a. LA DEMONOLOGIA DI GIUSTINO TRA APOLOGIE E DIALOGO
La natura della riflessione sulla categoria del demonico, che consente un dialogo effettivo tra cristianesimo e mondo ellenistico da una parte, ma anche, dall’altra, tra cristianesimo e mondo rabbinico, spiega il rilievo che la demonologia occupa nelle opere di Giustino.
Proprio al fine di consentire un dialogo con il suo eterogeneo pubblico, nelle opere di Giustino nessuna componente della demonologia è trascurata: la figura del δαίμων, con riferimenti alla coeva produzione ellenistica, è delineata in maniera comprensibile al referente pagano delle Apologie, e, con dovute e profonde differenze, è analizzata nel Dialogo con Trifone in riferimento a lettori che abbiano padronanza della materia biblica.
In rapporto alle differenti culture con cui il Cristianesimo si confronta, le opere di Giustino, pur nell’ambito di una visione unitaria del problema, mostrano
479 Cfr. Ascensione di Isaia 3, 13: qui, però, si possono rinvenire le tracce di una profonda differenza tra la prima e la seconda parte dell’opera, come mostra l’indicazione di una condanna senza possibile remissione per i caduti. Cfr. Norelli 1995, pp. 178–181.
chiaramente un diverso approccio dell’autore nel rapportarsi alle diverse esigenze di confronto della Chiesa nascente.
Anche sul piano terminologico, l’attenzione di Giustino per il suo pubblico appare a livello macroscopico; egli mostra di avere ben chiara la distinzione tra il δαίμων e il δαιμόνιον: i due termini, infatti, sono utilizzati con un chiaro riferimento alle due differenti tradizioni che le riportano.481 Nelle Apologie, indirizzate a un pubblico pagano, di cui si suppone una scarsissima conoscenza del panorama biblico, la forma utilizzata di preferenza è δαίμων, secondo la tradizione letteraria e filosofica del mondo ellenistico, un panorama demonologico che Giustino mostra di conoscere e di padroneggiare in più di un’occasione; spesso a questo termine, specialmente al plurale, si accompagnano gli aggettivi ϕαῦλoι e πονηροί, tipici della narrazione evangelica.
Anche la forma δαιμόνιον è attestata nelle Apologie, ma con una connotazione molto precisa, come reso evidente dall’analisi del valore che δαιμόνια assume nel contesto del discorso. Giustino, infatti, dopo aver discusso dell’azione dei demoni malvagi, che chiama δαίμονες, afferma che Socrate è stato accusato di aver portato καινὰ δαιμόνια, secondo la terminologia della tradizione platonica, che Giustino dunque mostra di conoscere. 482
Nell’unico caso in cui il termine non sembra usato a proposito, Giustino sta affrontando l’episodio di Simon Mago, e quindi il suo discorso potrebbe essere collegato a un ambito maggiormente ‘giudeo–cristiano’.483
Al contrario, nel Dialogo, il termine utilizzato è di preferenza δαιμόνιον, nella forma singolare o plurale, secondo la tradizione della Settanta e l’autorità del più volte citato Sal. 95, 5: solo in rare occasione Giustino usa, in questa opera, la forma δαίμων e, tenendo conto che il testo del Dialogo è trasmesso in un’unica copia
481 Cfr. Grant 1988, p. 63.
482 GIUSTINO,Prima Apologia, 5, 3 e Seconda Apologia, 10, 5.
483 GIUSTINO,Prima Apologia, 26, 4. Ma si noti che Eusebio, che cita alcuni capitoli della
Prima Apologia, utilizza la lectio δαιμόνων: il testo conservato da Eusebio non può essere
considerato di maggior valore rispetto a quello preservato dal manoscritto Parisinus gr. 450 e la variante può essere considerata una lectio facilior, per cui non è congetturabile un errore di trasmissione del testo, ma il dato è comunque interessante.
manoscritta, la cui integrità è in effetti dubbia, può sorgere il sospetto che la lectio riportata sia un errore del copista. In un caso, l’errore è fortemente probabile: il termine δαίμων, infatti, compare all’interno della citazione di Is. 65, 11, in cui il testo della Settanta usa il corrispondente δαιμόνιον.484 Nelle altre due occorrenze, non è possibile dimostrare con evidenza una corruttela, anche se vi sono elementi che inducono alla riflessione, specialmente nel caso di Dial. 91, 3, in cui il termine δαιμόνων è accostato a ἐιδώλων, secondo un criterio tipicamente veterotestamentario.485
Un altro dato rilevante nell’osservare l’abilità con cui Giustino si confronta con un pubblico differente è dato dall’analisi di termini che gravitano nell’orbita semantica di δαίμων. All’interno delle Apologie non è concessa alcuna apertura alla tradizione neotestamentaria, in quanto il termine σατανάς è assente e διάβολος compare in un’unica circostanza:486 nel confrontarsi con un pubblico pagano, Giustino dunque evita di utilizzare una terminologia di specifica ascendenza biblica, e quindi generalmente non nota al suo destinatario.
Nel Dialogo, invece, l’uso di σατανάς e di διάβολος è abbondantemente testimoniato: proprio grazie a questo costante utilizzo si può notare come, a differenza di quanto accade nella produzione cristiana precedente e contemporanea, in Giustino sia talora presente una certa confusione nell’utilizzo della terminologia di origine neotestamentaria. La distinzione tra le figura di satana/diavolo e dei demoni, che nel Nuovo Testamento hanno una loro connotazione molto precisa, è evidentemente assente nel Dialogo: l’inganno perpetrato presso le genti dalle false divinità, attribuito ai demoni, è successivamente collegato all’azione diabolica o al serpente ingannatore.487
484 GIUSTINO,Dialogo, 135, 4.
485 Peraltro, sia nel caso di GIUSTINO,Dialogo 135, 4 che di 91, 3 la differenza tra l’uso dei due termini è di una lettera soltanto. Più dubbia la situazione di Dial. 78,9, in cui si tratta del malvagio spirito di Damasco, in cui, peraltro, la differenza tra la forma riportata δαίμονος e l’ipotetico δαιμόνιου non è tale da rendere improbabile la corruttela.
486 GIUSTINO,Prima Apologia, 28, 2. 487 GIUSTINO,Dialogo, 69, 1–3 e 70, 5.
Giustino, infatti, spiega che diavolo, serpente e satana indicano il medesimo principio, anche se non include in questa lista i demoni, di cui si potrebbe dunque supporre che abbiano uno statuto ontologico diverso:488 si rivendica, quindi, anche la natura malvagia del serpente ingannatore, ormai legato chiaramente alla figura del diavolo, secondo un’identificazione sancita chiaramente dal testo dell’Apocalissi di
Giovanni.489
b. LE FONTI DELLA DEMONOLOGIA DI GIUSTINO
Nelle Apologie l’argomento demonico è osservato da un punto di vista più vicino alla posizione ellenistica e, coerentemente con la sua diffusione nel pensiero greco – latino di I e II secolo d.C., assume una peculiare rilevanza e deriva da una riflessione approfondita sul tema. Nonostante i riferimenti alla filosofia ellenistica siano ben evidenti, la matrice giudaico – apocalittica della demonologia di Giustino è chiara e incontrovertibile:490
Dopo aver creato l’universo e sottomesso all’uomo tutto ciò che è sulla terra, dopo aver ordinato i corpi celesti in vista della crescita dei frutti e del succedersi delle stagioni, dopo aver imposto una legge divina a quegli stessi elementi che, con ogni evidenza, egli ha creato per gli uomini, Dio affidò il compito di vegliare sugli uomini e sulle creature che sono sotto al cielo agli angeli che aveva posto sopra questi. Ma gli angeli trasgredirono
488 GIUSTINO, Dialogo, 103, 5. Questo dato aiuterebbe a spiegare il motivo dell’irata reazione di Trifone di cui si è parlato sopra. Cfr. Otranto 1979, p. 196: Su questa base si può
avanzare l’ipotesi che il riferimento al malvagio demonio di Dial. 79, 8 abbia richiamato a Trifone la concezione giustinianea secondo cui gli angeli, imitando il demonio, hanno agito malvagiamente e si sono allontanati da Dio. Si tratta di un modo di procedere che non dovrebbe più sorprendere e fare vedere aporie e sconnessioni in ogni passagio o sviluppo di cui non si colga a prima vista il motivo ispiratore.
489 Cfr. Apoc. 12, 9 e 20, 2.
490 Nonostante lo studio delle fonti di Giustino non abbia mai proposto la conoscenza dei testi apocalittici da parte dell’autore, tutti i testi che si sono occupati della sua demonologia hanno sottolineato tale derivazione: si veda, tra gli altri, Danielou 1975, Monaci Castagno 1996, Visonà, ma anche il più datato Goodenough 1968. Certamente Giustino conosce la lezione di 4Ezra 13:52, che cita in Dialogo, 8, 4 e tra le sue fonti sono forse da riconoscere elementi orali che spiegherebbero i paralleli tra il Dialogo e alcune opere rabbiniche, come il Genesi Rabbah. Si vedano, a questo proposito, i loci segnalati da Marcovich e Stemberger 1995, p. 387, secondo cui tali parallelismi potrebbero anche derivare da una conoscenza delle tradizioni cristiane da parte del mondo rabbinico.
a questo ordine, s’abbassarono a unirsi alle donne, e i bambini nati da questa unione sono gli esseri che sono chiamati demoni. Inoltre, in seguito, essi hanno asservito il genere umano, sia attraverso scritti magici, sia attraverso timore e tormento che hanno fatto loro subire, sia insegnando agli uomini a offrire loro sacrifici, incensi e libagioni, di cui erano divenuti avidi, dopo essersi lasciati asservire dalle passioni dei loro desideri, e hanno seminato presso gli uomini omicidi, guerre, adulteri, indecenze e malignità di ogni sorta. Ecco perché i poeti e i mitografi, che non sapevano che gli angeli e i loro figli, i demoni, erano gli autori delle indecenze descritte nelle loro opere, commesse contro uomini, donne, città e nazioni, le attribuirono allo stesso Zeus e ai suoi cosiddetti figli [...] di fatto, diedero a ciascuno il nome che ogni angelo aveva scelto per sé o per i suoi figli.491
Gli angeli, secondo Giustino, sono preposti al controllo della terra, secondo una tradizione che trova la sua maggiore diffusione proprio tra I e II sec. d.C., ma il desiderio per le figlie degli uomini induce la loro caduta:492 il peccato degli angeli, ancora una volta, non è collegato alla contaminazione di elementi spirituali e materiali, come invece accade in Vigilanti. L’elemento che Giustino pone in risalto,
491 GIUSTINO, Seconda Apologia, 5, 2–6: ὁ θεὸς τὸν πάντα κόσμον ποιήσας καὶ τὰ ἐπίγεια ἀνθτρώποις ὑποτάξας καὶ τὰ οὐράνιἀ στοιχεῖα εἰς αὔξησιν καρπῶν καὶ ὡρῶν μεταβολὰς κοσμήσας καὶ θεῖον τούτοις νόμον τάξας, ἃ καὶ αὐτὰ δι’ἀνθρώπους ϕαίνεται πεποιηκώς, τὴν μὲν τῶν ἀνθρώπων καὶ τῶν ὑπὸ τὸν οὐρανὸν ἀγγέλοις, οὓς ἐτὶ τούτοις ἔταξε, παρέδωκεν. Oἱ δ’ἄγγελοι, παραβάντες τήνδε τὴν τάξιν, γυναικῶν µίξεσιν ἡττήθησαν καὶ παῖδας ἐτέκνωσαν, οἵ εἰσιν οἱ λεγόμενοι δαίμονες. Kαὶ προσέτι λοιπὸν τὸ ἀνθρώπ<ε>ιον γένος ἑαυτοῖς ἐδούλωσαν∙ τὰ µὲν διὰ μαγικῶν γραϕῶν, τὰ δὲ διὰ ϕόβων καὶ τιμωριῶν, <ὧν> ἐπέϕερον, τὰ διὰ διδακῆς θυμάτων καὶ θυμιαμάτων καὶ σπονδῶν (ὧν ἐνδεεῖς γεγόνασιν μετὰ τὸ πάθεσιν ἐπιθυμιῶν δουλωθῆναι). Kαὶ εἰς ἀνθρώπους <δὲ> ϕόνους, πολέμους, μοιχείας, ἀκολασίας καὶ πᾶσαν κακίαν ἔσπειραν. Ὅθεν καὶ ποιηταὶ καὶ μυθολόγοι, ἀγνοοῦντες τοὺς ἀγγέλους καὶ τοὺς ἐξ αὐτῶν γεννηθέντας δαίμονας ταῦτα πρᾶξαι εἰς ἄρρενας καὶ θηλείας καὶ πόλεις καὶ ἔθνε, ἅπερ συνέγραψαν, εἰς αὐτόν <τὲ> τὸν θεὸν καὶ τοὺς ὡς ἀπ’αὐτοῦ σπορᾷ γενομένους υἱοὺς [...]. Ὀνόματι γὰρ ἕκαστον, ὅπερ ἕκαστος ἑαυτῷ τῶν ἀγγέλων καὶ τοῖς τέκνοις ἔθετο, προσηγόρευσαν. Un riferimento interessante, contenuto nell’ultima parte del testo riportato, come anche nel passo precedentemente ricordato, riguarda il nome delle divinità: sembra che questo elemento sia di particolare importanza per Giustino, che sottolinea la scelta, da parte degli stessi demoni, dei nomi da assumere, forse in relazione alla rilevanza del concetto di nome di Dio, cui l’autore dedica una parte del trattato (Seconda Apologia, 6, 1–6). Sulla questione dei nomi degli dei pagani, si veda anche ATENAGORA,Supplica,, 5, 2.
infatti, è la trasgressione rispetto all’ordine imposto, con particolare enfasi sul controllo della terra, elemento che, come si è visto, è presente anche nell’Ascensione di
Isaia:493 sembra, dunque, che la consapevole volontà di non vegliare sugli uomini nel modo in cui Dio aveva stabilito sia la vera causa del peccato angelico, cui in realtà Giustino non fa mai riferimento.
Le fonti della demonologia di Giustino, dunque, non sono di semplice identificazione: i testi da cui l’autore potrebbe aver tratto la vicenda sono numerosi e non vi è in nessuno degli scritti di Giustino una citazione diretta che permetta di risalire alla fonte primaria. Per quanto l’autore si riferisca chiaramente alla vicenda originariamente narrata nel Libro dei Vigilanti, sembra infatti che il testo più vicino al pensiero di Giustino sia il Libro dei Giubilei, in cui è presente la caduta angelica ed è evidentemente descritto il ruolo degli angeli come incaricati da Dio di vegliare sul mondo e sugli uomini: permangono comunque delle differenze, perché in Giubilei il ruolo angelico è rivolto, prevalentemente, al controllo degli agenti atmosferici e, come noto, alla trasmissione di insegnamenti e di volontà divine agli uomini.494 Il loro sovvertimento della volontà divina, inoltre, non è collegato solo all’azione dei Vigilanti, ma anche (e soprattutto, in questo contesto) alla fallacia degli angeli incaricati di guidare le nazioni pagane, che per questo motivo sarebbero anche nel mondo attuale sottoposte a governanti e leggi ingiuste.495
Nel riferire la tradizione della caduta angelica, si ripropone la confusione terminologica di Giustino, che considera gli angeli caduti come δαίμονες ϕαῦλοι, che sulla terra si sarebbero resi colpevoli di aver sedotto le donne:
493 Per il collegamento tra Giustino e l’Ascensione di Isaia, si veda Norelli 1995, pp. 385– 6.
494 Già Goodenough aveva messo in luce la problematicità dell’idea di un dominio angelico sul mondo, insistendo sulla assoluta peculiarità di questa idea in Giustino, che sarebbe, secondo l’autore, completamente indipendente dalla funzione demonica nel
Timeo, ma avrebbe basi solide nella letteratura ebraica, che, pur non conosciute dallo
studioso, sono comunque correttamente ipotizzate. Cfr. Goodenough 1968, pp. 198–200. 495 Cfr. Pagels 1985, p. 304, secondo cui gli apologisti si servono ampiamente della tradizione della caduta angelica proprio per la giustificazione del carattere negativo dell’impero e delle sue leggi: gli imperatori sarebbero, secondo la lettura che l’autrice offre, asserviti al potere demonico. In tal senso si veda anche Brown 1978, p. 75, cui fa riferimento anche Pagels.
Si dovrà dunque dire la verità: anticamente, alcuni demoni malvagi, essendosi mostrati più volte, avevano sedotto le donne, avevano generato figli mostruosi e avevano mostrato agli uomini cose temibili, in modo che questi, spaventati, non giudicassero con la ragione ciò che accadeva, ma annientati dal timore e non avendo capito che quelli che chiamavano dei erano in realtà demoni malvagi, invocavano ognuno di quelli con il nome che ciascun demone aveva scelto per sé.496
L’accenno alla seduzione delle donne da parte degli angeli potrebbe essere particolarmente indicativa per risalire alle fonti di Giustino: nel Libro dei Vigilanti, gli angeli seducono le donne e, attraverso Azazel, le ricompensano attraverso l’insegnamento dell’arte della cosmesi; ma nel Libro delle Parabole, che circolava assieme al Libro dei Vigilanti nella forma del Libro di Enoch, sono le donne stesse le colpevoli di aver indotto in tentazione gli angeli: la tradizione, dunque, si capovolge, cosa che non avviene nel Libro dei Giubilei, in cui non è effettivamente presente alcun riferimento alle donne e al loro coinvolgimento nell’atto che provoca la caduta.
Il testo riportato è inoltre particolarmente interessante a livello linguistico e mostra una certa cura nell’esposizione dell’argomento da parte dell’autore: gli effetti degli demoni malvagi sono evidenziati a proposito di uomini, donne e bambini. A ciascuna categoria è attribuito un unico verbo che indica l’azione che la riguarda: le donne sono sedotte, gli uomini sono spaventati e i bambini sono stati corrotti dall’azione angelica. Proprio questo ultimo verbo è di particolare interesse: come si è osservato in precedenza, nella letteratura di influenza enochica non si fa alcun accenno all’azione degli angeli sui bambini, se non nella misura in cui essi sono stati generati, in una forma che può essere definita in vario modo corrotta. In effetti, il verbo διαϕθείρω potrebbe essere riconducibile alla generazione dei Giganti in due modi: da un lato, indica la violenza commessa dagli uomini contro le donne, caso che
496 GIUSTINO,Prima Apologia, 5, 2: Eἰρήσαται γὰρ τἀληθές ∙ ἐπεὶ τὸ παλαιὸν δαίμονες ϕαῦλοι ἐπιϕανείας ποιησάμενοι καὶ γυναῖκας ἐμοίχευσαν καὶ παῖδας διέϕθειραν καὶ ϕόβητρα ἀνθρώποις ἔδειξαν, ὡς καταπλαγῆναι τοὺς οἵ λόγῳ τὰς γινομένας πράξεις οὐκ ἔκρινον, ἀλλὰ δέει συνηρπασμένοι καὶ µὴ ἐπιστάσμενοι δαίμονας εἶναι ϕαύλους θεοὺς <αὐτοὺς> προσωνόμαζον, καὶ ὀνόματι ἕκαστον προσηγόρευον, ὅπερ ἕκαστος <ἑ>αυτῷ τῶν δαιμόνων ἐτίθετο.
non sembra qui essere contemplato, poiché in nessuna parte della letteratura enochica l’azione degli angeli è equiparata a uno stupro; dall’altro, il termine, in ambito medico, indica anche la generazione di aborti, con un possibile riferimento alla natura mostruosa dei figli degli angeli caduti, elemento ben presente nella tradizione.497 Attraverso l’uso di un unico termine, dunque, Giustino riesce a condensare l’elemento della mostruosità fisica e della corruzione morale della progenie angelica.
Anche l’idea che i demoni malvagi abbiano indotto gli uomini alla venerazione attraverso la paura non è idea che si possa collegare apertamente al Libro di Enoch, in cui gli angeli ribelli legano a sé gli uomini attraverso l’insegnamento delle conoscenze proibite. In Giustino non è possibile prescindere dall’importante riferimento alla malvagità di queste dottrine trasmesse dagli angeli agli uomini: i caduti, infatti, avrebbero asservito gli uomini tramite l’insegnamento di arti negative, come le scritture magiche e i sacrifici. Attraverso il loro intervento, sarebbero stati diffusi tra gli uomini omicidi, guerre, adulteri, indecenze e malefici di ogni sorta: è semplice osservare in questa lista gli insegnamenti negativi trasmessi dai Vigilanti agli uomini nel Libro dei Vigilanti, riguardanti armi, cosmetici, incantesimi e predizioni.498 Ma gli angeli avrebbero anche indotto gli uomini all’asservimento tramite paura e coercizione, un’ipotesi che, nella letteratura di origine enochica, ha il suo fulcro principale nel Libro dei Giubilei.
Un’altra idea, di fondamentale importanza, che sembra allontanare Giustino da
Enoch è l’idea dell’imprigionamento degli angeli caduti: la tradizione dei Vigilanti li descrive come impossibilitati nell’esercizio del male nel mondo, mentre per Giustino essi sono ancora liberi di agire e sono molte le fonti che l’autore avrebbe potuto usare a questo proposito, da Giubilei all’Ascensione di Isaia, che si avvicina al pensiero di
497 Per le valenze del termine nella letteratura greca, si veda il TLG, vol. II, pp. 1380–81. In ambito medico, il valore del verbo come produzione di aborti è noto a partire da Ippocrate, nella Natura delle donne, 12, 3.
498 GIUSTINO,Seconda Apologia, 5, 2–6. D’altra parte, come osserva giustamente Lewis, la lista degli insegnamenti malefici riflette l’orientamento religioso e culturale del periodo in cui vive l’autore che cita questa vicenda. Cfr. Lewis 1978, p. 20.
Giustino nel suggerire che il mondo del male sia stato privato di almeno parte del suo potere dalla Passione.499
Nell’opera di Giustino, dunque la demonologia si inserisce nel solco dell’apocalittica giudaica, anche attraverso la mediazione neotestamentaria:500 il dominio sul mondo materiale e sulle anime che ne sono attratte sembra essere esclusivamente diabolico, con il tramite dell’azione demoniaca.501 La letteratura enochica è presente, apparentemente, attraverso la conoscenza dei suoi prodotti più recenti, come Giubilei o Testamenti dei Dodici Patriarchi.502
Ma, in particolare all’interno del Dialogo, si ha l’impressione che l’autore faccia ben attenzione a evitare ogni riferimento diretto a questa tradizione: Giustino, infatti, ricorre all’argomento della caduta angelica, ma di preferenza solo attraverso riferimenti tratti dai Vangeli e dai libri condivisi dell’Antico Testamento. Ad una prima lettura del Dialogo, sembra che l’accenno, da parte di Giustino, alle tenebre che il
Padre ha preparato per Satana e i suoi angeli (Lc. 10, 19), sia sufficiente a scatenare l’irata
risposta del suo interlocutore:
Trifone allora, dal cui volto traspariva da una parte l’irritazione, dall’altra rispetto per le Scritture, disse rivolto a me: ‘Le parole di Dio sono sante, ma le vostre interpretazioni sono artificiose,
499 Cfr. Norelli 1995, p. 385: ma mentre nell’Ascensione la vittoria di Cristo è immediatamente completa, non così accade in Giustino.
500 Cfr. Goodenough 1968, pp. 199–200 e p. 205: In Justin’s demonology we are as close as
in any of his doctrines, with the dubous exception of his ethics or eschatology, to the mode of thought and the ideas of the Synoptic Gospels. Justin is thus close to the Synoptic conceptions, not because he was expounding the Synoptic statements about demons, but because in his tradition about demons from Palestinian Judaism he had the same back–ground on the subject as the Synoptic writers. Cfr. Monaci Castagno 1996, pp. 15–16.
501 Monaci Castagno 1996, pp. 15–16.
502 Cfr. Lewis 1978, p. 105: The episode [con riferimento al diluvio che avrebbe distrutto i
Giganti], which formed a part of his anti–Greek polemic, served Justin in two ways. First, it gave an explanation for the origin of demons whom Justin believed to be the mixed offspirng of the marriages (Apol. ii. 5). Second, it explained the widespread notion that sacrifice is demanded by God. The angels after their fall needed sacrifices and libations. Per la conoscenza, da parte di
Giustino, dei Testamenti dei Dodici Patriarchi e della tradizione ebraica coeva, cfr. Rokeah 2002, p. 98.
come ben appare dai passi che hai interpretato. Ancor più, sono blasfeme, dato che parli di angeli malvagi e ribelli a Dio.’503
La reazione di Trifone appare eccessivamente violenta, rispetto al breve accenno di Giustino, che precede la risposta di due paragrafi, tanto più che, in questo contesto, non ha senso che Trifone si adiri per un’interpretazione artificiosa della
Scrittura, visto che Giustino ha citato un passo evangelico, la cui interpretazione non
può dunque essere oggetto, tra i due interlocutori, di disputa.504 È dunque possibile che il testo del Dialogo sia giunto a noi, in questa parte, ammalorato e privo di una sezione, di dimensioni ignote, in cui Giustino avrebbe sollevato l’argomento della caduta angelica, forse proprio a partire dall’accenno evangelico appena precedente o dal riferimento a un demonio malvagio, abitante in Damasco, citato in riferimento a
Is. 8, 4.505
L’esistenza, in Giustino, di un riferimento a dottrine non canoniche in materia angelica è dunque assolutamente evidente, come dimostra il chiaro accenno, in tre diverse occasioni al libero arbitrio, non solo umano ma anche angelico, idea che è