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NAVI CHE PASSANO

Nel documento Edgar Rice Burroughs. Il ritorno di Tarzan. (pagine 111-121)

Torneremo ora indietro di alcuni mesi, presso una banchina di una stazione ferroviaria del Wisconsin. Sei persone vi attendono l’arrivo del treno che dovrà con-durli verso il sud.

Il prof. Archimede Q. Porter, con le mani incrociate sotto le falde del suo lungo soprabito, passeggiava avan-ti e indietro, sotto gli occhi sempre vigili del suo fedele segretario Mr. Samuel T. Philander.

Giovanna, la figlia del prof. Porter, sosteneva una conversazione fredda e stentata con William Cecil Clay-ton e con Tarzan delle scimmie.

A pochi passi da Govanna Porter vi era pure Esmeral-da, la cameriera negra, felice poichè stava per tornare alla sua diletta Maryland.

Ad un tratto attraverso la cortina di fumo s’intravide l’incerto barlume della locomotiva che giungeva.

Gli uomini cominciarono a raccogliere i propri baga-gli, quando Clayton esclamò all’improvviso:

— Perbacco! Ho dimenticato il mantello nella sala d’aspetto! – e si avviò di corsa a prenderlo.

— Arrivederci, Giovanna, – disse Tarzan stendendole la mano – che Iddio ti benedica!

XII.

NAVI CHE PASSANO

Torneremo ora indietro di alcuni mesi, presso una banchina di una stazione ferroviaria del Wisconsin. Sei persone vi attendono l’arrivo del treno che dovrà con-durli verso il sud.

Il prof. Archimede Q. Porter, con le mani incrociate sotto le falde del suo lungo soprabito, passeggiava avan-ti e indietro, sotto gli occhi sempre vigili del suo fedele segretario Mr. Samuel T. Philander.

Giovanna, la figlia del prof. Porter, sosteneva una conversazione fredda e stentata con William Cecil Clay-ton e con Tarzan delle scimmie.

A pochi passi da Govanna Porter vi era pure Esmeral-da, la cameriera negra, felice poichè stava per tornare alla sua diletta Maryland.

Ad un tratto attraverso la cortina di fumo s’intravide l’incerto barlume della locomotiva che giungeva.

Gli uomini cominciarono a raccogliere i propri baga-gli, quando Clayton esclamò all’improvviso:

— Perbacco! Ho dimenticato il mantello nella sala d’aspetto! – e si avviò di corsa a prenderlo.

— Arrivederci, Giovanna, – disse Tarzan stendendole la mano – che Iddio ti benedica!

— Arrivederci – rispose debolmente Giovanna. – Cerca di non dimenticarmi. Non potrei sopportarlo.

— Non c’è questo pericolo – soggiunse Tarzan. – Vorrei che il cielo mi facesse dimenticare... Ad ogni modo tu sarai felice, te lo auguro, e devi esserlo!... Rife-rirai agli altri la mia decisione di recarmi a New York con la mia automobile, giacchè non mi sento la forza di salutare Clayton. Desidero ricordarlo sempre con cor-dialità, ma temo di essere ancora una bestia selvaggia a cui non si possa imporre di amare l’uomo che le toglie l’unica persona al mondo di cui sente il bisogno...

Frattanto, mentre Clayton, nella sala d’aspetto, si chi-nava per raccogliere il proprio mantello, il suo sguardo si posò su un telegramma che giaceva rovesciato sul pavi-mento. Lo raccolse, lo esaminò e dovette leggerlo due vol-te prima di afferrarne invol-teramenvol-te il vol-terribile significato.

Al momento di raccoglierlo egli era ancora un nobile inglese, possessore d’immense proprietà, ma dopo aver letto capì di essere soltanto un pezzente, senza titoli e senza fortuna.

Era il cablogramma di d’Arnot a Tarzan, e diceva:

«Impronte digitali provano tu Greystoke. Congratula-zioni. D’Arnot».

Vacillò come se avesse ricevuto un colpo mortale. In quel momento stesso udì gli altri che gli gridavano di af-frettarsi, perchè il treno si era già fermato. Raccolse il mantello come un allucinato, e si precipitò sul marcia-piede proprio quando la macchina fischiava già l’ultimo avviso prima di mettersi in moto. Gli altri erano già

sali-— Arrivederci – rispose debolmente Giovanna. – Cerca di non dimenticarmi. Non potrei sopportarlo.

— Non c’è questo pericolo – soggiunse Tarzan. – Vorrei che il cielo mi facesse dimenticare... Ad ogni modo tu sarai felice, te lo auguro, e devi esserlo!... Rife-rirai agli altri la mia decisione di recarmi a New York con la mia automobile, giacchè non mi sento la forza di salutare Clayton. Desidero ricordarlo sempre con cor-dialità, ma temo di essere ancora una bestia selvaggia a cui non si possa imporre di amare l’uomo che le toglie l’unica persona al mondo di cui sente il bisogno...

Frattanto, mentre Clayton, nella sala d’aspetto, si chi-nava per raccogliere il proprio mantello, il suo sguardo si posò su un telegramma che giaceva rovesciato sul pavi-mento. Lo raccolse, lo esaminò e dovette leggerlo due vol-te prima di afferrarne invol-teramenvol-te il vol-terribile significato.

Al momento di raccoglierlo egli era ancora un nobile inglese, possessore d’immense proprietà, ma dopo aver letto capì di essere soltanto un pezzente, senza titoli e senza fortuna.

Era il cablogramma di d’Arnot a Tarzan, e diceva:

«Impronte digitali provano tu Greystoke. Congratula-zioni. D’Arnot».

Vacillò come se avesse ricevuto un colpo mortale. In quel momento stesso udì gli altri che gli gridavano di af-frettarsi, perchè il treno si era già fermato. Raccolse il mantello come un allucinato, e si precipitò sul marcia-piede proprio quando la macchina fischiava già l’ultimo avviso prima di mettersi in moto. Gli altri erano già

sali-ti e gli gridavano di affrettarsi.

— Dov’è Tarzan? – domandò a Giovanna Porter non appena le fu vicino.

— All’ultimo momento decise di tornare a New York in automobile. Desidera vedere l’America – rispose ella.

Clayton non trovò nulla da aggiungere. Si tormentava per trovare le giuste parole onde rivelare a Giovanna Porter la calamità da cui ambedue erano stati colpiti, e si domandava quale effetto avrebbe prodotto su di lei.

Avrebbe sempre consentito a sposarlo per divenire sol-tanto la signora Clayton?

Improvvisamente gli si affacciarono queste domande:

Esigerebbe Tarzan ciò che di diritto gli apparteneva?

Egli conosceva il contenuto del messaggio, prima di ne-gare la sua vera parentela, ed ammettere che Kala, la scimmia, fosse sua madre? Poteva averlo fatto per amo-re di Giovanna Porter?... Nessun’altra spiegazione sem-brava ragionevole... E se così stavano le cose, perchè egli, William Cecil Clayton, si sarebbe opposto ai suoi desideri, annullando il sacrificio di quell’uomo singola-re? Se Tarzan delle scimmie si sentiva la forza di com-piere questo sacrificio per salvare Giovanna Porter dalla infelicità, per quale ragione egli, a cui la fanciulla aveva affidato tutto il proprio avvenire, avrebbe dovuto opera-re contro il proprio inteopera-resse?

Clayton continuò a ragionare così finchè il generoso impulso di proclamare la verità e di cedere i propri titoli ed i propri beni al legittimo proprietario, fu annientato sotto il peso delle sofisticherie ispirate dall’egoismo.

ti e gli gridavano di affrettarsi.

— Dov’è Tarzan? – domandò a Giovanna Porter non appena le fu vicino.

— All’ultimo momento decise di tornare a New York in automobile. Desidera vedere l’America – rispose ella.

Clayton non trovò nulla da aggiungere. Si tormentava per trovare le giuste parole onde rivelare a Giovanna Porter la calamità da cui ambedue erano stati colpiti, e si domandava quale effetto avrebbe prodotto su di lei.

Avrebbe sempre consentito a sposarlo per divenire sol-tanto la signora Clayton?

Improvvisamente gli si affacciarono queste domande:

Esigerebbe Tarzan ciò che di diritto gli apparteneva?

Egli conosceva il contenuto del messaggio, prima di ne-gare la sua vera parentela, ed ammettere che Kala, la scimmia, fosse sua madre? Poteva averlo fatto per amo-re di Giovanna Porter?... Nessun’altra spiegazione sem-brava ragionevole... E se così stavano le cose, perchè egli, William Cecil Clayton, si sarebbe opposto ai suoi desideri, annullando il sacrificio di quell’uomo singola-re? Se Tarzan delle scimmie si sentiva la forza di com-piere questo sacrificio per salvare Giovanna Porter dalla infelicità, per quale ragione egli, a cui la fanciulla aveva affidato tutto il proprio avvenire, avrebbe dovuto opera-re contro il proprio inteopera-resse?

Clayton continuò a ragionare così finchè il generoso impulso di proclamare la verità e di cedere i propri titoli ed i propri beni al legittimo proprietario, fu annientato sotto il peso delle sofisticherie ispirate dall’egoismo.

Alcuni giorni dopo il loro arrivo a Baltimora, Clayton affacciò a Giovanna la proposta di un vicino matrimonio.

— Che cosa intendi per vicino? – domandò essa.

— Fra pochi giorni. Debbo tornare in Inghilterra e de-sidero portarti cori me...

— Non sarò pronta così presto – rispose Giovanna. – Mi ci vorrà almeno un mese...

— Benissimo, – egli disse contrariato. – Andrò allora in Inghilterra fra un mese, quando potremo andarci insieme.

Alla fine del mese, ella trovò di nuovo un’altra scusa e Clayton, infine, scoraggiato, dovette andarsene da solo in Inghilterra.

Le poche lettere che ambedue si scambiarono, esauri-rono quasi del tutto le speranze di Clayton, decidendolo finalmente a rivolgersi al professor Porter, per chiedergli il suo appoggio. Il vecchio gentiluomo aveva sempre fa-vorito questa unione. Voleva bene a Clayton e, apparte-nendo ad una vecchia famiglia del sud, attribuiva un va-lore piuttosto esagerato ai vantaggi di un titolo, che per sua figlia, invece, significava quasi nulla.

Clayton insisteva pregando il professore di accettare il suo invito di ospitalità a Londra, per sè e per tutta la sua piccola famiglia, compresi i Philander ed Esmeral-da. Egli supponeva che Giovanna, una volta giunta a Londra, non avrebbe più indugiato a fare il passo che così a lungo l’aveva fatta esitare.

Il professor Porter, la sera stessa in cui ricevette la let-tera di Clayton, annunciò che tutti, la settimana prossi-ma, sarebbero partiti per l’Inghilterra.

Alcuni giorni dopo il loro arrivo a Baltimora, Clayton affacciò a Giovanna la proposta di un vicino matrimonio.

— Che cosa intendi per vicino? – domandò essa.

— Fra pochi giorni. Debbo tornare in Inghilterra e de-sidero portarti cori me...

— Non sarò pronta così presto – rispose Giovanna. – Mi ci vorrà almeno un mese...

— Benissimo, – egli disse contrariato. – Andrò allora in Inghilterra fra un mese, quando potremo andarci insieme.

Alla fine del mese, ella trovò di nuovo un’altra scusa e Clayton, infine, scoraggiato, dovette andarsene da solo in Inghilterra.

Le poche lettere che ambedue si scambiarono, esauri-rono quasi del tutto le speranze di Clayton, decidendolo finalmente a rivolgersi al professor Porter, per chiedergli il suo appoggio. Il vecchio gentiluomo aveva sempre fa-vorito questa unione. Voleva bene a Clayton e, apparte-nendo ad una vecchia famiglia del sud, attribuiva un va-lore piuttosto esagerato ai vantaggi di un titolo, che per sua figlia, invece, significava quasi nulla.

Clayton insisteva pregando il professore di accettare il suo invito di ospitalità a Londra, per sè e per tutta la sua piccola famiglia, compresi i Philander ed Esmeral-da. Egli supponeva che Giovanna, una volta giunta a Londra, non avrebbe più indugiato a fare il passo che così a lungo l’aveva fatta esitare.

Il professor Porter, la sera stessa in cui ricevette la let-tera di Clayton, annunciò che tutti, la settimana prossi-ma, sarebbero partiti per l’Inghilterra.

Non di meno, arrivata a Londra, Giovanna Porter non divenne più trattabile di quanto lo era stata a Baltimora.

Ella trovò una scusa dopo l’altra, e, finalmente, quando lord Tennington invitò tutta la comitiva a fare il giro dell’Africa nel suo yacht, si manifestò entusiasta dell’idea, rifiutando assolutamente di sposarsi finchè non fossero tornati. Siccome la crociera sarebbe durata per lo meno un anno, Clayton maledì in cuor suo Tennington che aveva escogitato questo viaggio.

Il piano consisteva nell’attraversare il Mediterraneo e il mar Rosso fino all’Oceano Indiano, proseguendo giù giù fino alla costa orientale e soffermandosi in ogni por-to meritevole di essere visitapor-to.

Così avvenne che in un certo giorno, due navi passa-rono attraverso lo stretto di Gibilterra. Una era un gra-zioso yacht bianco che correva in direzione dell’Oriente e di cui, sopra coperta, sedeva una giovane donna la quale osservava tristemente un medaglione ornato di diamanti. I suoi pensieri vagavano lontano, nella fron-dosa e folta oscurità di una jungla tropicale, mentre si domandava se l’uomo che le aveva dato quel magnifico ninnolo era già tornato alla sua foresta selvaggia.

Sulla coperta dell’altra nave, un bastimento diretto pure verso Oriente, il medesimo uomo del medaglione si trovava seduto con un’altra giovane donna, ed ambe-due parlavano del grazioso yacht bianco che scivolava sulle onde del mare tranquillo.

Appena scomparso l’yacht, l’uomo riallacciò la con-versazione con la giovane donna.

Non di meno, arrivata a Londra, Giovanna Porter non divenne più trattabile di quanto lo era stata a Baltimora.

Ella trovò una scusa dopo l’altra, e, finalmente, quando lord Tennington invitò tutta la comitiva a fare il giro dell’Africa nel suo yacht, si manifestò entusiasta dell’idea, rifiutando assolutamente di sposarsi finchè non fossero tornati. Siccome la crociera sarebbe durata per lo meno un anno, Clayton maledì in cuor suo Tennington che aveva escogitato questo viaggio.

Il piano consisteva nell’attraversare il Mediterraneo e il mar Rosso fino all’Oceano Indiano, proseguendo giù giù fino alla costa orientale e soffermandosi in ogni por-to meritevole di essere visitapor-to.

Così avvenne che in un certo giorno, due navi passa-rono attraverso lo stretto di Gibilterra. Una era un gra-zioso yacht bianco che correva in direzione dell’Oriente e di cui, sopra coperta, sedeva una giovane donna la quale osservava tristemente un medaglione ornato di diamanti. I suoi pensieri vagavano lontano, nella fron-dosa e folta oscurità di una jungla tropicale, mentre si domandava se l’uomo che le aveva dato quel magnifico ninnolo era già tornato alla sua foresta selvaggia.

Sulla coperta dell’altra nave, un bastimento diretto pure verso Oriente, il medesimo uomo del medaglione si trovava seduto con un’altra giovane donna, ed ambe-due parlavano del grazioso yacht bianco che scivolava sulle onde del mare tranquillo.

Appena scomparso l’yacht, l’uomo riallacciò la con-versazione con la giovane donna.

— Sì, – egli disse – l’America mi piace, e con questo, naturalmente, voglio dire che anche gli americani mi piacciono molto. Durante la mia permanenza in questo paese ho potuto incontrarmi con persone oltremodo sim-patiche. Per esempio, ricordo con gioia particolare una famiglia della sua stessa città, miss Strong: il prof. Por-ter e la sua signorina figlia.

— Giovanna Porter!? – esclamò la fanciulla. – Lei conosce Giovanna Porter? Ma è la mia migliore amica!

Ci amiamo come sorelle ed ora che sto per perderla mi sento quasi spezzare il cuore.

— Perderla? – esclamò Tarzan. – Forse perchè ella abi-ta ora in Inghilterra e non la potrà vedere che di rado?

— Sì, – rispose la giovane – ma sopratutto perchè ella dovrà sposare un uomo che non ama. È terribile. Mari-tarsi per il sentimento del dovere! Giovanna Porter è però particolarmente ostinata e in un modo strano. Ella è convinta di dover compiere tale sacrificio per il senti-mento del dovere, e nessuna forza al mondo le impedirà di sposare lord Greystoke. O Greystoke o la morte!

— Mi dispiace per lei – disse Tarzan.

— E a me dispiace per l’uomo che essa ama, – rispose la fanciulla – perchè egli pure le vuol bene. Io non lo co-nosco, ma secondo quanto mi ha detto Giovanna, dev’essere una persona ammirevole. Sembra che sia nato in una jungla africana e che abbia ricevuto la sua educa-zione da una tribù selvaggia di scimmie antropoidi. Gio-vanna s’accorse di esserne veramente innamorata quan-do si fidanzò con lord Greystoke.

— Sì, – egli disse – l’America mi piace, e con questo, naturalmente, voglio dire che anche gli americani mi piacciono molto. Durante la mia permanenza in questo paese ho potuto incontrarmi con persone oltremodo sim-patiche. Per esempio, ricordo con gioia particolare una famiglia della sua stessa città, miss Strong: il prof. Por-ter e la sua signorina figlia.

— Giovanna Porter!? – esclamò la fanciulla. – Lei conosce Giovanna Porter? Ma è la mia migliore amica!

Ci amiamo come sorelle ed ora che sto per perderla mi sento quasi spezzare il cuore.

— Perderla? – esclamò Tarzan. – Forse perchè ella abi-ta ora in Inghilterra e non la potrà vedere che di rado?

— Sì, – rispose la giovane – ma sopratutto perchè ella dovrà sposare un uomo che non ama. È terribile. Mari-tarsi per il sentimento del dovere! Giovanna Porter è però particolarmente ostinata e in un modo strano. Ella è convinta di dover compiere tale sacrificio per il senti-mento del dovere, e nessuna forza al mondo le impedirà di sposare lord Greystoke. O Greystoke o la morte!

— Mi dispiace per lei – disse Tarzan.

— E a me dispiace per l’uomo che essa ama, – rispose la fanciulla – perchè egli pure le vuol bene. Io non lo co-nosco, ma secondo quanto mi ha detto Giovanna, dev’essere una persona ammirevole. Sembra che sia nato in una jungla africana e che abbia ricevuto la sua educa-zione da una tribù selvaggia di scimmie antropoidi. Gio-vanna s’accorse di esserne veramente innamorata quan-do si fidanzò con lord Greystoke.

— Strano! – mormorò Tarzan, torturandosi il cervello per cercare un altro argomento.

Ben presto però la madre della fanciulla che si unì a loro, fece volgere la conversazione su altri argomenti.

I giorni seguenti trascorsero senza che avvenisse nul-la degno di nota. Il mare era calmo, il cielo chiarissimo, e la nave proseguiva senza interruzione la sua strada verso il sud.

Un bel giorno Tarzan incontrò miss Strong in conver-sazione con uno sconosciuto che non aveva mai visto a bordo. Mentre egli si avvicinava, l’uomo s’inchinò alla giovane, voltandosi per andarsene.

— Aspetti, signor Thuran – disse miss Strong. – De-sidero presentarle Mr. Caldwell.

I due uomini si strinsero la mano, mentre Tarzan fis-sando gli occhi del signor Thuran, rimaneva colpito dal-la loro espressione. Gli sembrava di aver visto altre vol-te quegli occhi.

— Sono certo – disse Tarzan – che ho già avuto l’onore di fare la sua conoscenza, ma non ricordo bene in quale occasione.

— Non saprei, – rispose il signor Thuran, molto tur-bato, – ma non mi pare....

— Il signor Thuran – disse miss Strong – mi stava spiegando alcuni misteri della navigazione.

Ad un tratto furono raggiunti dal sole, e la fanciulla pregò il signor Thuran di spostare con lei la sua seggiola verso l’ombra. Tarzan, che l’osservava, notò il modo impacciato con cui egli moveva la sedia, poichè il suo

— Strano! – mormorò Tarzan, torturandosi il cervello per cercare un altro argomento.

Ben presto però la madre della fanciulla che si unì a loro, fece volgere la conversazione su altri argomenti.

I giorni seguenti trascorsero senza che avvenisse nul-la degno di nota. Il mare era calmo, il cielo chiarissimo, e la nave proseguiva senza interruzione la sua strada verso il sud.

Un bel giorno Tarzan incontrò miss Strong in conver-sazione con uno sconosciuto che non aveva mai visto a bordo. Mentre egli si avvicinava, l’uomo s’inchinò alla giovane, voltandosi per andarsene.

— Aspetti, signor Thuran – disse miss Strong. – De-sidero presentarle Mr. Caldwell.

I due uomini si strinsero la mano, mentre Tarzan fis-sando gli occhi del signor Thuran, rimaneva colpito dal-la loro espressione. Gli sembrava di aver visto altre vol-te quegli occhi.

— Sono certo – disse Tarzan – che ho già avuto l’onore di fare la sua conoscenza, ma non ricordo bene in quale occasione.

— Non saprei, – rispose il signor Thuran, molto tur-bato, – ma non mi pare....

— Il signor Thuran – disse miss Strong – mi stava spiegando alcuni misteri della navigazione.

Ad un tratto furono raggiunti dal sole, e la fanciulla

Ad un tratto furono raggiunti dal sole, e la fanciulla

Nel documento Edgar Rice Burroughs. Il ritorno di Tarzan. (pagine 111-121)