Rosso. Si soffermeranno. Parleranno sottovoce).

63 La madre si riferisce ad Elia chiamandolo tuo figlio rivolta al padre, come se lei lo avesse già rinnegato.

64 La madre: Sono arrivata in cima al parapetto della gradinata ed ho tossito perché si voltasse [Elia]..., in Rosa di Sion, p.22.

e Francesca, ma con i volti dei due amanti, avesse preso realmente vita: Giovanni perché sfigurato nella morte con un secchio di gesso, la madre perché pietrificata dall'odio e dal dolore. Nonostante Elia scagioni successivamente la madre da ogni colpa e si addossi ogni responsabilità, quest'ultima non pronuncerà più alcuna battuta e apparirà di scorcio soltanto nell'ambiguo finale. Un'ulteriore considerazione va fatta riguardo al fatto che la madre è l'unico personaggio del dramma a non avere nome – anche il padre viene chiamato “il padre”, ma sappiamo sin da subito che si chiama Daniele-; quasi che Pea abbia voluto rendere soltanto questo personaggio simbolico ed esemplare.

L'altro personaggio femminile del dramma è Rosa, la cugina ebrea di Elia che dà nome a quest'opera e al rifacimento successivo65. Rosa fa da

contraltare alla madre per la sua fedeltà all'uomo amato, con il quale condivide non soltanto l'ardore religioso, ma anche e soprattutto l'ideale di una giustizia umana che esuli dalla fede. La didascalia che precede l'entrata

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