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Dall’attentato a Togliatti alla firma del “Patto Atlantico”

to Atlantico”

Nell’ultima parte del suo libro dedicata agli avvenimenti che si verificarono a Pisa in seguito alla notizia dell’attentato al segretario generale del Pci Palmiro Togliatti, dove viene inoltre dato ampio spazio alla ricostruzione dettagliata del linciaggio in piazza dei Cavalieri nel quale rimase vittima Vittorio Ferri, Carla Forti scrive:

Il dopoguerra non finì il primo gennaio 1948, con l’entrata in vigo- re della Costituzione repubblicana, né il 18 aprile, con le elezioni politiche in cui la Dc conquistò il 48 % dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi. Finì con l’evento imprevisto che il 14 luglio successivo sembrò portare il paese sulla soglia della guerra civile e lo lasciò cambiato nelle sue speranze e nei suoi timori49

In quella occasione «la guerra civile non ci fu», conclude Forti, ma gli anni che seguirono non solo lasciarono «cambiato il paese nelle sue speranze e nei suoi timori», ma segnarono un “lungo” periodo, un lungo dopoguerra, nel quale tutti dichiaravano e affermavano la volontà di difendere e consolidare

48Legnani, L’Italia dal fascismo alla repubblica, cit., p. 231-232. 49Forti, Dopoguerra in Provincia, cit., p. 279.

l’habitat democratico della neonata repubblica, ma i suoi principi fondativi e in primo luogo la Carta costituzionale, garante di libertà e diritti fonda- mentali, subirono al contrario una costante emarginazione, cui fece seguito un altrettanto duro attacco nei confronti del movimento dei lavoratori e il mancato riconoscimento della inevitabile dimensione conflittuale di una de- mocrazia di massa. Nondimeno, gli eventi del luglio 1948 rappresentarono per la maggioranza di governo, la condizione preliminare per condurre quello che Craveri ha efficacemente definito un blitzkrieg nei confronti del sindacato e del movimento operaio50

Nei mesi precedenti all’attentato a Togliatti a Pisa e nel suo territorio circostante si sviluppano una serie di avvenimenti per molti versi rivelatori dei rapporti di forza e delle dinamiche sociali che andranno accentuandosi negli anni successivi, soprattutto durante la metà degli anni Cinquanta.

Già durante i comizi per la celebrazione del 1° Maggio si verificano alcuni episodi significativi: nella frazione di Ripafratta, dove è invitato a parlare il segretario della Camera del Lavoro di Pisa Giovanni Rovero, alcuni tra i presenti, secondo la ricostruzione fatta da Cristiana Torti, tutti giovani sui vent’anni, indossano un fazzoletto rosso “da garibaldini”, con l’effigie di Gari- baldi. Il maresciallo dei carabinieri, interpretando alla lettera un precedente decreto governativo, come racconta Torti, «con modi affatto democratici or- dina loro di toglierselo»51. Per evitare il montare delle proteste i giovani sono

immediatamente condotti in caserma. La manifestazione riprende soltanto dopo che, anche per l’intervento telefonico dei carabinieri di Pisa, i giovani vengono rilasciati, mentre per il segretario Rovero scatta invece una denun- cia per vilipendio al governo per alcune frasi pronunciate durante il comizio. Alcuni mesi dopo anche al segretario del Pci pisano, Remo Scappini, verrà contestato, come vedremo, lo stesso reato di vilipendio, ma nel caso speci- fico di Ripafratta si manifestano tutti i timori che le istituzioni statali e la

50Craveri, Sindacato e istituzioni, cit., p. 238.

maggioranza di governo nutrono nei confronti dell’esercizio delle libertà e del pieno svolgimento dei dettati costituzionali. Il divieto di indossare il fazzo- letto rosso faceva parte di un decreto alquanto estensivo dell’articolo 18 della Costituzione che il governo aveva emanato in occasione delle elezioni del 18 aprile, poi prorogato per tutto il 1948. Quel decreto osserva Soddu, insieme all’altro «rivolto ad assicurare la libera circolazione sulle strade ferrate ed ordinarie e la libera navigazione», mostrava un approccio alla questione delle libertà «che si potrebbe definire pedagogico, nel senso che il governo, co- me sintesi dei pubblici poteri, stabiliva i limiti, i confini, gli ambiti entro cui poter dispiegare il loro esercizio»52. Quegli ambiti quindi più che dalla Costi-

tuzione, sono stabiliti dalla maggioranza di governo, nondimeno tali misure non sembrano rivolte indiscriminatamente a tutti i cittadini, quanto a quella parte di coloro che rivendica una legittima appartenenza politica, organizza le varie attività sindacali e si batte per la piena attuazione dei diritti sanciti dalla Costituzione.

Anche sul fronte delle relazioni industriali sembra d’altra parte dispiegarsi un orientamento molto simile. Alla fine di giugno la Camera del Lavoro si trova ad affrontare una durissima vertenza con L’Unione Industriale pisana, che sfocerà nella proclamazione, per il 26 giugno, del primo sciopero generale provinciale dalla Liberazione. I punti di contrasto con l’organizzazione degli imprenditori sono molteplici: uno dei più controversi riguarda il calcolo del- l’indennità di contingenza che gli industriali vogliono abbassare, sostenendo che nella provincia il livello dei prezzi dei generi che entrano nel calcolo della scala mobile, vanno diminuendo. Ci sono inoltre resistenze imprenditoria- li all’applicazione di accordi conclusi a livello nazionale, dal contratto dei chimici al calcolo delle festività, all’accordo per le operaie gestanti. Ma la situazione più grave e forse determinante, che porta il movimento operaio e sindacale alla decisione di effettuare lo sciopero generale, riguarda la vertenza

52Paolo Soddu, L’Italia del dopoguerra 1947-1953. Una democrazia precaria, cit., p.

in corso alla fabbrica dell’Unione Fiammiferi di Putignano, dove la direzione ha annunciato il licenziamento di 110 operai, recando così un duro colpo ad una zona già segnata da una gravissima situazione occupazionale53.

Il prolungarsi dello sciopero non manca di suscitare preoccupazioni anche nel gruppo dirigente della Cgil, che invia a Pisa Luciano Lama, allora vice segretario della Confederazione, il quale partecipa alle trattative e alla fir- ma dell’accordo con l’Unione Industriale. Tuttavia, è l’azione di mediazione compiuta dal prefetto sulle due controparti che suscita le più vive reazioni da parte dell’organizzazione degli imprenditori, la quale, a vicenda conclusa, in- via una lettera ufficiale al rappresentante del governo in cui si precisa di non aver mai chiesto un intervento mediatore54. É un’ammonizione che pare san-

cire una posizione già delineatasi in precedenza: piuttosto che interferire nelle questioni riguardanti il “governo della fabbrica”, le autorità statali devono in- tervenire energicamente per scongiurare ogni tipo di turbamento all’ordine pubblico, e in primo luogo contro la continua “minaccia” dello sciopero; solo così può essere garantita una corretta e stabile ripresa produttiva. Le misure adottate dal governo in seguito agli avvenimenti del 14 luglio sembrano in buona misura andare incontro a queste richieste55.

Un primo resoconto di quei giorni ci viene fornito il 17 luglio dal quoti- diano “La Nazione”; sulle pagine della Cronaca di Pisa si legge che:

Dopo i gravi fatti di mercoledì (14 luglio), da cui la cittadinanza, in prevalenza mite e tranquilla, è rimasta vivamente impressio- nata, non si sono dovuti registrare altri notevoli incidenti. Nella stessa giornata in piazza dei Cavalieri gremita di folla si è svol- ta ordinatamente una manifestazione indetta dalla Camera del Lavoro durante la quale hanno parlato l’avvocato Smuraglia e la prof. Fatma Bozzoni, nonché il dott. Guidi e il segretario della

53Torti, Dalla ricostruzione ai primi esiti della scissione, cit., p. 261. 54Torti, Dalla ricostruzione ai primi esiti della scissione, cit., p. 261. 55Caredda, Governo e opposizione nell’Italia del dopoguerra, cit., p. 62-63.

C.d.L. Giovanni Rovero. Gli oratori hanno vivamente stigma- tizzato l’attentato messo in atto contro l’on. Togliatti e hanno invitato i lavoratori alla calma e alla disciplina. Nel tardo pome- riggio dimostranti invadevano gli uffici dell’Unione Agricoltori e dell’Unione Industriali e mettevano a soqquadro i locali. Giovedì mattina una turba di dimostranti ha invaso e danneggiato i lo- cali dell’Uomo Qualunque, dopo di che la calma più completa è tornata in città. A mezzogiorno di ieri, dopo una mattina tran- quilla, col cessare dello sciopero generale la città riprendeva il suo aspetto consueto56.

Il resoconto de “La Nazione”, quotidiano che interpreta gli umori di quella “cittadinanza mite e tranquilla” assai poco incline quindi verso le forme più dure della protesta e della conflittualità politico-sociale, pur menzionando alcuni episodi di illegalità, non sembra tuttavia aver ravvisato nel corso di quei giorni «un tentativo insurrezionale» con l’intento «di rovesciare con un’azione di forza il Governo», come invece dichiara nella sua relazione al ministro Scelba il prefetto Mocci De Martis. D’altra parte, come riporta Carla Forti, «non troviamo che durante i tre giorni di fuoco dal 14 al 16 luglio Mocci si sia fatto carico di particolari iniziative, se si esclude quella di chiedere inutilmente l’invio di forze supplementari», tuttavia «ora egli si fa parte diligente nella repressione»57. E la linea che i prefetti devono seguire

viene tracciata perentoriamente da Scelba che il 18 luglio dispone di: Agire con urgenza contro responsabili noti fatti, quale che fosse carica aut qualifica sindacale ricoperta; [. . . ] richiamare attenzio- ne autorità giudiziaria su necessità rapida persecuzione confronti responsabili; [. . . ] disporre immediate indagini per accertare per

56Riportato da Forti, Dopoguerra in provincia, cit., p. 291.

57Forti, Dopoguerra in provincia, cit., p. 293-294, anche Caredda, Governo e

ogni singola Camera del Lavoro azione svolta et agire energica- mente contro dirigenti chiudendo Camera del Lavoro stessa attesa esito giudizio Autorità competente; [. . . ] resistere con ogni mezzo at tentativi rilasciare arrestati58.

La disposizione di chiudere le Camere del Lavoro, «benché segreta, è trapelata e arrivata alla stampa, scontentando anche parte delle forze di maggioranza», cosicché Scelba è costretto due giorni dopo a inviare ai prefetti una precisazione nella quale viene comunicato che:

Con riferimento circolare telegrafica n. 69210/36692, precisasi che eventuale chiusura CdL deve essere disposta caso che tutti dirigenti siano incriminabili et arrestati. Qualora organi sindacali superiori indicassero altri dirigenti, SSLL consegneranno nuovi titolari sedi CdL59.

Ma le forze dell’ordine sembrano comunque farsi carico di portare a pieno compimento «la rapida persecuzione nei confronti dei responsabili», con l’ar- resto di circa 90 militanti e la denuncia a piede libero di altri 200. Riportando i dati della segreteria della Federazione comunista di Pisa, Cristiana Torti ci riferisce che il 65% degli arrestati, tutti comunisti, sono stati condannati a pene da 4 a 10 mesi con la condizionale, mentre alla fine del 1948 una quaran- tina di militanti sono ancora in carcere60. Inoltre, come ha osservato Paolo

Soddu, la reazione all’attentato «fornì anche preziosi elementi di riflessione sulle tattiche da adottare per sconfiggere eventuali nuovi tentativi di rivolta, dato che mostrò debolezze, insufficienze, ingenuità rispetto alle quali si intese intervenire risolutamente»61. Un esempio in tale direzione pare coinvolgere

nel settembre del 1948 il segretario del Pci pisano Remo Scappini.

58ASPi, Gab, Pref. b. 26, fasc. “Attentato on. Togliatti”, telegramma cifrato n.

69210/36692 del 18 luglio.

59ASPi, Gab, Pref. b. 26, fasc. 2Attentato on. Togliatti”, telegramma cifrato n.

69631/37009 del 20 luglio.

60Torti, Dalla ricostruzione ai primi esiti della scissione, cit., p. 264. 61Soddu, L’Italia del dopoguerra 1947-1953, cit., p. 210.

In una lunga relazione del 13 settembre al ministro dell’Interno, il prefetto riferisce che:

A conclusione delle manifestazioni indette in Pisa nel giardino Scotto, per la giornata dell’Unità, è stato tenuto ieri sera alle ore 18:30 un comizio del senatore Emilio Sereni del Pci. L’oratore è stato presentato dall’onorevole Remo Scappini, segretario della locale Federazione comunista. Il senatore Sereni ha parlato del- la stampa comunista, non senza muovere critiche al Governo e particolarmente al Ministro Scelba, che ha definito Ministro Bor- bonico di Polizia [. . . ]. Chiuso il discorso del senatore Sereni ha ripreso la parola l’on. Scappini, il quale ha fatto una serrata requisitoria contro l’opera del Governo [. . . ]. Egli ha soggiun- to che i capi del comunismo, che per ora impostano la lotta sul piano democratico e sindacale, quando fosse giunto il momento, proclamerebbero apertamente la lotta insurrezionale, togliendo le armi a coloro che le posseggono, come avvenne per l’8 settembre e direbbero al popolo “Uccidi, prendi le armi, combatti” (corsivo nostro). Ha concluso ribadendo però che per ora la lotta è im- postata sul campo democratico e sindacale [. . . ]. Poiché sia nel discorso del Senatore Sereni, sia nelle frasi pronunciate dall’on Scappini sembrano potersi ravvisare estremi di reato (incitamen- to alla rivolta, oltraggio a membri del Governo, alle forze armate dello Stato) ho dato disposizioni agli organi di polizia perché sia- no raccolti gli elementi per esaminare se vi sia la possibilità di far luogo ad un’azione di carattere penale nei confronti dei cennati oratori62.

Il documento appena citato contiene, nelle sue linee principali, tutti quei richiami retorici e allarmistici che le attività della sinistra e del movimento

operaio suscitano sempre più costantemente fra le autorità statali e la mag- gioranza di governo; da questo punto di vista gli avvenimenti di luglio non solo contribuiscono ad allargare quel repertorio di giudizi che individuano nel comportamento dei militanti di sinistra, e del Pci in primo luogo, un’attitu- dine “estremista” quasi congenita, come ha ricordato Bellassai, ma portano a contenere entro spazi sempre più marginali il confronto e la dialettica tra i diversi attori politici e sociali. Le disposizioni che il prefetto richiede nei confronti di Scappini e di Sereni indicano d’altra parte le difficoltà alle quali la militanza è chiamata; in un contesto che ostacola tenacemente la legit- tima rappresentanza politica e rifiuta il riconoscimento del conflitto sociale all’interno del processo democratico63.

Ad accelerare ulteriormente il dispiegamento di questi orientamenti con- tribuisce in modo decisivo anche l’evolversi della situazione internazionale. La divisione del mondo in due blocchi, e per quanto riguarda l’Italia, il sempre più chiaro schieramento all’interno di quello occidentale, favorisce quindi con maggiore determinazione e senza oscillazioni, «la prospettiva tesa a circonda- re l’esercizio delle libertà di una serie di limitazioni a salvaguardia delle scelte che la maggioranza di governo andava realizzando»64. All’inizio di marzo del

1949, quando il Parlamento è ormai prossimo alla ratifica dell’adesione del- l’Italia al Patto Atlantico, il ministro dell’Interno con un telegramma cifrato di “massima urgenza” rivolto a tutti i prefetti del Paese stabilisce che:

[. . . ] Riferimento ripetute dichiarazioni capi socialcomunisti cir- ca proposito impedire ogni mezzo adesione nostro Paese Patto

63Il 14/2/1949 la Procura Generale della Corte d’Appello di Firenze rende noto al pre-

fetto l’intendimento a procedere contro l’on. Scappini per il reato di cui l’Articolo 414 del Codice Penale (istigazione a delinquere), e di inviare successivamente gli atti al Ministero di Grazia e Giustizia «perché chieda alla Camera dei Deputati l’autorizzazione a proce- dere a norma dell’Articolo 68, capoverso I della Costituzione». Il 2/3/1951 la stessa corte d’Appello comunicherà che «la Camera dei Deputati con deliberazione del 5/10/1950 ha negato l’autorizzazione a procedere contro il deputato Scappini». In ASPi, Gab. Pref., b. 36, catg. 11.

Atlantico richiamasi particolare attenzione tutte perché eventuali manifestazioni opposizione siano contenute limiti stretta legalità repubblicana. Ogni tentativo coartazione volontà Parlamento et altri organi costituzionali Stato dovrà essere nettamente repressa [. . . ]65.

La disposizione è immediatamente recepita dalla Questura di Pisa, che il giorno seguente diffonde con una nota “urgentissima-riservata”, diretta al Nu- cleo delle Guardie di P.S. e per conoscenza al prefetto, le necessarie istruzioni da seguire:

Da oggi tutti gli agenti di P.S. dovranno osservare la permanenza nei rispettivi uffici e caserme et in divisa. Sono sospese le licenze ed i permessi. L’armamento dovrà essere tenuto sempre efficiente e così pure gli automezzi. A cura di codesto Comando, giornal- mente, dalle ore 8 alle ore 22 dovranno essere rinforzati i servizi alla Prefettura e alla sede della Dc. [. . . ]. I pattuglioni notturni appiedati e in bicicletta dovranno essere tutti riattivati66.

Ad avallare l’evidente necessità di queste misure sopraggiunge due giorni dopo un rapporto dei carabinieri del Gruppo di Pisa, secondo cui «varie fonti confidenziali»:

informano che il Pci e la Cgil avrebbero intenzione di provocare prossimamente uno sciopero generale a carattere insurrezionale allo scopo di rovesciare, con moti di piazza, l’attuale Governo ac- cusato di sfruttare la classe lavoratrice, appoggiato da capitalisti stranieri.

65ASPi, Gab. Pref., b. 26, catg. 11, fasc. “Patto Atlantico”. Telegramma cifrato

dell’11/3/1949.

Le fonti “confidenziali” riferiscono inoltre che «squadre d’azione sareb- bero già formate e tenute pronte, specialmente in talune sedi di importanti stabilimenti industriali»; rinforzare i servizi e tenere «l’armamento sempre efficiente» diventano allora gli unici metodi utilizzabili, tanto più nei con- fronti di avversari, il Pci e la Cgil, che pretendono di «inculcare» fra i loro militanti «la convinzione che la polizia sia impotente a frenare una eventuale insurrezione anche perché non avrebbe ordini precisi per reprimerla con le armi»67.

E contrariamente ai foschi presagi paventati nelle settimane precedenti, il 21 marzo il prefetto Mocci De Martis può riferire nella sua relazione al ministro Scelba che:

La notizia dell’adesione al Patto Atlantico, votata alla Camera la sera del 18 corrente, è stata in questa provincia accolta ovunque tranquillamente, senza cioè che si verificassero immediate mani- festazioni di protesta. Sempre organizzate dai partiti di sinistra, nei giorni successivi in varie località hanno avuto luogo manife- stazioni di protesta di scarso rilievo e contenute nei limiti della stretta legalità68.

D’altra parte ad allarmare gli organi di governo non ci sono solamente le manifestazioni di piazza e gli scioperi operai; da “contenere” entro i limiti della «stretta legalità» vi sono anche gli articoli, i manifesti murali e gli appelli che i partiti di sinistra e molti sindaci della provincia di Pisa rivolgono alla cittadinanza e alle istituzioni per esprimere il loro dissenso all’alleanza atlantica.

Esemplificativo in tal senso è il timore e l’aperta ostilità che il prefetto mostra nei confronti del convegno dei sindaci aderenti alla Lega dei comuni democratici, tenuto a Volterra.

67Ivi. Nota del Gruppo dei Carabinieri di Pisa del 14/3/1949. 68Ivi. Relazione del prefetto al ministro dell’Interno del 21/3/1949.

In quell’occasione, secondo quanto riferisce Mocci De Martis nella sua relazione a Scelba, il sindaco di Lari, Santini «ha fatto uno sconclusiona- to discorso accusando la Prefettura di sabotaggio nei confronti dei comuni social-comunisti che verrebbero messi in difficoltà di fronte al pubblico».

Il giudizio chiaramente non equanime del prefetto serve anche a mostra- re agli occhi del ministro dell’Interno la capacità d’intervento e la fermezza delle istituzioni, nondimeno mette ancora più in luce la preoccupazione che le autorità nutrono nei confronti delle amministrazioni «social-comuniste»; ad allarmare è soprattutto la possibilità che le loro posizioni coinvolgano un numero sempre più elevato di cittadini; del tutto legittimo appare quindi l’intervento della Questura per negare l’autorizzazione all’affissione del ma- nifesto della Lega, nel quale l’opinione pubblica potrebbe leggere, e magari condividere che «l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico non imposta né sug- gerita da esigenze nazionali, ma voluta da un governo asservito al privilegio e manovrato dallo straniero, condurrebbe fatalmente il nostro Paese sulla via della guerra e dell’aggressione»69.

Ben altro trattamento riceve il manifesto del «Movimento Nazionale An- ticomunista» a cui alcuni mesi dopo la Questura autorizza l’affissione. Non- dimeno il prefetto, attento a non eludere le scrupolose norme che regolano tale disciplina, precisa che il Movimento non ha presentato l’autorizzazione all’Ufficio delle pubbliche affissioni, quindi anche i suoi manifesti sono stati «nella maggior parte defissi da parte delle guardie Municipali». Tuttavia non presentandosi in questo caso la rapida e attenta necessità che tutti i cittadini non vedano i contenuti del manifesto, in alcune parti della città i passanti possono ancora leggere che:

Il Movimento Nazionale Anticomunista sorge in Italia per racco- gliere in unico blocco tutte le forze anticomuniste nella nazione contro le studiate manovre bolsceviche le quali vorrebbero, at-

69Ivi. Relazione al ministro dell’Interno del 15/4/1949, a cui è allegato il manifesto della

traverso l’esasperazione della lotta sindacale e politica, sovvertire l’ordine nazionale [. . . ]. In alcune Regioni un pugno di sindacalisti politicanti senza scrupoli scagliano la massa contro la proprietà, al solo scopo di creare il caos e la miseria che agevolano al comu-