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Introduzione di una disciplina organi e organizzata dei Confidi: Riforma del 2003 (Art 13 del DL 30 settembre 2003, n.

dei Confidi (L 150/2016)

2. Il secondo pilastro rappresentò a tutti gli effetti l’elemento di maggiore svolta e novità in ambito di vigilanza e un requisito che imponeva notevol

2.2 Introduzione di una disciplina organi e organizzata dei Confidi: Riforma del 2003 (Art 13 del DL 30 settembre 2003, n.

269)

Il primo riconoscimento giuridico in ambito Confidi si riferisce alla legge quadro dell’artigianato del 1956: da quel momento i consorzi di garanzia collettiva dei fidi hanno iniziato il loro processo di diffusione sul territorio nazionale caratterizzandosi per la loro spontaneità e per il fatto di mettere in atto comportamenti fortemente differenziati. Oltre a questi aspetti è opportuno rimarcare come fino ai primi anni duemila questi organismi hanno operato senza una normativa organica di riferimento: tutti i vari interventi normativi

promossi tra la fine degli anni ’50 e i primi anni duemila, infatti, hanno avuto la funzione di regolamentare e disciplinare solo certi aspetti del sistema Confidi nazionale senza creare una disciplina organica.

I rilevanti cambiamenti dello scenario politico, economico e finanziario, l’ampliamento dei mercati, la necessità di soddisfare in maniera più flessibile i bisogni finanziari delle piccole e medie imprese, evidenziarono, nei primi anni duemila, la necessità di aggiornare il sistema complessivo dei Confidi e altresì di strutturare puntualmente il quadro giuridico di riferimento del settore23. In primo luogo, verso la fine degli anni ’90, il settore dell’intermediazione finanziaria presentava evidenti spinte evolutive le quali hanno accresciuto l’importanza di quest’ultimo all’interno dell’economia del nostro Paese. Tali spinte riguardavano prevalentemente l’incremento della vigilanza nel settore bancario, mobiliare e assicurativo. Risulta opportuno considerare inoltre che le condizioni imposte dalla partecipazione all’Unione Europea e le spinte ad una maggiore liberalizzazione della circolazione dei capitali a livello globale avevano comportato sia un crescente livello di competizione fra Paesi, sia il bisogno di promuovere in sede normativa un level playing field fra gli attori coinvolti. In questi anni si riscontrava inoltre una elevata dipendenza dai finanziamenti statali dei Confidi, articolati in interventi che a partire dall’amministrazione centrale si sviluppavano lungo la filiera dei soggetti deputati all’intervento economico (enti territoriali, camere di commercio ecc..), in un contesto in cui si faceva sempre più largo l’esigenza di una più efficiente ed efficace allocazione della spesa pubblica, sottolineava la necessità di

rivedere una struttura di mercato fortemente frammentata, in cui convivevano soggetti più solidi e dalle maggiori capacità d’intervento con indubbie aree di fragilità e di allocazione perfettibile dei capitali.

Alla base della legge quadro del 2003 (art 13 del DL 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003 , n. 326) vi era la necessità quindi non solo di adeguare la struttura organizzativa, patrimoniale e finanziaria dei Confidi alla luce soprattutto dei nuovi accordi di Basilea (1 e 2) i quali avrebbero potuto provocare una sorta di “razionamento del credito” a danno delle PMI24, ma anche quella di creare una disciplina che regolamentasse a trecentosessanta gradi il sistema dei Confidi italiani. La disciplina normativa introdotta nel 2003 voleva porre rimedio a tutta una serie di problemi che caratterizzavano il comparto Confidi e rendevano complessa l’attività di monitoraggio e vigilanza pubblica25.

Lo scenario antecedente alla “Legge Quadro” presentava infatti un numero molto elevato di Confidi di piccola e media dimensione, grande disomogeneità negli strumenti giuridici e nelle strutture organizzative. Trattandosi di una legge quadro, tale intervento normativo ha provveduto a disciplinare e regolamentare ogni aspetto del sistema dei Confidi tra i quali spiccano i seguenti:

1. Definizione e soggetti coinvolti 2. Attività

3. Compagine sociale

24

Relazione annuale Camera di Commercio Industria e Artigianato e Agricoltura di Macerata,

I Confidi e Basilea 2, 2010

25 PELLEGRINI, Il controllo sugli intermediari finanziari non bancari: aspetti problematici ed orientamenti giurisprudenziali, 2006

4. Requisiti Patrimoniali 5. Vigilanza

6. Obblighi di rendicontazione contabile

Nell’ambito dei soggetti interessati il comma 1 dell’art 13 del DL 30 settembre 2003 mirava per la prima volta a dare una definizione precisa e puntuale: si intendono per “confidi” i consorzi con attività esterna, società cooperative,

società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative…”26. Per la

prima volta dalla loro nascita non solo ne venne data una definizione specifica ma emergeva chiaramente la volontà del legislatore di ampliare la tipologia di modelli organizzativi adottabili dai Confidi. Il riferimento riguarda, in particolar modo, le società consortili le quali rappresentano una sorta di “soggetto intermedio” tra la figura del consorzio e il modello societario.

Riguardo l’oggetto dell’attività dei Confidi sempre il comma 1 stabilisce come tali soggetti svolgono l’attività di garanzia collettiva dei fidi intesa come

l’utilizzazione di risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate

o socie per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario27. Il comma 2 inoltre specifica come i confidi, salvo

quanto previsto dal comma 32, potevano svolgere solo ed esclusivamente l’attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi ad essa strumentali. Nello svolgimento di tali attività potevano essere prestate garanzie sia di tipo personali e reali sia stipulati contratti volti a realizzare il

26

Decreto legge n.269 del 30 settembre 2003 27 Decreto legge n.269 del 30 settembre 2003

trasferimento del rischio28. In ragione del comma 4 inoltre i confidi di secondo grado svolgevano l’attività indicata nel comma 2 a favore dei confidi e delle imprese a essi aderenti e delle imprese consorziate o socie di questi ultimi La legge quadro, inerentemente alla compagine sociale, prevedeva che i confidi fossero costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole in base a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese determinati dai relativi decreti del Ministro delle attività produttive (comma 1 Legge Quadro). In base al comma 10 inoltre, gli enti pubblici e privati e le imprese di maggiori dimensioni che non possono far parte dei confidi possono sostenerne l’attività attraverso contributi e garanzie non finalizzati a singole operazioni; essi non divengono consorziati o soci né fruiscono delle attività sociali, ma i loro rappresentanti possono partecipare agli organi elettivi dei confidi, anche di secondo grado, con le modalità stabilite dagli statuti, purché la nomina della maggioranza dei componenti di ciascun organo resti riservata all’assemblea. Un elemento particolarmente significativo che si desume dall’analisi della normativa riguarda la possibilità di partecipazione al capitale dei confidi anche di soggetti quali le associazioni non riconosciute (es: associazioni di categorie rappresentative degli interessi delle imprese). La problematica della normativa ad essi applicabile si risolve rivolgendo l’attenzione, in primo luogo, alla indicazioni contenute nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, procedere all’individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati

28 D. SINCLARI, Le prospettive di regolazione dei Confidi dopo la legge 150/2016,in riv. Dir. Banc, 2018

dalla controversia29. In base a quello che si desume a livello giurisprudenziale, anche tali soggetti, pur sprovvisti di personalità giuridica, sono considerati dall’ordinamento come centri di imputazione di situazioni giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente applicabili, in mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società30. Quindi, anche l’associazione non riconosciuta potrebbe legittimamente acquisire quote di partecipazione all’interno di confidi, rientrando sicuramente, di diritto, nell’ambito della classificazione di “enti privati”.31

Un ulteriore elemento oggetto di riforma della Legge Quadro fu l’ambito dei requisiti patrimoniali. Scopo del Decreto era quello di razionalizzare il sistema confidi, rendendolo meno frammentato ed eterogeneo e caratterizzato solo da soggetti in possesso di requisiti minimi idonei a garantire un certo livello di operatività32. Partendo dal presupposto che compito principale dei Confidi era ed è sempre quello di favorire l’accesso al credito alle PMI assumendosi la responsabilità di garantire una parte di affidamento, la solidità non solo finanziaria ma anche e soprattutto patrimoniale diviene di vitale importanza in termini di fattori di sostenibilità33. In base ai commi 12,13,14,15,16,17 e 52 del Decreto i Confidi esistenti alla data 2 Ottobre 2003 dovevano adeguarsi alle seguenti obbligazioni di legge:

29 V. così, ad esempio in tema di consorzi, Cass. Civ., Sez I, 22 Dicembre 2005, n. 28492 30 Cass. Civ., Sez I,23 Gennaio 2007, n. 1476

31

D. SINCLARI, Le prospettive di regolazione dei Confidi dopo la legge 150/2016,in riv. Dir. Banc, 2018

32 Relazione annuale Camera di Commercio Industria e Artigianato e Agricoltura di Macerata, I Confidi e Basilea 2, 2010

33 CASELLI, GIORDANA, Il sistema delle garanzie in Toscana,Regione Toscana, Direzione generale sviluppo economico, Firenze 2005

Quota minima di capitale sociale a Fondo consortile: 100.000 euro

Quota minima di partecipazione per ogni impresa cooperativa socia: 250 euro (questo non vale per i confidi costituiti prima del 2 ottobre 2003)

Quota massima di partecipazione per ogni impresa cooperativa socia: 20% del capitale sociale

Quota minima di patrimonio netto compresi i fondi rischi indisponibili34: 250.000 euro di cui 50.000 euro costituiti da apporti di soci o da avanzi di gestione. I fondi rischi derivano da accantonamenti di conto economico per far fronte a previsioni di rischio sulle garanzie prestate35

Sempre nell’ambito dei requisiti patrimoniali i comma 15 e 16 affermano rispettivamente che: “Quando, in occasione dell'approvazione del bilancio d'esercizio, risulta che il patrimonio netto e' diminuito per oltre un terzo al di sotto del minimo stabilito (( dal comma 14 )), gli amministratori sottopongono all'assemblea gli opportuni provvedimenti. Se entro l'esercizio successivo la diminuzione del patrimonio netto non si e' ridotta a meno di un terzo di tale minimo, l'assemblea che approva il bilancio deve deliberare l'aumento del fondo consortile o del capitale sociale ovvero il versamento, se lo statuto ne prevede l'obbligo per i consorziati o i soci, di nuovi contributi ai fondi rischi indisponibili, in misura tale da ridurre la perdita a meno di un terzo; in caso diverso deve deliberare lo scioglimento del confidi”. “Se, per la perdita di oltre un terzo del fondo consortile o del

34

Cfr. Bollino, Il fondo rischi dei consorzi fidi, in Giur. Comm., 1980, I, 972 ss.

capitale sociale, questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dal comma 12, gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del fondo o del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore a detto minimo, o lo scioglimento del confidi. Per i confidi costituiti come societa' consortili per azioni o a responsabilita' limitata restano applicabili le ulteriori disposizioni del codice civile vigenti in materia di riduzione del capitale per perdite”. Prendendo in esame la disciplina civilistica, tuttavia, in ambito dei Confidi, vengono derogate alcune disposizioni dal momento che non si ritengano applicabili il primo e il secondo comma dell’art

2525 del Codice Civile36. I confidi inoltre non possono distribuire avanzi di

gestione di ogni genere neppure in caso di scioglimento del consorzio, della cooperativa o della società consortile, ovvero di recesso, decadenza, esclusione

o morte del consorziato o del socio37 ne essere assoggettati alla norma contenuta

negli articoli 2545-quater del codice civile38 e 11 e 20 della legge 31 gennaio

1992, n.59.

Altro tema oggetto di importante riforma contenuto nella legge quadro risulta essere la vigilanza. Antecedentemente a tale Decreto, l’iscrizione dei confidi, anche di secondo grado, avveniva in una specifica sezione dell’elenco previsto dall’art 106 comma 1 del TUB, escludendo in ogni caso i Confidi dalla possibilità di svolgere quelle operazioni esclusive degli intermediari finanziari. La Legge Quadro interviene modificando il TUB, inserendo il commi 4-bis e 4- sexies all’art 155: in base all’art 4-bis “il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, determina i criteri oggettivi, riferibili al

36 Cfr. Genco, La riforma delle società cooperative, Milano 2003, 62 ss 37

volume di attività finanziari e ai mezzi patrimoniali, in base ai quali sono individuati i confidi che sono tenuti a chiedere l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’art 107. La Banca d’Italia stabilisce, con proprio provvedimento, gli elementi da prendere in considerazione per il calcolo del volume di attività finanziaria e dei mezzi patrimoniali. Per l’iscrizione nell’elenco speciale i confidi devono adottare una delle forme societarie previste dall’art 106, comma 3”. Analizzando tale norma emergono chiaramente due aspetti fondamentali, insiti nella legge quadro:

 La chiara volontà del legislatore di rendere il sistema meno frammentato e

caratterizzato da soggetti “non attivi”

 La volontà sempre del legislatore di intensificare l’attività di vigilanza e

controllo rispetto al passato

Quei soggetti iscritti nell’elenco speciale, in base all’art 155 comma 4-sexies, in termini di vigilanza, erano soggetti agli art 107, commi 2,3,4 e 4-bis, 108,109,110 e 112. Qualora risultassero gravi violazioni di norme di legge o delle disposizioni emanate ai sensi del testo unico bancario, la Banca d’Italia disporrà la cancellazione dall’elenco speciale.

Sempre nell’ambito della razionalizzazione dell’attività figuravano, con la Legge Quadro, vennero stabiliti specifici adempimenti a livello contabile. In

base a ciò al comma 35 del Decreto “Gli amministratori del consorzio devono

redigere il bilancio d’esercizio con l’osservanza delle disposizioni relative al bilancio delle società per azioni. L’assemblea approva il bilancio entro

centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio ed entro trenta giorni dall’approvazione una copia del bilancio, corredata dalla relazione sulla

gestione, dalla relazione del collegio sindacale, se costituito, e dal verbale di approvazione dell’assemblea deve essere, a cura degli amministratori,

depositata presso l’ufficio del registro delle imprese.” Al comma 36 inoltre viene

previsto che “oltre i libri e le altre scritture contabili la cui tenuta è obbligatoria,

il consorzio deve tenere:

a) il libro dei consorziati, nel quale devono essere indicati la ragione o denominazione sociale ovvero il cognome e il nome dei consorziati e le variazioni nelle persone di questi;

b) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea, in cui devono essere trascritti anche i verbali eventualmente redatti per atto pubblico;

c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo amministrativo collegiale, se questo esiste;

d) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, se questo esiste. I primi tre libri devono essere tenuti a cura degli amministratori e il quarto a cura dei sindaci. Ai consorziati spetta il diritto di esaminare i libri indicati e, in taluni casi, di ottenerne estratti a proprie spese. Il libro dei consorziati può altresì essere esaminato dai creditori che intendano far valere la responsabilità verso i terzi dei singoli consorziati ai sensi dell’art. 2615,

secondo comma, c.c. e deve essere, prima che sia messo in uso, numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio.” La ratio di tale norme risiede nella volontà di far

si che i Confidi si dotassero di una struttura organizzativa e contabile ben definita, al fine di razionalizzare il sistema sia in termini di adeguatezza organizzativa che in termini di controlli. Antecedentemente alla

Legge Quadro infatti i primi Confidi risultavano spesso organismi dalla struttura organizzativa molto elementare e spesso non in grano di raggiungere soddisfacenti livelli di efficienza in termini di supporto alle piccole e medie imprese.

Pur considerando i vari ambiti appena citati in cui la Legge Quadro del 2003 ha apportato notevoli cambiamenti, l’elemento di maggiore novità resterà comunque quello legato all’attribuzione agli operatori, con specifiche caratteristiche39, della veste di Intermediario finanziario. Tale attribuzione prevedeva di conseguenza l’obbligo di iscrizione nell’elenco ex art. 107 TUB (sulla base dell’introduzione dell’art. 155, c. 4 bis, TUB). La riformulazione dell’art. 155 c. 4 TUB, invece, prevedeva per i Confidi di minore dimensione il mantenimento del regime previgente: obbligo di iscrizione nell’elenco generale ex art. 106 TUB ed esclusione dall’applicazione del Titolo V, TUB40. In base a

tale impostazione il D.L. del 2003 individuava tre tipologie di Confidi:

1. Confidi iscritti nella sezione ex art. 106 del TUB, i quali svolgevano esclusivamente attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi annessi e strumentale. L’iscrizione in tale sezione non permetteva di effettuare le altre operazioni riservate agli intermediari finanziari (non si applicava il titolo V del TUB)

2. Confidi iscritti nell’elenco speciale ex art. 107 TUB caratterizzati da un controllo di vigilanza prudenziale molto simile a quello degli istituti di credito, in funzione del volume di attività finanziaria e ai mezzi patrimoniali. Tali

39 Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 9 novembre 2007 (come successivamente modificato dal Decreto MEF n. 29/2009), che ha dato attuazione all’art. 155, c. 4 bis, TUB, specifica i criteri di iscrizione dei confidi nell’elenco speciale previsto dall’art. 107, c. 1, TUB: volume di attività finanziaria pari o superiore a 75 mln di euro

soggetti possedevano un grado di operatività maggiore (assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi)

3. Banche di garanzia collettiva dei fidi, costituite in forma di società cooperative a responsabilità limitata, soggette alle norme del TUB e alla regolamentazione secondaria della Banca d’Italia41

2.3 D.lgs. 141/2010: Previsione di due distinte tipologie di