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Dall'ipertesto localizzato all'irradiazione nella rete

Capitolo III Sulla soglia del link

III.1 Dall'ipertesto localizzato all'irradiazione nella rete

Fra la lettura non sequenziale dei primi sistemi ipertestuali delimitati all'interno di un supporto digitale2 e la navigazione nel sistema informativo aperto della rete mondiale intercorrono differenze importanti, che riverbera- no in maniera significativa sui modi e sui processi coinvolti nel leggere, dif- ferenze da individuare, in primo luogo, nelle funzionalità che, via via, han- no trasformato Internet.

La storia è nota. In particolare, fino all'invenzione del World Wide Web3, risalente ai primi anni Novanta, non era possibile spostarsi attraverso i contenuti di Internet servendosi dei link. La nascita di questo servizio e la messa a punto di un browser grafico per accedervi hanno creato i presuppo- sti affinché la rete internazionale iniziasse la sua inarrestabile espansione, dilatandosi fino a divenire il fenomeno di massa che noi oggi conosciamo. In questo processo di divulgazione in rete, l'ipertesto è esploso e ha perso quei limiti e quella compiutezza che possedeva all'interno dei supporti di memorizzazione.

È lo stesso inventore del termine “ipertesto”, Ted Nelson4 a sottolinea- re per primo la difformità e la distanza, soprattutto culturale, fra il progetto ipertestuale originale e il Web. Nelson giunge a sostenere che il linguaggio HyperText Markup Language è esattamente ciò che egli aveva cercato di prevenire, per la continua presenza di collegamenti interrotti e per l'estrema difficoltà (o impossibilità) a risalire agli autori dei contenuti5 — e questa è una delle ragioni per cui la valutazione dell'attendibilità delle fonti è, oggi, capacità così importante, nonché una delle principali competenze del saper leggere online6:

96 Sulla soglia del link

Project Xanadu, the original hypertext project, is often misunderstood as an attempt to create the World Wide Web [...]. The Web trivialized this original Xanadu model7.

Il passaggio al cosiddetto Web 2.0 è stato un altro momento particolar- mente significativo. Se, negli anni Novanta, la gran parte delle informazioni era inserita nelle “cosiddette pagine statiche, che non sembravano poi così diverse da quelle [stampate] dato che il loro contenuto rimaneva relativa- mente fisso”, la tendenza successiva “è stata quella di creare pagine sempre più dinamiche”8, interattive, aggiornabili con nuovi contenuti. L'introduzio- ne, nel 1999, del “software specifico per i blog” ha reso “semplice per tutti pubblicare i propri contenuti”9, contribuendo a innovare e ridefinire il nuo- vo ambiente online. Molti, infatti, individuano la principale differenza tra il “vecchio” Web 1.0 e il Web 2.0 nel fatto che, se nel primo i creatori di con- tenuti sono stati pochi, mentre la stragrande maggioranza delle persone frui- va soltanto di tali contenuti, nel secondo caso, ogni fruitore è divenuto an- che un potenziale creatore e molti tools sono stati resi disponibili per massi- mizzare questa opportunità. La natura più tipica del Web 2.0 è sostanzial- mente esemplificata da piattaforme altamente popolari come Facebook e YouTube, che presentano le funzionalità interattive e le disponibilità parteci- pative della versione attuale della rete, o dalla creazione di gruppi (collec- tions of friends) che possono scambiare contenuti di qualsiasi tipo (testi di parole, audio, video) e commenti all'interno e fuori dal gruppo10.

Ma, nel passaggio dalle pagine relativamente statiche del primo Web alla dinamicità interattiva del Web 2.0, si è verificato anche un altro impor- tante effetto: la rete ha progressivamente esasperato alcuni caratteri intrinse- ci all'ambiente ipertestuale (discontinuità, frammentarietà, duttilità), ha dis- solto completamente i suoi confini e ha impresso le caratteristiche di etero- geneità (per la presenza di testi qualitativamente e tipologicamente diver- si11), disintermediazione (riferita al fatto che la gran parte dei contenuti pub- blicati in rete non ha affrontato le fasi di editing e verifica richieste per le pubblicazioni tradizionali), ridondanza informativa (information overload), che sono proprie dell'attuale ambiente online. Se, ad esempio, l'eccesso di disponibilità di informazioni ha sempre ricevuto critiche per le conseguenze paradossalmente inibenti cui può condurre, attualmente, questo fenomeno ha assunto proporzioni smisurate. Lo stesso Umberto Eco, in un'intervista della metà degli anni Novanta, a chi gli chiedeva se “l'information overload

and this extreme, non-intuitive selection of information” fosse il principale

problema rispondeva:

- Yes, we have an excessive retrievability of information. It is neither ironic nor paradoxical, I think, what has happened with Xerox copies.

Capitolo III 97

[...] Once I used to go to the library and take notes. I would work a lot, but at the end of my work I had, say, 30 files on a certain subject. Now, when I go into the library - this has happened frequently to me in American libraries - I find a lot of things that I xerox and xerox and xerox in order to have them. When I come home with them all, and I never read them. I never read them at all!

- “No, same here: you never seem to have the time, do you? Once you know that it is there, you feel reassured, and so you don't read it.” - Exactly...

- “Xeroxing when can paralyse your reading activity? That's another risk?”

- Sure...That's another risk which is sometimes very real12.

Più di recente, l'esorbitante disponibilità di informazioni offerte da In- ternet è stata presa in esame per come può incidere nella formazione di un lettore più passivo13, nel legarlo in maniera quasi pregiudizievole alle infor- mazioni già possedute (confirmation bias) come particolare reazione al sen- so di sopraffazione14, ed è stato osservato il sentimento di frustrazione15 che il lettore può provare quando non riesce a raggiungere rapidamente ciò che sta cercando all'interno dello sconfinato repository di risorse.