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Capitolo II Lettore e testo Tra vincoli interpretativi e letture illimitate

II.5 Interpretazione e sovrainterpretazione

I testi letterari, dunque, concedono al lettore una maggiore libertà in- terpretativa rispetto a quelli non letterari. Nel mondo evocato nel testo lette- rario “vige una verità d'invenzione che può coincidere o meno con quella del nostro mondo fenomenico”62. Come un “gioco continuo tra intelligenza e passione”, e “attraverso menzogne e finzioni”63, la narrazione costruisce mondi altri, o comuni, nei quali è possibile incontrarsi e confrontarsi. La di- mensione della finzione e della menzogna felice, vale a dire, menzogna “fe- conda e generatrice di nuovi scenari, di immagini della mente”64, frutto di operazioni intellettuali intrise di “coinvolgimento emotivo e affettivo” en-

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trano in ogni gioco, così come in ogni intreccio narrativo. “Entrambi, per strade diverse e con diverse risorse espressive, sfociano nell'invenzione di situazioni, di contesti, di fatti e relazioni”65 e se è pur vero che gli scenari che tessono non sono reali, è altrettanto sicuro che non sono neppure “in- gannevoli, perché il meccanismo ideativo che li genera è dichiarato e noto”: sia il gioco che la narrazione sono finzioni consapevoli in chi li pratica e in chi ne fruisce, come accade nel caso del lettore. “In queste menzogne non c'è inganno”66. La lettura del testo letterario, dunque, è un'esperienza di con- sapevole incontro con una menzogna non ingannevole, in cui certamente il “vincolo interpretativo”67 posto nei confronti del lettore è molto elastico.

Tuttavia, essa non si risolve in un'esperienza affrancata da ogni cogni- zione del mondo. L'immaginazione del lettore non può essere del tutto libe- rata dalla conoscenza del mondo reale68: “la finzione è come una terra di

mezzo [...] chiusa «tra illusione e realtà»69, una striscia sottile”70 che rag- giunge e prolunga “l'esperienza quotidiana e che al tempo stesso la sospen- de, la trascende e ne fa una realtà diversa”71, pur sempre raggiunta dall'espe- rienza vitale.

Sul piano di un'analisi della comprensione, la lettura del testo lettera- rio pone in rilievo la questione interpretativa, legata all'antico problema del- l'ermeneutica del testo, una questione che è stata talora ignorata, passando da una canonizzazione del testo come struttura autosufficiente, indipendente dalla presenza di un soggetto interpretante, talaltra “risolta” giungendo a posizioni diametralmente opposte, ovvero, quelle di chi celebra l'infinita li- bertà del lettore, la cui interpretazione può diventare una cascata incontrol- lata e illimitata di “letture”72. In un ideale ventaglio di gradualità fra questi due poli, le prospettive di Eco e di Iser si collocano in una posizione inter- media. Se, in entrambe le prospettive, sia nella semiotica interpretativa di Eco, che nell'approccio fenomenologico di Iser73, il significato del testo non può prescindere dalla collaborazione del lettore, non vengono peraltro tra- scurati “i pericoli di deformazione” che questo può implicare74. Consideran- do che è, per l'appunto, “attraverso processi di interpretazione che cogniti- vamente costruiamo mondi, attuali e possibili”75, risulta evidente la ragione per la quale “ci si deve preoccupare delle condizioni e dei limiti dell'inter- pretazione”76:

Se nell'ambito dell'ermeneutica o della teoria della letteratura può sembrare provocatorio, ma in fin dei conti sostenibile, che l'iniziativa di lettura stia completamente dalla parte del soggetto interpretante, più rischioso sembra affermarlo a proposito di quei processi che ci porta- no a identificare una persona o un oggetto a distanza di tempo e in si- tuazioni diverse, a distinguere un cane da un cavallo, a ritrovare il cammino di casa ogni giorno. In tali casi, assumere che l'unica deci- sione spetti all'interprete ha, nella storia del pensiero, un nome: ideali-

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smo magico77.

Eco rivolge il suo disagio verso alcune delle linee guida del pensiero critico contemporaneo, in particolare, verso quel filone della critica ameri- cana — ispirato a Nietsche, Deleuze e Derrida, e legato soprattutto all'opera di Paul de Man e di J. Hillis Miller — che non attribuisce mai un singolo si- gnificato al testo, poiché lo considera “il crocevia di significati multipli e ambigui”78. Su queste basi, e intendendo per “leggibilità” il potere di offrirsi a una singola e definitiva interpretazione, ogni testo diviene “illeggibile”. In altre parole, considerando che ogni lettore partecipa attivamente a questo processo e prende pieno possesso dell'opera, sarebbe lui a imporre un qual- che modello di significato, impedendo in tal modo l'esistenza di un'interpre- tazione “obiettiva” o “corretta”. In questa prospettiva, perseguendo la quale si giungerebbe a un vero e proprio “relativismo critico”, la lettura non sa- rebbe “mai l'identificazione oggettiva di un senso, ma l'importazione del si- gnificato in un testo che «in se stesso» non ne possiede”79.

La risposta a quella che può essere considerata un'appropriazione per- versa dell'idea di “semiosi illimitata”80, secondo Eco è da ricercare nelle proprietà stesse di un testo, che pongono limiti alla rosa delle interpretazio- ni legittime e ammissibili81:

Il testo, per una fedeltà mai rinnegata alla sua intenzione, resta un'«istanza di controllo delle interpretazioni [che] può garantire, anche al di là del processo attuale di ricezione, la continuità dell'esperienza che se ne può fare». Contro i pericoli della dispersione interpretativa, il paradigma storico ermeneutico ipotizza una certa logica che possa regolare le realizzazioni successive delle opere letterarie per discrimi- nare le ipotesi palesemente arbitrarie da quelle legittime, ratificate dal consenso di un certo canone estetico. Il singolo atto di lettura, colloca- to come un anello nella catena delle ricezioni, si inserisce infatti in una comunità leggente che sviluppa i suoi canoni e i suoi criteri di valore in una normatività del giudizio ancorata a una dimensione comunica- bile e sociale. Ma questa socialità del giudizio estetico, già riconosciu- ta da Kant, può prefigurare gli ostacoli di un problema ulteriore: in realtà il lettore non si inserisce mai nell'orizzonte generico e globale di

un pubblico, ma appartiene a una sua componente interna, a un gruppo

socialmente definito che compie scelte interpretative spesso molto condizionate. La teoria della lettura, in un passo successivo, potrà af- fiancare all'ermeneutica e alla riflessione storica anche i presupposti della sociologia82.

La “dialettica tra i diritti dei testi e i diritti dei loro interpreti”83, la let- tura aperta intesa come “attività suscitata da (e mirante all'interpretazione di) un'opera”84, trova vincoli nel contenuto. Sono le stesse parole dell'“auto-

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re a costituire [...] un insieme di evidenze materiali”85 che il lettore non può non tenere in considerazione: “se Jack lo Squartatore ci dicesse che ha fatto quel che ha fatto sulla base della sua interpretazione del Vangelo secondo Luca”, con ogni probabilità, “molti dei critici reader-oriented sarebbero in- clini a pensare che egli abbia letto san Luca in modo piuttosto irragionevo- le. I critici non reader-oriented direbbero”, e a ragione, “che Jack lo Squar- tatore era un pazzo scatenato”86.