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UNO STRANO DUELLO

La mattina seguente Tarzan riferì per filo e per segno a d’Arnot gli avvenimenti della sera prima.

— Sono stato un imbecille, – concluse. – Il conte e sua moglie erano miei amici, ed io con tanta leggerezza ho quasi ucciso il conte, ho macchiato il nome di una donna onesta, ed ho distrutto la felicità di una famiglia!

— Ami Olga de Coude? – chiese d’Arnot improvvi-samente.

— Con tutta lealtà ti posso assicurare che non l’amo e che non sono da lei amato. Cedemmo ambedue per un istante a un’improvvisa follia, che non era amore, e che ci avrebbe lasciati intatti, anche se de Coude non fosse ritornato.

— Capisco, – rispose d’Arnot. – Però temo che il conte de Coude non sarà altrettanto disposto quanto me a comprendere dal suo giusto lato questa complicata faccenda.

E infatti d’Arnot non sbagliava.

Una settimana dopo, mentre i due amici facevano co-lazione, fu annunciato un certo signor Flaubert, che dopo molti inchini consegnò al signor Tarzan il cartello di sfida del conte de Coude, pregandolo d’incaricare

VI.

UNO STRANO DUELLO

La mattina seguente Tarzan riferì per filo e per segno a d’Arnot gli avvenimenti della sera prima.

— Sono stato un imbecille, – concluse. – Il conte e sua moglie erano miei amici, ed io con tanta leggerezza ho quasi ucciso il conte, ho macchiato il nome di una donna onesta, ed ho distrutto la felicità di una famiglia!

— Ami Olga de Coude? – chiese d’Arnot improvvi-samente.

— Con tutta lealtà ti posso assicurare che non l’amo e che non sono da lei amato. Cedemmo ambedue per un istante a un’improvvisa follia, che non era amore, e che ci avrebbe lasciati intatti, anche se de Coude non fosse ritornato.

— Capisco, – rispose d’Arnot. – Però temo che il conte de Coude non sarà altrettanto disposto quanto me a comprendere dal suo giusto lato questa complicata faccenda.

E infatti d’Arnot non sbagliava.

Una settimana dopo, mentre i due amici facevano co-lazione, fu annunciato un certo signor Flaubert, che dopo molti inchini consegnò al signor Tarzan il cartello di sfida del conte de Coude, pregandolo d’incaricare

qualcuno dei suoi amici di trovarsi col signor Flaubert, onde regolare tutti i dettagli dell’incontro.

Tarzan rispose che affidava questa missione al suo amico, tenente d’Arnot, il quale rimase d’accordo che alle due del pomeriggio si sarebbe recato dal signor Flaubert.

Quando furono soli, d’Arnot chiese a Tarzan:

— Che armi sceglierai? Il conte è maestro nell’arte di tirar di spada, ed è pure un tiratore scelto di pistola.

— Le pistole, Paolo, – rispose Tarzan.

— Sarebbe meglio la spada, osservò d’Arnot. – Avrebbe la soddisfazione di ferirti, e c’è meno pericolo.

— Le pistole! – replicò Tarzan risolutamente.

Verso le quattro, di ritorno dal suo colloquio col si-gnor Flaubert, d’Arnot, rincasando, disse all’amico:

— È già tutto stabilito. Domattina all’alba, sulla stra-da d’Etampes, avverrà lo scontro.

— Benissimo! – fu l’asciutta risposta di Tarzan.

Non parlò più di questa faccenda e quella sera, prima di coricarsi, scrisse varie lettere, le chiuse, e, mentre si spogliava, d’Arnot lo intese cantarellare allegramente.

Il francese invece era oltremodo afflitto e preoccupa-to. E se avesse potuto conoscere il pensiero dell’uomo-scimmia, pensiero balenatogli nella mente fin quasi dal primo annuncio della sfida di de Coude, la sua agitazio-ne sarebbe ancora aumentata...

Alle prime luci dell’alba montarono in silenzio sulla ricca automobile di d’Arnot, e silenziosamente percor-sero l’oscura strada d’Etampes con una rapidità quasi qualcuno dei suoi amici di trovarsi col signor Flaubert, onde regolare tutti i dettagli dell’incontro.

Tarzan rispose che affidava questa missione al suo amico, tenente d’Arnot, il quale rimase d’accordo che alle due del pomeriggio si sarebbe recato dal signor Flaubert.

Quando furono soli, d’Arnot chiese a Tarzan:

— Che armi sceglierai? Il conte è maestro nell’arte di tirar di spada, ed è pure un tiratore scelto di pistola.

— Le pistole, Paolo, – rispose Tarzan.

— Sarebbe meglio la spada, osservò d’Arnot. – Avrebbe la soddisfazione di ferirti, e c’è meno pericolo.

— Le pistole! – replicò Tarzan risolutamente.

Verso le quattro, di ritorno dal suo colloquio col si-gnor Flaubert, d’Arnot, rincasando, disse all’amico:

— È già tutto stabilito. Domattina all’alba, sulla stra-da d’Etampes, avverrà lo scontro.

— Benissimo! – fu l’asciutta risposta di Tarzan.

Non parlò più di questa faccenda e quella sera, prima di coricarsi, scrisse varie lettere, le chiuse, e, mentre si spogliava, d’Arnot lo intese cantarellare allegramente.

Il francese invece era oltremodo afflitto e preoccupa-to. E se avesse potuto conoscere il pensiero dell’uomo-scimmia, pensiero balenatogli nella mente fin quasi dal primo annuncio della sfida di de Coude, la sua agitazio-ne sarebbe ancora aumentata...

Alle prime luci dell’alba montarono in silenzio sulla ricca automobile di d’Arnot, e silenziosamente percor-sero l’oscura strada d’Etampes con una rapidità quasi

vertiginosa.

Giunsero così per primi su campo dove doveva svolger-si il duello. Subito dopo arrivarono de Coude, Flaubert e un terzo signore che venne presentato come medico.

Flaubert e d’Arnot parlarono insieme sottovoce per stabilire le ultime modalità del duello, mentre ai lati op-posti del terreno, i due uomini che stavano per battersi rimasero silenziosi.

Sarebbero stati messi l’uno contro le spalle dell’altro, e ad un segno di Faubert avrebbero dovuto camminare in direzione opposta. Dopo dieci passi, d’Arnot avrebbe dato l’ultimo segnale, ed essi allora avrebbero dovuto voltarsi e sparare finchè uno non fosse caduto, o finchè non avessero esaurito i tre colpi della loro pistola.

Tarzan accese una sigaretta mentre d’Arnot lo collo-cava nella giusta posizione.

Pure Flaubert accompagnava dal lato opposto il suo protetto.

— Pronti, signori? – chiese Flaubert.

— Prontissimo! – rispose de Coude, mentre Tarzan assentiva col capo. I padrini allora si allontanarono di alcuni passi e d’Arnot dette il segnale con voce strozza-ta dall’angoscia.

Il conte de Coude si volse rapidamente e sparò. Tar-zan ebbe un piccolo sussulto, ma non alzò il suo braccio e non fece fuoco.

Allora il francese sparò di nuovo, ma anche questa volta Tarzan non si mosse. Il contegno sprezzante dell’Uomo-Scimmia, la sua suprema indifferenza, inco-vertiginosa.

Giunsero così per primi su campo dove doveva svolger-si il duello. Subito dopo arrivarono de Coude, Flaubert e un terzo signore che venne presentato come medico.

Flaubert e d’Arnot parlarono insieme sottovoce per stabilire le ultime modalità del duello, mentre ai lati op-posti del terreno, i due uomini che stavano per battersi rimasero silenziosi.

Sarebbero stati messi l’uno contro le spalle dell’altro, e ad un segno di Faubert avrebbero dovuto camminare in direzione opposta. Dopo dieci passi, d’Arnot avrebbe dato l’ultimo segnale, ed essi allora avrebbero dovuto voltarsi e sparare finchè uno non fosse caduto, o finchè non avessero esaurito i tre colpi della loro pistola.

Tarzan accese una sigaretta mentre d’Arnot lo collo-cava nella giusta posizione.

Pure Flaubert accompagnava dal lato opposto il suo protetto.

— Pronti, signori? – chiese Flaubert.

— Prontissimo! – rispose de Coude, mentre Tarzan assentiva col capo. I padrini allora si allontanarono di alcuni passi e d’Arnot dette il segnale con voce strozza-ta dall’angoscia.

Il conte de Coude si volse rapidamente e sparò. Tar-zan ebbe un piccolo sussulto, ma non alzò il suo braccio e non fece fuoco.

Allora il francese sparò di nuovo, ma anche questa volta Tarzan non si mosse. Il contegno sprezzante dell’Uomo-Scimmia, la sua suprema indifferenza,

inco-minciavano a sconcertare il miglior tiratore di Francia.

Ma ad un tratto, un’idea terribile balenò alla mente del conte: il suo rivale voleva fargli consumare a vuoto i tre colpi di rivoltella, per prendersi poi la rivincita con tutta calma e a sangue freddo. Un brivido percorse le ossa del francese. Tuttavia mirò con grande attenzione e sparò. Ma non colpì nel segno. Tarzan era sempre im-mobile con la pistola abbassata.

— Tiri, dunque, signore! – gridò de Coude al colmo dell’eccitazione.

Ma l’uomo-scimmia si avanzò invece lentamente ver-so de Coude, dicendogli con calma:

— La pistola del signore deve essere guasta. Prenda la mia, e provi ancora...

E Tarzan gli offrì la propria arma.

— Lei è pazzo, signore! – gridò de Coude.

— No, conte, rispose Tarzan tranquillamente – ma cercando di morire, è l’unico modo col quale posso scontare il grave torto arrecato ad una donna onestissi-ma. Prima di morire ci tengo però a dichiararle che sua moglie ama lei solo e che se mi sono trovato in casa sua a quell’ora e in quelle condizioni, la colpa non è nè mia nè della contessa de Coude. Ecco del resto un documen-to che gliene fornirà le prove.

E tirò fuori di tasca la dichiarazione scritta, e firmata da Rokoff.

Il conte la prese e la lesse: guardò Tarzan e, muto per l’intensa commozione che lo dominava, gli gettò le braccia al collo abbracciandolo strettamente.

minciavano a sconcertare il miglior tiratore di Francia.

Ma ad un tratto, un’idea terribile balenò alla mente del conte: il suo rivale voleva fargli consumare a vuoto i tre colpi di rivoltella, per prendersi poi la rivincita con tutta calma e a sangue freddo. Un brivido percorse le ossa del francese. Tuttavia mirò con grande attenzione e sparò. Ma non colpì nel segno. Tarzan era sempre im-mobile con la pistola abbassata.

— Tiri, dunque, signore! – gridò de Coude al colmo dell’eccitazione.

Ma l’uomo-scimmia si avanzò invece lentamente ver-so de Coude, dicendogli con calma:

— La pistola del signore deve essere guasta. Prenda la mia, e provi ancora...

E Tarzan gli offrì la propria arma.

— Lei è pazzo, signore! – gridò de Coude.

— No, conte, rispose Tarzan tranquillamente – ma cercando di morire, è l’unico modo col quale posso scontare il grave torto arrecato ad una donna onestissi-ma. Prima di morire ci tengo però a dichiararle che sua moglie ama lei solo e che se mi sono trovato in casa sua a quell’ora e in quelle condizioni, la colpa non è nè mia nè della contessa de Coude. Ecco del resto un documen-to che gliene fornirà le prove.

E tirò fuori di tasca la dichiarazione scritta, e firmata da Rokoff.

Il conte la prese e la lesse: guardò Tarzan e, muto per l’intensa commozione che lo dominava, gli gettò le braccia al collo abbracciandolo strettamente.

Il dottore allora si avvicinò a Tarzan chiedendogli:

— Il signore è stato ferito?

— Due volte – rispose Tarzan. – Alla spalla destra e al fianco sinistro, ma si tratta di cosa di poco importanza...

Il dottore lo fece sdraiare sull’erba e gli disinfettò le ferite, fasciandogliele poscia per stagnarne il sangue.

Quando tutti tornarono a Parigi nell’automobile di d’Arnot, de Coude e Tarzan erano i migliori amici del mondo.

Tarzan dovette rimanere a letto per alcuni giorni, seb-bene contro la sua volontà, ma il dottore e d’Arnot glie-lo imposero ed egli cedette soltanto per compiacerli.

Quando potè uscire di nuovo guarito, Tarzan ricevette un biglietto in cui il conte de Coude lo invitava a recarsi nel suo ufficio in quello stesso giorno.

Appena lo vide, de Coude l’accolse con grandissima cordialità e con sincere congratulazioni per aver potuto lasciare il letto tanto presto. Poi subito gli disse:

— Ho saputo che ella cerca una occupazione che pos-sa metterla in grado di utilizzare le sue molte qualità e il suo tempo e credo d’aver proprio trovato ciò che le con-viene, signor Tarzan. Si tratta di un incarico di grande fiducia che richiede anche un certo coraggio e non poco valore.

«Venga, signor Tarzan, la condurrò da chi sarà il suo superiore e che potrà spiegarle meglio di me l’incarico che le verrà affidato.

E de Coude stesso accompagnò Tarzan nell’ufficio del generale Rochère, capo della divisione a cui Tarzan

Il dottore allora si avvicinò a Tarzan chiedendogli:

— Il signore è stato ferito?

— Due volte – rispose Tarzan. – Alla spalla destra e al fianco sinistro, ma si tratta di cosa di poco importanza...

Il dottore lo fece sdraiare sull’erba e gli disinfettò le ferite, fasciandogliele poscia per stagnarne il sangue.

Quando tutti tornarono a Parigi nell’automobile di d’Arnot, de Coude e Tarzan erano i migliori amici del mondo.

Tarzan dovette rimanere a letto per alcuni giorni, seb-bene contro la sua volontà, ma il dottore e d’Arnot glie-lo imposero ed egli cedette soltanto per compiacerli.

Quando potè uscire di nuovo guarito, Tarzan ricevette un biglietto in cui il conte de Coude lo invitava a recarsi nel suo ufficio in quello stesso giorno.

Appena lo vide, de Coude l’accolse con grandissima cordialità e con sincere congratulazioni per aver potuto lasciare il letto tanto presto. Poi subito gli disse:

— Ho saputo che ella cerca una occupazione che pos-sa metterla in grado di utilizzare le sue molte qualità e il suo tempo e credo d’aver proprio trovato ciò che le con-viene, signor Tarzan. Si tratta di un incarico di grande fiducia che richiede anche un certo coraggio e non poco valore.

«Venga, signor Tarzan, la condurrò da chi sarà il suo superiore e che potrà spiegarle meglio di me l’incarico che le verrà affidato.

E de Coude stesso accompagnò Tarzan nell’ufficio del generale Rochère, capo della divisione a cui Tarzan

sarebbe stato aggregato.

Mezz’ora dopo, Tarzan usciva da quell’ufficio pos-sessore del primo impiego della sua vita, essendosi per-fettamente accordato col generale Rochère, che gli ave-va anche fatto capire come, forse in quello stesso gior-no, avrebbe dovuto lasciare Parigi.

Corse immediatamente a comunicare la grande noti-zia a d’Arnot, che non senza risentimento fu costretto ad osservargli:

— Sembri pazzo di gioia al pensiero che dovrai la-sciare Parigi, e che forse non ci rivedremo mai più...

Tarzan, tu sei una bestia molto ingrata!

— No, amico mio; non sono che un fanciullo. Pos-seggo un balocco nuovo e ne sono entusiasta, ecco tutto!

Il giorno dopo Tarzan lasciava Parigi in viaggio per Marsiglia, diretto verso Orano.

sarebbe stato aggregato.

Mezz’ora dopo, Tarzan usciva da quell’ufficio pos-sessore del primo impiego della sua vita, essendosi per-fettamente accordato col generale Rochère, che gli ave-va anche fatto capire come, forse in quello stesso gior-no, avrebbe dovuto lasciare Parigi.

Corse immediatamente a comunicare la grande noti-zia a d’Arnot, che non senza risentimento fu costretto ad osservargli:

— Sembri pazzo di gioia al pensiero che dovrai la-sciare Parigi, e che forse non ci rivedremo mai più...

Tarzan, tu sei una bestia molto ingrata!

— No, amico mio; non sono che un fanciullo. Pos-seggo un balocco nuovo e ne sono entusiasta, ecco tutto!

Il giorno dopo Tarzan lasciava Parigi in viaggio per Marsiglia, diretto verso Orano.

VII.