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Dalla prima infanzia alla preadolescenza.

I figli e il divorzio

4.2 Le variabili che influenzano le reazioni dei figli.

4.2.1 Dalla prima infanzia alla preadolescenza.

Le reazioni dei figli di fronte alla rivelazione della decisione di separarsi da parte dei genitori, non si concludono nell’unico momento in cui viene dato l’annuncio, ma si protraggono nel tempo, almeno per tutto il tempo che richiede il processo di elaborazione di questa esperienza da parte dei figli.

Tale elaborazione avrà modalità e tempi differenti a seconda dell’età.

Se è vero che, da una parte, la letteratura in proposito, ci invita a rispettare i tempi e i modi di del bambino, accompagnandolo in quel suo continuo oscillare tra la nostalgia dell’abbraccio materno e paterno e il desiderio di autonomia, è vero anche che, dall’altra parte, sempre più spesso, i genitori portano con sé i figli nel turbinio dei loro conflitti e della separazione, senza permettere loro di poter tornare “al sicuro” del calore familiare.

Partendo dall’alba della vita possiamo affermare che, nei primi due anni di vita, il bambino passa da uno stato di indistinzione con la madre a una condizione di individualità sorretta da sentimenti di sicurezza e di fiducia che reggeranno poi tutte le fasi della sua evoluzione.

Scrive, relativamente a tale fascia di età, Vegetti Finzi:

“Dapprima vi è soprattutto una donna con il suo bambino, una coppia speculare che lascia l’altro genitore in disparte. Egli è già lì, ma per essere considerato padre occorre che la madre lo designi come tale. Inizialmente il papà viene percepito dal figlio come una <<non mamma>>, una presenza importante che lo incuriosisce e lo attira, ma che non sa bene dove collocare. […]. Per lui la mamma è tutto: il mondo, la fonte della vita e dell’amore, la base sicura dalla quale salpare e alla quale tornare per l’indispensabile rifornimento affettivo”.174

I due sono stati un’unica cosa per nove mesi, hanno condiviso non solo processi fisiologici ma anche percezioni ed emozioni. Il bambino, infatti, nasce talmente debole e immaturo che non sopravviverebbe a lungo senza che una figura materna che si prende cura di lui con dedizione totale. Attraverso la completa dipendenza dalla madre, per il piccolo, è possibile, inoltre, cominciare a costruire il proprio mondo interiore:

“E’ nello spazio psichico di lei, infatti, che il bambino può in origine esistere; poiché è la madre che attraverso l’empatia dà inizialmente significato ai bisogni di lui, quindi li anticipa/ prevede, ne comprende la modificabilità nel tempo e vi si adatta”.175

Attraverso questa profonda empatia che si instaura tra la madre e il bambino, quest’ultimo impara ad amarsi e a costruire un atteggiamento di fiducia verso gli oggetti esterni e quelli interni; fiducia che si pone come fondamento di ogni futura capacità relazionale.176

Tuttavia, come suggerisce Winnicott, la madre può adempiere a questa funzione se si sente sicura, se si sente gratificata e amata dal padre del piccolo e amata dalla propria famiglia e dall’ambiente circostante.177 Ella, infatti, può accogliere dentro di sé, nella sua mente il figlio, considerandolo il primo dei suoi pensieri soltanto se a sua volta si sente accolta, protetta e compresa. Una situazione di ansietà acuta, come può essere quella di un conflitto coniugale, la rende invece mentalmente indisponibile e inaccessibile alla relazione con il figlio neonato. In quei frangenti, quando sentimenti come ansia, paura, speranza, delusione, disperazione e gelosia invadono la mente materna, causando spesso disturbi depressivi, accade che il bambino si mostri disorientato e confuso di fronte alla frequente variabilità degli atteggiamenti della madre.

Se le cose in famiglia vanno male ne risentirà anche la mamma e il piccolo viene quindi sottoposto a tensioni che non sempre sono, per lui, tollerabili.

Nei primi mesi, infatti, è fondamentale che sia la mamma ad adattarsi al figlio, e non viceversa. Se, infatti, è il bambino ad essere costretto ad adattarsi alla madre, sarà sicuramente sottoposto ad uno sforzo eccessivo per la sua età e, sentendosi dimenticato e incompreso, reagisce presentando disturbi tipici quali sono quelli dei neonati: pianto, insonnia ecc.; disturbi che smetteranno di manifestarsi non appena il piccolo verrà compreso e rassicurato.178

“Le convulsioni emotive dei genitori minacciano, nel figlio, non solo l’acquisizione della sicurezza di base, ma anche lo sviluppo di un saldo sentimento di fiducia. La fiducia del bambino nasce dal sentirsi contenuto nel pensiero materno e,

175 M. A. Galanti, Affetti ed empatia nella relazione educativa, Liguori, Napoli, 2001. 176

Id.

177 D. W. Winnicott, La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Armando Editore, Roma, 1968. 178 A. Gozzi, P. Tromellini, Bambini con le ruote. Ovvero sopravvivere alla separazione,

specularmente, dall’avvertire che la mamma c’è anche quando non la percepisce perché la sua figura permane come una rassicurante presenza interna. […].

L’incoerenza della madre emotivamente sconvolta disorienta invece il piccolo, inducendolo a mettere in atto reazioni difensive che diventeranno col tempo tratti di personalità. Il bambino non può pensare la madre se non è a sua volta pensato da lei”.179

Nelle prime fasi di sviluppo, l’apparato psichico di un neonato, permetterà a quest’ultimo di iniziare ad interagire con il mondo che lo circonda, per cui è di fondamentale importanza che il rapporto con la madre avvenga e si sviluppi quanto più serenamente possibile, senza essere disturbato da agenti esterni, come tensioni e conflitti. In quei momenti, infatti, il bambino, scrutando il volto della madre, deve cogliervi sensazioni positive e non disinteresse, indifferenza e lontananza; potrebbe perdere sicurezza in sé stesso e sentirsi frammentato, smarrito.180

“Quanto più sono piccoli tanto meno i bambini hanno consapevolezza del tipo di relazione che esiste tra i loro genitori, non sono in grado di spiegarsi le ragioni di un turbamento tra questi ultimi, che percepiscono nell’aria, ma a questo turbamento sono in grado di reagire. Perciò, se il papà e la mamma sono tesi, se litigano in loro presenza, se la mamma è angosciata, poco partecipativa o lontana, essi potranno manifestare il proprio disagio attraverso il linguaggio del corpo”.181

Quando, invece, è un bambino in età prescolare -tra i tre e i sei anni- a dover affrontare la separazione dei propri genitori, può accadere che il piccolo, non essendo in grado di comprendere i cambiamenti che stanno avvenendo nella sua famiglia e di gestire al meglio le proprie emozioni, manifesti il proprio disagio alterando il normale esprimersi del suo carattere, dei suoi comportamenti e dei suoi stati d’animo.182

Sentendosi angosciato, infatti, può manifestare segni di regressione: può capitare che riprenda a fare pipì a letto, a succhiarsi il pollice e pretendere di essere imboccato quando ormai mangiava da solo. Oppure può cercare protezione e conforto dormendo nel letto matrimoniale dei genitori.

179

S. Vegetti Finzi, Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli, cit., p. 144.

180 R. Gozzi, Sai come ho fatto io? I bambini e la separazione dei genitori, Paoline Editoriale Libri,

Milano, 2010.

181 M. Bombardieri, E. Pasinetti, In bilico. La separazione dei genitori raccontata dai figli, Paoline

Editoriale Libri, Milano, 2013, pp. 56-57.

L’età dei tre anni è una tappa molto importante poiché i bambini acquisiscono lal consapevolezza di essere diversi dagli altri fisicamente e nel modo di essere; è una fase in cui il piccolo inizia a sperimentare emozioni e sentimenti che andranno ad incidere sulla sua personalità futura; ancora non distingue bene la rabbia, il dolore ecc.; per questo motivo, quando a un bambino di questa età i genitori spiegano che si separeranno, è normale che non si opponga né si irriti come farebbe un bambino più grande, ma si mostri attento, speranzoso e indifeso.183

Percepirà, piuttosto, paure abbandoniche nei confronti dei genitori che si potrebbero manifestare attraverso problemi del sonno. Scrive, a tal proposito, Oliverio Ferraris:

“La dimensione temporale, soprattutto per i più piccoli, è diversa da quella di un adulto, per cui la frase “ci vediamo tra quattro giorni” non riesce a tranquillizzare un bambino di tre o quattro anni per il quale una giornata e una notte sono un tempo infinito”.184

La paura per la mutata situazione familiare può essere espressa, da parte di un bambino di questa ertà, anche attraverso la creazione di un mondo fantastico da intendersi come uno spazio nel quale hanno la possibilità di giocare e di raccontarsi quanto succede a suo piacere. E’ fondamentale che i genitori siano pronti ad accogliere e assecondare tali comportamenti.

E’ questa l’età dei “Perché?”. E’ quindi assai probabile che chiedano frequentemente “Perché?” di fronte a qualsiasi tentativo di spiegazione da parte dei genitori, i quali è’ necessario che utilizzino una buona dose di creatività per mantenersi, quanto più possibile, fedeli alla realtà; sarebbe dannoso, invece, raccontare false verità o verità difficilmente comprensibili.185

Per combattere l’ansia i bambini di questa età scelgono come “compagno di giochi” un oggetto a loro particolarmente caro, come un orsacchiotto; oppure possono assumere atteggiamenti aggressivi, irrequieti, che possono causare conflitti anche in ambienti esterni al nucleo familiare (è facile che all’asilo entrino in conflitto con le maestre e i compagni).186

183 N. E. Rodriguez, Aiuto! Papà e mamma si dividono. Come affrontare con intelligenza e senza traumi una separazione, Edizioni Paoline, Milano, 2007.

184 A. Oliverio Ferraris, Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori, cit., p. 53. 185 A. Coppola De Vanna, I. De Vanna, Ci separiamo. Come dirlo ai nostri figli, cit.

186 A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, Giunti

Questa è anche l’età della cosiddetta “fase edipica”, fase della crescita in cui il bambino è “innamorato” del genitore di sesso opposto. A causa di queste dinamiche particolari, se la separazione dei genitori avviene in questa fase, può accadere che, inconsciamente, il bambino desideri che il genitore “rivale” lasci la scena.

Proprio per tutte queste ragioni è opportuno che i genitori gestiscano al meglio il conflitto coniugale e la separazione per evitare che il piccolo veda realizzarsi, davanti ai suoi occhi, i suoi desideri che, anche se inconsci, potrebbero convincerlo di essere stato lui/lei la vera causa della separazione dei suoi genitori.187

Il periodo che va dai sei ai dieci anni rappresenta una sorta di limbo tra i due delicati periodi dell’infanzia e dell’adolescenza.

E’ la fase dell’età scolare; fase in cui il conflitto edipico, che ha impegnato gli anni precedenti, sta lentamente scomparendo attraverso l’identificazione con il genitore dello stesso sesso; i rapporti con i genitori diventano più neutrali e lasciano spazio al dialogo.

Sono gli anni in cui il bambino inizia la scuola elementare, lasciando il calore tipico della scuola materna.

Contrariamente a prima, anche per effetto delle regole del nuovo ambiente in cui è chiamato a trascorrere parte della sua giornata, il bambino acquisisce una maggiore autonomia, chiedendo, contrariamente a prima, rispetto e discrezione.

Adesso non vuole più essere al centro delle dinamiche familiari, ma gli interessa inserirsi nel gruppo dei coetanei, della classe; cerca di apprendere la nozione dello “stare insieme”.188

“A cinque-sette anni i bambini, sia pure con forti differenze legate al temperamento, possono mostrare chiari sentimenti di perdita e di rifiuto, essere confusi e spaventati. Il bambino, in questa di età, che sta affrontando la separazione dei genitori può mostrarsi ansioso rispetto all’organizzazione del nucleo “diviso” e fare domande circa la rinnovata quotidianità che si sta trovando ad affrontare. E’essenziale quindi evitare bruschi sconvolgimenti portando avanti, il più possibile, la “vecchia” organizzazione per dare al bambino la sensazione di una rete organizzativa rassicurante.

A questa età il piccolo può anche pensare che se il padre (o la madre) se ne è andato di casa, lasciandolo, lui non ha alcun valore. Poiché una simile deduzione ha dei

187B. Masini, M. Zani, Io non mi separo, cit.

contraccolpi negativi sull’autostima e l’immagine di sé, i genitori dovrebbero tenerla presente quando spiegano ai figli che cosa sta succedendo”.189

Un altro tipo di situazione, molto difficile da affrontare da parte di un bambino cui si prospetta la separazione dei genitori, è il conflitto di lealtà. Si tratta di una situazione di sofferenza che coinvolge non necessariamente i figli di coppie separate (o in via di separazione) ma, più in generale, i figli di famiglie in cui è presente un altissimo tasso di conflittualità; chiaramente, la cosa è più accentuata se il conflitto porta alla disgregazione della famiglia.

Per il bambino, però, è tanto normale quanto tragico sentire un forte legame con entrambi i genitori in una situazione in cui sono uno contro l’altro. Temono di tradire l’uno se dimostrano affetto nei confronti dell’altro; ed è proprio qua che si annida il conflitto di lealtà, nello sforzo di cercare di non scontentare nessuno dei due genitori. Essere obbligato a scegliere tra uno dei due è uno sforzo disumano non solo per un bambino, ma per un figlio in generale.

Purtroppo troppo spesso i figli vengono imprigionati in questo meccanismo che, a lungo andare, diventa dannoso e deleterio per ogni bambino al punto da sentirsi responsabile di quanto sta accadendo ai genitori, sviluppando sensi di colpa, sentimenti di rifiuto, d’abbandono e di paura. Se tale situazione non viene modificata potrebbe causare danni alla solidità dell’autostima del bambino con conseguente insicurezza che si manifesta con atteggiamenti di tipo asociale oppure iperattivi e/o aggressivi.190

Separazione e divorzio sembrano essere situazioni particolarmente difficili da superare per i bambini dai sette agli otto-nove anni.

“In questo periodo, la maggior parte dei bambini dà molta importanza a quello che succede nel mondo esterno, al di fuori della famiglia. Per loro, le esperienze e le soddisfazioni nel mondo reale sono tanto o più importanti di quello che succede a casa. A questa età è probabile che i bambini abbiano dei problemi per ritagliarsi un ruolo appropriato in un gruppo e scoprire le loro attitudini, le loro capacità, la loro destrezza, poiché si sentono più insicuri.

Se le infinite possibilità del mondo esterno, dall’essere un’attraente avventura, si trasformano in una sfida impossibile da superare al punto da inibire un ragazzo e risospingerlo verso l’orbita familiare, è normale che questi si faccia carico dei

189A. Oliverio Ferraris, Dai figli non si divorzia, Separarsi e rimanere buoni genitori, cit. p.54. 190 S. Cirillo, Cattivi genitori, cit.

problemi di casa sua, interpretando a modo suo gli eventi, preoccupandosi per un futuro imprevedibile che sfugge al suo controllo, avendo sempre più difficoltà per affrontare la realtà, almeno a breve termine.

In questo periodo affiorano i primi problemi morali, molti ragazzi associano la separazione dei genitori a dei segreti inconfessabili, a rimorsi o a sensi di colpa con cui sperimentano le nuove sensazioni, con particolare riferimento alla loro maturità sessuale”.191

I bambini di quest’età, quindi, tendono a vivere la separazione dei genitori come un fatto che reca in loro vergogna, poiché danno molta importanza alle opinioni altrui. Per questo motivo vogliono sempre sapere cosa pensano gli altri se i genitori si separano.

Infatti, può accadere che sfoghi la sua rabbia verso il genitore convivente se non riesce ad integrarsi in un gruppo. Cerca, in questo modo, di dimostrarsi, attraverso gesti estremi e crudeli, più sicuro.

Nonostante alcuni figli di genitori separati sembrino più indipendenti e maturi degli altri ragazzi della loro età, hanno ancora bisogno dell’affetto e dell’appoggio del padre e della madre.192 Osserva Oliverio Ferraris:

“La reazione principale è la tristezza: piangono apertamente oppure sono melanconici perché pensano al genitore assente. A questa età i bambini sono vulnerabili al senso di abbandono e possono sentirsi rifiutati dal genitore che si allontana. L’aumento della depressione e il calo dell’autostima sono il risultato tipico di questa condizione”.193

Tali fattori, a seconda del temperamento del bambino, potranno andare ad influire direttamente, e in modo negativo, sul rendimento scolastico del bambino; possono, inoltre, manifestarsi sotto forma di “disagi” fisici (emicrania, dolori intestinali, inappetenza; ma anche appetito eccessivo).194

Diversamente reagisce, di fronte alla separazione dei genitori, un ragazzo o una ragazza in età compresa tra i nove ai dodici anni circa. Relativamente a questa fascia d’età, a differenza della precedente in cui l’interesse dominante era rivolto verso il

191 N. E. Rodriguez, Aiuto! Papà e mamma si dividono. Come affrontare con intelligenza e senza traumi una separazione, Paoline Editoriale Libri, Milano, 2007, cit. pp.158-159.

192 Id.

193 A. Oliverio Ferraris, Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori, cit., p. 54. 194 N. E. Rodriguez, Aiuto! Papà e mamma si dividono. Come affrontare con intelligenza e senza traumi una separazione, cit.

gruppo, possiamo affermare che nei, pre-adolescenti, acquistano maggiore importanza le relazioni individuali.195

“Nella fase pre-adolescenziale, la maggior parte dei ragazzi sperimenta, in maniera incipiente, uno shock tra i valori ricevuti e quelli che cerca di fare propri. E’ un’età in cui sono necessari molti accorgimenti per raggiungere un equilibrio tra il comportamento disegnato e proposto dai genitori (e dagli altri adulti), e quello che il ragazzo scopre da sé. Quando si verifica una crisi familiare, i valori appresi in famiglia si disintegrano facilmente, e non è raro che i ragazzi di questa età credano di trovare il loro spazio all’esterno, come se vivendo le loro esperienze avessero la garanzia di maturare in qualche aspetto”.196

Se nelle fasi precedenti della crescita, di fronte alla separazione dei genitori, il bambino si mostrava triste, adesso, invece, la rabbia prende il sopravvento, in particolar modo nei confronti del genitore che è considerato il responsabile della divisione.

Il “quasi” adolescente può arrivare anche ad allearsi con uno dei due e attribuendo all’altro tutta la colpa. Oppure può provare sensi di colpa legati al dubbio di non aver fatto abbastanza per tenere unita la coppia.

In taluni ragazzi si possono manifestare difficoltà nel relazionarsi con gli amici, altri si vergognano di parlare della separazione poiché desidererebbero essere come gli altri e si vergognano di ogni diversità; altri ancora, invece, si rendono conto di non essere gli unici ad avere genitori separati.197

Quando colpa e vergogna toccano picchi molto elevati, in un ragazzo di questa età, può accadere che tali sentimenti alimentino l’insorgere di disturbi alimentari, quali l’anoressia, che può comparire, per la prima volta, intorno ai nove anni ed esplodere poi in piena pubertà. Attraverso i comportamenti legati ai disturbi alimentari, un pre- adolescente può attirare l’attenzione del genitore assente oppure può manifestare la rabbia verso il genitore considerato responsabile della separazione.

“L’atto del nutrirsi, man a mano che il bambino cresce, tende a rivestirsi di significati simbolici dei quali, ovviamente, egli non è consapevole. Tali valenze simboliche raggiungono un acme proprio nella fase dell’adolescenza, quando il cambiamento corporeo procede, così come quello del mondo interno, in maniera irregolare e priva di

195 Id.

196 Id., pp. 167-168.

modulazioni, con repentini balzi in avanti e frequenti momenti di stasi se non di blocco. Nutrirsi può significare, allora, tentare di riempire un vuoto esistentivo vissuto come incolmabile; mentre rifiutare il cibo può celare il desiderio di affermare il primato della mente rispetto al corpo, di farsi liberi dai bisogni materiali, e, in senso ancora più traslato, dalla propria fragilità umana. Rifiutare il cibo può significare, infine, illudersi di farsi immortali”.198

4.2.2 L’adolescenza.

Con l’entrata nell’adolescenza i ragazzi non hanno terminato di crescere ma, per certi aspetti, sono adulti a tutti gli effetti, potenzialmente capaci di sopravvivere da soli di procreare, di allevare e proteggere i propri figli.

Tuttavia, gettando un rapido sguardo alle dinamiche interne alla nostra società, è possibile osservare come quest’ultima non favorisca l’esercizio di tali funzioni; anzi, sembra piuttosto, che si prolunghi oltre i venti anni di vita degli adolescenti di oggi.

“L’età di mezzo tra la fanciullezza e la maturità tende nelle società avanzate a protrarsi sempre più a lungo, sino a superare ampiamente il secondo decennio di vita.