Gli occhi del negro manyuema, enormi pel terrore, fissarono per qualche attimo la strana apparizione che gli stava davanti, minacciandolo con un coltello, poi, abbandonando il fucile che stringeva, incapace di lan-ciare un solo grido d’aiuto, fece per scappare; ma prima che potesse nemmeno voltarsi, Tarzan piombò su di lui, lo afferrò alla gola e strinse con tremenda tenacia finchè i muscoli irrigiditi della vittima non si contrassero in un estremo convulso mortale.
Si gettò allora il cadavere sulle spalle, e, dopo aver raccolto il fucile del manyuema, tornò silenziosamente sull’albero in fondo al sentiero, portando il corpo della sentinella morta nel labirinto frondoso dei rami più alti.
Deposto sui rami quel corpo inerte, gli tolse la cartuc-cera e gli altri ornamenti, che gli piacquero, e lo adagiò quindi sui rami, mentre con le agili dita, cercava tutto ciò che non aveva potuto vedere nell’oscurità. Quando ebbe fatto, prese il fucile e avanzò verso l’estremità di un ramo, per vedere meglio le capanne. Dopo aver mira-to con gran cura verso il ricovero dei capi arabi, premè
XVII.
TARZAN CAPO DEI NEGRI DI WAZIRI
Gli occhi del negro manyuema, enormi pel terrore, fissarono per qualche attimo la strana apparizione che gli stava davanti, minacciandolo con un coltello, poi, abbandonando il fucile che stringeva, incapace di lan-ciare un solo grido d’aiuto, fece per scappare; ma prima che potesse nemmeno voltarsi, Tarzan piombò su di lui, lo afferrò alla gola e strinse con tremenda tenacia finchè i muscoli irrigiditi della vittima non si contrassero in un estremo convulso mortale.
Si gettò allora il cadavere sulle spalle, e, dopo aver raccolto il fucile del manyuema, tornò silenziosamente sull’albero in fondo al sentiero, portando il corpo della sentinella morta nel labirinto frondoso dei rami più alti.
Deposto sui rami quel corpo inerte, gli tolse la cartuc-cera e gli altri ornamenti, che gli piacquero, e lo adagiò quindi sui rami, mentre con le agili dita, cercava tutto ciò che non aveva potuto vedere nell’oscurità. Quando ebbe fatto, prese il fucile e avanzò verso l’estremità di un ramo, per vedere meglio le capanne. Dopo aver mira-to con gran cura verso il ricovero dei capi arabi, premè
il grilletto e, all’esplosione del fucile, rispose un gemito.
Tarzan sorrise per aver colto ancora una volta nel segno.
Al rumore dello sparo successe un momento di silen-zio, poi gli arabi e i manyuema si precipitarono dalle ca-panne, più che mai infuriati.
Ma quando si avvidero che la sentinella era scompar-sa, la loro collera si tramutò in terrore, e, quasi per infon-dersi nuovo coraggio, cominciarono a sparare all’impaz-zata verso le porte chiuse del villaggio. Tarzan approfittò di quel frastuono per sparare sotto di lui, sulla folla.
Nessuno intese quello sparo, ma un uomo fu veduto improvvisamente cadere a terra, e quando si chinarono su di lui, s’accorsero ch’era morto.
Allora Tarzan emise un gemito lugubre, e, quando i predoni guardarono tutti nella direzione da cui sembrava venisse quel lamento, lanciò loro abbasso all’improvvi-so il corpo della sentinella morta.
Urla di terrore accolsero questo bolide umano che sembrava piombare dal cielo, e molti negri travolti dalla paura scalarono la palizzata, mentre altri toglievano le sbarre dalle porte e si precipitavano pazzamente attra-versa la radura, in direzione della foresta.
Frattanto Tarzan correva silenziosamente fra i rami più alti, illuminati dalla luna, verso il campo dei guerrie-ri di Waziguerrie-ri...
Quando gli arabi e i manyuema si avvidero che si trat-tava del cadavere della sentinella e che i soli segni di violenza su quel corpo erano alcune impronte di dita gi-gantesche sulla gola gonfia, si domandarono se non sta-il grsta-illetto e, all’esplosione del fucsta-ile, rispose un gemito.
Tarzan sorrise per aver colto ancora una volta nel segno.
Al rumore dello sparo successe un momento di silen-zio, poi gli arabi e i manyuema si precipitarono dalle ca-panne, più che mai infuriati.
Ma quando si avvidero che la sentinella era scompar-sa, la loro collera si tramutò in terrore, e, quasi per infon-dersi nuovo coraggio, cominciarono a sparare all’impaz-zata verso le porte chiuse del villaggio. Tarzan approfittò di quel frastuono per sparare sotto di lui, sulla folla.
Nessuno intese quello sparo, ma un uomo fu veduto improvvisamente cadere a terra, e quando si chinarono su di lui, s’accorsero ch’era morto.
Allora Tarzan emise un gemito lugubre, e, quando i predoni guardarono tutti nella direzione da cui sembrava venisse quel lamento, lanciò loro abbasso all’improvvi-so il corpo della sentinella morta.
Urla di terrore accolsero questo bolide umano che sembrava piombare dal cielo, e molti negri travolti dalla paura scalarono la palizzata, mentre altri toglievano le sbarre dalle porte e si precipitavano pazzamente attra-versa la radura, in direzione della foresta.
Frattanto Tarzan correva silenziosamente fra i rami più alti, illuminati dalla luna, verso il campo dei guerrie-ri di Waziguerrie-ri...
Quando gli arabi e i manyuema si avvidero che si trat-tava del cadavere della sentinella e che i soli segni di violenza su quel corpo erano alcune impronte di dita gi-gantesche sulla gola gonfia, si domandarono se non
sta-vano loro accadendo dei fatti soprannaturali.
I superstiti manyuema acconsentirono a non fuggire dal villaggio, soltanto con la promessa degli arabi, che sarebbero partiti alla prima luce del giorno.
E fu così che quando Tarzan e i suoi guerrieri tornaro-no all’attacco il mattitornaro-no seguente, videro i predoni sul punto di uscire dal villaggio. Parecchi manyuema erano carichi dell’avorio rubato, e altri accendevano delle tor-ce con l’evidente intenzione d’intor-cendiare il villaggio.
L’uomo-scimmia, seduto sulla forca di un alto albero, servendosi dello mani come di un portavoce, gridò per due volte a squarciagola, in lingua araba:
— Non incendiate il villaggio, o vi uccideremo tutti!
I manyuema esitarono e, improvvisamente, uno di essi gettò la torcia lontano da sè. Gli altri stavano per fare lo stesso, quando un arabo si precipitò verso di loro con una mazza, spingendoli verso le capanne; ma Tarzan, com-prendendo che ordinava loro d’incendiare le piccole abi-tazioni ricoperte di paglia, prese accuratamente la mira e sparò. L’arabo che ordinava ai manyuema d’incendiare il villaggio, cadde al suolo di botto, mentre gli incendiari gettavano le torce e fuggivano verso la jungla.
Gli arabi cercarono di poter vedere colui che con la voce aveva spaventato gli incendiari, ma non riuscirono a scoprirlo. Avevano visto sull’albero la nuvola di fumo che aveva seguito lo sparo, e subito una scarica di fuci-leria era stata diretta verso il fogliame, ma nessun indi-zio aveva provato che avessero raggiunto lo scopo.
Tarzan, appena ebbe sparato, si calò a terra, dirigen-vano loro accadendo dei fatti soprannaturali.
I superstiti manyuema acconsentirono a non fuggire dal villaggio, soltanto con la promessa degli arabi, che sarebbero partiti alla prima luce del giorno.
E fu così che quando Tarzan e i suoi guerrieri tornaro-no all’attacco il mattitornaro-no seguente, videro i predoni sul punto di uscire dal villaggio. Parecchi manyuema erano carichi dell’avorio rubato, e altri accendevano delle tor-ce con l’evidente intenzione d’intor-cendiare il villaggio.
L’uomo-scimmia, seduto sulla forca di un alto albero, servendosi dello mani come di un portavoce, gridò per due volte a squarciagola, in lingua araba:
— Non incendiate il villaggio, o vi uccideremo tutti!
I manyuema esitarono e, improvvisamente, uno di essi gettò la torcia lontano da sè. Gli altri stavano per fare lo stesso, quando un arabo si precipitò verso di loro con una mazza, spingendoli verso le capanne; ma Tarzan, com-prendendo che ordinava loro d’incendiare le piccole abi-tazioni ricoperte di paglia, prese accuratamente la mira e sparò. L’arabo che ordinava ai manyuema d’incendiare il villaggio, cadde al suolo di botto, mentre gli incendiari gettavano le torce e fuggivano verso la jungla.
Gli arabi cercarono di poter vedere colui che con la voce aveva spaventato gli incendiari, ma non riuscirono a scoprirlo. Avevano visto sull’albero la nuvola di fumo che aveva seguito lo sparo, e subito una scarica di fuci-leria era stata diretta verso il fogliame, ma nessun indi-zio aveva provato che avessero raggiunto lo scopo.
Tarzan, appena ebbe sparato, si calò a terra,
dirigen-dosi verso un albero distante un centinaio di metri, sul quale salì per poter osservare i preparativi dei predoni.
Passato il primo momento di confusione, gli arabi or-dinarono ai loro schiavi di caricarsi sulle spalle tutto l’avorio rubato nel villaggio. Minacciati di morte istan-tanea dai loro crudeli padroni, i manyuema obbedirono, incamminandosi verso il nord, in direzione del loro pae-se pae-selvaggio e sconosciuto.
Allora, sotto la guida di Tarzan, i guerrieri Waziri si allinearono lungo il sentiero, da ambo le parti, nel più folto della selva. Si disposero ad intervalli, e, mentre la colonna passava, una singola freccia o una pesante lan-cia ben tirata colpiva un arabo o un manyuema. I Waziri fuggivano quindi lontano, per riprendere, tenaci e invisi-bili, a falcidiare la colonna dei predoni terrorizzati.
Durante la notte, a intervalli, un fucile faceva udire la propria voce in prossimità delle loro teste, e una delle sentinelle appostate cadeva al suolo. Una simile condi-zione era insopportabile, poichè essi capirono che con questa tattica tremenda, sarebbero stati uccisi dal primo fino all’ultimo, senza cagionare al nemico la minima perdita. Nondimeno, a motivo della loro grande avidità di bottino, gli arabi si attaccarono al loro carico di avo-rio, e, quando spuntò il giorno, obbligarono i manyuema scoraggiati a riprendere i loro fardelli di morte e a diri-gersi barcollando verso la jungla.
La colonna decimata continuò per tre giorni la sua marcia orribile, e ogni ora cadeva una vittima. Le notti erano divenute spaventevoli, per gli spari dell’invisibile dosi verso un albero distante un centinaio di metri, sul quale salì per poter osservare i preparativi dei predoni.
Passato il primo momento di confusione, gli arabi or-dinarono ai loro schiavi di caricarsi sulle spalle tutto l’avorio rubato nel villaggio. Minacciati di morte istan-tanea dai loro crudeli padroni, i manyuema obbedirono, incamminandosi verso il nord, in direzione del loro pae-se pae-selvaggio e sconosciuto.
Allora, sotto la guida di Tarzan, i guerrieri Waziri si allinearono lungo il sentiero, da ambo le parti, nel più folto della selva. Si disposero ad intervalli, e, mentre la colonna passava, una singola freccia o una pesante lan-cia ben tirata colpiva un arabo o un manyuema. I Waziri fuggivano quindi lontano, per riprendere, tenaci e invisi-bili, a falcidiare la colonna dei predoni terrorizzati.
Durante la notte, a intervalli, un fucile faceva udire la propria voce in prossimità delle loro teste, e una delle sentinelle appostate cadeva al suolo. Una simile condi-zione era insopportabile, poichè essi capirono che con questa tattica tremenda, sarebbero stati uccisi dal primo fino all’ultimo, senza cagionare al nemico la minima perdita. Nondimeno, a motivo della loro grande avidità di bottino, gli arabi si attaccarono al loro carico di avo-rio, e, quando spuntò il giorno, obbligarono i manyuema scoraggiati a riprendere i loro fardelli di morte e a diri-gersi barcollando verso la jungla.
La colonna decimata continuò per tre giorni la sua marcia orribile, e ogni ora cadeva una vittima. Le notti erano divenute spaventevoli, per gli spari dell’invisibile
fucile che rendeva il compito della sentinella uguale ad una sentenza di morte.
La mattina del quarto giorno gli arabi furono costretti ad uccidere due dei loro negri che si erano ribellati, e mentre compivano il duplice delitto, una voce risuonò, chiara e possente dalla jungla:
— Oggi morrete tutti, manyuema, se non lasciate l’avorio! Ribellatevi ai vostri crudeli padroni ed uccide-teli! Avete i fucili: adoperauccide-teli! Uccidete gli arabi, e noi vi lasceremo tranquilli. Vi porteremo con noi e vi dare-mo del cibo, poi vi lasceredare-mo liberi, Lasciate l’avorio!
Uccidete i vostri padroni! O, se no, morrete tutti!...
Gli arabi si tirarono insieme da parte, e lo sceicco or-dinò ai manyuema di riprendere il cammino, mentre spianava il fucile contro di loro. Ma, nel medesimo istante, uno dei negri, liberatosi del carico, impugnò il fucile, e tirò verso il gruppo dei bianchi. In un attimo il campo fu trasformato in un mucchio di demoni impre-canti che combattevano coi fucili, con i coltelli e con le pistole. Gli arabi – una trentina in tutto – stavano raccol-ti e difendevano con valore la propria vita, ma sotto la pioggia di piombo diretta verso di loro dagli schiavi, che erano per lo meno in centocinquanta, e sotto la tempesta di frecce e di lance che avevano cominciato a piovere dalla jungla, soltanto contro di loro, in breve tempo l’ultimo arabo cadde a terra, morto.
Appena cessato il fuoco, Tarzan parlò ai manyuema:
— Riportate l’avorio al villaggio dove l’avete rubato!
I manyuema esitarono e uno di essi gridò:
fucile che rendeva il compito della sentinella uguale ad una sentenza di morte.
La mattina del quarto giorno gli arabi furono costretti ad uccidere due dei loro negri che si erano ribellati, e mentre compivano il duplice delitto, una voce risuonò, chiara e possente dalla jungla:
— Oggi morrete tutti, manyuema, se non lasciate l’avorio! Ribellatevi ai vostri crudeli padroni ed uccide-teli! Avete i fucili: adoperauccide-teli! Uccidete gli arabi, e noi vi lasceremo tranquilli. Vi porteremo con noi e vi dare-mo del cibo, poi vi lasceredare-mo liberi, Lasciate l’avorio!
Uccidete i vostri padroni! O, se no, morrete tutti!...
Gli arabi si tirarono insieme da parte, e lo sceicco or-dinò ai manyuema di riprendere il cammino, mentre spianava il fucile contro di loro. Ma, nel medesimo istante, uno dei negri, liberatosi del carico, impugnò il fucile, e tirò verso il gruppo dei bianchi. In un attimo il campo fu trasformato in un mucchio di demoni impre-canti che combattevano coi fucili, con i coltelli e con le pistole. Gli arabi – una trentina in tutto – stavano raccol-ti e difendevano con valore la propria vita, ma sotto la pioggia di piombo diretta verso di loro dagli schiavi, che erano per lo meno in centocinquanta, e sotto la tempesta di frecce e di lance che avevano cominciato a piovere dalla jungla, soltanto contro di loro, in breve tempo l’ultimo arabo cadde a terra, morto.
Appena cessato il fuoco, Tarzan parlò ai manyuema:
— Riportate l’avorio al villaggio dove l’avete rubato!
I manyuema esitarono e uno di essi gridò:
— Chi ci assicura che, quando saremo nel vostro vil-laggio, non ci ammazzerete tutti quanti?
— Non vi faremo alcun male se riporterete indietro l’avorio! – replicò Tarzan.
— Chi sei tu che parli nella lingua dei nostri padroni arabi? Fatti vedere – gridò il messaggero manyuema – e ti daremo una risposta.
— Eccomi! – esclamò Tarzan uscendo dalla jungla e avvicinandosi ai manyuema, che alla vista di quei mu-scoli poderosi e di quell’aspetto gigantesco, rimasero colpiti dalla meraviglia e dall’ammirazione.
— Potete fidarvi di me – disse Tarzan. – Finchè farete ciò che vi ho detto e non recherete danno e nessuno del mio popolo, non sarete molestati.
I manyuema, dopo d’essersi consigliati brevemente fra di loro, raccolsero i pesanti fardelli, e si rimisero in cammino verso il villaggio dei Waziri.
Dopo tre giorni ne attraversarono le porte e furono ri-cevuti dai superstiti del recente massacro, che, partiti i predoni, erano ritornati al villaggio.
Fu necessaria tutta l’autorità e la persuasione di Tar-zan per impedire ai Waziri di piombare sui manyuema e di farli a pezzi; ma quand’ebbe spiegato della promessa fatta a questi ultimi se avessero riportato l’avorio al luo-go dove l’avevano preso, acconsentirono a lasciare i cannibali entro la palizzata senza recar loro molestia.
Quella sera i guerrieri del villaggio tennero una gran-de conferenza per celebrare le loro vittorie, e per sce-gliersi un nuovo Capo. Dopo la morte del vecchio
Wazi-— Chi ci assicura che, quando saremo nel vostro vil-laggio, non ci ammazzerete tutti quanti?
— Non vi faremo alcun male se riporterete indietro l’avorio! – replicò Tarzan.
— Chi sei tu che parli nella lingua dei nostri padroni arabi? Fatti vedere – gridò il messaggero manyuema – e ti daremo una risposta.
— Eccomi! – esclamò Tarzan uscendo dalla jungla e avvicinandosi ai manyuema, che alla vista di quei mu-scoli poderosi e di quell’aspetto gigantesco, rimasero colpiti dalla meraviglia e dall’ammirazione.
— Potete fidarvi di me – disse Tarzan. – Finchè farete ciò che vi ho detto e non recherete danno e nessuno del mio popolo, non sarete molestati.
I manyuema, dopo d’essersi consigliati brevemente fra di loro, raccolsero i pesanti fardelli, e si rimisero in cammino verso il villaggio dei Waziri.
Dopo tre giorni ne attraversarono le porte e furono ri-cevuti dai superstiti del recente massacro, che, partiti i predoni, erano ritornati al villaggio.
Fu necessaria tutta l’autorità e la persuasione di Tar-zan per impedire ai Waziri di piombare sui manyuema e di farli a pezzi; ma quand’ebbe spiegato della promessa fatta a questi ultimi se avessero riportato l’avorio al luo-go dove l’avevano preso, acconsentirono a lasciare i cannibali entro la palizzata senza recar loro molestia.
Quella sera i guerrieri del villaggio tennero una gran-de conferenza per celebrare le loro vittorie, e per sce-gliersi un nuovo Capo. Dopo la morte del vecchio
Wazi-ri, Tarzan aveva diretto le operazioni di battaglia, e il comando era stato affidato provvisoriamente a lui.
I guerrieri più importanti della tribù sedevano in cir-colo, intorno ad un piccolo fuoco, per discutere i meriti di chiunque potesse venir proposto come successore del morto Waziri.
Parlò prima Busuli:
— Poichè Waziri è morto, senza lasciare figli, vi è fra noi un uomo soltanto, quello che ci ha dato prova di sa-perci condurre alla vittoria senza la perdita di un solo uomo, che è degno di essere il nostro re...
E, balzando in piedi con la lancia levata in alto, Busu-li cominciò a danzare intorno all’uomo-scimmia.
Allora uno per volta, tutti gli altri guerrieri significa-rono, danzando e cantando, la loro approvazione alla proposta di Busuli. Vennero poi le donne che si accoc-colarono intorno al circolo, suonando i Tan-Tan, batten-dosi le mani secondo il passo dei danzatori, e unenbatten-dosi al canto dei guerrieri.
In mezzo a quel clamore di grida fiere e selvagge, se-deva Tarzan delle Scimmie, eletto re dei Waziri.
La danza divenne sempre più rapida e sempre più acute diventarono le voci. Le donne si alzavano e rica-devano, strillando con tutto il fiato che avevano in gola, tra un feroce brandir di lance e di scudi.
Quando la tregenda fu al colmo, Tarzan balzò in piedi e si unì alla selvaggia cerimonia. In mezzo al circolo dei corpi neri e lucenti, egli saltava, ruggiva ed agitava la sua pesante lancia col medesimo folle abbandono dei ri, Tarzan aveva diretto le operazioni di battaglia, e il comando era stato affidato provvisoriamente a lui.
I guerrieri più importanti della tribù sedevano in cir-colo, intorno ad un piccolo fuoco, per discutere i meriti di chiunque potesse venir proposto come successore del morto Waziri.
Parlò prima Busuli:
— Poichè Waziri è morto, senza lasciare figli, vi è fra noi un uomo soltanto, quello che ci ha dato prova di sa-perci condurre alla vittoria senza la perdita di un solo uomo, che è degno di essere il nostro re...
E, balzando in piedi con la lancia levata in alto,
E, balzando in piedi con la lancia levata in alto,