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Stakeholder, target di riferimento e gestione della governance urbana

CAPITOLO 2 Il piano di city branding

2.3 Stakeholder, target di riferimento e gestione della governance urbana

Come è stato già sottolineato, uno dei fattori che differenzia maggiormente il place branding dal product marketing è l’esistenza di un sostanziale numero di portatori di interesse e target di “clientela”, che rende il processo maggiormente complesso. Generalmente i target di riferimento dei primi processi di city branding si dividevano in turisti/visitatori da una parte e investitori/business dall’altra. Ad oggi, non solo questi due gruppi si sono diversificati in numerosi sottoinsiemi, ma è stato sempre più necessario considerare anche nuovi soggetti. Tra questi in primis c’è la popolazione locale (Urban Center Bologna, 2015).

Gli stakeholder del processo di city branding sono coloro che sono portatori di interessi rilevanti nei confronti della città e traggono vantaggio dalla valorizzazione della città stessa. Quest’ultima assume valore in funzione della sua capacità di soddisfare gli interessi economici e socioculturali degli stakeholder. Secondo Kotler et al. (1999), il processo di city branding e rebranding è rilevante per quattro gruppi di stakeholder:

1. il management della città, formato dai cosiddetti policy maker, perché l’immagine influenza l’allocazione delle risorse e la legislazione. Questa categoria pianifica e gestisce la città per conto degli stakeholder e, sebbene non riceva beneficio dalla soddisfazione di interessi specifici, dovrebbe essere portata alla valorizzazione della città in virtù del mandato conferitole. L’interesse primario dell’amministrazione cittadina è quello di ricevere il consenso da parte degli stakeholder e per farlo deve riuscire ad aumentare l’attrattività della città;

2. i residenti, perché il processo influenza la loro identificazione con la città, la loro percezione verso l’ambiente in cui vivono e rafforza la loro fiducia. Considerando i loro interessi economici, essi hanno la necessità di trovare posizioni di lavoro convenienti e coerenti con le loro competenze. Inoltre, gli imprenditori residenti hanno interesse nello sviluppo redditizio della loro attività, mentre i proprietari di immobili hanno l’interesse che questi ultimi incrementino il loro valore nel tempo. Per quanto concerne, invece, gli interessi socioculturali di cui sono portatori, è logico ipotizzare che cerchino nella città il miglioramento e la massimizzazione del livello della qualità della vita, sotto le prospettive salutari, ambientali, relazionali, culturali e ricreative. Uno dei punti fondamentali per costruire una strategia di successo è l’analisi dei bisogni dei residenti. I residenti che hanno un atteggiamento positivo verso la città trasmettono l’unicità del city brand agli alti soggetti. Secondo uno studio di Bayrakdaroğlu (2017), i residenti

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sono influenzati positivamente nei confronti della città dalle bellezze naturali, dai legami sociali e dalle attività culturali e commerciali in essa presenti. In particolare, la pulizia generale dell’ambiente, le aree green e ricreative svolgono un ruolo importante; 3. le imprese, perché il processo è capace di incentivare la costruzione del loro vantaggio competitivo. La necessità prioritaria delle imprese è la ricerca di vantaggi localizzativi ed economici in generale. Di conseguenza, la presenza in città di reti, nodi di comunicazione e infrastrutture, la prossimità delle altre imprese della filiera produttiva, la presenza di forza lavoro professionale e di consumatori con ampio potere d’acquisto sono di primaria importanza. La città è tanto più attrattiva per le imprese quanto più questi fattori si traducono in vantaggi competitivi. I city brand, i corporate brand e i product brand sono legati dall’influenza che i prodotti e le aziende hanno sui territori e viceversa. Alcune aziende, ad esempio, sono delle imprese bandiera e una fonte di orgoglio e stima per la città. Dinnie (2003) afferma che le aziende e i luoghi in cui si collocano imparano e cercano benefici uno dall’altro. I luoghi tendono a diventare brand, mentre le imprese tendono a diventare istituzioni pubbliche. Siccome entrambe puntano alla stabilità e alla prosperità, l’interesse delle imprese e delle città è sotto certi aspetti simile. Parte del city branding riguarda l’uso delle qualità dei prodotti dei produttori locali al fine di creare associazioni positive con il luogo. Secondo lo studio di Bayrakdaroğlu sopracitato, gli imprenditori sono maggiormente influenzabili dal punto di vista delle bellezze naturali, delle opportunità di business e networking e dei servizi governativi;

4. i visitatori, perché il city brand influisce sulla decisione di visitare o meno la città e su altre scelte, come la lunghezza del soggiorno (Herstein et al., 2013). Con visitatori si possono intendere sia i turisti che i visitatori d’affari che fruiscono dei beni e dei servizi offerti dalla città. Fanno parte dei visitatori i partecipanti a fiere e conferenze, i visitatori a breve termine (anche quotidiani), le persone che fanno scalo in città all’interno di un viaggio più lungo e quelle che si trattengono a lungo per visitare tutto il territorio circostante. Il potere della città di attrarre visitatori è uno degli indicatori della salute economica e sociale della città. Secondo la letteratura sul turismo, la città intesa come luogo di visita prende il nome di destinazione, da cui appunto discende la disciplina del destination branding. Le caratteristiche che i visitatori ricercano in una città variano a seconda del motivo della loro permanenza. I benefici che cercano i visitatori sono classificabili secondo cinque livelli gerarchici. Nel primo di questi, il visitatore guarda agli attributi tangibili e misurabili della città; nello step successivo esso dà attenzione ai

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benefici ricavabili dalla città. Nel terzo livello il visitatore si concentra sui benefici psicologici ed emozionali ricavabili dalla visita, mentre nel quarto guarda ai valori che gli vengono trasmessi dalla città. Infine, il quinto livello si concentra sul capire quale sia la principale caratteristica del city brand. Indipendentemente dai vari motivi di visita, la spesa dei visitatori contribuisce direttamente o meno al sostenimento della città. Pertanto, l’obiettivo è aumentare il numero di visite e prolungarne la durata, perché ogni visita marginale permette di ridurre il loro costo unitario. Inoltre, non bisogna dimenticare che, se un visitatore è particolarmente soddisfatto della visita, potrebbe trasformarsi in un potenziale residente. Nello studio di Bayrakdaroğlu, si evince che i visitatori sono positivamente influenzati da: accessibilità alla città, bellezze naturali, opportunità di business e networking, legami sociali, attività culturali e commerciali e dai servizi governativi. L’unica variabile dello studio che non influenza significativamente il loro atteggiamento è il trasporto locale.

Esiste una linea sottile che divide gli stakeholder dai segmenti di clientela della città, infatti gli stakeholder e i target di riferimento in alcuni casi coincidono; un residente dovrebbe essere tanto interessato a valorizzare la propria città e a essere un ambasciatore del city brand, quanto a trovare soddisfazione nella fruizione dei servizi da essa offerti. Inoltre, c’è una sorta di circolarità tra city user interni ed esterni, tra la partecipazione degli stakeholder e la soddisfazione dei target di riferimento, che si tradurrebbe in un continuo aumento del valore della città. Se una città è attrattiva, attrae molto il pubblico di riferimento e aumenta per questo la soddisfazione degli stakeholder.

Sebbene Foglio abbia pubblicato i suoi studi sul marketing urbano-territoriale nel 1999, quando il termine city marketing non era ancora diffuso, il suo schema di individuazione degli attori del processo (Figura 5) sembra essere tuttora attuale.

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Figura 5: segmentazione dei city user. Fonte: elaborazione da Foglio (1999)

La determinazione dei city user di Foglio (1999) distingue innanzitutto tra le macrocategorie di utenti singoli ed imprese-investitori. Ogni categoria a sua volta viene suddivisa in base agli utenti interni ed esterni. Alcuni dei soggetti analizzati da Foglio coincidono con gli stakeholder esaminati da Kotler, ma l’autore enfatizza l’importanza dei city user esterni, ovvero di quei soggetti che possono essere considerati come i “clienti” delle città. Un ruolo importante è giocato dai potenziali residenti, che decidendo di insediarsi in città conferiscono nuove capacità lavorative, nuove competenze e nuovi stimoli socioculturali. Una categoria che si pone in mezzo tra i residenti e i non residenti è costituita dalle residenzialità prolungate, ovvero quelle di studenti universitari e lavoratori specializzati. Un ruolo cruciale, non citato da Kotler, è quello degli investitori, che si occupano di far confluire capitali e risorse verso le città, garantendone la loro valorizzazione. Tanto più la città è in grado di attrarre risorse, tanto più esse assumono valore, di conseguenza, tanto più valore assumono tali risorse, tanto più la città è in grado di attrarne ulteriori.

Utenti Utenti singoli Utenti interni Residenti Utenti esterni Non residenti Pendolari Lavoratori Studenti Visitatori Turisti Imprese e investitori Utenti interni Imprese locali Investitori locali Utenti esterni Imprese esterne Investitori esterni

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Tra le potenziali imprese esterne che possono venire a produrre in città ci sono le multinazionali; spesso la città offre loro dei pacchetti di incentivi e facilities in modo da aumentare la propria attrattività.

Tra i compiti del city marketing e city branding ovviamente c’è anche quello di favorire la permanenza dei pubblici interni, che potrebbero trovare convenienza nell’insediarsi in altre città.

Un’altra interessante classificazione degli stakeholder dal punto di vista del ruolo ricoperto è stata fatta da Maheshwari et al. (2014), che li distinguono in due gruppi: i brand creator e i

brand driver. Nella prima categoria rientrano tutte quelle agenzie e organizzazioni attivamente

coinvolte nel processo di place branding. Nel caso di Liverpool, esaminato nel paper dagli autori, i soggetti proattivi sono: il consiglio comunale, l’agenzia che si occupa dell’attrazione di investimenti, quella che si occupa delle campagne di city branding e, in misura minore, l’agenzia che si occupa dello sviluppo infrastrutturale, il settore pubblico e privato e la Commissione Europea. A loro volta i brand creator si dividono in brand initiator e brand

shaper, in base al loro ruolo; dei primi fanno parte le autorità responsabili dello sviluppo del

brand, mentre dei secondi fanno parte i soggetti che si assicurano che il brand sviluppi la giusta reputazione e importanza. La seconda macrocategoria è formata da soggetti che hanno un ruolo non ben definito, tra i brand user e i co-creatori dell’immagine della città. Questi soggetti rientrano nei brand driver, ovvero coloro che aiutano indirettamente nella creazione della brand image. Questa categoria include i residenti, gli imprenditori, i visitatori, l’agenzia strategica regionale, le agenzie pubblicitarie e turistiche, il settore privato, il Governo nazionale, i politici cittadini e molti altri stakeholder non specificati. Anche i brand driver si suddividono in segmenti: i follower sono responsabili dell’effettiva diffusione della brand image; i carrier sono coloro che espandono il city brand efficacemente attraverso il mercato, come le imprese e le agenzie turistiche. Le suddivisioni descritte da Maheshwari et al. (2014) sono sintetizzate nella Figura 6.

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Figura 6: classificazione degli stakeholder in base al ruolo ricoperto nel processo di city branding. Fonte: elaborazione da Maheshwari et al. (2014)

Spesso gli interessi degli stakeholder risultano essere conflittuali tra loro. Ognuno ha le proprie necessità, priorità e aspettative; la ragione sta nel fatto che la città è contemporaneamente un luogo in cui vivere, in cui lavorare, da visitare. Ogni gruppo consuma una parte degli stessi attributi della città con diverse aspettative e obiettivi. Ad esempio, i residenti chiedono città sempre più pulite e sostenibili dal punto di vista ambientale, ma questo può scontrarsi con l’interesse delle imprese di aumentare il numero delle infrastrutture e delle attività produttive. È capitato che i commercianti e gli imprenditori non fossero d’accordo con l’etichettatura della città come “città della cultura”, perché non rappresentativa della forte espansione commerciale dell’area urbana. I conflitti possono generarsi anche all’interno dello stesso target, in quanto una città multiculturale potrebbe aver a che fare con residenti con bisogni socioculturali differenti. Oppure, i visitatori anziani potrebbero voler beneficiare di una città altamente sicura, mentre quelli più giovani potrebbero dare maggiore importanza a una vivace vita notturna. Ancora, restando nella categoria dei visitatori, quelli d’affari cercano hotel forniti di sale conferenze e attrezzature idonee a svolgere meeting aziendali, mentre i visitatori turisti decidono il proprio hotel in base alle attività per il tempo libero.

La complessità della comunicazione e la gestione di un brand nei confronti di target così diversi ha imposto un ripensamento dei modelli organizzativi tradizionali.

Brand

creator

Initiator

(Consiglio Comunale, agenzie per gli investimenti, agenzia di

city branding, agenzia per lo sviluppo infrastrutturale,

Commissione Europea)

Shaper

(Amministrazione urbana, settore pubblico e privato, agenzie per lo sviluppo

economico)

Brand

driver

Follower

(agenzie, residenti, imprenditori, visitatori, investitori, Camera di Commercio, agenzia strategica

regionale)

Carrier

(agenzie, attività commerciali, imprenditori, istituzioni per il

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La governance è uno dei temi più complessi per il city branding. A partire dagli Anni ’90 del XX secolo, la governance ha subìto un cambiamento: il passaggio da una pianificazione territoriale di tipo vincolistico a una pianificazione territoriale di stampo strategico. L’obiettivo della governance oggi è il miglioramento della performance della città, mentre un tempo era quello conformativo. Compare da qui l’esigenza che il processo di pianificazione venga costruito a partire da un accordo tra gli attori locali. Perciò, la pianificazione strategica costituisce un forum di rappresentazione degli interessi locali e coordinamento delle azioni e delle interazioni dei soggetti locali, nonché uno strumento di formazione del consenso sugli obiettivi strategici. Ne conseguono la necessità di avere strumenti di compensazione per risolvere eventuali conflitti in fase di attuazione del piano e l’esigenza di prendere decisioni sulla base di approcci negoziali (e non razionali come nelle aziende). Pertanto, la governance urbana può essere intesa come un processo di coordinamento, grazie al quale i diversi attori tentano di raggiungere gli obiettivi nati dalla loro interazione strategica. Ogni governance urbana presuppone flessibilità e differenziazione nelle modalità di organizzazione e gestione. L’innovazione nella governance urbana consiste proprio nella capacità di concertazione (Tocci, 2007).

Ciononostante, le città, anche se di grosse dimensioni, non sono sempre in grado di attivare i giusti meccanismi di governance. Ci sono città che per questioni conflittuali strutturali, sociali e politiche non hanno la possibilità di organizzare le azioni collettive. Inoltre, l’OECD ha constatato che esistono problemi sul fronte della frammentazione istituzionale, dei confini amministrativi delle aree urbane, della scarsità delle risorse a disposizione delle amministrazioni e della carenza di trasparenza nei processi decisionali.

La governance urbana può essere esaminata attraverso due dimensioni di integrazione, una interna e l’altra esterna. Secondo la prima, la governance deve essere in grado di integrare gli interessi di tutti gli stakeholder, le organizzazioni pubbliche e private che operano allo scopo di formulare politiche e strategie comuni. La dimensione esterna riguarda la capacità della città di rappresentare sé stessa e portare avanti la propria strategia nei confronti di istituzioni, imprese e soprattutto competitor. In quest’ultima ottica, le amministrazioni urbane dovrebbero cercare di implementare strategie di posizionamento sulla scena internazionale, promuovere partnership con altre organizzazioni e migliorare la qualità della città.

Secondo la Commissione Europea, alla base di una buona governance ci sono cinque principi: l’apertura, la responsabilità, la partecipazione, la coerenza e l’efficacia. In particolare, mantenere la coerenza non è facile data la molteplicità di stakeholder in gioco e alla governance è richiesto proprio di trovare il modo per indirizzare i messaggi verso un'unica direzione. Fino

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a qualche anno fa, le iniziative e le comunicazioni ai visitatori, agli investitori e ai residenti erano trasmesse da varie strutture tra loro scarsamente integrate e poco efficaci. Negli ultimi anni la tendenza è quella di far nascere uniche organizzazioni in grado di integrare tutte le attività di city branding verso i pubblici esterni e interni. Sono nate quindi le Destination Management Organization (DMO), che hanno il ruolo di promuovere la città come destinazione turistica, di gestire, coordinare, integrare e sviluppare le iniziative turistiche e di comunicare una city image condivisa, originale, attrattiva e riconoscibile. Gli obiettivi della DMO non si fermano al solo marketing, essa include quelle attività di sviluppo e difesa della competitività e della qualità dei servizi. Inoltre, la DMO è in grado di incoraggiare le relazioni tra le imprese turistiche locali, di diffondere i benefici derivanti dal turismo, di fare da intermediario tra gli interessi del settore turistico, dei residenti e della politica e di migliorare la qualità della vita attraverso azioni di supporto. Le fonti di finanziamento di queste organizzazioni possono essere ricavate dalle amministrazioni comunali attraverso le imposte di soggiorno turistico, i ricavi da merchandising e da servizi e pubblici e altri finanziamenti pubblici e privati. Alla DMO spesso vengono accompagnati altri tipi di organizzazioni, che si concentrano sulla popolazione residente. Come è stato detto, il coinvolgimento attivo dei cittadini è fondamentale nel processo di city branding. Ad esempio, a Bologna è stato istituito l’Urban Center, il cui primo scopo è stato quello di informare la cittadinanza in merito ai progetti di trasformazione fisica della città. A questo obiettivo si è aggiunto quello di dialogo e coinvolgimento dei cittadini in merito alle scelte sulla trasformazione. L’Urban Center stimola e informa i cittadini sulle iniziative urbane di miglioramento del territorio cittadino. Nel caso di Bologna, le iniziative rivolte ai cittadini hanno incontrato l’interesse anche dei pubblici esterni; la mostra permanente dei progetti è diventata anche una meta per i visitatori, ai laboratori progettuali e workshop partecipano anche varie delegazioni nazionali e internazionali, gli eventi di riscoperta dei quartieri interessano molto anche ai visitatori e, infine, le scelte future sulla città interessano anche al pubblico esterno. L’Urban Center di Bologna ha seguito attivamente la fase di costruzione e gestione del city brand in accordo con la DMO. In particolare, la città di Bologna ha messo in atto un concorso internazionale di idee per un nuovo logo per la città a cui hanno partecipato più di 500 esperti delle comunicazione e del design provenienti da 17 Paesi di tutto il mondo.

Dal punto di vista dell’attrazione degli investimenti esterni, molte città hanno provveduto a costituire apposite agenzie di marketing territoriale. Nei Paesi anglosassoni questo fenomeno è attivo da diversi decenni; in Italia parte verso la fine degli Anni ’90, ad esempio con InvestiaCatania.

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In ogni caso, l’assegnazione dei compiti a più soggetti specializzati è coordinata da un organismo di governance gerarchicamente a capo del processo di city branding.