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IL PIANO SFUMATO

Tarzan divenne per un mese un regolare e graditissi-mo frequentatore del salotto della contessa de Coude, dove spesso incontrò persone della migliore società pa-rigina, e non di rado Olga trovò il mezzo di rimanere sola con lui.

Durante parecchi giorni era rimasta atterrita da ciò che Nicola aveva insinuato. Ella si era figurata quel gio-vane gagliardo soltanto come un amico. Non desiderava amarlo e nemmeno desiderava d’essere amata da lui.

Di molto più giovane del conte suo marito, senza qua-si accorgersene, aspirava a rifugiarqua-si in un’amicizia con una persona più vicina alla sua età. I vent’anni diventa-no timidi quando debbodiventa-no confidarsi coi quaranta, men-tre Tarzan era maggiore a lei soltanto di due anni, ed ella sentiva di poter essere compresa da questo giovane straordinariamente puro, onesto e cavalleresco. Fin dal primo momento del loro incontro aveva avuto la sensa-zione di potersi fidare di lui.

Nicola Rokoff aveva seguito a distanza lo sviluppo di questa intimità, e il suo odio era accresciuto dal timore, perchè Tarzan ora sapeva della sua professione di spia russa. Attendeva dunque il momento adatto per liberarsi

V.

IL PIANO SFUMATO

Tarzan divenne per un mese un regolare e graditissi-mo frequentatore del salotto della contessa de Coude, dove spesso incontrò persone della migliore società pa-rigina, e non di rado Olga trovò il mezzo di rimanere sola con lui.

Durante parecchi giorni era rimasta atterrita da ciò che Nicola aveva insinuato. Ella si era figurata quel gio-vane gagliardo soltanto come un amico. Non desiderava amarlo e nemmeno desiderava d’essere amata da lui.

Di molto più giovane del conte suo marito, senza qua-si accorgersene, aspirava a rifugiarqua-si in un’amicizia con una persona più vicina alla sua età. I vent’anni diventa-no timidi quando debbodiventa-no confidarsi coi quaranta, men-tre Tarzan era maggiore a lei soltanto di due anni, ed ella sentiva di poter essere compresa da questo giovane straordinariamente puro, onesto e cavalleresco. Fin dal primo momento del loro incontro aveva avuto la sensa-zione di potersi fidare di lui.

Nicola Rokoff aveva seguito a distanza lo sviluppo di questa intimità, e il suo odio era accresciuto dal timore, perchè Tarzan ora sapeva della sua professione di spia russa. Attendeva dunque il momento adatto per liberarsi

di Tarzan una volta per sempre, vendicandosi così delle varie umiliazioni sofferte.

Tarzan, frattanto, assaporava la gioia come gli era mai stato concesso da quando aveva abbandonata la pace e la tranquillità della sua jungla.

Il contatto con gli amici di Olga, gli procurava grande piacere, mentre l’amicizia sviluppatasi fra lui e la gra-ziosa contessa, costituiva una sorgente d’inesauribile de-lizia, che disperdeva i suoi tristi pensieri e rasserenava il suo cuore addolorato.

Talvolta d’Arnot l’accompagnava in queste visite, perchè conosceva da molto tempo Olga e il conte de Coude, che raramente compariva a questi trattenimenti, occupatissimo com’era dai molteplici affari della sua posizione ufficiale.

Rokoff e Paulvitch erano continuamente in attesa di una occasione che li facesse cogliere Tarzan di notte al palazzo de Coude, e, ad un certo punto, vista inutile la loro attesa, studiarono assieme un progetto per far ca-scare in trappola l’uomo-scimmia, con tutte le circostan-ze di uno scandalo manifesto.

Da un giornale del mattino vennero a conoscenza, un giorno, di un trattenimento serale che il ministro di Ger-mania annunciava per l’indomani. Il nome di de Coude si trovava fra gli invitati. Era quello che ci voleva per at-tuare il loro piano infame.

La sera del ricevimento, Paulvitch e Rokoff attesero le undici, e quindi Paulvitch staccò il ricevitore del tele-fono e chiese la comunicazione con la casa del tenente di Tarzan una volta per sempre, vendicandosi così delle varie umiliazioni sofferte.

Tarzan, frattanto, assaporava la gioia come gli era mai stato concesso da quando aveva abbandonata la pace e la tranquillità della sua jungla.

Il contatto con gli amici di Olga, gli procurava grande piacere, mentre l’amicizia sviluppatasi fra lui e la gra-ziosa contessa, costituiva una sorgente d’inesauribile de-lizia, che disperdeva i suoi tristi pensieri e rasserenava il suo cuore addolorato.

Talvolta d’Arnot l’accompagnava in queste visite, perchè conosceva da molto tempo Olga e il conte de Coude, che raramente compariva a questi trattenimenti, occupatissimo com’era dai molteplici affari della sua posizione ufficiale.

Rokoff e Paulvitch erano continuamente in attesa di una occasione che li facesse cogliere Tarzan di notte al palazzo de Coude, e, ad un certo punto, vista inutile la loro attesa, studiarono assieme un progetto per far ca-scare in trappola l’uomo-scimmia, con tutte le circostan-ze di uno scandalo manifesto.

Da un giornale del mattino vennero a conoscenza, un giorno, di un trattenimento serale che il ministro di Ger-mania annunciava per l’indomani. Il nome di de Coude si trovava fra gli invitati. Era quello che ci voleva per at-tuare il loro piano infame.

La sera del ricevimento, Paulvitch e Rokoff attesero le undici, e quindi Paulvitch staccò il ricevitore del tele-fono e chiese la comunicazione con la casa del tenente

d’Arnot. Ottenutala, domandò del signor Tarzan, che venne immediatamente all’apparecchio.

Allora Paulvitch disse, alterando la voce:

— Signor Tarzan, sono Francesco, un domestico della contessa de Coude. Forse il signore mi fa l’onore di ri-cordarmi? Sì? Benissimo... La contessa le chiede di ve-nire subito da lei perchè si trova in pena... No, signore, io non so niente... Devo riferire alla contessa che verrà subito?... Grazie.

Riattaccò il ricevitore e si volse con una smorfia bef-farda verso Rokoff che subito gli disse:

— Bisogna andare immediatamente al ministero tede-sco e consegnare questo biglietto per il conte de Coude, ma devi affrettarti...

Paulvitch non perse tempo, si recò all’abitazione del ministro di Germania, e consegnò il biglietto a un dome-stico, dicendo:

— È per il conte de Coude, urgentissimo. Da recapi-tarsi all’istante. E fece scivolare una moneta nelle avide mani del servo. Poco dopo il conte de Coude leggeva quel biglietto:

«Signor conte de Coude,

«Qualcuno che desidera salvare il suo onore, si vale di questo mezzo per avvertirla che la santità del suo fo-colare, in questo momento, si trova in pericolo.

«Un uomo, che per alcuni mesi è stato un assiduo fre-quentatore della sua casa, ora si trova in compagnia di d’Arnot. Ottenutala, domandò del signor Tarzan, che venne immediatamente all’apparecchio.

Allora Paulvitch disse, alterando la voce:

— Signor Tarzan, sono Francesco, un domestico della contessa de Coude. Forse il signore mi fa l’onore di ri-cordarmi? Sì? Benissimo... La contessa le chiede di ve-nire subito da lei perchè si trova in pena... No, signore, io non so niente... Devo riferire alla contessa che verrà subito?... Grazie.

Riattaccò il ricevitore e si volse con una smorfia bef-farda verso Rokoff che subito gli disse:

— Bisogna andare immediatamente al ministero tede-sco e consegnare questo biglietto per il conte de Coude, ma devi affrettarti...

Paulvitch non perse tempo, si recò all’abitazione del ministro di Germania, e consegnò il biglietto a un dome-stico, dicendo:

— È per il conte de Coude, urgentissimo. Da recapi-tarsi all’istante. E fece scivolare una moneta nelle avide mani del servo. Poco dopo il conte de Coude leggeva quel biglietto:

«Signor conte de Coude,

«Qualcuno che desidera salvare il suo onore, si vale di questo mezzo per avvertirla che la santità del suo fo-colare, in questo momento, si trova in pericolo.

«Un uomo, che per alcuni mesi è stato un assiduo fre-quentatore della sua casa, ora si trova in compagnia di

sua moglie. Se corre subito negli appartamenti della contessa, li troverà insieme.

Un amico»

Circa venti minuti dopo il colloquio di Paulvitch con Tarzan, Rokoff ottenne la comunicazione con la linea privata di Olga e alla cameriere chiese di parlare con la contessa.

— La signora è a letto! – rispose la donna.

— Si tratta di una questione urgentissima! – ribattè Ro-koff. – Le dica di venire immediatamente al telefono. Ri-chiamerò fra cinque minuti. Poco dopo giunse Paulvitch.

— Hai consegnato il biglietto? – chiese Rokoff.

— Credo che il conte a quest’ora stia già correndo come un pazzo verso, casa sua... – rispose Paulvitch, ridendo.

— Benissimo! La mia signora sorella in questo mo-mento deve trovarsi nel suo spogliatoio, vestita assai succintamente. Tra qualche minuto il nostro fedele Gia-como accompagnerà alla sua presenza il signor Tarzan, senza annunciarlo. Ella chiederà spiegazioni, ma appari-rà veramente deliziosa nel suo abbigliamento notturno;

e si mostrerà sorpresa, sebbene non disgustata... Se nelle vene dell’uomo scorre una sola goccia di sangue, il con-te incon-terromperà fra un quarto d’ora una bella scena d’amore. Credo, caro Alessio, che il nostre piano cam-mini meravigliosamente. Andiamo ora dal vecchio Plan-con a bere alla salute del signor Tarzan...

Allorchè Tarzan giunse alla casa di Olga, Giacomo l’attendeva sulla porta.

sua moglie. Se corre subito negli appartamenti della contessa, li troverà insieme.

Un amico»

Circa venti minuti dopo il colloquio di Paulvitch con Tarzan, Rokoff ottenne la comunicazione con la linea privata di Olga e alla cameriere chiese di parlare con la contessa.

— La signora è a letto! – rispose la donna.

— Si tratta di una questione urgentissima! – ribattè Ro-koff. – Le dica di venire immediatamente al telefono. Ri-chiamerò fra cinque minuti. Poco dopo giunse Paulvitch.

— Hai consegnato il biglietto? – chiese Rokoff.

— Credo che il conte a quest’ora stia già correndo come un pazzo verso, casa sua... – rispose Paulvitch, ridendo.

— Benissimo! La mia signora sorella in questo mo-mento deve trovarsi nel suo spogliatoio, vestita assai succintamente. Tra qualche minuto il nostro fedele Gia-como accompagnerà alla sua presenza il signor Tarzan, senza annunciarlo. Ella chiederà spiegazioni, ma appari-rà veramente deliziosa nel suo abbigliamento notturno;

e si mostrerà sorpresa, sebbene non disgustata... Se nelle vene dell’uomo scorre una sola goccia di sangue, il con-te incon-terromperà fra un quarto d’ora una bella scena d’amore. Credo, caro Alessio, che il nostre piano cam-mini meravigliosamente. Andiamo ora dal vecchio Plan-con a bere alla salute del signor Tarzan...

Allorchè Tarzan giunse alla casa di Olga, Giacomo l’attendeva sulla porta.

— Mi segua, signore, – e lo condusse su per l’ampio scalone di marmo.

Un momento dopo il domestico introduceva silenzio-samente Tarzan in una stanza debolmente illuminata.

Quindi scompariva... Allora Tarzan vide Olga dall’altra parte della stanza, seduta davanti ad un tavolino sul qua-le si trovava il tequa-lefono, in atto di solqua-levare il ricevitore.

— Olga, – disse Tarzan. – Che cosa è avvenuto?

Ella si volse spaventata.

— Lei qui, signore? – esclamò. – Chi l’ha introdotto?

Che significa ciò?...

— Uno dei suoi servitori, Francesco, mi ha telefonato di accorrere perchè lei si trovava in pericolo e aveva bi-sogno di me...

— Francesco? Nessuno tra i miei domestici ha questo nome... Si tratterà di una burla, caro Giovanni – disse Olga sorridendo.

— Temo invece che la burla – rispose Tarzan – na-sconda qualche cosa di sinistro... Dov’è il conte?

— Al palazzo dell’Ambasciata Germanica.

— Deve trattarsi senz’altro di una nuova impresa del suo caro fratello. Domani il conte sarà informato di tut-to, interrogherà i servi, e ogni cosa contribuirà a far cre-dere al conte, ciò che Rokoff desidera ch’egli creda.

—Canaglia! – esclamò Olga spaventata, a questo pen-siero, mentre si avvicinava a Tarzan fissandolo con una perplessità interrogativa, e, come per farsi animo, gli poneva le braccia sulle robuste spalle.

— Cosa dobbiamo fare! – bisbigliò. – Domani, per

— Mi segua, signore, – e lo condusse su per l’ampio scalone di marmo.

Un momento dopo il domestico introduceva silenzio-samente Tarzan in una stanza debolmente illuminata.

Quindi scompariva... Allora Tarzan vide Olga dall’altra parte della stanza, seduta davanti ad un tavolino sul qua-le si trovava il tequa-lefono, in atto di solqua-levare il ricevitore.

— Olga, – disse Tarzan. – Che cosa è avvenuto?

Ella si volse spaventata.

— Lei qui, signore? – esclamò. – Chi l’ha introdotto?

Che significa ciò?...

— Uno dei suoi servitori, Francesco, mi ha telefonato di accorrere perchè lei si trovava in pericolo e aveva bi-sogno di me...

— Francesco? Nessuno tra i miei domestici ha questo nome... Si tratterà di una burla, caro Giovanni – disse Olga sorridendo.

— Temo invece che la burla – rispose Tarzan – na-sconda qualche cosa di sinistro... Dov’è il conte?

— Al palazzo dell’Ambasciata Germanica.

— Deve trattarsi senz’altro di una nuova impresa del suo caro fratello. Domani il conte sarà informato di tut-to, interrogherà i servi, e ogni cosa contribuirà a far cre-dere al conte, ciò che Rokoff desidera ch’egli creda.

—Canaglia! – esclamò Olga spaventata, a questo pen-siero, mentre si avvicinava a Tarzan fissandolo con una perplessità interrogativa, e, come per farsi animo, gli poneva le braccia sulle robuste spalle.

— Cosa dobbiamo fare! – bisbigliò. – Domani, per

opera di mio fratello, tutta Parigi saprà...

Tarzan strinse nella sua, una delle manine tremanti che gli si posavano sul petto, come per promettere tutta la sua protezione a quel grazioso essere indifeso, mentre quasi senza avvedersene, la sua mano accarezzava il capo della giovane donna.

Dopo aver letto il biglietto portatogli dal maggiordo-mo, il conte de Coude, scusatosi col suo ospite, si lan-ciava come un pazzo verso la propria abitazione, dove Giacomo gli apriva la porta prima ancora che fosse giunto a metà della scalinata.

Salì le scale in punta di piedi e percorse il corridoio fino alla porta del gabinetto di sua moglie. Nelle mani stringeva un grosso bastone da passeggio.

Olga fu la prima a vederlo e con un grido si staccò dalle braccia di Tarzan che si volse appena in tempo per evitare il terribile colpo del pesante bastone di de Cou-de, che vibrò per tre volte con la rapidità del lampo, mentre l’Uomo-Scimmia era ricondotto d’un colpo agl’istinti della jungla.

Ruggendo come un gorilla, egli saltò sul francese. Il grosso bastone volò spezzato in due, come se fosse stato un fiammifero di legno, e l’uomo-scimmia si slanciò come una belva alla gola del conte, afferrandolo e scuo-tendolo come fa il gatto col topo.

Olga, terrorizzata, si avventò verso l’uomo che stava per ucciderle il marito, aggrappandosi disperatamente alle sue mani e gridando:

— Giovanni! Giovanni! Lei uccide mio marito!...

opera di mio fratello, tutta Parigi saprà...

Tarzan strinse nella sua, una delle manine tremanti che gli si posavano sul petto, come per promettere tutta la sua protezione a quel grazioso essere indifeso, mentre quasi senza avvedersene, la sua mano accarezzava il capo della giovane donna.

Dopo aver letto il biglietto portatogli dal maggiordo-mo, il conte de Coude, scusatosi col suo ospite, si lan-ciava come un pazzo verso la propria abitazione, dove Giacomo gli apriva la porta prima ancora che fosse giunto a metà della scalinata.

Salì le scale in punta di piedi e percorse il corridoio fino alla porta del gabinetto di sua moglie. Nelle mani stringeva un grosso bastone da passeggio.

Olga fu la prima a vederlo e con un grido si staccò dalle braccia di Tarzan che si volse appena in tempo per evitare il terribile colpo del pesante bastone di de Cou-de, che vibrò per tre volte con la rapidità del lampo, mentre l’Uomo-Scimmia era ricondotto d’un colpo agl’istinti della jungla.

Ruggendo come un gorilla, egli saltò sul francese. Il grosso bastone volò spezzato in due, come se fosse stato un fiammifero di legno, e l’uomo-scimmia si slanciò come una belva alla gola del conte, afferrandolo e scuo-tendolo come fa il gatto col topo.

Olga, terrorizzata, si avventò verso l’uomo che stava per ucciderle il marito, aggrappandosi disperatamente alle sue mani e gridando:

— Giovanni! Giovanni! Lei uccide mio marito!...

Tarzan, sordo per la rabbia, gettò il corpo sul pavi-mento e ponendogli un piede sul petto, fece risuonare in tutto il palazzo il terribile grido di sfida dello scimmione che ha ucciso il nemico.

Ma lentamente, la nebbia rossa svanì dagli occhi di Tarzan. Le cose riacquistarono la loro forma reale, ed egli fece un passo verso il corpo del conte. che sembra-va giacere inanimato sul pavimento.

Lo sollevò con ogni cura e lo distese sul divano. Poi avvicinò l’orecchio al suo petto.

— Un po’ di cognac, signora, – disse.

Ella fu svelta a portarglielo, e ambedue ne versarono un poco tra le labbra del conte.

— Non morrà – disse Tarzan. – Sia lodato Iddio!

— Ma perchè ha fatto questo? – chiese ella.

— Non lo so. Egli ha tentato di colpirmi e allora di-venni come pazzo. Mi parve d’esser ritornato una belva della jungla africana com’ero poco più di un anno fa.

Ella non conosce la mia storia... Non mi giudichi troppo severamente, signora...

— Io non la giudico affatto... Ora però fugga... Egli non deve trovarlo qui quando riprenderà i sensi.

Uscito dal palazzo, Tarzan, senza por tempo in mez-zo, si recò ad una stazione di polizia, vicino alla rue Maule, dove trovò uno dei poliziotti con cui aveva avuto a che fare nella famosa notte. L’agente fu sinceramente felice di rivederlo e, dopo un momento di conversazio-ne, Tarzan gli chiese se non avesse mai udito parlare di Nicola Rokoff e di Alessio Paulvitch.

Tarzan, sordo per la rabbia, gettò il corpo sul pavi-mento e ponendogli un piede sul petto, fece risuonare in tutto il palazzo il terribile grido di sfida dello scimmione che ha ucciso il nemico.

Ma lentamente, la nebbia rossa svanì dagli occhi di Tarzan. Le cose riacquistarono la loro forma reale, ed egli fece un passo verso il corpo del conte. che sembra-va giacere inanimato sul pavimento.

Lo sollevò con ogni cura e lo distese sul divano. Poi avvicinò l’orecchio al suo petto.

— Un po’ di cognac, signora, – disse.

Ella fu svelta a portarglielo, e ambedue ne versarono un poco tra le labbra del conte.

— Non morrà – disse Tarzan. – Sia lodato Iddio!

— Ma perchè ha fatto questo? – chiese ella.

— Non lo so. Egli ha tentato di colpirmi e allora di-venni come pazzo. Mi parve d’esser ritornato una belva della jungla africana com’ero poco più di un anno fa.

Ella non conosce la mia storia... Non mi giudichi troppo severamente, signora...

— Io non la giudico affatto... Ora però fugga... Egli non deve trovarlo qui quando riprenderà i sensi.

Uscito dal palazzo, Tarzan, senza por tempo in mez-zo, si recò ad una stazione di polizia, vicino alla rue Maule, dove trovò uno dei poliziotti con cui aveva avuto a che fare nella famosa notte. L’agente fu sinceramente felice di rivederlo e, dopo un momento di conversazio-ne, Tarzan gli chiese se non avesse mai udito parlare di Nicola Rokoff e di Alessio Paulvitch.

— Spessissimo, signore. Sono due individui che ci facciamo un dovere di tener d’occhio continuamente.

Ma perchè desidera saperlo?

— Anch’io li conosco – rispose Tarzan – e desidero sapere l’indirizzo del signor Rokoff per un piccolo affa-re che devo sbrigaaffa-re con lui...

Poco dopo, con in tasca l’indirizzo di Rokoff, Tarzan

Poco dopo, con in tasca l’indirizzo di Rokoff, Tarzan