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237 Claudio Magris, Prefazione, in Lieder, (a cura di) Vanna Massarotti Piazza,

Garzanti, Milano 1997, p. VII.

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“Se il Lied dice l’attimo di consonanza col mondo, esso dice anche […] che quest’armonia dura solo un attimo e poi dilegua, e dà voce al dolore di questa brevità e di questo istacco, alla malinconia della lontananza e della solitudine”.239

In alcuni Lieder (ad es Il Re di Thule) “sentiamo risuonare anche tutto ciò che non abbiamo, che ci è balenato per un istante e che poi abbiamo perduto o che esiste nella nostalgia di qualcosa che non è mai stato.”240

E’comunque l’irripetibilità di ciascuno di essi ad aver creato la coscienza della grandezza di questo genere sia singolo che come ciclo. Un Lied come l’ Erlkönig sui versi di J.W. Goethe, ha trasmesso attraverso il ritmo e l’angoscia di una tragica cavalcata notturna, la contrazione di più piani spirituali divisi soltanto tra il pianoforte e la voce del baritono: egli è e diviene al contempo il bambino morente, il padre, il re degli Elfi con le figlie che danzano in lontananza il suadente canto della morte, è il narratore di un dialogo serrato la cui fine inesorabile è ineludibile e fatale. Difficile sarebbe non riconoscere l’a-

temporalità a questo capolavoro nella cui piccola dimensione si contraggono e dilatano stati d’animo e delirio: è poeticamente evidente la contrazione temporale 4-d dell’istante della morte:

“Willst, feiner Knabe, du mit mir gehen? / Meine Töchter sollen dich warten schön; / Meine Töchter führen den nächtlichen Reihn / Und wiegen und tanzen und singen dich ein“ 241

Come scrive Martin Just, in questo tipo di Lieder, l’assetto ritmico assicura l’unità del contesto:

“cosicché l’armonia può librarsi per lunghi tratti in concatenazioni sonore audaci che sono altrettante rifrazioni espressive della Stimmung poetica.” “La parte pianistica dà il ‘tono’ musicale di fondo del componimento poetico e lo mantiene, procura le fondamenta portanti dell’intiera composizione, sulle quali si ergono e distaccano melodia e parola poetica”.242

239 Ivi, p. VIII

240 Ibidem

241 Franz Schubert- W.J. Goethe, Erlkönig op. 1 (1818), [ IV strofa], in „Lieder“,

cit., p. 60.

242 Martin Just, L’evoluzione del Lied da Haydn e Mozart fino ad Anton von

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Schubert ha cantato la morte durante tutta la sua breve esistenza, come se ne presentisse la presenza fatale, e, pur temendola, l’ha rappresentata in toni seducenti: così come nelle lusinghe del Re degli Elfi, in Der Tod und das

Mädchen il dialogo in sintesi drammatica soggiace alla definitiva magia degli accenti suadenti, allegoria dell’esaperazione del sentimento vitale e dell’annientamento.243

Der Tod: “Gib deine Hand, du schön und zart Gebild! / Bin Freund und komme nicht zu strafen. / Sei guten Must! Ich bin nicht wild / Sollst sanft in meinen Armen Schlafen! „244

Con Gretchen am Spinnrad, egli dava già nel 1814

“la prima, esemplare rappresentazione musicale di una azione che è nel contempo lo specchio rivelatore di processi intimi dell’animo.

La musica ‘attacca’ al girare dell’arcolaio: […] il suo moto inarrestabile sta a simbolo d’una eccitazione emozionale sempre crescente; […] tre segmenti armonicamente più movimentati (ma pur sempre tra di loro omogenei) sfociano per tre volte nel sospiro desolato dell’inizio -Meine Ruh ist hin…- […]”.245

In un movimento illusorio, l’arcolaio gira su se stesso: il tempo della vita è rarefatto in un’atmosfera di stasi spazio-temporale.246

243 Cfr. sull’argomento H.J. Fröhlich, cit., p. 144 ed inoltre M.J.E. Brown,

Schuberts Songs, London 1967.

244 F. Schubert-M. Claudius, Der Tod und das Mädchen op.7 Nr. 3, (1817), in

„Lieder“, p. 84.

245 Ibidem, p. XIX

246 Con riferimento al “tempo circolare”, Ernst Bloch fornisce una particolare in-

terpretazione del significato del Graal nel Parsifal wagneriano laddove , riferendosi alla musica della conversione, nel primo atto, ed alle parole scambiate tra il folle Parsifal e Petrus Gurnemanz, appare la promessa dell’ineffabile: “Cammino appena, eppur mi sembra già d’esser lontano”, grida Parsifal, e Grunemanz risponde: “Tu vedi, figlio mio, spazio qui diventa il tempo” . Scrive il Bloch: “Il senso proprio del- la frase sta nel fatto che al passo temporale viene sovrapposto un che di spazialmen- te immobile che vuole accelerare questo passo mentre, trovandolo, lo rallenta. Nel tempio del Gral anche il tempo ha il suo tempo, cede il passo a un accostamento stratificato, a una sovrapposizione, quindi, fino a una presenza che ormai si muove appena nel simultaneo, per l’appunto lo spazio templare realizzato”. Cfr. Richard Wagner, Scritti scelti, Prefazione di Ernst Bloch, Longanesi &C , Milano 1965, pp. 31-32.

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8.1 La ripetizione – il ritorno

Se, interpretando la “ripetizione” in musica, Wittgenstein rifletteva su come qualcuno “sente il tema intensamente”:

“Qualcosa avviene in lui, mentre lo ascolta. Ma che cosa? […]” “La ripetizione è necessaria ”. “Fino a che punto? Se provi a cantarlo, vedrai che solo la ripetizione gli dà quella sua immensa forza.- […]” 247

egli ne trae la conseguenza che il tema interagisce con il linguaggio incorporandosi in esso come parte nuova.

Nella concezione di Søren Kierkegaard:

“Ripetizione e ricordo sono lo stesso movimento, solo in direzione opposta. Giacché ciò che viene ricordato, è stato e viene ripetuto all’indietro, mentre la ripetizione è un ricordo in avanti”.248

Secondo il Fröhlich nella tecnica compositiva schubertiana si possono

individuare queste due “direzioni dinamiche”, ossia “la citazione come

ripetizione all’indietro e le caratteristiche sequenze (ripetizione e autonomizzazione di frasi melodiche) come ricordo in avanti”.

Tuttavia secondo l’Autore,“ciò che appare come il dispiegarsi della melodia” sarebbe spesso, soprattutto nelle opere tarde, una “stasi dell’evento musicale”.

In Lieder come Die Stadt, Der Wegweiser, ciò è evidente, ma in particolare, come si è visto è nel Doppelgänger su testo di Heinrich Heine249 e nel Lied