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D OPO : L A SORELLA M ARIANNA E BREVE LA SALUTE DELLA MOGLIE

Nel documento Le muse di Montale (pagine 91-95)

Capitolo terzo

III. L’A VVENTO DI C LIZIA : PARABOLA DI ASCESA E DECLINO

III. 2 D OPO : L A SORELLA M ARIANNA E BREVE LA SALUTE DELLA MOGLIE

Con questo avverbio si apre la seconda sezio ne della Bufera e

altro, formata da tre compo niment i. Il titolo “dopo” indica storicamente

ciò che è successo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le false speranze, le illusio ni e le paure venutesi a creare e vissute dal poeta in prima persona a Firenze, e indica anche i cambiament i st ilist ici apportati alle nuove poesie, già visibili nei due madrigali d’apertura, che presentano l’uso di forestierismi, onomatopee, scritte riprodotte dai muri317.

Madrigali fiorentini

Concluso Finisterre con la lirica A mia madre, Montale apre la seconda sezione, Dopo, all’insegna dell’apparente libertà che l’armistizio sembra aver segnato. I due madrigali vedono sullo sfondo due opposte figure femminili: Herma Fućkar318 e la defunta sorella del poeta; in una lettera a Silvio Guarnieri del 29 novembre 1965 Montale scrive: «Madrigali. Herma era una modella amica di Vittorini, austriaca (…). Il paradiso immaginato come ospedale. Mia sorella era morta da molti anni in un ospedale ed era religiosa»319. Nel primo dei madrigali il poeta invita la giovane Herma a riporre con «nastri e ceralacca / la speranza», quella della libertà che si era temporaneamente profilata dopo l’armistizio, ma rivelatasi, a

317 M.ROMOLINI, op. cit., p. 119.

318 Giovane austriaca di origine ebrea, modella e pittrice.

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breve distanza, assai vana320. Nel secondo dei Madrigali compare la sorella Marianna321:

…i colpi che martellano le tue tempie fin lì, nella corsia del paradiso, sono il gong che ancora

ti rivuole tra noi, sorella mia. (vv.5-8)

L’allusione è ai colpi dei combattimenti, che arrivano fino al «paradiso immaginato come ospedale»322, simili al gong che serviva da richiamo per il pranzo a casa Montale. Herma, a differenza della sorella Marianna, ha un ruolo attivo: viene apostrofata dal poeta affinché riponga «la speranza che vana / si svela»; la sorella invece viene solo ricordata, quasi che il gong dei colpi possa richiamarla tra i vivi, possa arrivare fino al paradiso, immaginato dal poeta come un ospedale, e farla scendere.

Ballata scritta in una clinica

Accanto a Clizia, sul fosco scenario della guerra, fa la sua prima e fugace comparsa «Mosca», trasfigurazione poetica della moglie Drusilla Tanzi. A lei, gravemente ammalata, il poeta dedica Ballata scritta in una clinica, dibattendosi angosciato tra l'«emergenza» della guerra e l’altra emergenza, quella della morte:

320 La data dell’11 settembre 1943 posta in epigrafe segna la presa di Firenze. Si veda M.ROMOLINI, op. cit., p. 121.

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Marianna, di due anni più vecchia di Eugenio, morì nel 1938 all’età di 44 anni. Nel corso degli ultimi anni della scuola media superiore divenne più stretto il rapporto di complicità intellettuale tra lei e Montale. Ella era studentessa di filosofia all’Università di Genova: «la prima – ha scritto Gianfranco Contini – delle tante figure protettive di donna che si chinarono su questo introverso»; ella fu anche la prima e la più congeniale lettrice delle più remote prove poetiche del Montale. Si consulti F.CONTORBIA, E. Montale, in DBI, 75, 2011.

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Nel solco... Durante e dopo l'emergenza. Era d'agosto. Mosca era in clinica. Il toro rappresenta la forza bruta, la guerra, Ariete il coraggio e la salvezza. Almeno secondo le mie opinioni astrologiche di allora. Il cane di legno era sul comodino della stanza. L'Altra Emergenza, l'al di là323.

Questa è l’ultima poesia della sezione Dopo che vede la presenza fugace di tre figure femminili: l’austriaca Herma, la sorella defunta e Mosca, qui non ancora menzionata con questo soprannome. È Mosca ad incarnare il risvolto più privato, concreto del «male / che tarla il mondo», e che ha le sue «più inquietanti e tragiche manifestazioni proprio nel quotidiano»324. L’emergenza storico-cosmica si intreccia ancora una volta all’emergenza privata e la clinica dove la moglie si trova diventa, nel suo contesto del tutto privato e personale, l’occasione che permette al poeta di cercare elementi di vitalità e di «totemica potenza»325 in grado di salvarli.

L’inizio è fornito, in modo del tutto inconsueto, da una determinazione temporale e quasi cronachistica estremamente precisa. Sono i giorni del ’44 in cui la guerra si abbatte e indugia con particolare ferocia sulla città di Firenze. Il quadro «dell’Emergenza» è contratto in «poche note essenziali (i crolli degli edifici e dei ponti, il buio, il terrore degli inermi)»326. Anche la vicenda privata, che subito sottentra, si esprime per accenni concreti, quasi di racconto: la malattia della persona amata, chiusa in un manichino di gesso, le lacrime, gli oggetti personali e di riflesso l’angoscia improvvisa dell’io. Mosca, non a caso, è la donna con cui il poeta condivide gli anni della propria esistenza, che celebrerà in Xenia, e di cui canterà e ricorderà i gesti più semplici e la complice quotidianità, già anticipati in questa lirica:

Nel cavo delle tue orbite brillavano lenti di lacrime più spesse di questi tuoi grossi occhiali di tartaruga

che a notte ti tolgo e avvicino alle fiale della morfina (vv.14-19)

323 Lettera a Silvio Guarnieri del 29 novembre 1965, inG.ZAMPA, Il secondo mestiere, cit., p. 1519. 324 M.ROMOLINI, op. cit., p. 170.

325 F.GIUSTI, I «Madrigali privati»: Montale, la Volpe e una narrazione diffusa, Otto/Novecento 3, settembre/dicembre 2007, p. 100.

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La comparsa di Mosca a quest'altezza può sembrare una «presenza per molti versi fuori sede»327, essendo la donna connaturata ai toni prosastici di Satura, ma non poteva che essere lei a incarnare una resistenza estrema al morbo, alla morte, in parallelo ai bombardamenti che imperversano fuori, vicino ai due328. Il poeta attende un cenno, il palesarsi della finis Europae o la morte della compagna, e gli oggetti, messi sul comodino nella stanza d’ospedale, diventano strumenti per esorcizzare il male:

hai messo sul comodino il bulldog di legno, la sveglia col fosforo sulle lancette che spande un tenuo lucore sul tuo dormiveglia (vv.33-37)

Il «bulldog di legno» è l’ultimo baluardo di salvezza contro l’«iddio taurino», divinità crudele e sanguinaria, e assume i tratti dell’amuleto tipico montaliano, in grado di opporsi al “fuori”, perché caricato di quella quotidianità che esiste e resiste; la sveglia è un altro oggetto minimo in grado di vegliare sulla compagna: sono oggetti poveri, piccoli, un nulla che però «basta a chi vuole / forzare la porta stretta». La donna è qui rappresentata come lo «specchio» del poeta, deformato per la malattia, attanagliato dal male, ma l’unica in grado di tenere uniti i due grazie ai gesti d’affetto consueti e agli amuleti che le appartengono.

327

E.GIOANOLA, Eugenio Montale, Poesia italiana del Novecento. Testi e commenti, Librex, Milano, 1986, p. 425.

328 Si tratta della ritirata delle truppe tedesche da Firenze nel 1944, che in un ultimo gesto di sopraffazione, nel tentativo di bloccare l’avanzata degli alleati sconvolsero la città con distruzioni e bombardamenti. In M.ROMOLINI, op. cit., p. 176.

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