• Non ci sono risultati.

19 L Geymonat, cit., p

2.2 Da Schelling a Schopenhauer

Nel 1800 Schelling pubblicava il Sistema dell’Idealismo trascendentale: nell’ Io schellinghiano venivano contemplate l’attività produttiva -o attività pratica- in cui l’Io, nel suo essere illimitato, pone un limite che è reale, e l’attività intuitiva -o attività teoretica- laddove l’Io, intuendosi limitato, fa del limite qualcosa di puramente ideale:

“Se dunque ancora attualmente l’ io sente sé come limitato, esso può sentirsi limitato solo in quanto producente e ciò, a sua volta, può accadere soltanto in forza di un secondo limite, il quale dev’essere limite sia della cosa che dell’io […]”.30

Con Schelling l’orientamento metafisico prendeva la forma di un

intuizionismo geniale affidato ad un sapere immediato, o intuizione estetica, in

cui conscio ed inconscio entrano in armonia e che “d’un colpo dovrebbe condurre all’assoluto identico in sé”; unicamente all’arte e all’intuizione estetica (ästhetische Anschauung) veniva concessa un’assoluta oggettività; nella concezione del filosofo quindi la “filosofia dell’arte” è il vero organo della

filosofia e compito dell’arte dare la rivelazione di tale assolutezza:31

“Infatti, l’intuizione estetica è appunto quella intellettuale divenuta oggettiva. Solamente l’opera d’arte mi riflette ciò che non viene riflesso da nient’altro: quel medesimo assolutamente Identico che è nell’io si è già scisso; l’arte opera il miracolo di irradiare dai suoi prodotti quello che il filosofo ha lasciato che si scindesse già nel primo atto della coscienza, e che altrimenti è inaccessibile a ogni intuizione./…/ La filosofia muove da una scissione infinita di attività

29 Bettina Brentano, Corrispondenza di Goethe con una bimba, Vienna, 28

maggio 1810, cit. in “Scritti e conversazioni di Beethoven” (a cura di Nicolò Di Fede), Ed. Universale Cappelli, Rocca San Casciano 1962, p. 194.

30 Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, Sistema dell’Idealismo trascendentale,

(traduzione it d Guido Boffi), Ed. Rusconi, Milano 1997, p. 351

31 F. W. J. Schelling, cit., Introduzione, § 4; cfr. inoltre ibidem, parte VI, § 3, pp.

73-75. Cfr. inoltre Enciclopedia Filosofica, (voce di Andrea Mario Moschetti:

74 Claudia Colombati – ParteII-B

contrapposte; ma sulla medesima scissione si fonda altresì ogni produzione estetica e viene perfettamente superata da ogni singola esibizione dell’arte”.32

In cosa consiste dunque quella “facoltà meravigliosa” ?

“Quella facoltà produttiva è la medesima di quella per cui anche all’arte riesce l’impossibile, cioè superare un’opposizione infinita in un prodotto finito. La facoltà poetica è ciò che, nella prima potenza, è l’intuizione originaria, e, inversamente, ciò che chiamiamo facoltà poetica è soltanto l’intuizione produttiva che si ripete nella potenza suprema.”33

Estendendo successivamente questa concezione fondamentale, Schelling, nella Filosofia dell’arte individuava inoltre nel tempo relazionato alla musica, la possibilità dell’infinito di “in-formarsi”, ossia di scandire l’assoluto prendendone coscienza nella “forma” in divenire, fino ad affermare che “il ritmo è la musica nella musica”. Essa incarnava così il ritmo stesso dell’universo

rendendolo percepibile all’animo umano e permettendo quindi di stabilirne il nesso con la struttura della coscienza.

Il tempo di cui è intessuta la musica, spiega il filosofo,

32 F. W. J. Schelling, Sistema dell’Idealismo trascendentale, parte VI, § 3, cit., p.

575

33 Ivi, pp. 576-577 e p. 581: „ Ora, se soltanto l’arte riesce a rendere oggettivo,

con valore universale, quel che il filosofo può esporre unicamente in modo soggettivo, c’è da attendersi -per trarre qui ancora questa conclusione- che la filosofia, così com’è scaturita ed è stata nutrita dalla poesia nell’infanzia del sapere, e con essa tutte quelle scienze che per mezzo suo vengono recate a perfezionare, una vota giunte alla loro pienezza, come altrettanti singoli fiumi riconfluiranno in quell’ universale oceano della poesia da cui erano uscite. Quale poi sarà il tramite

del ritorno della scienza alla poesia, non è in generale difficile a dirsi, questo termine intermedio essendo esistito nella mitologia, prima che fosse avvenuta questa separazione la quale ora sembra insuperabile. Ma come possa nascere una nuova mitologia, che non sia invenzione del singolo poeta ma di una generazione nuova che quasi rappresenti, per dir così, un unico poeta, ciò è un problema la cui soluzione si può attendere solamente dai futuri destini del mondo e dal corso ulteriore della storia.” Lo sviluppo di questo pensiero Schelling già lo indicava in

nota nel Saggio Sulla mitologia annunciandone l’imminente apparizione.

La folgorante intuizione e previsione desta non solo stupore, ma dà adito a

successive ipotesi ed interpretazioni connesse non solo alle relazioni possibili tra arte e scienza, ma anche alla comprensione stessa del Mito nella sua essenza a- temporale, quasi unicamente collegato alla cultura greco-europea, ma ancora denso

di interrogativi rispetto alla sua provenienza se posto in una prospettiva spazio- temporale.

L’intuizione poetico-musicale nello spazio quadridimensionale 75

“è la forma generale della figurazione dell’infinito nel finito, ma in quanto forma astratta dalla realtà: la musica come puro ritmo coglie sì l’universo nel suo aspetto più elementare, ma anche come pura forma, per cui se da una parte la musica è l’arte che è più vicina alla materia, dall’altra può dirsi anche l’arte

più astratta e spirituale, in quanto riproduce il puro movimento, il ritmo cosmico, il diveniredelle cose, l’unità nella molteplicità.” 34

Posizione che non può non rimandare, in questo contesto, alla teoria della

relatività generale laddove si deduce che “la forma dello spazio-tempo è determinata dalla presenza della materia e del suo moto”; non solo, ma il tempo ormai, come appariva nella teoria della relatività, poteva essere considerato nel programma gödeliano come uno strumento di misura in cui idee intuitive divenissero comprensibili per mezzo di concetti formali 35.

Cosa è quindi l’assoluto, cosa l’infinito in relazione all’arte e, specificamente, alla musica?

Secondo l’idea schellinghiana la musica rappresentava la scansione ritmica dell’assoluto nella successione delle forme, processo infinito che ha la prerogativa di renderlo percepibile all’uomo secondo, tuttavia, la capacità del compositore di concretizzarlo in una gestaltica veste sonora: l’intuizione dell’assoluto resa percepibile nella forma (o comunque nell’ idea ). L’arte, per la sua essenza simbolica, si basava pertanto “sull’identità dell’attività conscia e dell’attività inconscia” e la perfezione dell’opera d’arte cresceva “ nella misura in cui essa contiene espressa in sé questa identità, ovvero nella misura in cui si sono compenetrate in essa intenzione e necessità”.36

Fondamentale per le geniali valenze del suo pensiero interpretabili nel senso scientifico in oggetto, appare quanto ha scritto, con particoloare riferimento alla

34 F.W.J. Schelling, Philosophie der Kunst, in „Schellings Werke“, vol. I. 3,

Leipzig 1907, pp. 142 , 150. Cfr. Enrico Fubini, La musica: natura e storia, Einaudi, Torino 2004, pp. 30-31.

35 Cfr. Palle Yourgrau, Un mondo senza tempo: l'eredita’ dimenticata di Goedel

e Einstein, Casa editrice Il Saggiatore, 2006, pp. 133 e 136-137: nel cosiddetto

“programma di Gödel”, il matematico e filosofo aveva in mente di sviluppare tale concetto e per questo intitolò il suo contributo al volume di Schilpp Teoria della re-

latività e filosofia idealistica. I “filosofi idealisti” a cui si riferiva erano Parmenide, Platone e Kant “i quali si chiedevano se la nostra esperienza soggettiva dello scorre- re del tempo avesse un correlato oggettivo. Per tali pensatori il tempo era sempre un sospetto ontologico”.

76 Claudia Colombati – ParteII-B

musica, Arthur Schopenhauer nel § 52 de “Il mondo come volontà e

rappresentazione”:

“Dal nostro punto di vista, adunque, dobbiamo riconoscere alla musica un significato ben più grave e profondo, riferentesi alla più interiore essenza del mondo e del nostro io; rispetto alla quale le relazioni di numeri, in cui quella si lascia scomporre, stanno non già come la cosa significata, ma appena come il

segno significante”.

Si deve qui riflettere su: 1) relazione musica-essenza del mondo 2) relazioni di numeri-segno significante

“Che la musica debba stare al mondo, in un senso qualsiasi, come rappresentazione sta al rappresentato, come immagine all’originale, possiamo dedurre dall’analogia delle altre arti, alle quali tutte appartiene questo carattere, e la cui azione su di noi ha la stessa natura di quella della musica, ma solo è quest’ultima più forte, più rapida, più necessaria, più infallibile. Quella relazione d’immagine rispetto all’originale, ch’ella ha col mondo, deve pur essere ben intima, infinitamente verace e sommamente precisa, per esser da ciascuno compresa in un attimo; e dà a conoscere una tal quale infallibilità, dal fatto che la sua forma si lascia ricondurre a regole ben determinate, da esprimersi in numeri; regole cui non può sottrarsi, senza cessare interamente d’esser musica.”

Di conseguenza anche su: 3) relazione immagine-originale

4) rapidità e precisione della comprensione 5) infallibilità e relazione indissolubile con forma- regola

“Tuttavia il punto di paragone tra la musica e il mondo, il modo onde quella sta con questo nel rapporto d’imitazione o riproduzione, giace ben

profondamente celato. S’è fatto musica in tutti i tempi, senza rendersi conto di

ciò: paghi di comprenderla direttamente, s’è rinunziato a una coscienza astratta

di questa immediata comprensione”. 37

Ed infine, tra la musica e il mondo, su: 6) il modo profondamente celato

7) la rinuncia alla coscienza astratta della sua comprensione.

Seguendo, nella sua consequenzialità logica, il pensiero del filosofo tedesco, si può pertanto definire una metafisica della musica:

37 Artur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, § 52 , Editori

L’intuizione poetico-musicale nello spazio quadridimensionale 77

“[…] Il compositore disvela l’intima essenza del mondo, in un linguaggio che la ragione di lui non intende” […]. In un compositore quindi, meglio che in ogni altro artista, è l’uomo dall’artista in tutto separato e distinto”.38

L’intuizione avviene nel musicista in un momento dell’esistenza che esula dalla comprensione della realtà umana: l’artista che è nell’uomo, capta quel quid la cui cognizione non è data all’umana dimensione della “normalità”.

E’ in questa affermazione di una coscienza astratta dell’essenza della musica che si chiarisce infatti, nella concezione schopenhaueriana, l’idea metafisica di essa: quest’arte, in particolare, non esprime il fenomeno, ma “l’intimo, l’in-sé

d’ogni fenomeno, la volontà stessa”. E alla sua essenza appartiene il “mondo

celato”, il quid ignoto, la “quintessenza”.

Anticipando Eduard Hanslick, il filosofo indica infatti come non siano i singoli sentimenti ad essere rappresentati, ma come si comprenda la musica in una “purificata quintessenza”:

“Imperocché sempre la musica esprime la quintessenza della vita e dei suoi eventi, ma non mai questi medesimi; le cui distinzioni quindi non hanno il minimo influsso sopra di lei.”39

Determinante appare il seguente passaggio:

“Da quest’intima relazione, che la musica ha con la vera essenza di tutte le cose, si trae pur la spiegazione del fatto che se a qualsivoglia scena, azione, evento, ambiente s’accompagna una musica adatta, questa sembra dischiuderne il senso più segreto, ed esserne il più esatto, il più limpido commentario; e nello stesso tempo pare a quegli che intero s’abbandona all’effetto d’una sinfonia, di

vedere innanzi a sé passare le vicende tutte della vita e del mondo: ma nondimeno non gli è possibile, quando vi rifletta, trovare una somiglianza tra quella musica e le cose che ondeggiavano a lui nella fantasia”.40

Imperocché quivi la musica differisce, come ho detto, da tutte le altre arti: nell’essere non già una riflessa immagine del fenomeno […], bensì l’immediato

38 Ivi, p. 290.

39 Ivi, p. 291 40 Ivi, p. 292

78 Claudia Colombati – ParteII-B

riflesso della volontà medesima; e per tutto ciò ch’è fisico nel mondo

rappresentare il metafisico, per ogni fenomeno rappresentare la cosa in sé”.41

In una tale concezione diviene chiara non solo la tendenza all’esaltazione del lato spirituale della vita ed alla sublimazione dei suoi momenti culminanti attraverso il canto e precisi topoi espressivi della musica strumentale in un’interpretazione di tipo filosofico-psicologica, ma anche la dimensione a- temporale della coesistenza tra presente passato e futuro -“ vedere innanzi a sé

passare le vicende tutte della vita e del mondo”- e la possibilità della rappresentazione metafisica del fenomeno:

“Perché le melodie sono, in un certo modo, così come i concetti universali, un’astrazione della realtà.” “Posto che si potesse dare una spiegazione della musica in tutto esatta, compiuta e addentrantesi nei particolari, ossia riprodurre estesamente in concetti ciò che ella esprime, questa sarebbe senz’altro una sufficiente riproduzione e spiegazione del mondo in concetti; oppure le equivarrebbe in tutto e sarebbe così la vera filosofia.”42

Ora il punto centrale sta nel significato di vera filosofia, nella sua associazione con l’essenza della musica e la possibilità data all’uomo di esporsi oltre il limite 3-d secondo i raggiungimenti della scienza.

Seguendo il pensiero di S.Fanelli l’antitesi tra teoria della relatività generale e meccanica quantistica, potrebbe essere risolta solo nell’ambito di una visione metafisica43 ed il concetto di “genio” schopenhaueriano, rivolto in particolare alla specificità dell’essenza della musica, si può concepire nell’ambito della possibilità di un contatto con lo spazio 4-d. Se infatti nel pensiero quadridimensionale, l’Ente “Assoluto” o “Dio”, può essere inteso come rappresentazione immanente, “completezza infinita” parmenidea44, nella

41 Ibidem, cfr. il saggio di Claudia Colombati, “Metafora e mitopoietica nella

concezione musicale Romantica presentato all’ ICSM9, Acta Semiotica Fennica, Roma-Helsinki, 2006.

42 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, § 52, cit., p.

294.

43 S. Fanelli, Saggio Parte I , cit.

44 Cfr. il pensiero di Kurt Gödel sul passaggio “dal possibile al reale” : “Il suo

platonismo matematico[…] implicava immediatamente che, se un oggetto matematico è possibile, ciò comporta che sia anche necessario, e quindi reale. […] Questa modalità di ragionamento, dal possibile al reale, si ritrova nell’ “argomento ontologico” dell’esistenza di Dio usato da sant’ Anselmo, Cartesio e Leibniz”. Pur avendo costruito un argomento ontologico a sostegno dell’esistenza di Dio di tipo leibniziano, egli tuttavia, non lo pubblicò mai temendo “di poter essere considerato

L’intuizione poetico-musicale nello spazio quadridimensionale 79

dimensione tridimensionale del pensiero occorre lo sforzo del superamento della volontà nella rappresentazione, ossia l’uscita da uno stadio di costrizione

dell’essere: ma esso avviene per atto cosciente? Per potenziale disposizione

all’intuizione? Pare qui necessario un accenno alla correlata questione

aristotelica di “ Ente in potenza ed in atto” come anello fondamentale per le successive riflessioni sulla relazione tra “infinito in atto-infinito in potenza” e l’intuizione poetico-musicale. Nella Metafisica Aristotele tratta infatti della materia e della forma quali casi particolari dei due modi secondo i quali può attuarsi l’ente, ossia l’ente in potenza (la materia) e l’ente in atto (la forma) giungendo ad affermare l’esistenza dell’Atto puro ultimo e vero movente, atto ingenerabile e incorruttibile, o atto eterno:

“ E poiché tutto ciò che è mosso, è mosso da un altro, e come da ultimo e vero movente, da un movente immobile, l’atto, che come ultimo e vero movente attua tutto ciò che è in potenza, dev’essere un atto che non è atto di nessuna potenza, un atto puro, atto ingenerabile e incorruttibile, atto eterno […]” [VIII , 8, 1051 a 2-3 ].

Ne conseguiva che:

“Essere in atto di intendere intellettivamente piuttosto che solo in potenza, è quel qualche cosa di divino che l’intelligenza sembra avere, e l’atto della contemplazione è ciò che vi è di più perfetto e di massimamente dilettevole.

[…]” [XI ,7]

Sembrerebbe affermarsi, dunque, la coesistenza dell’atto intellettivo e contemplativo, come fondamento di quel fattore divino e perfetto che, traslando, può riconoscersi nell’intuizione geniale.

Secondo A.Schopenhauer era data in particolare all’artista, tramite il sentimento del sublime, la possibilità di un libero elevarsi e di un conscio e drammatico distacco, raggiungendo la pura contemplazione, oramai libero da ogni volere della coscienza ed in assenza di ogni dolore.45 L’intellettualità dell’intuizione, peraltro, era stata riconosciuta da Nietzsche come una delle

quattro teorie immortali di Schopenhauer che nei Parerga e paralipomena aveva scritto:

“Diventare soggetto puro della conoscenza significa liberarsi di se stessi. [Il soggetto puro della conoscenza subentra in quanto si riesce a dimenticare se

un teista in epoca ateistica”. Cfr. P. Yourgrau, Un mondo senza tempo, cit., pp. 139- 140.

80 Claudia Colombati – ParteII-B

stessi per essere completamente assorbiti dagli oggetti contemplati; di modo che essi soli rimangono nella coscienza]. Ma, siccome di solito gli esseri umani non sono capaci di far ciò, essi, di regola, non hanno il dono di una apprensione delle cose puramente oggettiva, che costituisce il talento dell’artista.” 46

La frequenza con la quale un’assonanza simbolica si ripete all’origine creativa, è determinata da una poetica eidetica, ontica, un ritorno costante e ineluttabile che trova nell’immaginazione la fonte fenomenica di ogni metamorfosi. Senza questa facoltà, o meglio, senza una tale visione fenomenologica, tuttavia, non si avrebbe percezione del fluire del tempo come accade nella dimensione onirica per la durata del sogno, seppur nella rarefazione di diverse fasi e visioni.

Nella musica la complessità della sua totalità è di difficile comprensione, in quanto la sua percezione è legata al divenire, ma l’atto intuitivo e simbolico ad essa connesso, contrae il tempo-durata: ciò avviene nella captatio del principio generativo del compositore, ma anche nella presa di coscienza di esso ad opera dei grandi interpreti, espresso come costante variabile tra ontologia e fenomenologia.

Distorsione onirica e dilatazione mnemonica spazio-temporale sono spesso raffrontabili: nell’infanzia, nell’adolescenza manca ancora, nella sua parte maggiore, la proiezione del passato e lo spazio-tempo si prospetta nel futuro, epoca della fantasia: la musica sarebbe allora un’arte-simbolo della giovinezza? Dimensione ingenua? Se è vero, con le parole di Vladimir Jankélévitch, che «en effet il faut avoir bien travaillé pour mériter l’intuition », lo è anche il fatto che

un certain état d’innocence n’est pas moin nécessaire chez l’artiste”.47 Il

filosofo pone qui la complessa questione dell’innocenza rivelativa necessaria alla creazione poetico-musicale interpretando in tal senso la nota definizione leibniziana di exercitium occultum nescientis se numerare, parafrasato da Schopenhauer come nescientis se philosophari. La purezza dell’innocenza soltanto, quindi, può creare quello stato di stupore che permette l’intuizione geniale, oltre il sapere e le tecniche acquisite, anche quando essa si sia trasformata ormai in nostalgia.

Lo studio della creatività negli anni senili, inoltre, rapportata a quella delle ultime opere composte alla fine della vita, anche nei casi di morte prematura,

46 A. Schopenhauer, Parerga e paralipomeni, II, cap. XIX, 205, Adelphi Edizio-

ni, Milano 1998, p. 550. Cfr. inoltre Sossio Giametta, “Il mondo di Schopenhauer.

Verità ed errori ”, Prefazione a Il mondo come volontà e rappresentazione, I, B.U.R., Milano 2002, p. 37; il riferimento a F. Nietzsche è da “La gaia scienza”, af. 99.

47 Cfr. Vladimir Jankélévitch, La Musique et l’Ineffable, Éditions du SEUIL,

L’intuizione poetico-musicale nello spazio quadridimensionale 81

conduce a riflessioni seducenti. Nella musica così come nella poesia e nella pittura la maggiore evidenza della rarefazione espressa nella tendenza alla dissoluzione della forma, della tonalità, del colore, del verso stesso, sembrano non tener più conto della percezione umana spazio-temporale (3-d) per appropriarsi della quintessenza.

Nella dimensione musicale spesso si denota, ad esempio, un progressivo allontanamento o un definitivo abbandono della misura metronomica verso una libertà espressiva che può giungere all’astrazione temporale. L’astrazione caratteristica degli ultimi periodi creativi, può essere interpretata quindi, oltre che nella visione estetica dell’evoluzione stilistica, come maggiore tendenza all’abbandono della dimensione materica tridimensionale da parte degli spiriti superiori, per una tensione verso il pensiero unico immateriale.

Nell’ambito delle arti, le dimensioni poetiche sono poste in relazione nelle loro precipue valenze psicologiche o simboliche. Le categorie estetiche possono inoltre essere rapportate alle diverse accezioni degli “affetti” che hanno assunto valori suscettibili di mutazioni nel tempo storico fino a quelle di tipo più soggettivo: malinconia, nostalgia, Sehnsucht, spleen, żal, noia, si possono riconoscere in una dilatazione del tempo, mentre: epico, eroico, drammatico, tragico, possono apparire come folgorazioni, densità o contrazione temporale introducendo tuttavia, in tale valutazione anche l’aspetto dell’intensità; la metafora ne diviene uno dei mezzi rappresentativi.

La stessa espressività musicale può quindi essere interpretata su basi scientifiche, psicologiche, estetiche o metafisiche come sovrastruttura 3-d

dell’essenza 4-d: tra le tante indagini condotte nell’ambito della teoria e

dell’estetica musicale in relazione ai sentimenti ed alla categorizzazione di essi,