I rumori della lotta avevano richiamato, un’orda di selvaggi dal vicino villaggio, e i due uomini furono cir-condati da una folla che gesticolava, gridava, facendo un baccano d’inferno. Il guerriero amico di Tarzan, riu-scì finalmente a farsi capire e, quand’ebbe parlato, gli uomini e le donne del villaggio gareggiarono fra loro per onorare quell’essere strano che aveva salvato il loro amico, combattendo contro Numa, il leone.
Lo condussero quindi al loro villaggio, dove gli pre-sentarono svariati doni, e quand’egli ebbe indicato le loro armi, i guerrieri si affrettarono a portargli una lan-cia, uno scudo, alcune frecce e un arco. Il suo amico gli regalò il coltello con cui aveva ucciso il leone.
Come tutto questo era più facile, pensava Tarzan, dell’assassinio e del furto per provvedere ai propri biso-gni! Egli si vergognò quasi di aver pensato all’uccisione di quel negro che non gli aveva fatto alcun male, e fece il proponimento di non uccidere più un uomo se non per l’assoluta necessità della propria conservazione.
La prima notte che Tarzan passò coi selvaggi, fu spe-sa in un’orgia sfrenata in suo onore. Fu dato un banchet-to, giacchè i cacciatori avevano portato un’antilope e
XV.
DA SCIMMIA A SELVAGGIO
I rumori della lotta avevano richiamato, un’orda di selvaggi dal vicino villaggio, e i due uomini furono cir-condati da una folla che gesticolava, gridava, facendo un baccano d’inferno. Il guerriero amico di Tarzan, riu-scì finalmente a farsi capire e, quand’ebbe parlato, gli uomini e le donne del villaggio gareggiarono fra loro per onorare quell’essere strano che aveva salvato il loro amico, combattendo contro Numa, il leone.
Lo condussero quindi al loro villaggio, dove gli pre-sentarono svariati doni, e quand’egli ebbe indicato le loro armi, i guerrieri si affrettarono a portargli una lan-cia, uno scudo, alcune frecce e un arco. Il suo amico gli regalò il coltello con cui aveva ucciso il leone.
Come tutto questo era più facile, pensava Tarzan, dell’assassinio e del furto per provvedere ai propri biso-gni! Egli si vergognò quasi di aver pensato all’uccisione di quel negro che non gli aveva fatto alcun male, e fece il proponimento di non uccidere più un uomo se non per l’assoluta necessità della propria conservazione.
La prima notte che Tarzan passò coi selvaggi, fu spe-sa in un’orgia sfrenata in suo onore. Fu dato un banchet-to, giacchè i cacciatori avevano portato un’antilope e
una zebra, come trofei della loro abilità, e furono consu-mati molti boccali della loro birra indigena. Mentre i guerrieri danzavano al lume dei falò, Tarzan fu colpito dalla regolarità dei loro lineamenti. Notò pure che alcu-ni uomialcu-ni e molte donne portavano ornamenti d’oro, anelli alle caviglie, e braccialetti, che sembravano co-struiti col metallo greggio. Quando espresse il desiderio di esaminarne uno, il proprietario se lo tolse ed insistè per mezzo di segni, affinchè Tarzan, lo accettasse in re-galo. Egli esaminò attentamente il ninnolo e si convinse che si trattava d’oro puro.
Quando la danza fu terminata, Tarzan espresse l’inten-zione di lasciare la tribù cercando di far capire a quei negri che sarebbe tornato la mattina seguente.
Egli, per riposarsi preferiva l’aria fresca degli alberi ondeggianti, all’atmosfera fetida di una capanna. Gl’indi-geni lo seguirono fino a un albero gigantesco, e quando Tarzan afferrò con un salto uno dei rami più bassi e scomparve nel fogliame superiore, tutti proruppero in clamorose esclamazioni di sorpresa. Per circa mezz’ora gli gridarono di tornare, ma, siccome lui non risponde-va, se ne tornarono tristemente al loro villaggio.
Tarzan frattanto percorreva la foresta finchè trovato un albero adatto alle sue primitive esigenze, si adagiò sull’incrocio di due alti rami, e s’immerse subito in un sonno profondo.
La mattina dopo apparve nella strada del villaggio all’improvviso e gli indigeni gli dettero il benvenuto, con grida e sorrisi.
una zebra, come trofei della loro abilità, e furono consu-mati molti boccali della loro birra indigena. Mentre i guerrieri danzavano al lume dei falò, Tarzan fu colpito dalla regolarità dei loro lineamenti. Notò pure che alcu-ni uomialcu-ni e molte donne portavano ornamenti d’oro, anelli alle caviglie, e braccialetti, che sembravano co-struiti col metallo greggio. Quando espresse il desiderio di esaminarne uno, il proprietario se lo tolse ed insistè per mezzo di segni, affinchè Tarzan, lo accettasse in re-galo. Egli esaminò attentamente il ninnolo e si convinse che si trattava d’oro puro.
Quando la danza fu terminata, Tarzan espresse l’inten-zione di lasciare la tribù cercando di far capire a quei negri che sarebbe tornato la mattina seguente.
Egli, per riposarsi preferiva l’aria fresca degli alberi ondeggianti, all’atmosfera fetida di una capanna. Gl’indi-geni lo seguirono fino a un albero gigantesco, e quando Tarzan afferrò con un salto uno dei rami più bassi e scomparve nel fogliame superiore, tutti proruppero in clamorose esclamazioni di sorpresa. Per circa mezz’ora gli gridarono di tornare, ma, siccome lui non risponde-va, se ne tornarono tristemente al loro villaggio.
Tarzan frattanto percorreva la foresta finchè trovato un albero adatto alle sue primitive esigenze, si adagiò sull’incrocio di due alti rami, e s’immerse subito in un sonno profondo.
La mattina dopo apparve nella strada del villaggio all’improvviso e gli indigeni gli dettero il benvenuto, con grida e sorrisi.
Egli visse alcune settimane con i suoi amici selvaggi, cacciando il bufalo, l’antilope e la zebra per nutrirsene, e l’elefante per l’avorio. Apprese presto il loro facile idioma, i loro semplici costumi, e scoprì che non erano cannibali.
Busuli, il guerriero che Tarzan aveva pedinato fino al villaggio, gli narrò la storia della tribù; gli narrò come, molti anni prima, il suo popolo era calato dal nord, dopo lunghe marce; come, un tempo, aveva costituito una tri-bù grande e potente, e come i mercanti di schiavi l’ave-vano ridotta agli ultimi termini coi loro fucili apportatori di morte.
— Ci cacciarono – disse Busuli – senza misericordia alcuna. Quando non cercavano gli schiavi, volevano l’avorio. I nostri uomini venivano uccisi e le nostre don-ne condotte via come pecore. Per molti anni, combat-temmo contro di loro, ma le nostre frecce e le nostre lance non potevano sopraffare i bastoni che sputano a distanza fuoco e piombo. Poi tornarono i predoni arabi, e allora Chowambi, il Capo di allora, ordinò al suo po-polo di raccogliere tutto quanto possedeva e di fuggire con lui che l’avrebbe guidato verso il sud, dove final-mente trovarono un luogo non ancora conosciuto dai predoni arabi.
— E non vi hanno più scovato? – domandò Tarzan.
— Circa un anno fa un piccolo gruppo di arabi piom-bò su di noi, ma li cacciammo via, inseguendoli e abbat-tendoli uno per uno.
Mentre Busuli parlava, gli occhi di Tarzan si erano Egli visse alcune settimane con i suoi amici selvaggi, cacciando il bufalo, l’antilope e la zebra per nutrirsene, e l’elefante per l’avorio. Apprese presto il loro facile idioma, i loro semplici costumi, e scoprì che non erano cannibali.
Busuli, il guerriero che Tarzan aveva pedinato fino al villaggio, gli narrò la storia della tribù; gli narrò come, molti anni prima, il suo popolo era calato dal nord, dopo lunghe marce; come, un tempo, aveva costituito una tri-bù grande e potente, e come i mercanti di schiavi l’ave-vano ridotta agli ultimi termini coi loro fucili apportatori di morte.
— Ci cacciarono – disse Busuli – senza misericordia alcuna. Quando non cercavano gli schiavi, volevano l’avorio. I nostri uomini venivano uccisi e le nostre don-ne condotte via come pecore. Per molti anni, combat-temmo contro di loro, ma le nostre frecce e le nostre lance non potevano sopraffare i bastoni che sputano a distanza fuoco e piombo. Poi tornarono i predoni arabi, e allora Chowambi, il Capo di allora, ordinò al suo po-polo di raccogliere tutto quanto possedeva e di fuggire con lui che l’avrebbe guidato verso il sud, dove final-mente trovarono un luogo non ancora conosciuto dai predoni arabi.
— E non vi hanno più scovato? – domandò Tarzan.
— Circa un anno fa un piccolo gruppo di arabi piom-bò su di noi, ma li cacciammo via, inseguendoli e abbat-tendoli uno per uno.
Mentre Busuli parlava, gli occhi di Tarzan si erano
posati su di un pesante bracciale d’oro che il negro por-tava al braccio sinistro. D’improvviso la vista dell’oro risvegliava in lui la civiltà che dormiva, e contempora-neamente gli faceva sorgere nello spirito la brama della ricchezza. Egli con la sua pur breve esperienza della ci-viltà umana sapeva ormai che l’oro significava potenza e piacere.
— Da dove viene quel metallo? – chiese a Busuli in-dicando il braccialetto.
Il negro stese un braccio verso sud-est, e rispose:
— Anni fa un gruppo dei nostri che si spinse più lon-tano in cerca di un luogo migliore ove la nostra tribù avrebbe potuto stabilirsi, giunse presso un popolo strano che portava molti ornamenti di questo metallo giallastro.
La punta delle loro lancie era fatta con esso, e così pure le frecce. Vivevano in un gran villaggio, in capanne di pietra, circondate da un gran muro. Erano feroci, e si precipitarono sui nostri guerrieri, anche prima di cono-scere la loro intenzione pacifica. I nostri uomini erano in piccolo numero, ma si mantennero saldi in cima ad una piccola collina rocciosa, finchè i loro assalitori, non tor-narono nella loro città. Allora i nostri scesero dalla colli-na e, dopo aver preso molti orcolli-namenti ai corpi degli uc-cisi, abbandonarono la vallata, e non vi fecero più ritor-no. Sono uomini cattivi, nè bianchi nè neri, ma ricoperti di pelo, come Bolgani, il gorilla.
— Di tutti coloro che videro questo popolo singolare nella sua città di pietra, non è più vivo nessuno? – do-mandò Tarzan.
posati su di un pesante bracciale d’oro che il negro por-tava al braccio sinistro. D’improvviso la vista dell’oro risvegliava in lui la civiltà che dormiva, e contempora-neamente gli faceva sorgere nello spirito la brama della ricchezza. Egli con la sua pur breve esperienza della ci-viltà umana sapeva ormai che l’oro significava potenza e piacere.
— Da dove viene quel metallo? – chiese a Busuli in-dicando il braccialetto.
Il negro stese un braccio verso sud-est, e rispose:
— Anni fa un gruppo dei nostri che si spinse più lon-tano in cerca di un luogo migliore ove la nostra tribù avrebbe potuto stabilirsi, giunse presso un popolo strano che portava molti ornamenti di questo metallo giallastro.
La punta delle loro lancie era fatta con esso, e così pure le frecce. Vivevano in un gran villaggio, in capanne di pietra, circondate da un gran muro. Erano feroci, e si precipitarono sui nostri guerrieri, anche prima di cono-scere la loro intenzione pacifica. I nostri uomini erano in piccolo numero, ma si mantennero saldi in cima ad una piccola collina rocciosa, finchè i loro assalitori, non tor-narono nella loro città. Allora i nostri scesero dalla colli-na e, dopo aver preso molti orcolli-namenti ai corpi degli uc-cisi, abbandonarono la vallata, e non vi fecero più ritor-no. Sono uomini cattivi, nè bianchi nè neri, ma ricoperti di pelo, come Bolgani, il gorilla.
— Di tutti coloro che videro questo popolo singolare nella sua città di pietra, non è più vivo nessuno? – do-mandò Tarzan.
— Waziri, il nostro Capo, faceva parte della spedizio-ne – rispose Busulli. – Allora, era giovanissimo, ma ac-compagnava Chowambi che era suo padre.
Quella sera Tarzan interrogò il vecchio Waziri, il qua-le gli disse che il cammino era lungo, ma non difficiqua-le, e che egli lo ricordava bene. Gli raccontò inoltre come erano andate le cose allorchè egli e suo padre, guidando un pugno di guerrieri negri, avevano marciato per una ventina di giorni prima di arrivare al grande villaggio dalle capanne di pietra.
— Mi piacerebbe andare a vedere questo grande vil-laggio – disse Tarzan alla fine del racconto – e a farmi dare un po’ di metallo giallastro.
— Il cammino è assai lungo – rispose Waziri – e io sono troppo vecchio... Però se vorrai attendere la fine della stagione delle piogge, quando l’acqua dei fiumi sarà diminuita, ti farò accompagnare da qualche mio guerriero.
E così rimasero d’accordo.
Due giorni dopo un piccolo gruppo di cacciatori rife-rì, tornando al villaggio, che alla distanza di qualche mi-glio si trovava un gran branco di elefanti. Li descrissero, enumerando alcuni grandi maschi, moltissime femmine e animali giovani; dagli adulti si sarebbe potuta ottenere un’abbondante quantità d’avorio. Fu allora stabilita, una grande caccia all’elefante, e all’alba del giorno dopo, i cacciatori partirono.
Erano cinquanta guerrieri agili e neri, in mezzo ai quali, svelto ed alacre come un giovane dio della selva,
— Waziri, il nostro Capo, faceva parte della spedizio-ne – rispose Busulli. – Allora, era giovanissimo, ma ac-compagnava Chowambi che era suo padre.
Quella sera Tarzan interrogò il vecchio Waziri, il qua-le gli disse che il cammino era lungo, ma non difficiqua-le, e che egli lo ricordava bene. Gli raccontò inoltre come erano andate le cose allorchè egli e suo padre, guidando un pugno di guerrieri negri, avevano marciato per una ventina di giorni prima di arrivare al grande villaggio dalle capanne di pietra.
— Mi piacerebbe andare a vedere questo grande vil-laggio – disse Tarzan alla fine del racconto – e a farmi dare un po’ di metallo giallastro.
— Il cammino è assai lungo – rispose Waziri – e io sono troppo vecchio... Però se vorrai attendere la fine della stagione delle piogge, quando l’acqua dei fiumi sarà diminuita, ti farò accompagnare da qualche mio guerriero.
E così rimasero d’accordo.
Due giorni dopo un piccolo gruppo di cacciatori rife-rì, tornando al villaggio, che alla distanza di qualche mi-glio si trovava un gran branco di elefanti. Li descrissero, enumerando alcuni grandi maschi, moltissime femmine e animali giovani; dagli adulti si sarebbe potuta ottenere un’abbondante quantità d’avorio. Fu allora stabilita, una grande caccia all’elefante, e all’alba del giorno dopo, i cacciatori partirono.
Erano cinquanta guerrieri agili e neri, in mezzo ai quali, svelto ed alacre come un giovane dio della selva,
cavalcava Tarzan delle scimmie. Ad eccezione del colo-rito, egli era simile in tutto ai guerrieri che lo accompa-gnavano. I suoi ornamenti e le sue armi erano le medesi-me, e uguale, la lingua che parlava.
Dopo una marcia di circa due ore, giunsero vicino al luogo dove gli elefanti erano stati veduti il giorno prima.
Avanzarono allora con cautela, cercando le tracce dei grandi animali, e a un certo punto s’accorsero che il branco era passato. Tarzan alzò la mano, come per av-vertire che gli elefanti non erano lontani da loro. Il suo fine odorato eccezionale gli aveva fatto percepire, prima che ai negri, l’odore della preda lontana.
— Venite con me – disse loro – e vedrete.
Agile come uno scoiattolo l’uomo-scimmia balzò su di un albero, seguito da un negro, al quale, non appena l’ebbe raggiunto, indicò il sud, dove, a circa trecento metri, si potevano vedere moltissime groppe nere e co-lossali che ondeggiavano avanti e indietro fra le alte erbe della jungla.
Ad un suo cenno, i guerrieri rimasti in basso si mos-sero immediatamente verso gli elefanti. Il negro dell’albero si affrettò a scendere; ma Tarzan, secondo il suo sistema, continuò ad avanzare dall’alto tra il frondo-so cammino dei rami intermedi.
I guerrieri si erano ora abbassati in silenzio e striscia-vano in terra per formare un semicerchio attorno agli elefanti. Alla fine giunsero in vista dei colossali quadru-pedi. Presero di mira due enormi maschi, e, ad un se-gnale, i cinquanta uomini sorsero dall’erba in cui stava-cavalcava Tarzan delle scimmie. Ad eccezione del colo-rito, egli era simile in tutto ai guerrieri che lo accompa-gnavano. I suoi ornamenti e le sue armi erano le medesi-me, e uguale, la lingua che parlava.
Dopo una marcia di circa due ore, giunsero vicino al luogo dove gli elefanti erano stati veduti il giorno prima.
Avanzarono allora con cautela, cercando le tracce dei grandi animali, e a un certo punto s’accorsero che il branco era passato. Tarzan alzò la mano, come per av-vertire che gli elefanti non erano lontani da loro. Il suo fine odorato eccezionale gli aveva fatto percepire, prima che ai negri, l’odore della preda lontana.
— Venite con me – disse loro – e vedrete.
Agile come uno scoiattolo l’uomo-scimmia balzò su di un albero, seguito da un negro, al quale, non appena l’ebbe raggiunto, indicò il sud, dove, a circa trecento metri, si potevano vedere moltissime groppe nere e co-lossali che ondeggiavano avanti e indietro fra le alte erbe della jungla.
Ad un suo cenno, i guerrieri rimasti in basso si mos-sero immediatamente verso gli elefanti. Il negro dell’albero si affrettò a scendere; ma Tarzan, secondo il suo sistema, continuò ad avanzare dall’alto tra il frondo-so cammino dei rami intermedi.
I guerrieri si erano ora abbassati in silenzio e striscia-vano in terra per formare un semicerchio attorno agli elefanti. Alla fine giunsero in vista dei colossali quadru-pedi. Presero di mira due enormi maschi, e, ad un se-gnale, i cinquanta uomini sorsero dall’erba in cui
stava-no nascosti, gettando le loro pesanti lance di guerra con-tro gli animali, uno dei quali non si mosse più dal luogo dove si trovava, giacchè due lance, tirate con grande precisione, gli avevano attraversato il cuore.
Ma l’altro elefante, che, sebbene raggiunto da parec-chie lance, nessuna gli era penetrata nel cuore, agitò la proboscide con furia e con dolore, e, stroncando rabbio-samente cespugli e rami, si precipitò come un bolide dietro ai negri che erano già scomparsi nella jungla.
Tarzan, da un albero vicino, vide che Busuli, l’ultimo a scappare, sarebbe stato in breve raggiunto dall’elefan-te, e, comprendendo il pericolo che correva il suo ami-co, si precipitò sul sentiero dell’elefante infuriato, per salvare la vita al guerriero negro.
Tantor, l’elefante che già si trovava a sei o sette passi dietro la sua preda, visto il nuovo nemico che osava piombare tra lui e la sua vittima predestinata, gli si ri-volse contro furibondo.
Ma prima che avesse potuto volgere il suo corpo onde avventarsi diritto sull’uomo-scimmia, Tarzan con uno scatto preciso e formidabile dei suoi muscoli d’acciaio, gli scagliava la lancia dietro la grande spalla, diretta-mente nel cuore.
Il colossale pachiderma cadde subito fulminato.
Waziri, il vecchio Capo, che aveva visto quella scena insieme ad altri guerrieri, si precipitò verso Tarzan, e gli fece le più festose manifestazioni di gioia. E allora l’uomo-scimmia saltò sul corpo gigantesco, e dette libe-ra voce alla sfida selvaggia con cui annunciava sempre no nascosti, gettando le loro pesanti lance di guerra con-tro gli animali, uno dei quali non si mosse più dal luogo dove si trovava, giacchè due lance, tirate con grande precisione, gli avevano attraversato il cuore.
Ma l’altro elefante, che, sebbene raggiunto da parec-chie lance, nessuna gli era penetrata nel cuore, agitò la proboscide con furia e con dolore, e, stroncando
Ma l’altro elefante, che, sebbene raggiunto da parec-chie lance, nessuna gli era penetrata nel cuore, agitò la proboscide con furia e con dolore, e, stroncando