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D.lgs 141/2010: Previsione di due distinte tipologie di Confid

dei Confidi (L 150/2016)

2. Il secondo pilastro rappresentò a tutti gli effetti l’elemento di maggiore svolta e novità in ambito di vigilanza e un requisito che imponeva notevol

2.3 D.lgs 141/2010: Previsione di due distinte tipologie di Confid

L’excursus storico, economico e giuridico dei Confidi ha avuto ad oggetto il settore forse più rilevante dell’economia italiana: le piccole e medie imprese. In tale ambito, infatti, i Confidi hanno trovato il loro “habitat” ideale, fornendo il proprio contributo in termini di sviluppo e promozione del tessuto imprenditoriale. Il D.lgs. n. 141/2010, attuativo della Direttiva comunitaria n. 28/2008 intervenne proprio per regolamentare il citato contesto economico. Tale norma ha voluto disciplinare il ruolo degli intermediari finanziari non bancari ovvero quegli operatori che, pur approvvigionandosi dal settore bancario, esulano dai controlli cui è soggetto quest’ultimo e sono ritenuti potenzialmente causa di crisi sistemiche (cd. “shadow banking system”). Fino alla riforma organica del 2003, infatti, i Confidi, erano stati esclusi da qualsiasi forma di controllo da parte dell’Autorità di Vigilanza. La riforma del 2003 fu il primo intervento normativo atto a porre in essere una prima distinzione, sulla

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F. Capriglione, 2012, Art. 106 - in Commentario al Testo Unico delle leggi in materia

bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione con la collaborazione di M. Pellegrini, M. Sepe,

base di un criterio dimensionale, tra Confidi maggiori (iscritti all’elenco speciale ex art. 107 TUB) e Confidi minori (iscritti all’elenco generale ex art.

106 TUB), assoggettando i primi alla medesima normativa di vigilanza prudenziale degli Intermediari Finanziari, prescrivendo, invece, per i secondi un procedimento di registrazione nell’elenco generale42.

Con l’entrata in vigore delle norme del decreto 141 del 2010 e la pubblicazione della Circolare della Banca d’Italia del 12 Maggio 2015, in vigore dall’11 Luglio 2015, il Legislatore ha provveduto a riformare l’intera disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario di cui al titolo V del TUB. L’analisi dell’impianto normativo ha individuato una serie di categorie di intermediari finanziari nei confronti dei quali vennero previste norme specifiche:

1. Intermediari non bancari (neo art. 106) i quali prevedevano l’iscrizione presso un Albo Unico tenuto da Banca d’Italia. Venne abolita di fatto la distinzione tra albo generale e speciale.

2. Intermediari del microcredito (nuovo art 111) i quali vennero iscritti in un apposito elenco tenuto da un Organismo di Vigilanza di nuova costituzione 3. Confidi (art 112, commi da 2 a 6) iscritti in un elenco separato tenuto da un

apposito Organismo, i cui componenti erano nominati dal Ministero dell’economia e delle finanze su proposta e dietro vigilanza di Banca d’Italia

42 CORSO , VARANI, La nuova disciplina degli intermediari finanziari e i Confidi, Spazio Confidi, 2015

4. Casse c.d. “poeta” (soggetti, diversi dalle banche, senza fine di lucro la cui attività prevedeva la raccolta di somme modeste in ambito locale) iscritte in una sezione separata dell’Elenco di cui al nuovo art. 111

Specificatamente riguardo ai Confidi, il Decreto 141/2010, riformando il titolo V del TUB, ha provveduto ha dare una maggior stabilità al sistema rafforzando i requisiti di accesso al mercato e consentendo l’attività in esame solo agli intermediari che potevano garantire correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela e una piena affidabilità da un punto di vista patrimoniale43. In base al nuovo decreto i consorzi fidi avrebbero potuto operare attraverso tre forme:

1. Banca di garanzia

2. Confidi “maggiori” (ex art. 107, nuovo art. 106 TUB) 3. Confidi “minori” (art. 112 TUB)44

Nel primo caso si faceva riferimento ad una banca a tutti gli effetti , la quale poteva assumere la forma giuridica di banca cooperativa. Tale configurazione presupponeva il raggiungimento di determinate dimensioni e la previsione statutaria in merito alla specializzazione nel rilascio di garanzie. La seconda configurazione sarebbe stata assunta solo al superamento e al mantenimento di uno specifico limite dimensionale (volume di attività pari o superiore a 150 milioni di euro, così come stabilito dal DM 53/2015). Qualora per almeno un triennio il volume di attività si fosse ridotto al di sotto del limite, il consorzio 43

PELLEGRINI, La svolta disciplinare degli intermediari finanziari non bancari: da un

riscontro di regolarità alla “supervisione”, Padova, 2010, 285 ss

44 ROSSELLA LOCATELLI, Rischi, patrimonio e organizzazione nei Confidi, Franco Angeli, Milano,2012

fidi avrebbe potuto richiedere il passaggio da intermediari vigilato a non vigilato. In base alla nuova normativa tali soggetti prevedevano un modello di operatività fondamentalmente concentrato nella concessione di garanzie agli associati cui veniva affiancata la possibilità di porre in essere altre attività accessorie e complementari al rilascio di garanzie e, entro certi limiti, la possibilità di erogare direttamente credito. Il grado di prevalenza inerente all’attività di garanzia venne disposto attraverso disposizioni attuative della Banca d’Italia. Venne stabilito che tale prevalenza fosse rispettata qualora dall’ultimo bilancio approvato risultassero verificate due condizioni:

1. Ammontare dei ricavi derivanti dall’attività di garanzia collettiva maggiore del 50% del totale dei ricavi

2. Ammontare nominale delle garanzie collettive maggiore del 50% del totale dell’attivo.

Tali organismi, iscritti nell’albo di cui all’art. 106 TUB, come affermato in precedenza potevano svolgere non solo attività connesse o strumentali allo sviluppo dell’operatività dei Confidi ma anche altri tipi di attività tra cui spiccano le seguenti:

1. Prestazione di garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria 2. Gestione di fondi pubblici di agevolazione (art. 47, comma 2 TUB) 3. Stipulazione di contratti con gli istituti di credito assegnatari di fondi

pubblici di garanzia (art. 47, comma 3 TUB)

La terza configurazione prevedeva infine i cosiddetti Confidi “minori”, con totale delle attività finanziarie inferiore a 150 milioni di euro. Tali organismi

erano tenuti a rispettare anche specifici requisiti minimi di natura patrimoniale (capitale sociale o fondo consortile minimo non inferiore a 100.000 euro e patrimonio netto non inferiore a 250.000 euro). Le modalità operative di tali soggetti prevedevano l’esercizio in via esclusiva dell’attività di garanzia collettiva dei fidi e la prestazione di servizi connessi e strumentali. Nel specifico per servizi connessi si intendeva tutti quei servizi accessori e necessari allo sviluppo e all’implementazione dell’attività di garanzia collettiva. Tali servizi inoltre dovevano risultare coerenti con l’attività di garanzia ( ad es. consulenze e convenzioni con banche finalizzate a favorire l’accesso al credito). Riguardo invece ai servizi strumentali, in questo caso, ci si riferisce alle attività ausiliarie come l’acquisto di immobili e l’assunzione di partecipazioni. L’art. 5 del DM 53/2015 insieme a Banca d’Italia hanno inoltre chiarito alcuni aspetti legati alla portata della norma: è stato chiarito che l’esercizio dell’attività connessa alla consulenza finanziaria dovesse essere svolta solo in riferimento alle sole imprese socie del Confidi e che dovesse essere finalizzata al solo rilascio della garanzia mutualistica. L’attività legata all’acquisto di immobili doveva inoltre essere funzionale all’esercizio dell’attività principale. I Confidi minori, diversamente da quelli maggiori, non potevano svolgere attività connesse e strumentali nei confronti dei clienti non soci, a differenza dei Confidi maggiori.

Il differente grado di operatività tra Confidi Maggiori e minori trova inevitabilmente ragione nei due diversi regimi di vigilanza che caratterizzano tali soggetti e che hanno rappresentato un elemento di grande novità all’interno del decreto 141 del 2010. Il principio generale di tale duplice regime di

vigilanza risiede nella volontà da parte del Legislatore di equiparare il regime di vigilanza per gli intermediari finanziari (Confidi maggiori) con quello a cui sono assoggettati gli istituti di credito. Trattandosi di soggetti che si assumono rischi molto simili alle banche è stato ritenuto opportuno prevedere un regime prudenziale equivalente. Tale approccio era finalizzato da un lato ad evitare fenomeni di intermediazione finanziari incontrollata e dall’altro ad allineare il regime prudenziale con gli orientamenti internazionali in materia di shadow banking. I Confidi minori invece vennero sottratti dall’applicazione delle disposizioni legate agli intermediari finanziari in termini di vigilanza prudenziale e venne stabilito che fossero iscritti in un nuovo elenco (art 112 TUB) tenuto da uno specifico Organismo45.

L’art 10 del Decreto 141 del 2010 poneva inoltre specifiche misure inerenti il passaggio dalla disciplina previdente al nuovo impianto normativo. Venne stabilito che gli intermediari finanziari e i Confidi che, alla data di entrata in vigore del Decreto (19 settembre 2010) risultassero iscritti nell’elenco generale di cui all’art 106, nell’elenco speciale di cui all’art 107 o nella sezione di cui all’art 155, comma 4 TUB avrebbero potuto continuare ad operare per un periodo massimo di 12 mesi successivi agli adempimenti (31 dicembre 2011). Fino a tale data la Banca d’Italia avrebbe continuato a mantenere l’Elenco generale, speciale e la sezione separata. Trascorsi i termini stabiliti, i soggetti che non avessero presentato istanza di autorizzazione, iscrizione o

45 L’analisi inerente la vigilanza prudenziale dei Confidi maggiori e minori sarà analizzata nel dettaglio all’interno del paragrafo 3.3

cancellazione avrebbero dovuto provvedere o alla liquidazione della società ovvero a modificare il proprio oggetto sociale46.

In conclusione è possibile affermare come il decreto 141 del 2010 e, parallelamente, il DM 53 del 2015 abbiano voluto segmentare il mercato del credito ponendo in essere una distinzione netta tra Confidi Maggiori e Minori. I primi equiparati, soprattutto in termini di vigilanza, agli istituti di credito e per questo intermediari perfetti per soggetti imprenditoriali di media dimensione, i secondi sottratti alla vigilanza bancaria con parametri e requisiti dimensionali meno stringenti e con una maggior propensione a sostenere i soggetti imprenditoriali di minori dimensioni e con una maggior difficoltà nel reperimento di credito.