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Dal D.L n 95/2012 convertito in L n 135/2012, al D.L n 188 del

2 GLI INTERVENTI DEGLI ANNI 011 – 013

2.3 Dal D.L n 95/2012 convertito in L n 135/2012, al D.L n 188 del

La necessità di proseguire e consolidare la riduzione della spesa pubblica continuò ad essere motivo ispiratore dell’azione del Governo Monti, e in questa linea si colloca il decreto legge n. 95 del 6 Luglio 2012 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai

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cittadini”, sinteticamente denominato decreto sulla spending review. Questo decreto avviò una fase di riduzione della spesa pubblica finalizzata ad un miglioramento del conto economico complessivo delle amministrazioni pubbliche, e rappresentò un’ulteriore occasione per intervenire sul profilo istituzionale delle province cercando di completare le riforme avviate con il D. L. n. 201 del Dicembre 2011.

Il D. L. n. 95, convertito dalla legge n. 135 del 7 Agosto 2012 al titolo IV denominato “Razionalizzazione e riduzione della spesa degli enti territoriali” affronta con l’art. 17 il tema del riordino delle province e loro funzioni e con l’art. 18 il tema dell’istituzione delle Città metropolitane e soppressione delle province.

In verità il D.L. n. 95 al comma 1 dell’art. 17, riportava le parole: “le province sono soppresse o accorpate”, l’intento di chi scriveva la norma era quindi enunciato chiaramente, la “prudenza” che aveva ispirato il c.d. Salva- Italia era superata. Successivamente in sede di conversione queste parole vennero modificate come segue: “tutte le province delle regioni a statuto ordinario esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono oggetto di riordino”, era forse tornata a prevalere un’impostazione prudenziale, tenendo conto anche delle forti critiche che stavano sorgendo in merito alla costituzionalità degli interventi governativi realizzati sulla materia.

I successivi commi 2, 3 e 4 determinano la scansione temporale degli adempimenti dei vari organismi interessati al “procedimento di riordino” da notare i tempi ristrettissimi qui previsti, tanto che sembra di assistere ad una corsa in avanti dell’esecutivo.

Nello specifico il comma 2 stabiliva che “ Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio dei ministri determina, con apposita deliberazione, da adottare su proposta dei Ministri dell'interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, i criteri per la riduzione e l'accorpamento delle province, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia”. Non si può non notare che a distanza di un anno si tornava nuovamente a indicare nelle dimensioni territoriali e di popolazione i

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criteri per il riordino (da leggere soppressione) delle province, criteri che erano stati accantonati nei provvedimenti del c.d. Salva-Italia.

In base a questa previsione, il Consiglio dei Ministri, con la deliberazione adottata il 20 Luglio 201247, prevedeva che tutte le nuove

province avrebbero dovuto avere una dimensione territoriale non inferiore a 2.500 km quadrati ed una popolazione residente non inferiore a 350 mila abitanti. Sempre nel comma 2 del provvedimento in esame si escludeva dal “riordino” “le province nel cui territorio si trovasse il comune capoluogo di regione, nonché quelle confinanti solamente con province di regioni diverse da quelle di appartenenza o con una delle province destinate a soppressione e successiva trasformazione in città metropolitana”48 (Roma, Torino, Milano,

Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria). Il comma 3 proseguiva nel dettare le ulteriori scadenze temporali; si prevedeva, infatti, che entro 70 giorni dalla pubblicazione della deliberazione49

del Consiglio dei Ministri, il Consiglio delle autonomie locali di ciascuna regione fosse chiamato ad approvare una proposta di riordino che avrebbe dovuto inviare alla regione.

Quest’ultima, avrebbe provveduto a sua volta entro il termine di 20 giorni alla successiva trasmissione al Governo o comunque entro 92 giorni dalla pubblicazione della delibera del Governo, che stabiliva i requisiti minimi per il riordino, a trasmettere una proposta di riordino, che avrebbe dovuto indicare anche la nuova denominazione della provincia, il cui capoluogo sarebbe stato, tra i precedenti, quello con la maggiore popolazione. La proposta regionale avrebbe dovuto inoltre tenere in considerazione le eventuali iniziative comunali50 finalizzate a modificare le circoscrizioni

47 GU Serie Generale n.171 del 24-7-2012 - DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20

Luglio 2012- Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 Luglio 2012, n. 95.

48 L’istituzione delle città metropolitane, secondo l’art. 18 del D.L. n. 95 del 2012, avrebbe dovuto

condurre la nascita di nuovi enti con un territorio coincidente a quello delle province soppresse, fatta salva la possibilità per i comuni ad esse appartenenti di deliberare l’adesione ad una provincia limitrofa.

49 D.L. 95/2012 il testo prevedeva un termine di 40 giorni modificato in 70 giorni con la legge di

conversione

50 Cfr. Articolo 21 -Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali- D. L. 18 Agosto 2000, n. 267 -

"Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" – G. U. n. 227 del 28 Settembre 2000 - Supplemento Ordinario n. 162 [...] 3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei

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provinciali già presentate alla data di adozione della deliberazione del Consiglio dei Ministri, mentre si escludeva espressamente in prima battuta l’adesione da parte delle province limitrofe ai territori in cui sarebbero state istituite le città metropolitane.

Il comma 4 proseguiva poi nello stabilire che entro sessanta giorni (14 Ottobre) dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge il Governo effettuasse il riordino con atto legislativo di iniziativa governativa sulla base delle proposte delle Regioni, con contestuale ridefinizione dell’ambito delle città metropolitane (di cui all’art.18) conseguenti alle eventuali iniziative comunali ai sensi dell’art.133 Cost. nonché del comma 2 del medesimo art.18, che prevede il potere dei comuni interessati di deliberare, con atto del Consiglio, l’adesione alla città metropolitana o ad una provincia limitrofa.

La formula “sibillina” utilizzata dal comma 4 (atto legislativo di iniziativa governativa) verrà ad essere svelata con il decreto legge del 31.10.2012 n° 188. Quest’ultimo atto anche ad un osservatore poco attento appare subito fortemente criticabile per la fonte legislativa a cui è ricorso il Governo, la decretazione di urgenza è infatti dubbia sotto il profilo della legittimità costituzionale rispetto all’art. 13351.

Pur rinviando ad un momento successivo una più ampia analisi del provvedimento in questione, qui preme sottolineare l’attenzione sulle tempistiche con cui il Governo ha adottato questo atto, l’impressione che si

seguenti criteri ed indirizzi: a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente; b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonchè per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale; c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia; d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati; e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti; f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici; g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.

51 “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell 'ambito di una

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può fondatamente avere è che si tratti di un estremo tentativo di “forzare” la Corte costituzionale in procinto di esaminare l’art. 23 che ha dato avvio al processo di riforma dell’ente di area vasta, mostrando un legislatore che ha operato e continua ad operare per la realizzazione di una riforma la cui architettura è ben chiara, definita e completa in modo da fugare il dubbio che ci si trovi di fronte ad atti estemporanei e fors’anche poco coerenti.

Ora questa condotta sia pure formalmente corretta, è nella sostanza molto criticabile per il tentativo velato (ma non troppo) di influenzare il giudizio della suprema Corte, e a mio parere trasforma il dubbio che si nutriva sull’estemporaneità della riforma nel suo complesso nella certezza che ci troviamo di fronte ad una serie di azioni scomposte e non collocate in un progetto unitario e completo.

Ulteriore aspetto che ritengo meritevole di attenzione è dato dalla procedura per il riordino che vede il Governo cercare il coinvolgimento dei comuni attraverso i Cal e delle Regioni come collettori delle proposte da quest’ultimi provenienti. Siamo in presenza di un estremo tentativo da parte dell’esecutivo di far passare il riordino provinciale come un atto promosso dai comuni più che ad una “unione forzata” sulla base di criteri minimi e concorrenti imposti oppure si voleva attraverso questa procedura trifase (comunale – regionale –statale) rispettare il dettato dell’art. 133 della costituzione ? Muovendo dalla considerazione che in ogni caso l’intervento del Cal non potrebbe considerarsi sostitutivo dell’iniziativa necessaria comunale richiesta dall’art. 133, che peraltro l’esecutivo non riteneva applicabile al processo di riordino complessivo così delineato; siamo in presenza a mio parere di un tentativo di coinvolgere i livelli di governo locale (regioni e comuni) nel processo di riordino delle province che si trovano ad essere soggetti passivi e privi di alcuna possibilità di intervenire nella definizione del “loro futuro”; ma anche il coinvolgimento degli enti vede a questi attribuito un margine ridottissimo di manovra (limiti demografici e territoriali) non lasciando spazio ad altre possibili criteri come invece era

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auspicato e proposto dall’UPI in una proposta di legge52 che presentava a mio

parere spunti interessanti e per certi versi innovativi rispetto al progetto di riordino portato avanti dall’esecutivo. In questa linea ritengo che un riordino delle funzioni avrebbe dovuto muovere in primo luogo da una corretta e compiuta definizione delle funzioni amministrative e conseguentemente degli ambiti territoriali e demografici ottimali per il loro svolgimento.

In riferimento alle funzioni, il D.L. n. 95 conferma quelle di indirizzo e coordinamento e formula la previsione del trasferimento ai comuni, in base al principio di sussidiarietà, delle funzioni amministrative, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato (da individuarsi – entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali). A differenza di quanto prevedeva il D.L. n. 201, il D. L. n. 95 non priva le Province di tutte le funzioni amministrative, mantenendone alcune considerate “di area vasta” e qualificate come “funzioni fondamentali” ai sensi dell’art. 117, c. 2, lett. p) della Costituzione.

In particolare l’art. 17, c. 6, prevedeva il trasferimento ai comuni di quelle conferite con legge dello Stato e rientranti nelle materie di potestà legislativa esclusiva di questo, riconoscendo tuttavia che all’esito della procedura di riordino, le nuove province sarebbero divenute titolari delle seguenti funzioni fondamentali “quali enti con funzioni di area vasta”: pianificazione provinciale territoriale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad essa inerente; nonché

52 Cfr. UPI – Delega al Governo per l’istituzione delle città metropolitane, la razionalizzazione delle

province il riordino dell’amministrazione periferica dello Stato e degli enti strumentali – 07 febbraio 2012

– […] Ciascuna provincia deve avere una dimensione adeguata dal punto di vista demografico, territoriale ed economico, per l’esercizio delle funzioni fondamentali previste dalla Legge sul federalismo fiscale. - Per razionalizzare le circoscrizioni territoriali, lo Stato e le Regioni a Statuto speciale procedono alla riduzione del numero delle Province e alla ridefinizione delle circoscrizioni provinciali, anche in conseguenza dell’istituzione delle città metropolitane.

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programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado.

La previsione così formulata sulle funzioni (assieme al D. L. n. 201 del 2011), assume un rilievo importante in quanto segna una netta discontinuità con il “sistema” di classificazione contabile delle funzioni fino ad allora utilizzato, non facendo più alcun riferimento al D.P.R. n. 194/1996. Inoltre, l’interpretazione non era più legata ad un riferimento legislativo primario53,

questo passaggio dispiegherà ulteriori effetti nei provvedimenti che seguiranno nei 2 anni successivi.

Il legislatore nel provvedimento in esame ha apportato una correzione rilevante all’impostazione assunta nel “Salva Italia” riconoscendo alle province funzioni definibili di “area vasta” ; questa novità era forse la presa d’atto dell’esecutivo della necessità funzionale di un ente intermedio fra regione e comune, d’altro lato poteva essere un tentativo di superare i dubbi di costituzionalità che si avanzavano sotto il profilo del rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione in tema di conferimento delle funzioni amministrative. Quale che sia la giustificazione della nuova disciplina delle funzioni, risulta comunque migliorativa della precedente, più conforme ai principi dell’ordinamento nazionale e corrispondente a grandi linee all’impostazione in materia di altri ordinamenti stranieri.

In riferimento agli organi, invece, il decreto confermava le previsioni dell’intervento precedente che, accanto al Presidente ed al Consiglio, eliminava la Giunta, mentre per il sistema di elezione si rinviava all’adozione di una nuova disciplina che limitava l’elettorato attivo e passivo agli amministratori comunali.

L’iter di riordino previsto dal D.L. n. 95 del 2012, è stato poi proseguito con l’adozione del D.L. n. 188 del 2012, recante “Disposizioni urgenti in materia di Province e Città metropolitane”, con cui si provvedeva operativamente all’accorpamento delle province54 che non rispettavano i criteri

53 Cfr. ORLANDO M. Le funzioni fondamentali delle nuove Province: genesi storica, contenuti operativi e

questioni interpretative ancora aperte, Accademia per l’Autonomia (progetto n. 483), Maggio 2015.

54 In particolare, l’art. 2, comma 1, lett. a) elencava le nuove province frutto degli accorpamenti effettuati

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definiti nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 20 Luglio 2012 e alla contestuale conferma di alcune amministrazioni provinciali, come configurate prima del riordino55.

Rispetto alle nuove province, si prevedeva che il capoluogo di provincia avesse sede nel Comune, tra quelli già capoluogo, avente il maggior numero di residenti, salvo il caso di diverso accordo, anche a maggioranza, tra i

medesimi comuni56. Quanto alla denominazione, invece, si prevedeva la

possibilità di modificarla con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da adottarsi su proposta del Consiglio provinciale deliberata a maggioranza assoluta dei propri componenti e sentita la regione57. Il successivo art. 5, andando a modificare l’art. 18 del D. L. n. 95

del 2012, prevedeva, inoltre, la soppressione – sempre a decorrere dal 1° Gennaio 2014 – delle province esistenti nei territori58 in cui sarebbe dovuta

che non hanno trasmesso alcuna proposta: Provincia di Biella-Vercelli, in luogo delle province di Biella e di Vercelli; Provincia di Novara- Verbano-Cusio-Ossola in luogo delle province di Novara e di Verbano- Cusio-Ossola; Provincia di Alessandria-Asti in luogo delle Province di Alessandria e di Asti; Provincia di Como-Lecco-Varese in luogo delle Province di Como, di Lecco e di Varese; Provincia di Cremona-Lodi- Mantova in luogo delle Province di Cremona, di Lodi e di Mantova; Provincia di Padova-Treviso in luogo delle Province di Padova e di Treviso; Provincia di Rovigo-Verona in luogo delle Province di Rovigo e di Verona; Provincia di Imperia-Savona in luogo delle Province di Imperia e di Savona; Provincia di Parma-Piacenza in luogo delle Province di Parma e di Piacenza; Provincia di Modena-Reggio nell’Emilia in luogo delle Province di Modena e di Reggio nell’Emilia; Provincia di Romagna in luogo delle Province di Forlì-Cesena, di Ravenna e di Rimini; Provincia di Livorno-Lucca-Massa Carrara-Pisa in luogo delle Province di Livorno, di Lucca, di Massa-Carrara e di Pisa; Provincia di Grosseto-Siena in luogo delle Province di Grosseto e di Siena; Provincia di Perugia-Terni in luogo delle Province di Perugia e di Terni; Provincia di Ascoli Piceno-Fermo-Macerata in luogo delle Province di Ascoli Piceno, di Fermo e di Macerata; Provincia di Rieti-Viterbo in luogo delle Province di Rieti e di Viterbo; Provincia di Frosinone-Latina in luogo delle Province di Frosinone e di Latina; Provincia di L’Aquila-Teramo in luogo delle Province di L’Aquila e di Teramo; Provincia di Chieti-Pescara in luogo delle Province di Chieti e di Pescara; Provincia di Campobasso-Isernia in luogo delle Province di Campobasso e di Isernia; Provincia di Avellino-Benevento in luogo delle Province di Avellino e di Benevento; Provincia di Brindisi- Taranto in luogo delle Province di Brindisi e di Taranto; Provincia di Barletta-Andria-Trani-Foggia in luogo delle Province di Barletta-Andria-Trani e di Foggia; Provincia di Lucania in luogo delle Province di Matera e di Potenza; Provincia di Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia in luogo delle Province di Catanzaro, di Crotone e di Vibo Valentia

55All’art. 2, comma 1, lett. b) si fanno salve le seguenti province: Provincia di Cuneo, Provincia di

Bergamo, Provincia di Brescia, Provincia di Pavia, Provincia di Sondrio, Provincia di Belluno, Provincia di Vicenza, Provincia di La Spezia, Provincia di Ferrara, Provincia di Arezzo, Provincia di Ancona, Provincia di Pesaro-Urbino, Provincia di Caserta, Provincia di Salerno, Provincia di Lecce, Provincia di Cosenza, Provincia di Reggio Calabria.

56 Cfr. art. 3, comma 1. 57 Cfr. art. 3, comma 3.

58 Si fa riferimento alle Province di Roma, Torino, Milano (che includerebbe anche il territorio della Provincia

di Monza e della Brianza), Venezia, Genova, Bologna, Firenze (che includerebbe anche i territori delle Province di Prato e Pistoia), Bari e Napoli. L’istituzione della Provincia di Reggio Calabria è, invece, condizionata alla conclusione del commissariamento cui è soggetto il Comune di Reggio Calabria.

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nascere la città metropolitana, un nuovo ente di area vasta, da tempo previsto nella legislazione statale59, ma mai operativamente istituito.

Il decreto legge n. 188 del 2012, benché avesse il merito di razionalizzare l’amministrazione locale riducendo il numero delle province esistenti nelle regioni a statuto ordinario da 86 a 51, è stato accolto da molti con non poche critiche, sia sotto il profilo giuridico–tecnico, sia sotto quello politico.

Rispetto al primo profilo, si è ritenuto estremamente criticabile l’interpretazione che il Governo ha effettuato di quanto previsto all’art. 17, c. 4, del D. L. n. 95 del 2012 che prevedeva che l’iter di riordino delle circoscrizioni provinciali dovesse concludersi con un “atto legislativo di iniziativa governativa”, legittimando pertanto con ciò l’adozione di un decreto legge.

L’opzione in favore dell’adozione di un decreto legge era per espressa ammissione dell’allora Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, determinata dal voler rendere tale processo “irreversibile”60; che si fosse ai limiti della legittimità costituzionale ai

più era evidente, dato che l’utilizzo di uno strumento normativo i cui necessari presupposti costituzionali debbono risiedere nella sussistenza di una situazione di necessità e urgenza si poneva a conclusione di un iter temporalmente scandito da altri provvedimenti normativi vigenti – che a loro volta si sostanziavano in ulteriori decreti legge; tale questione è stata, altresì, oggetto di alcune considerazioni dal tono estremamente problematico svolte nell’ambito del Dossier realizzato dal Senato della Repubblica sul D.D. L. di conversione S. n.355861.

Rispetto al secondo profilo, invece, molte furono le critiche avanzate in relazione alla configurazione territoriale di alcune nuove province (si ricorda il caso delle nuove province di Rieti–Viterbo e di Rovigo–Verona) e molti

59 Le Città metropolitane sono state previste per la prima volta all’art. 18 della legge n. 142 del 1990 e,

successivamente, sempre mantenute nell’ambito della legislazione sugli enti locali (trasfusa nel2000 nel d.lgs. n. 267).

60 L’espressione ripresa da F. FABRIZZI, Riordino delle province: ultimo atto in www.federalismi.it, p. 2. 61 Tale aspetto è sottolineato da BOGGERO G - SERVETTI D., Riordino delle province: decadenza del

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dubbi sollevò il mantenimento di due province come quelle di Belluno (209.364 ab.) e Sondrio (3.211 Kmq e 181.101 ab.)62, in base alla motivazione,

espressa nel preambolo del decreto, per cui si era ritenuto “opportuno