• Non ci sono risultati.

La rêverie Diviene naturale e necessario in questa prospettiva, un

109 L.Wittgenstein, (1939-49), cit., p

4.4 La rêverie Diviene naturale e necessario in questa prospettiva, un

accenno al pensiero di Gaston Bachelard esposto ne La poétique de la rêverie e ne La poétique de l’espace: la rêverie, fenomenologicamente, è l’anima che sogna e, contrariamene al sonno, “dà riposo all’anima”, mentre lo spazio assume nel suo pensiero, il valore dell’intimità poetica, generando la concentrazione

dell’essere:

“lo spazio che protegge l’essere, lo introduce, nell’interiorità, rende possibile l’esperienza creativa, è lo spazio poetico”. 120

L’immaginazione sia diurna che notturna, della coscienza sognante e dell’astrazione della razionalità scientifica, tra rêverie o rêve, diviene la facoltà di produrre “immagini che oltrepassano la realtà, che cantano la realtà.” L’idea è quindi quella di un’immanenza “che rilancia la trascendenza nel dinamismo dell’infinito, dell’immaginazione aperta, della trasfigurazione”121. Esiste nel sogno o nell’immaginazione la possibilità “di promuovere l’essere nella direzione di una creatività che il ‘sur’ (sur-uomo, sur-natura, sur-razionalismo) tenta di esprimere come indicazione di una natura […] sempre aperta al superamento di se stessa e non prigioniera di una realtà data”. Per Bachelard il sogno non è solo “una modificazione della veglia”, ma possiede l’esperienza della verticalità, indica “la direzione della vita spirituale”: “immaginarsi un mondo vuol dire ritenersi responsabile, moralmente responsabile di questo mondo”.122 Si spalanca quindi all’uomo la profondità del proprio destino:

“crediamo di poter provare che, in Nietzsche, il poeta spiega in parte il pensatore e Nietzsche è il prototipo del poeta verticale, del poeta delle vette, del

poeta ascensionale”.123

120 Cfr. Francesca Bonicalzi, Leggere Bachelard -Le ragioni del sapere, cit., p.

141.

121 Ivi, p.142

122 Gaston Bachelard, L’air et les songes. Essai sur l’imagination du mouvement,

José Corti, Paris 1943, p. 167, in F. Bonicalzi, Leggere Bachelard…, cit., pp. 172- 173, 174-175

112 Claudia Colombati – ParteII-B

Travaglio dell’ascensione, energia, direzioni d’esistenza, le rêveries di altezza di Bachelard vivono la verticalità come lotta, o come sublimazione spirituale:

“Il sogno va più in alto, il sogno ci proietta in un al di là della verticalità”. 124 Nella visione del filosofo francese, si rivela la “particolarità temporale” del poeta, divisa nell’attitudine a vivere in un “tempo verticale” -ad esempio Charles Baudelaire- oppure “orizzontale e metamorfico” -come Paul Eluard-. Discostandosi dal concetto bergsoniano di continuità della durata, egli ritiene che “ogni fenomeno cronologico debba essere studiato entro il suo ritmo particolarissimo” sottolineando così il carattere metaforico della continuità d’ogni fenomeno temporale”.125

Secondo Gillo Dorfles, nell’interpretazione e nella prospettiva di una psicoanalisi dell’arte, si profila in tale dimensione anche l’analisi di “entità poetiche” determinanti, come, ad esempio, nel caso di forze polarizzate in senso opposto “animatrici” o negativizzate:

“Kafka vive in un ”tempo che muore”, in un dinamismo negativo, mentre Ducasse vive in un tempo accelerato, in un dinamismo attivo.”126

L’identificazione della durata della creatività con quella della partecipazione alla creatività stessa porta inoltre questo Autore ad un’analogia esplicativa con l’interpretazione data da Bergson al fenomeno del déja-vu:

“Nella mente di chi vive il déja-vu -egli scrive-, gli attimi che stanno trascorrendo […] gli offrono il ricordo -ma ricordo del presente-, ricordo che si attua nel momento stesso che vien vissuta la componente percettiva. Ricordo del presente, dunque, per Bergson, e audizione dell’immagine scritta nel tempo stesso in cui avviene la scrittura della stessa, per Bachelard.” 127

Vi è in ciò un palese riferimento anche all’atto compositivo della musica: “ils entendent ce qu’ils créent dans l’acte qui crée”, laddove l’Autore, commentando il pensiero di Bachelard in particolare legato al concetto della

124 G. Bachelard, La fiamma di una candela, SE, Milano 1996, in F. Bonicalzi,

cit., p. 168.

125 Cfr. Gillo Dorfles, Bachelard o l’immaginazione creatrice [da “Aut-Aut”, n.

9, 1952], in “Itinerario estetico”, Edizioni Studio / Tesi, p. 19.

126 Ibidem. 127 Ivi, p. 22

L’intuizione poetico-musicale nello spazio quadridimensionale 113

“parola poetica” sorta alla presenza di un ritmo o d’un’assonanza “innicchiata” nell’animo, scrive:

“Qui il fenomeno è ancora più affascinante, più misterioso. Non è più l’udito che li fa partecipi delle sonorità silenziose della loro musica; è il suono interiore che si viene svolgendo in tutta la sua complessità, in tutta la sua precisione ritmica, melodica, timbrica, e che risuona dentro l’animo del musicista al momento stesso in immagine in cui si costituisce. Al momento, o prima? Poiché spesso è il suono e la parola che trascinano con sé e si portano appresso l’immagine.”128

Se dunque per il filosofo francese, “l’immaginazione è la vera progenitrice d’ogni metamorfosi, lo stesso “volo onirico”, uno dei cardini interpretativi della psicoanalisi analizzato attraverso i poeti de substance aerienne, assume il valore di potenza creatrice:

“le vol onirique, comme tous les symboles psychologique a besoin d’une interpretation multiple: interpretation passionelle, esthétisante, rationelle et objective […]. »129

Energia creativa, pertanto, action imaginante o “métaphore de métaphore”. La concezione di Bachelard, infine, nonostante le divergenze dei loro studi e seppure in una diversa esperienza metafisica, trovava un prolungamento anche nel pensiero di Heidegger rivolto, negli stessi anni, allo spazio poetico. Entrambi i filosofi infatti si pongono la questione della scienza come sapere rispetto al linguaggio poetico; se, per Heidegger, esso “spalanca lo spazio entro un’altra struttura del pensiero”, per Bachelard è l’immagine poetica che, pur non escludendo il linguaggio scientifico, deve “dimenticarlo per parlare” quello nuovo della poesia. Come “esistenza storica dell’uomo”, “il linguaggio [heideggeriano] è la casa dell’essere; i pensatori e i poeti sono custodi di questa dimora” ed è invece, per Bachelard, “un’immagine poetica” a mettere in moto tutta l’attività linguistica, a riportarci “all’origine dell’essere parlante”. Quello che egli sottolinea è “un cosmo singolare del sognatore”. 130

128 Ibidem.

129 Ivi, pp. 25 e 27.

130 Cfr. F.Bonicalzi, cit., p. 151; cfr. inoltre M. Heidegger, Segnavia (1976),

Adelphi, Milano 1987, p. 281, G. Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo libri, Bari 1975, p. 13 e La fiamma di una candela, cit..

114 Claudia Colombati – ParteII-B