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caso Piaggio

Il 16 marzo del 1951 si tiene, in provincia di Firenze, l’assemblea dei sindaci toscani aderenti alla Lega dei comuni democratici. Questo organismo, come ha sottolineato Mario G. Rossi, diventa, soprattutto in seguito alla radica- lizzazione della lotta politica intercorsa tra il 1947 e il 1948, «sempre più il centro promotore e coordinatore dell’iniziativa delle amministrazioni comu- nali di sinistra», e non tanto in opposizione alla politica governativa, anche se questo obiettivo come ricorda Rossi è ben presente «almeno a livello di pro- paganda», quanto in funzione di «una politica alternativa dei poteri locali», volta quindi a soddisfare i bisogni primari della popolazione, ad attivare e potenziare i servizi pubblici essenziali e soprattutto «ad affermare l’effettiva autonomia della vita amministrativa contro le pesanti ingerenze dell’autorità statale»51. E nell’ordine del giorno che il 28 marzo, a conclusione di quel-

l’assemblea, i sindaci della Lega inviano alle più alte cariche istituzionali (tra

50Rapini, La nazionalizzazione a due ruote, cit., p. 172.

51Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della Toscana “rossa”, in La

Toscana nel secondo dopoguerra, a cura di Pier Luigi Ballini, Luigi Lotti, Mari G. Rossi. Introduzione di Guido Quazza, Milano, Franco Angeli, 1991, p. 445.

cui i presidenti della Repubblica, della Camera, del Senato e del Consiglio dei Ministri, il ministro dell’Interno) e ai prefetti toscani, è proprio sulla que- stione dell’«autonomia amministrativa» che ricadono le principali attenzioni. Il documento presenta infatti una dettagliata denuncia «dell’atteggiamento assunto dal governo nell’ambito nazionale e particolarmente nella Toscana», nei confronti delle amministrazioni comunali, inteso «a ridurre ogni giorno di più l’azione delle Amministrazioni alla pura e semplice esplicazione di atti amministrativi comuni, con esclusione di ogni possibilità di esporre attra- verso voti e ogni altra adatta manifestazione il pensiero della popolazione amministrata su fatti o orientamenti di politica internazionale e nazionale»; tali imposizioni e prevaricazioni governative sono accompagnate dai tentativi, che appaiono sempre più frequenti, di:

far perseguire, come atto colpevole, qualsiasi attività dei sindaci di carattere non strettamente amministrativo, sulla base di inter- pretazioni dell’ancora vigente legislazione fascista [. . . ], esponen- do i sindaci stessi - eletti democraticamente primi cittadini, dalla fiducia e dalla stima della maggioranza degli elettori - a denun- ce, a procedimenti e a condanne gravemente pregiudizievoli del loro prestigio e a sospensioni o destituzioni dalla carica che non tengono nessun conto della volontà popolare democraticamente espressa [. . . ]», Ciò appare oltremodo determinato da una volon- tà governativa intesa «a far estendere la funzione dei suoi organi periferici oltre ogni giusto limite, forzando, sulla base di conside- razioni di natura troppo spesso evidentemente politica, il libero giuoco democratico delle diverse correnti.

Di fronte a tale stato di cose la Lega «fa voti» affinché l’autonomia dei comuni venga rispettata «nella sua interezza e in ogni possibile estrinsecazio- ne», «riconoscendo alle Amministrazioni il diritto di liberamente esprimere ogni voto inteso a difendere, attraverso un sano indirizzo generale di poli- tica estera ed interna, il benessere e la serenità dei propri amministrati e

l’interesse economico dei singoli Comuni»; «restituendo ai Comuni la piena e legittima facoltà di decidere in merito alle proprie azioni», evitando infine che l’autorità governativa, «nell’attuare la sua funzione di tutela», svolga:

un’azione di collaborazione con questa o con quella corrente po- litica, annullando così il giuoco democratico delle stesse, facendo prevalere la volontà della minoranza sulla maggioranza52.

Nell’ordine del giorno della Lega viene messo in luce un quadro generale che proprio tra il 1950 e il 1951 raggiunge le punte più alte e significative; Giovanna Tosatti riferendosi all’ambito nazionale ha segnalato che solo in questi due anni vengono rispettivamente rimossi dalle loro cariche 25 e 24 sindaci - un numero che in precedenza era stato raggiunto solo nell’arco di tempo compreso tra il 1900 e il 1922 quando i provvedimenti complessivi erano stati 47 - attraverso una vera e propria “offensiva” che come ha sotto- lineato Tosatti, diviene uno degli obiettivi principali dei vertici del ministero dell’Interno, e in primo luogo di Scelba. Un’offensiva che può attingere anche dall’impianto della legge comunale e provinciale del 1934 - lasciata in vigore con poche modifiche non sostanziali - la quale nel ribadire la centralità e la preminenza della figura del prefetto, attribuisce a questi la vigilanza sulle amministrazioni locali; le prefetture possono così fare ricorso ad un ampio ventaglio di strumenti ordinari che contemplano il rinvio o la sospensione di delibere comunali, fino appunto alla sospensione o addirittura all’arresto degli amministratori; in questi ultimi casi, come ha osservato Tosatti, i sin- daci subiscono in genere anche la privazione dei diritti politici53, rendendo

di conseguenza impossibile una loro partecipazione alle elezioni comunali: in questo modo i partiti della sinistra vengono spesso privati del candidato più conosciuto, che in molti casi ha contribuito a raccogliere l’eredità per il

52ASPi, Gab. Pref., b. 140, catgg. 5-6. fasc. “Lega dei Comuni democratici”.

53Giovanna Tosatti, Storia del Ministero dell’Interno (Dall’Unità alla regionalizzazione),

rinnovamento istituzionale attraverso la difesa e il potenziamento delle auto- nomie locali allargando il suo intervento alla tutela degli interessi delle classi popolari54.

I temi posti in evidenza dalla Lega nel marzo del ’51 rimandano d’altra parte a nodi problematici che il costituzionalista Vezio Crisafulli segnala- va già nel 1949 dalle pagine di “Rinascita”; Crisafulli, intervenendo appunto sull’aspetto specifico delle autonomie locali, si occupava della questione ri- levando che il governo intendeva ridurre l’attività degli enti locali al campo della “pura amministrazione”, «con il solito pretesto di tutti i regimi rea- zionari di salvaguardare il tecnicismo amministrativo dalle “invadenze” della politica - e si intende della politica non gradita ai governanti, ossia dei gruppi e dei partiti d’opposizione o comunque non supinamente conformisti»55. Ta-

li argomentazioni, come ha osservato Baldissara, rimandano ad elementi di lungo periodo nella storia politica ed istituzionale del Paese, rappresentando un tema che rinvia al difficile e contrastato percorso di democratizzazione degli apparati statali preposti al governo della società di massa, poiché:

sotto la forma della polemica versus la politicizzazione degli asset- ti amministrativi che sarebbe provocata dall’irruzione dei partiti politici - e segnatamente di quelli popolari - si cela una concezio- ne gerarchica del rapporto tra amministrato ed amministratore, una visione autoritaria dell’istituzione, una propensione antide- mocratica della burocrazia e del funzionariato.

Tra l’altro Baldissara ci ricorda che la polemica contro la politicizzazio- ne aveva costituito un argomento utilizzato anche dal regime fascista per giustificare la campagna - anche squadristico militare - lanciata contro le

54Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della Toscana “rossa”, cit., p.

432.

55Riportato da Luca Baldissara, Tra governo e opposizione. Il ruolo del Pci nella co-

struzione della democrazia in Italia, in Il Pci nell’Italia repubblicana 1943-1991, a cura di Roberto Gualtieri. Prefazione di Giuseppe Vacca, Milano, Carocci editore, 2001, p. 164.

amministrazioni socialiste e popolari, e per sostenere nel 1926 l’istituzione della figura del podestà, che eliminava l’elettività delle cariche amministra- tive locali56. Inoltre le argomentazioni a sostegno delle autonomie locali si

inseriscono da un lato, come evidenziava Crisafulli su “Rinascita”, nel quadro più ampio delle iniziative tese alla piena attuazione della Costituzione re- pubblicana, attraverso l’estensione delle forme di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica; dall’altro permettono agli amministratori appartenenti ai partiti di sinistra, e in primo luogo al Pci, di realizzare ciò che non è loro possibile a livello nazionale: esclusi dal governo, minoritari in un Parlamento dove la maggioranza assoluta è controllata dalla Dc, nelle amministrazioni locali i comunisti trovano modo di avviare una fattiva attività di governo della città che si affianca e si intreccia all’azione politica per la rivendicazio- ne di maggiori spazi politici e normativi57. In tale prospettiva si può leggere

anche la battaglia intrapresa dal Comune di Pisa contro il decreto prefettizio, che aveva imposto di affidare per un biennio all’Ingic (Istituto nazionale ge- stione imposte di consumo) l’esazione delle imposte di consumo e di cessare il servizio municipale. Il Comune decide così di fare ricorso al Consiglio di Stato, in difesa di «un sistema che sottragga la intiera massa dei cittadini [. . . ] alla vessazione avida dei gabellieri (applicati al maggior incasso non perché mossi dalla utilità del Comune, ma dal proprio tornaconto); e che apporti alla Cassa comunale l’intiero gettito del tributo, senza la decurta- zione del compenso di riscossione ad un estraneo intromesso appaltatore», costringendo in tal modo il prefetto a revocare il provvedimento58. Ma le ini-

ziative prefettizie tese a bloccare l’attività delle amministrazioni comunali si fanno più incisive dopo il giungo del 1951, allorché le elezioni amministrative hanno riconfermato nella maggior parte dei casi le stesse giunte di sinistra

56Luca Baldissara, Tra governo e opposizione. Il ruolo del Pci nella costruzione della

democrazia in Italia, cit., pp. 163-164.

57Luca Baldissara, Tra governo e opposizione, cit., p. 165.

58Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della Toscana “rossa”, cit., pp.

già vincitrici della tornata elettorale del 1946. Tra le poche eccezioni vi è comunque il comune di Pisa dove alla carica di primo cittadino viene eletto l’esponente democristiano Renato Pagni, che sostituisce il sindaco della “Li- berazione” Italo Bargagna; ed è da questo passaggio di consegne che sembra trarre immediatamente spunto l’azione del prefetto Mocci De Martis che il 12 luglio del 1951, a circa un mese di distanza dalle elezioni, invia alla Pre- tura di Pisa una lettera con la quale «si prega vivamente codesto Ufficio di comunicare se sia stato dato corso alla predetta denuncia», nei confronti di Silvio e Luciano Paolicchi, rispettivamente segretari del Pci e del Psi di Pisa, di Giovanni Rovero, segretario della Camera del Lavoro, e appunto dell’ex sindaco Italo Bargagna, che ricopre la carica di presidente della Lega dei co- muni democratici della provincia; responsabili come ben ricorda il prefetto di «aver promosso nell’ottobre del 1950 un comizio ed un corteo nel centro di Calci senza aver dato il prescritto preavviso all’Autorità di P. S e di essersi serviti abusivamente di un alto parlante»59. Pur non avendo trovato tra le

carte del Gabinetto di Prefettura alcuna lettera di risposta della Pretura in merito a questa vicenda, il ruolo ricoperto dagli esponenti chiamati in causa pare lasciare pochi dubbi sulla precisa volontà messa in campo dalla prefet- tura, rendendo oltremodo significativi i richiami lanciati solo quattro mesi prima, nel marzo del ’51, dalla Lega dei comuni democratici alle istituzio- ni, sulle «considerazioni di natura evidentemente politica» che forzano «oltre ogni giusto limite il libero giuoco democratico delle diverse correnti». D’altra parte agli inizi di gennaio del 1952 è lo stesso ministro Scelba a interveni- re sul ruolo ricoperto dalla Lega, pronunciandosi in merito «alla facoltà di associazione» delle amministrazioni comunali. In una istruzione inviata al prefetto di Firenze, e poi trasmessa a varie riprese alle altre provincie, tra cui quella del 12 gennaio in via “riservata” alla prefettura di Pisa, il ministro specifica che «pur non disconoscendosi in via di massima, secondo i principi dell’ordinamento giuridico» questa facoltà, deve tuttavia:

escludersi che tali associazioni possano comunque compiere atti od assumere iniziative che interferiscano nello svolgimento del- le attribuzioni e delle potestà istituzionali dei comuni interessa- ti o nell’esercizio delle relative funzioni di controllo, così come proporsi finalità di carattere politico.

Viene infine elencata anche la loro «relativa sfera di azione» che ad ogni modo, precisa ancora Scelba «deve intendersi limitata a forme di attività di prevalente carattere tecnico, di studio e di consulenza in ordine a problemi interessanti i comuni associati»60. Sono indicazioni che Mocci De Martis si

premura di sottolineare a matita a rossa, e da cui trae circa un mese dopo un esaustivo modello di riferimento per denunciare alla Procura della Re- pubblica, «l’azione propagandistica della Lega» contro il sistema fiscale in vigore nella provincia. Nell’esposto del prefetto sono così segnalati una serie di fatti che intendono dimostrare «chiaramente che sotto lo specioso prete- sto di una attività apparentemente legale, si tende in realtà a porre in atto un ben organizzato ostruzionismo ai compiti e alle direttive delle Autorità costituite, istigando a disobbedire alle leggi e provocando incertezze fra gli amministratori nonché turbamento fra i cittadini»61. Per questa strada, che

porta ad individuare in ogni atto che mette in discussione una precisa e ra- dicata gerarchia di potere, un «organizzato ostruzionismo ai compiti e alle direttive delle Autorità costituite», si arriva così non solo ad annullare «il giuoco democratico delle diversi correnti politiche», ma ad imporre il criterio di «far prevalere la volontà della minoranza sulla maggioranza», sottoponen- do di fatto determinati provvedimenti e delibere delle amministrazioni locali rette da giunte di sinistra, ad un puntiglioso e pervasivo “controllo di merito” che, come ha osservato Baldissara, la stessa Costituzione aveva eliminato,

60ASPi, Gab. Pref., b. 140, catgg. 5-6.

61Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della Toscana “rossa”, cit., p.

mantenendo solo quello di “legittimità” sugli atti . A tal proposito il caso che coinvolge nell’estate del 1952 l’amministrazione comunale di Pontedera assume un carattere paradigmatico.

La vicenda prende avvio da una seduta del Consiglio comunale del 7 giugno, in cui viene posto a votazione un ordine del giorno riguardante il «conferimento “honoris causa” laurea ingegneria al Dottor Piaggio»; ma si inserisce, come vedremo, nel quadro più ampio delle dinamiche di potere e dei rapporti di forza che coinvolgono in maniera sempre più profonda i la- voratori e l’intera cittadinanza del Comune della Valdera e lo stabilimento della “Vespa”. Nei fatti la richiamata seduta del consiglio comunale intende discutere e mettere ai voti l’ordine del giorno proposto dal consigliere del- la Dc Giani, il quale fa richiesta all’amministrazione comunale di «rivolgere all’illustre dirigente d’azienda, con i sensi della più alta stima, le più vive con- gratulazioni». Ad esprimere un parere contrario alla proposta di Giani, è in primo luogo il consigliere Ribecai che, secondo quanto riportato dal registro delle deliberazioni, «non crede che il Consiglio ravvisi l’opportunità di appro- vare un ordine del giorno così concepito, nel quale non è doverosamente posto in risalto il decisivo contributo dei lavoratori dello stabilimento». Per il con- sigliere comunista «i brillanti risultati conseguiti nel campo della produzione dall’azienda [. . . ], attestano i cospicui meriti e lo sforzo produttivo compiuto dai lavoratori tutti», ed è a questi che l’ordine del giorno formulato da Ri- becai «rivolge il caloroso saluto del popolo pontederese, col fervido augurio di sempre maggiori affermazioni in un miglior avvenire di pace, di feconda operosità, di giustizia sociale»; d’altra parte anche al dottor Piaggio viene rivolto un «caldo appello», affinché «in nome della concordia cittadina», non sia fatta «alcuna discriminazione politica e che ogni onesto lavoratore possa trovare il giusto posto che gli compete nell’attività produttiva dello stabili- mento»63. I contenuti di questo ordine del giorno, che ottiene la maggioranza

62Luca Baldissara, Tra governo e opposizione. Il ruolo del Pci nella costruzione della

democrazia in Italia, cit., p. 164.

dei voti favorevoli in Consiglio, offriranno le argomentazioni e gli strumenti principali con cui nei due mesi successivi il gruppo dirigente della Piaggio e la prefettura condurranno una dura offensiva nei confronti dell’amministrazio- ne comunale che costringerà alle dimissioni il sindaco Otello Cirri, eletto nel 1946, e al contempo produrrà all’interno della cittadinanza stessa profonde divisioni e rancori, alimentando le dinamiche di una persistente conflittualità da cui sarà tenuta fuori qualsiasi possibilità di mediazione e di pur aspro confronto.

La posizione che la direzione aziendale deve assumere nei confronti di questa vicenda è indicata il 23 giugno da Enrico Piaggio, il quale indirizza al direttore di stabilimento Lanzara poche righe telegrafiche dai toni netti ed inequivocabili:

rientrato dall’estero vengo oggi conoscenza ordine del giorno Con- siglio Comunale perfettamente consono mentalità trinariciuta dei firmatari. STOP. Pregale prendere nota che per tutta la durata carica attuale consiglio comunista. Città Pontedera sarà da me completamente ignorata64.

E «ignorare completamente» la città per Piaggio significa in primo luogo bloccare le forniture e chiudere i contratti con i negozi e le piccole aziende locali, come già sperimentato nel gennaio del 1951, e quindi determinare la crisi dei principali settori economici che gravitano in special modo intorno alla «fabbrica della Vespa»; ma sono anche gli operai dello stabilimento ad essere coinvolti dalla ferma volontà dell’amministratore delegato. Il 28 giugno sul- le pagine de “’L’Unità” viene riportata la notizia di «un’assemblea generale dei dipendenti dello stabilimento per discutere la questione dell’applicazio- ne dell’orario settimanale ridotto a quaranta ore», in cui come evidenzia il quotidiano «l’operaio Boschi ha fatto anche presente come la direzione non avesse voluto discutere la questione con la Commissione interna, adducendo

a pretesto le recenti elezioni e la non ancora avvenuta ratifica della nuova Commissione»65. Circa una settimana prima infatti, tra il 19 e 21 giugno,

nelle elezioni di Ci la Cgil è riuscita in qualche misura ad assorbire la dura sconfitta della tornata elettorale del marzo 1951, pur non andando oltre i cin- que seggi, mentre la Cisl ne perde addirittura la metà dei quattro conquistati l’anno precedente, anche se consolida la maggioranza dei consensi tra gli im- piegati66. Sono segnali che attestano la capacità di resistenza di quella parte

del movimento operaio che la direzione aziendale cerca con determinazione di emarginare dalle relazioni di fabbrica; ma tale resistenza, che si rafforza anche in un certo recupero di consensi, si presenta agli occhi di Piaggio come un ulteriore tentativo di messa in discussione di un ordine e di un comando gerarchico ritenuti ormai ben consolidati; ancor più inconcepibili sono allo- ra per l’industriale il risalto ed «i meriti per lo sforzo produttivo» che «la mentalità trinariciuta di un Consiglio comunale comunista» ha ritenuto in dovere di attribuire ai lavoratori. E nella lettera che il 28 giugno il prefetto invia a Cirri viene innanzitutto preso in considerazione il fatto che «nella seduta del 7 corrente codesto Consiglio ha ritenuto di votare un ordine del giorno nel quale si fanno apprezzamenti sul predetto industriale», tuttavia, prosegue Mocci De Martis:

Questa Prefettura, mentre si astiene dall’entrare nel merito della questione, non può fare a meno di ricordare alla S.V. che il voto di cui trattasi è nullo, essendo stata la relativa deliberazione presa su oggetto estraneo alle attribuzioni di Codesto Consiglio, ai sensi dell’articolo 326 del Testo Unico del 1915. La S.V. vorrà tenere conto della sanzione di nullità contenuta nella norma citata, per l’attività a venire di Codesto Consiglio Comunale67.

65AsP, Fondo Direzione Generale, fil. 119, fasc. 1.

66Secondo quanto riportato dalla relazione che il prefetto invia al ministro dell’Interno

il 25/6/1952 con oggetto “elezioni della Ci alla Piaggio di Pontedera”, in ASPi, Gab. Pref., b. 146, catg. 16.

Emergono dall’ultimo documento sopracitato almeno due aspetti sui qua- li rivolgere per un attimo la nostra attenzione. Il primo riguarda appunto la prevaricazione e l’interferenza degli apparati statali negli spazi d’azione degli enti locali, attraverso il ricorso a norme giuridiche in aperto contrasto rispetto ai dettati della Carta costituzionale, per perseguire come atto col- pevole e «nullo», come in questo caso, «qualsiasi attività di carattere non strettamente amministrativo»; inoltre - e qui arriviamo al secondo aspetto - la sanzione di illegittimità attribuita alla delibera del Consiglio consente e determina la possibilità di far ricadere interamente sull’amministrazione co- munale la responsabilità della reazione di Piaggio nei confronti della città. E la direzione aziendale da parte sua si impegna a ribadire con chiarezza questa responsabilità. L’8 luglio il prefetto invia al direttore di stabilimento Lanzara una lettera nella quale «viene richiamata la particolare attenzione di codesta Direzione sulla norma costituzionale sopra citata, per un approfondito e se-