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SPIEGAZIONI DELLA CONTESSA OLGA

Il giorno dopo, Tarzan, raccontò all’amico Paolo le sue avventure di quella notte e l’incontro con gli apaches e con la polizia nella casa numero 27 della rue Maule.

— A meraviglia – esclamò d’Arnot alla fine del rac-conto, – questa brutta avventura t’insegnerà almeno ciò che a me non è mai riuscito di farti entrare in testa: che la rue Maule è una strada da evitare, specialmente di notte.

— Al contrario, ribattè Tarzan, sorridendo – è l’unica strada di Parigi che meriti un certo interesse. Mi ha pro-curato l’occasione di divertirmi come non mi ero ancora mai divertito da quando ho lasciato l’Africa.

— Ti può far provare più di quanto desideri, anche senza un’altra visita – replicò d’Arnot. – Ricordati che non sei ancora in regola. La polizia di Parigi, però, – av-vertì severamente d’Arnot – non scorderà tanto facil-mente ciò che hai fatto questa notte. Prima o poi ti ac-ciufferanno, caro Tarzan, e allora l’uomo-scimmia verrà rinchiuso in un carcere, dietro a sbarre di ferro...

— Tarzan delle scimmie non verrà mai rinchiuso die-tro a sbarre di ferro! – rispose l’uomo-scimmia con un

IV.

SPIEGAZIONI DELLA CONTESSA OLGA

Il giorno dopo, Tarzan, raccontò all’amico Paolo le sue avventure di quella notte e l’incontro con gli apaches e con la polizia nella casa numero 27 della rue Maule.

— A meraviglia – esclamò d’Arnot alla fine del rac-conto, – questa brutta avventura t’insegnerà almeno ciò che a me non è mai riuscito di farti entrare in testa: che la rue Maule è una strada da evitare, specialmente di notte.

— Al contrario, ribattè Tarzan, sorridendo – è l’unica strada di Parigi che meriti un certo interesse. Mi ha pro-curato l’occasione di divertirmi come non mi ero ancora mai divertito da quando ho lasciato l’Africa.

— Ti può far provare più di quanto desideri, anche senza un’altra visita – replicò d’Arnot. – Ricordati che non sei ancora in regola. La polizia di Parigi, però, – av-vertì severamente d’Arnot – non scorderà tanto facil-mente ciò che hai fatto questa notte. Prima o poi ti ac-ciufferanno, caro Tarzan, e allora l’uomo-scimmia verrà rinchiuso in un carcere, dietro a sbarre di ferro...

— Tarzan delle scimmie non verrà mai rinchiuso die-tro a sbarre di ferro! – rispose l’uomo-scimmia con un

accento così cupo e intenso che d’Arnot si volse di scat-to a interrogare, non senza apprensione, gli occhi grigi e freddi di quel grande e selvaggio fanciullo che non sa-peva ancora piegarsi ad una legge più efficace della pro-pria forza materiale.

— Hai ancora molto da imparare, amico mio, rispose gravemente d’Arnot dopo qualche istante di riflessione.

– La legge degli uomini deve essere rispettata, comun-que. E se tu dovessi continuare a provocare la polizia e trattarli come hai fatto questa notte, avremmo, io e te, a deplorare dei serii dispiaceri. Per questa volta fornirò io delle spiegazioni circa l’accaduto di rue Maule, ma d’ora innanzi tu devi promettermi che obbedirai alla legge. Ho un mio carissimo amico alla questura e spero che non mi negherà il favore di chiudere amichevolmente l’inci-dente di questa notte. Andiamo!

Mezz’ora più tardi entravano nell’ufficio di un fun-zionario di polizia, il quale si mostrò cordialissimo, e ri-cordò la visita già fattagli da ambedue, qualche mese prima, per la faccenda delle impronte digitali.

Non appena d’Arnot ebbe terminato di narrare gli av-venimenti della notte corsa, il funzionario premette un bottone sul tavolino.

Comparve l’usciere.

— Joubon – disse il funzionario. – Chiamatemi questi signori, – e gli porse una carta che aveva cercato duran-te il racconto di d’Arnot.

Si volse quindi verso Tarzan, parlandogli con genti-lezza:

accento così cupo e intenso che d’Arnot si volse di scat-to a interrogare, non senza apprensione, gli occhi grigi e freddi di quel grande e selvaggio fanciullo che non sa-peva ancora piegarsi ad una legge più efficace della pro-pria forza materiale.

— Hai ancora molto da imparare, amico mio, rispose gravemente d’Arnot dopo qualche istante di riflessione.

– La legge degli uomini deve essere rispettata, comun-que. E se tu dovessi continuare a provocare la polizia e trattarli come hai fatto questa notte, avremmo, io e te, a deplorare dei serii dispiaceri. Per questa volta fornirò io delle spiegazioni circa l’accaduto di rue Maule, ma d’ora innanzi tu devi promettermi che obbedirai alla legge. Ho un mio carissimo amico alla questura e spero che non mi negherà il favore di chiudere amichevolmente l’inci-dente di questa notte. Andiamo!

Mezz’ora più tardi entravano nell’ufficio di un fun-zionario di polizia, il quale si mostrò cordialissimo, e ri-cordò la visita già fattagli da ambedue, qualche mese prima, per la faccenda delle impronte digitali.

Non appena d’Arnot ebbe terminato di narrare gli av-venimenti della notte corsa, il funzionario premette un bottone sul tavolino.

Comparve l’usciere.

— Joubon – disse il funzionario. – Chiamatemi questi signori, – e gli porse una carta che aveva cercato duran-te il racconto di d’Arnot.

Si volse quindi verso Tarzan, parlandogli con genti-lezza:

— Lei ha commesso un grave errore, signore, e senza la spiegazione del nostro amico d’Arnot, sarei costretto a giudicarla molto severamente. Ma invece ho fatto chiamare gli agenti malmenati da lei questa notte, per-chè ascoltino la relazione del tenente d’Arnot. Lascerò quindi a loro di giudicare se dovremo procedere o no contro di lei. Gli agenti però, che ora verranno qui e ai quali lei si è ribellato, non facevano altro che il loro do-vere e non avrebbero dovuto essere trattati tanto male da lei. Essi mettono ogni giorno la loro vita a repentaglio per la sicurezza pubblica. Sono uomini di valore e di co-raggio a cui l’essere stati sopraffatti da un uomo solo e disarmato, ha inflitto una profonda umiliazione. Cerchi dunque di fare in modo che questa antipatica faccenda sia messa in tacere amichevolmente... Un uomo corag-gioso come lei deve anche essere per natura, giusto e generoso!

Entrarono i quattro agenti. Appena scorsero Tarzan, una grande sorpresa si dipinse sui loro volti.

— Amici, – disse il funzionario – questo è il signore da voi incontrato questa notte nella casa n. 27 della rue Maule. È venuto a costituirsi. Ma vi prego di ascoltare attentamente ciò che il tenente d’Arnot vi narrerà della vita di questo signore, spiegando così le ragioni del suo procedere... Dica pure, tenente d’Arnot.

Allora per circa mezz’ora d’Arnot parlò agli agenti raccontando loro qualche particolare della vita selvaggia di Tarzan nella jungla spiegando come l’istinto soltanto gli aveva insegnato a combattere come una belva feroce,

— Lei ha commesso un grave errore, signore, e senza la spiegazione del nostro amico d’Arnot, sarei costretto a giudicarla molto severamente. Ma invece ho fatto chiamare gli agenti malmenati da lei questa notte, per-chè ascoltino la relazione del tenente d’Arnot. Lascerò quindi a loro di giudicare se dovremo procedere o no contro di lei. Gli agenti però, che ora verranno qui e ai quali lei si è ribellato, non facevano altro che il loro do-vere e non avrebbero dovuto essere trattati tanto male da lei. Essi mettono ogni giorno la loro vita a repentaglio per la sicurezza pubblica. Sono uomini di valore e di co-raggio a cui l’essere stati sopraffatti da un uomo solo e disarmato, ha inflitto una profonda umiliazione. Cerchi dunque di fare in modo che questa antipatica faccenda sia messa in tacere amichevolmente... Un uomo corag-gioso come lei deve anche essere per natura, giusto e generoso!

Entrarono i quattro agenti. Appena scorsero Tarzan, una grande sorpresa si dipinse sui loro volti.

— Amici, – disse il funzionario – questo è il signore da voi incontrato questa notte nella casa n. 27 della rue Maule. È venuto a costituirsi. Ma vi prego di ascoltare attentamente ciò che il tenente d’Arnot vi narrerà della vita di questo signore, spiegando così le ragioni del suo procedere... Dica pure, tenente d’Arnot.

Allora per circa mezz’ora d’Arnot parlò agli agenti raccontando loro qualche particolare della vita selvaggia di Tarzan nella jungla spiegando come l’istinto soltanto gli aveva insegnato a combattere come una belva feroce,

per la propria difesa. Tarzan, nella notte del fattaccio, non avendo compreso la loro intenzioni, li aveva giudicati alla medesima stregua dei molti esseri avvicinati nella jungla, dove generalmente quasi tutti erano suoi nemici.

— Sebbene il vostro amor proprio sia stato ferito, – concluse d’Arnot – perchè quest’uomo, da solo, ha potu-to sopraffarvi, pure non dovete provarne vergogna, giac-chè i muscoli d’acciaio di Tarzan delle Scimmie hanno più volte avuto ragione sulla forza poderosa del leone africano e su quella del gigantesco gorilla della jungla!

Gli agenti, indecisi, guardavano ora Tarzan e ora il funzionario, non sapendo che fare. Ma l’Uomo-Scimmia sorridendo si avanzò con la mano tesa verso di loro.

— Sono dispiacente per lo sbaglio commesso – escla-mò semplicemente. – Lasciamoci da amici, senza ranco-re...

E così si chiuse l’incidente della rue Maule. Sarà inu-tile aggiungere che Tarzan divenne l’argomento di tutte le conversazioni dei corpi di guardia della capitale.

Al loro ritorno in casa d’Arnot, il tenente vi trovò una lettera dall’Inghilterra, di William Cecil Clayton, lord Greystoke, col quale si era tenuto in corrispondenza fin dal principio della loro amicizia stretta durante la fatale spedizione per la ricerca di Giovanna Porter rapita da Tarzan delle Scimmie.

— Fra due mesi si sposeranno a Londra – disse d’Arnot, dopo aver scorsa la lettera.

Tarzan non chiese nemmeno chi erano gli sposi e per tutto il resto della giornata si chiuse in un pensieroso si-per la propria difesa. Tarzan, nella notte del fattaccio, non avendo compreso la loro intenzioni, li aveva giudicati alla medesima stregua dei molti esseri avvicinati nella jungla, dove generalmente quasi tutti erano suoi nemici.

— Sebbene il vostro amor proprio sia stato ferito, – concluse d’Arnot – perchè quest’uomo, da solo, ha potu-to sopraffarvi, pure non dovete provarne vergogna, giac-chè i muscoli d’acciaio di Tarzan delle Scimmie hanno più volte avuto ragione sulla forza poderosa del leone africano e su quella del gigantesco gorilla della jungla!

Gli agenti, indecisi, guardavano ora Tarzan e ora il funzionario, non sapendo che fare. Ma l’Uomo-Scimmia sorridendo si avanzò con la mano tesa verso di loro.

— Sono dispiacente per lo sbaglio commesso – escla-mò semplicemente. – Lasciamoci da amici, senza ranco-re...

E così si chiuse l’incidente della rue Maule. Sarà inu-tile aggiungere che Tarzan divenne l’argomento di tutte le conversazioni dei corpi di guardia della capitale.

Al loro ritorno in casa d’Arnot, il tenente vi trovò una lettera dall’Inghilterra, di William Cecil Clayton, lord Greystoke, col quale si era tenuto in corrispondenza fin dal principio della loro amicizia stretta durante la fatale spedizione per la ricerca di Giovanna Porter rapita da Tarzan delle Scimmie.

— Fra due mesi si sposeranno a Londra – disse d’Arnot, dopo aver scorsa la lettera.

Tarzan non chiese nemmeno chi erano gli sposi e per tutto il resto della giornata si chiuse in un pensieroso

si-lenzio.

Alla sera si recarono all’Opera, ma la mente di Tar-zan, occupata da tristi pensieri, non prestò attenzione a quanto avveniva sul palcoscenico. Notò soltanto una graziosa figurina di fanciulla americana che con voce mesta e dolce cantava che il suo amore era tornato, mentre stava per sposare un altro...

Ad un tratto si scosse. Con l’istinto della sua natura aveva sentito su di sè uno sguardo. Si volse d’improvviso e incontrò la faccia sorridente di Olga de Coude volto verso di lui. Rispose al saluto, ma ebbe come la sensazio-ne che quello sguardo contesensazio-nesse un supplichevole invito.

Al successivo intervallo Tarzan si recò nel palco della contessa.

— Desideravo molto rivederla – esclamò subito ella.

– Giacchè il pensiero che, dopo quanto ella fece per me e per mio marito, non abbia avuto una soddisfacente e legittima spiegazione, mi turba continuamente.

— Per carità, signora – rispose Tarzan. – Nessuna spiegazione mi è dovuta... Ha forse sofferto altre noie?

— Purtroppo! – disse tristemente la contessa. Avrei tanto bisogno di confidarmi con qualcuno, e so che nes-suno meglio di lei merita la mia confidenza. Ma qui non posso parlare... Domani, però, alle cinque sarò in casa a disposizione del signor Tarzan.

— Il tempo mi sembrerà eterno fino a domani alle cin-que... Buona notte, per ora – disse Tarzan congedandosi.

Dall’ombra di un angolo del teatro, Rokoff e Paulvit-ch spiavano Tarzan nel palco della contessa, e sorrideva-lenzio.

Alla sera si recarono all’Opera, ma la mente di Tar-zan, occupata da tristi pensieri, non prestò attenzione a quanto avveniva sul palcoscenico. Notò soltanto una graziosa figurina di fanciulla americana che con voce mesta e dolce cantava che il suo amore era tornato, mentre stava per sposare un altro...

Ad un tratto si scosse. Con l’istinto della sua natura aveva sentito su di sè uno sguardo. Si volse d’improvviso e incontrò la faccia sorridente di Olga de Coude volto verso di lui. Rispose al saluto, ma ebbe come la sensazio-ne che quello sguardo contesensazio-nesse un supplichevole invito.

Al successivo intervallo Tarzan si recò nel palco della contessa.

— Desideravo molto rivederla – esclamò subito ella.

– Giacchè il pensiero che, dopo quanto ella fece per me e per mio marito, non abbia avuto una soddisfacente e legittima spiegazione, mi turba continuamente.

— Per carità, signora – rispose Tarzan. – Nessuna spiegazione mi è dovuta... Ha forse sofferto altre noie?

— Purtroppo! – disse tristemente la contessa. Avrei tanto bisogno di confidarmi con qualcuno, e so che nes-suno meglio di lei merita la mia confidenza. Ma qui non posso parlare... Domani, però, alle cinque sarò in casa a disposizione del signor Tarzan.

— Il tempo mi sembrerà eterno fino a domani alle cin-que... Buona notte, per ora – disse Tarzan congedandosi.

Dall’ombra di un angolo del teatro, Rokoff e Paulvit-ch spiavano Tarzan nel palco della contessa, e

sorrideva-no crudelmente.

Il giorno dopo, alle quattro e mezza del pomeriggio, un individuo scuro di pelle e con la barba, suonò il cam-panello alla porta di servizio del palazzo de Coude, e al servo che gli venne ad aprire disse brevi parole a voce bassa, facendogli nel contempo scivolare qualche cosa nelle mani. Il servo allora lo fece entrare e lo condusse, per un cammino indiretto, ad una piccola alcova nasco-sta da tende, vicino all’appartamento dove la contessa di solito offriva il tè del pomeriggio.

Mezz’ora più tardi, Tarzan veniva introdotto nella stessa stanza, dove la contessa, poco dopo, lo raggiun-geva tendendogli le mani e sorridendo.

— Felicissima di rivederla, e che sia venuto! – esclamò.

— Niente avrebbe potuto impedirmelo – rispose il giovane.

Parlarono per un po’ dell’Opera e di altre piccole cose che tenevano allora desta l’attenzione di Parigi, e quasi senz’avvedersene giunsero al principale soggetto dei loro pensieri.

— Lei si sarà chiesto più volte – disse la contessa – quale poteva essere lo scopo della persecuzione di Ro-koff. È semplicissimo. Il conte, mio marito, è a cono-scenza dei più importanti segreti del Ministero della Guerra. Ed in questo momento sta trattando un affare delicatissimo che farebbe ricco d’un colpo chi potesse presentarlo al Governo Russo. Rokoff e Paulvitch sono spie russe, e per questo cercheranno con ogni mezzo di carpire qualche informazione su questo affare di Stato.

no crudelmente.

Il giorno dopo, alle quattro e mezza del pomeriggio, un individuo scuro di pelle e con la barba, suonò il cam-panello alla porta di servizio del palazzo de Coude, e al servo che gli venne ad aprire disse brevi parole a voce bassa, facendogli nel contempo scivolare qualche cosa nelle mani. Il servo allora lo fece entrare e lo condusse, per un cammino indiretto, ad una piccola alcova nasco-sta da tende, vicino all’appartamento dove la contessa di solito offriva il tè del pomeriggio.

Mezz’ora più tardi, Tarzan veniva introdotto nella stessa stanza, dove la contessa, poco dopo, lo raggiun-geva tendendogli le mani e sorridendo.

— Felicissima di rivederla, e che sia venuto! – esclamò.

— Niente avrebbe potuto impedirmelo – rispose il giovane.

Parlarono per un po’ dell’Opera e di altre piccole cose che tenevano allora desta l’attenzione di Parigi, e quasi senz’avvedersene giunsero al principale soggetto dei loro pensieri.

— Lei si sarà chiesto più volte – disse la contessa – quale poteva essere lo scopo della persecuzione di Ro-koff. È semplicissimo. Il conte, mio marito, è a cono-scenza dei più importanti segreti del Ministero della Guerra. Ed in questo momento sta trattando un affare delicatissimo che farebbe ricco d’un colpo chi potesse presentarlo al Governo Russo. Rokoff e Paulvitch sono spie russe, e per questo cercheranno con ogni mezzo di carpire qualche informazione su questo affare di Stato.

Sono davvero dei demoni... Io temo per lei, che si è atti-rata il loro odio, per difendere la mia causa, e desidero che stia sempre in guardia.

— Non li temo – rispose Tarzan. – Ho schiacciato ne-mici più terribili di Rokoff e Paulvitch.

Ella non sapeva niente di quanto era avvenuto nella casa della rue Maule ed egli non glielo disse, per non cagionarle un dolore.

— Ma perchè – disse invece – non denuncia all’auto-rità quei due malfattori?

La contessa esitò un momento prima di rispondere.

— Vi sono due ragioni – disse finalmente, – di cui una impedisce al conte dal fare ciò che lei dice, e l’altra che riguarda me, particolarmente e che soltanto io e Ro-koff conosciamo. La prima dunque consiste nel fatto che Nicola Rokoff è mio fratello. Siamo russi. Siccome egli però è sempre stato un pessimo soggetto, fu scacciato dall’esercito russo, di cui era capitano, e lo scandalo durò lungo tempo, finchè mio padre ottenne per lui un impiego nel servizio segreto. Nicola è stato accusato di molti delitti, ma è sempre riuscito a sfuggirne la pena, inventando talvolta contro le sue vittime un’accusa di tradimento verso lo Stato; e la polizia russa, pronta sem-pre ad incolpare di tali delitti il primo che gli capita sot-to mano, ha accettasot-to la sua versione, prosciogliendolo da qualsiasi accusa.

— I delitti tentati contro di lei e contro suo marito non hanno forse spezzato con quell’uomo i vincoli del sangue? – domandò Tarzan. – Mi pare che ella oramai Sono davvero dei demoni... Io temo per lei, che si è atti-rata il loro odio, per difendere la mia causa, e desidero che stia sempre in guardia.

— Non li temo – rispose Tarzan. – Ho schiacciato ne-mici più terribili di Rokoff e Paulvitch.

Ella non sapeva niente di quanto era avvenuto nella casa della rue Maule ed egli non glielo disse, per non cagionarle un dolore.

— Ma perchè – disse invece – non denuncia all’auto-rità quei due malfattori?

La contessa esitò un momento prima di rispondere.

— Vi sono due ragioni – disse finalmente, – di cui una impedisce al conte dal fare ciò che lei dice, e l’altra che riguarda me, particolarmente e che soltanto io e Ro-koff conosciamo. La prima dunque consiste nel fatto che Nicola Rokoff è mio fratello. Siamo russi. Siccome egli però è sempre stato un pessimo soggetto, fu scacciato dall’esercito russo, di cui era capitano, e lo scandalo durò lungo tempo, finchè mio padre ottenne per lui un impiego nel servizio segreto. Nicola è stato accusato di molti delitti, ma è sempre riuscito a sfuggirne la pena,

— Vi sono due ragioni – disse finalmente, – di cui una impedisce al conte dal fare ciò che lei dice, e l’altra che riguarda me, particolarmente e che soltanto io e Ro-koff conosciamo. La prima dunque consiste nel fatto che Nicola Rokoff è mio fratello. Siamo russi. Siccome egli però è sempre stato un pessimo soggetto, fu scacciato dall’esercito russo, di cui era capitano, e lo scandalo durò lungo tempo, finchè mio padre ottenne per lui un impiego nel servizio segreto. Nicola è stato accusato di molti delitti, ma è sempre riuscito a sfuggirne la pena,