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CAPITOLO 1 Principi di city branding

1.5 Dal place marketing al city branding

1.5.2 Dal marketing al branding dei luoghi

Nonostante le evidenze, alcuni autori mettono ancora in discussione il passaggio dal place marketing al place branding, perché hanno ritenuto inadeguata la possibilità di “brandizzare” un luogo. Anholt (2010), ragionando sul destination branding, dimostra che la transizione dal destination marketing al destination branding sembra essere più che logica. Secondo gli oppositori, i luoghi posseggono già un nome e non vengono quindi marchiati come i prodotti, di conseguenza, è inappropriato paragonare il nome di un luogo a un marchio. Secondo Anholt, questa argomentazione fallisce su due fronti: vi sono molti prodotti il cui marchio è il frutto del semplice nome del produttore e, al contrario, vi sono luoghi che sono stati intenzionalmente chiamati in un certo modo per essere venduti a un determinato target. È il caso, ad esempio, della Groenlandia, il cui nome doveva evocare fertilità, o del Venezuela, che dovrebbe essere una piccola Venezia, oppure della Liberia, che doveva rappresentare il luogo della libertà per gli schiavi. Un altro tipico esempio di nome di luogo costruito è tipicamente anglosassone ed è costituito dall’apposizione della parola new a un luogo già esistente. È il caso della Nuova Zelanda, di New York o del New England. Questa semplice apposizione è stata usata per creare un’associazione con un luogo maggiormente familiare e civilizzato. Il nome Pakistan, invece, è stato costruito ad arte attraverso l’acronimo delle regioni del Medio Oriente del Punjab, Afghanistan, Kashmir, Valle dell'Indo, Sindh, Turkharistan, Afghanistan e BalochistaN. Questi sono solo alcuni esempi che però dimostrano empiricamente che il passaggio dal place marketing al place branding è del tutto ragionevole.

Detto ciò, il passaggio dall’uso delle mere e semplici promozioni all’uso di una combinazione di strumenti di pianificazione di marketing e branding è ancora in fase di svolgimento. Il processo di branding, in particolare, qualche anno fa ha intrapreso la sua applicazione sebbene la letteratura fosse ancora acerba.

Il place marketing è stato facilitato dagli sviluppi teorici condotti nel marketing tradizionale. Come è stato già argomentato, il passaggio dal marketing al branding è stato spinto dal successo dell’uso del product branding e soprattutto dal successo del corporate branding. Il city marketing parte con il presupposto di costruire, comunicare e gestire l’immagine di una città; si può dire che sia la pratica consapevole e pianificata della significazione e della rappresentazione della città stessa. Ma queste ultime pratiche sono anche il punto di partenza del city branding.

Per capire la differenza tra il marketing e il branding dei luoghi, bisogna sottolineare che, generalmente, le persone costruiscono un’immagine e danno un senso ai luoghi nelle loro menti

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attraverso tre mezzi: la fisicità del design paesaggistico, il modo in cui loro o gli altri utilizzano il posto e il modo in cui il luogo è rappresentato, ad esempio, dai media. L’interazione con un luogo può infatti avvenire attraverso l’esperienza diretta, l’influenza dell’ambiente esterno e la rappresentazione data dai media. È ampiamente riconosciuto che le persone hanno un ideale dei luoghi formato da immagine e percezione; il place branding si concentra proprio su questi ultimi elementi. Le mappe mentali, che le persone creano nelle proprie menti, sono l’oggetto di investigazione del place branding. Gestire i place brand permette di influenzare le mappe mentali costruite dagli individui a favore del presente e del futuro di uno specifico luogo (Kavaratzis e Ashworth, 2005).

Il sito web The Place Brand Observer è chiaro: non bisogna confondere il place marketing con il place branding. Prendendo spunto da un’intervista sottoposta a Robert Govers e da un suo articolo accademico, vengono esplorate le differenze tra le due discipline. Il place branding riguarda la gestione della reputazione; nello specifico, ha il compito di far conoscere il nome del luogo, co-crearne un’immagine distintiva, credibile, autentica, significativa e memorabile e coltivare la fiducia dei potenziali target. Il place branding parte dall’identità del posto e si orienta verso l’offerta, mentre il marketing è guidato dalla domanda. Un approccio improntato sul marketing applicato al branding potrebbe addirittura far fallire il processo per tre ragioni. La prima si basa sulla psicologia ed è già stata accennata: la percezione degli individui è fatta di una rete di associazioni mentali influenzata da milioni di informazioni ricavate da esperienze, amici, parenti, media e cultura popolare. In particolare, le associazioni mentali riguardanti i luoghi sono influenzate da interferenze politiche, sociali, storiche e culturali e da ricordi di eventi, catastrofi, celebrazioni, così come dai prodotti che provengono da quel luogo. Le persone, quindi, fanno riferimento a queste associazioni mentali ogni volta in cui pensano a quel determinato posto. Non è pensabile, però, che una persona possa tenere chiuso il “cassetto delle associazioni mentali”; la rete di percezioni è sempre sedimentata nella mente delle persone. L’unica cosa che il marketer, solo attraverso il branding, può sperare di fare è di aggiungere associazioni positive nelle mappe mentali o deviare le associazioni preesistenti verso la direzione voluta. Non è possibile influenzare il target al fine di farlo reagire in modo positivo ai prodotti e servizi correlati al luogo, perché le persone tendono già ad avere associazioni mentali sedimentate. Pensare che una semplice campagna di marketing sia in grado di cambiare le associazioni mentali negative di un individuo verso una città è troppo ambizioso. Le semplici comunicazioni di marketing, per molti studiosi, non sono lo strumento più appropriato per il branding, perché la reputazione va guadagnata attraverso azioni strategiche.

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In secondo luogo, ogni volta che un luogo crea il proprio brand corre il rischio di ignorare la sostanza di cui è già composto: i suoi residenti, gli attori privati e pubblici e la società in generale. Al fine di evitarlo è necessario costruire il brand basandosi sull’identità locale. Il place branding coinvolge il maggior numero possibile di attori pubblici e privati al fine di ottenere il consenso e l’impegno da parte della comunità. Un approccio di marketing tenderebbe a ignorare troppo il gran numero di stakeholder coinvolti. La prima domanda a cui risponde il marketing riguarda l’identità del consumatore e i suoi bisogni; questo quesito non è appropriato nel place branding, perché quest’ultimo persegue troppi obiettivi e target diversi.

Il terzo motivo si collega al secondo e riguarda il bisogno di cooperazione interlocale e intra- locale di cui necessita il place branding. L’approccio di marketing al branding potrebbe essere controproducente, perché potrebbe abbassare l’efficacia e l’efficienza del processo di branding andando a impedire la cooperazione per favorire la competizione.

Il sito The Place Brand Observer conclude dicendo che il place branding funge da strategia, il cui scopo è di informare il marketing sui prodotti offerti dal luogo, come il turismo, le opportunità di investimento, le opportunità commerciali e l’attrattività di talenti. Il place branding dovrebbe essere usato come bussola strategica del marketing.

Naturalmente non sono discipline slegate. Il place branding pensa a come il turismo, le opportunità di business e l’export possano contribuire a costruire un forte corporate brand per il luogo ed è legato all’identità del luogo stesso. Il marketing si occupa di pensare quali siano i target dell’audience più appropriati, al fine di sviluppare la giusta offerta e distribuirla al meglio, ma ciò non avviene a livello strategico. La strategia è studiata dal branding, il marketing offre i suoi strumenti tattici per implementarla. Di conseguenza, il place branding è chiaramente legato al place marketing, ma è allo stesso tempo un campo separato di studi e pratiche (Govers, 2011).

Anche secondo il Journal of Place Branding and Public Diplomacy, il place branding è una strategia composta da tecniche di marketing e di altre discipline. Secondo Rainisto (2003), invece, la relazione è opposta: il branding è uno strumento del place marketing, perché integra tutti gli elementi strategici in un’unica formula di successo.

Anholt nel 2010, ancora prima di Govers, afferma che non bisogna confondere il place marketing con il place branding. Vuignier, nel 2016, dopo aver esaminato più di mille articoli sulle discipline, conferma che il termine branding non può essere usato come sinonimo di marketing. Secondo una definizione del marketing, il branding fa parte del marketing; è un suo strumento che si occupa di immagine, percezione, associazioni mentali e reputazione.

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Nonostante le differenze, il termine place branding viene spesso usato sistematicamente come sinonimo di place marketing. Dalle ricerche di Vuignier (2016) emerge che la maggior parte degli autori americani preferisce utilizzare il termine place marketing; solo una parte ristretta precisa le differenze con il branding. Con il tempo ci si è sempre più riferiti al termine place branding, ma i due sostantivi vengono ancora usati dalla maggior parte degli autori come sinonimi intercambiabili. L’autore ragiona sul fatto che, dopotutto, le azioni di branding implicano azioni di marketing e viceversa. Sia il marketing che il branding dei luoghi richiedono la comunicazione e la promozione di campagne ed eventi ed entrambi richiedono strumenti di miglioramento della qualità del posto. Da un punto di vista letterale, il branding si differenzia dal marketing, perché il suo obiettivo finale è quello di creare un brand. Di conseguenza, la maggior differenza sta nel concetto di creazione di un’immagine e di un’identità. Il branding mira a creare associazioni emozionali e psicologiche, che si allontanano molto dalle associazioni funzionali e razionali che crea il marketing. Ciò implica che l’immagine di brand desiderata è ciò che indirizza le misure di marketing per lo sviluppo del luogo. Il branding è lo step successivo, se non l’ultimo, del processo di marketing.

In merito a ciò, Martinez (2012) esplica le fasi del processo integrato di trasformazione e promozione territoriale. La prima fase riguarda la pianificazione e la gestione della strategia; essa implica la partecipazione della pubblica amministrazione e di tutta la società al fine di far diventare il luogo un posto migliore in cui vivere e lavorare. Questa fase prevede la pianificazione e la rigenerazione urbanistica, la costruzione di infrastrutture e il sostegno dei valori del territorio. La seconda fase riguarda il marketing, ovvero il processo di sviluppo e comunicazione dell’offerta del luogo e il riconoscimento dei suoi target di riferimento. L’ultima fase è costituita dal branding del luogo, ossia dalla creazione di un brand che ne segua l’identità. Bisogna aggiungere che una gran parte delle città tende ad affermare di aver intrapreso progetti di city branding dopo aver solamente fatto la comunicazione di una campagna promozionale. Da questo punto di vista, il place branding effettivo richiede politiche e strategie, non solo le semplici comunicazioni di marketing.

Per Kavaratzis (2004) il branding, infatti, è di vitale importanza nel marketing moderno. Il branding va aggiunto alla lista degli strumenti di sviluppo che hanno portato il marketing tradizionale ad avvicinarsi al city marketing. Allo stesso tempo, il place branding è un elemento ed uno strumento del marketing e del place management.

Hospers (2004) aggiunge che per capire bene la differenza tra le discipline basta guardare all’etimologia dei termini: marketing deriva da “market getting”, quindi, il suo punto di partenza è il mercato. Branding significa marchiare qualcosa. Il place marketing si occupa di

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capire quale immagine di un luogo abbiano le persone nella loro mente (approccio dall’esterno all’interno), mentre il place branding cerca di influenzarla andando ad avvicinarla il più possibile all’immagine che il brand vorrebbe dare di sé (approccio dall’interno all’esterno). Inoltre, se il city marketing privilegia i target esterni alla città, il city branding tiene conto maggiormente dei target interni.