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La sindrome da alienazione genitoriale (PAS).

I figli e il divorzio

4.1 Gli effetti sui figli del conflitto e della separazione genitoriale.

4.1.1 La sindrome da alienazione genitoriale (PAS).

Situazioni conflittuali non risolte all’interno di un nucleo familiare, separazioni, divorzi e lotte senza scrupoli per l’assegnazione della prole sono tutti fattori che hanno generato un nuovo quadro relazionale tra madre, padre e figli.

Può accadere, infatti, che tali situazioni generino, nelle persone, stati d’animo tali per cui si possa intravedere gli estremi per l’identificazione di una vera e propria patologia relazionale; più precisamente si sta facendo rifermento alla sindrome di alienazione genitoriale (PAS).

Uno dei più famosi studiosi di tale sindrome è lo psichiatra, studioso e sostenitore dei diritti dei minori, Richard Gardner. Secondo Gardner la PAS insorge quando:

“[…]in seguito al divorzio, un genitore affidatario istiga con la manipolazione i figli contro l’altro genitore”. 136

Egli osservò che tale fenomeno insorge anzitutto nelle madri.

Dal canto loro, i figli, immersi in una realtà troppe volte profondamente conflittuale e a causa del condizionamento subito da uno dei due genitori, vengono progressivamente condotti a rifiutare l’altro genitore e a respingerlo in maniera sistematica senza un motivo apparente e logicamente valido che giustifichi tale situazione.

Forme acute (a tratti ossessive) di tale sindrome fanno sì che il genitore alienante miri intenzionalmente a distruggere il rapporto tra il figlio e l’altro genitore. Tali soggetti vengono definiti dallo psicologo Douglas Darnall “alienatori ossessivi”.137

“Gli alienatori ossessivi, invece, mirano intenzionalmente a distruggere il rapporto fra il figlio e l’altro genitore. Essi non riescono a separare i sentimenti negativi che nutrono nei confronti dell’altro genitore dal rapporto con il figlio. Si convincono che l’altro genitore sia pericoloso e che sia loro dovere salvare i figli da quest’ultimo. […]. L’alienatore ossessivo ha come obiettivo di schierare i figli completamente dalla sua parte escludendoli dal rapporto con il genitore oggetto di alienazione ed aspira ad

136

A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, Giunti Editore, Firenze, 2010, p. 15.

137 A. Vanni, Figli nella tempesta. La loro sofferenza nella separazione e nel divorzio, San paolo

inculcare nei figli gli stessi sentimenti e le stesse opinioni che lui nutre nei confronti dell’altro genitore”.138

Secondo Gardner la sindrome di alienazione genitoriale si manifesta con otto sintomi principali:

1. Il genitore alienante mette in atto una vera e propria campagna denigratoria nei confronti dell’altro genitore per cui il bambino risulta ossessionato dall’odio nei suoi confronti. Il bambino arriverà ad odiare e temere il genitore che un tempo amava e stimava, quasi come se il passato e il rapporto che si era instaurato dalla nascita non fossero mai esistiti.

2. Il genitore alienante adduce motivazioni futili, debole e assurde per giustificare il biasimo nei confronti del genitore alienato.

3. Il bambino non nutre sentimenti ambivalenti nei confronti dei genitore alienante; dimostra, piuttosto, un appoggio istintivo nei confronti di quest’ultimo, denigrando completamente l’altro genitore.

4. Il quarto criterio è quello che viene definito da Gardner come il “fenomeno del pensatore indipendente”; tale sintomo sta ad indicare il fenomeno per il quale i bambini PAS sono fermi nel sostenere che la decisione di rifiutare l’altro genitore sia scaturita da loro.

5. I bambini PAS dimostrano di non provare sensi di colpa per la scarsa sensibilità con cui gestiscono il loro rapporto con il genitore alienato; ma anzi, vivono nella convinzione che quest’ultimo sia un individuo spregevole e che, in quanto tale, non merita di essere trattato con rispetto.

6. I bambini PAS mostrano un appoggio automatico, istintivo nei confronti del genitore alienante.

7. I bambini PAS, quando muovono accuse verso il genitore alienato, utilizzano espressioni e pensieri interamente “prese in prestito” dal genitore alienante, senza comprenderne realmente il significato.

8. I bambini PAS non dimostrano ostilità soltanto nei confronti del genitore alienato ma anche verso tutta la cerchia familiare di quest’ultimo (nonni, zii, cugini ecc.).139

138 A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, cit. 139 A. Vanni, Figli nella tempesta. La loro sofferenza nella separazione e nel divorzio, cit.

Secondo lo studioso, tale fenomeno, si presenta quasi unicamente quando, nelle situazioni di separazione e/o divorzio, il genitore affidatario istiga con la manipolazione i figli contro l’altro genitore; e che tale manipolazione sia perpetrata, quasi unicamente, dalle madri ai danni dei padri. Studi successivi, come ad esempio quello condotto da Baker nel suo libro “Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli”, confutano tali aspetti delle ricerche condotte da Gardner, dimostrando che anche i padri, spesso, ricoprono il ruolo di genitori alienanti; che tale sindrome, talvolta, si manifesta anche in famiglie intatte e che, sebbene il caso tipico prevede che l’alienazione venga messa in atto quasi esclusivamente dal genitore affidatario, ciò non costituisce l’unico scenario. Infatti, l’alienazione, può essere portata avanti anche dal genitore non affidatario, sia esso il padre o la madre, specie se le visite del bambino sono frequenti.140

Sulla base di tre modelli individuati da Baker (Modello 1: madre narcisista in famiglie con genitori divorziati – Modello 2: madre narcisista in famiglie intatte – Modello 3: Genitore alienante rifiutante/violento) osservando la grande varietà di esperienze di famiglie “afflitte” da PAS, è possibile fare alcune considerazioni. Ciò che, in qualche modo, accomuna i tre modelli sopracitati, sulla base delle descrizioni fornite dei genitori alienanti, è che gran parte di essi sono afflitti da disturbi di personalità; in particolar modo si è riscontrato che la maggior parte di essi soffra di un disturbo di personalità appartenente al cluster B, ovvero disturbo istrionico, narcisistico, antisociale, borderline, caratterizzati da emotività, melodrammaticità e imprevedibilità.

Un altro tratto comune ai tre modelli di alienazione genitoriale è il ricorso a strategie ben precise adottate dai genitori alienanti le quali presupponevano un’istintiva comprensione da parte di questi ultimi che per attuare la PAS fosse necessario alimentare nei figli la convinzione che il genitore alienato fosse indisponibile dal punto di vista emotivo e fisico, in modo che essi smettessero di cercare qualsiasi tipo di contatto con lui. Esaminando tutto ciò alla luce della teoria dell’attaccamento di Bowlby è possibile affermare che le strategie attuate dai genitori alienanti, ostacolano il legame di attaccamento già esistente o in via di sviluppo fra il figlio e il genitore alienato.

“Secondo Bowlby (1969), i bambini piccoli sviluppano un forte legame emotivo con i propri genitori, il cui scopo è garantire loro la sicurezza inducendoli a cercare la vicinanza dell’adulto allevante in presenza di segnali di pericolo. […]. Se questa è “responsiva” nelle diverse contingenze alle sue richieste di conforto, il piccolo imparerà a fidarsi e continuerà in futuro a cercare conforto in essa.

Gli studi condotti da Mary Ainsworth e colleghi hanno dimostrato che, quando la figura di attaccamento non è costantemente disponibile in termini emotivi e fisici, il piccolo sarà ansioso nel cercare conforto se il genitore è disponibile in modo imprevedibile, oppure, se il genitore è indisponibile in modo prevedibile, imparerà che non può contare su di lui e cesserà di cercarlo”.141

Prima di esaminare alcune delle molteplici strategie messe in atto per alienare i figli da un genitore è utile ricordare che la PAS abbraccia un’ampia gamma di strategie e comportamenti; quindi, non esiste una formula universale alla quale ricorrono tutti i genitori alienanti. Tuttavia, secondo la teoria di Gardner, la maggior parte di essi ricorre, in prima istanza, alla maldicenza anche se essa, da sola, non può essere sufficiente a mettere in atto l’alienazione.

Attraverso il ricorso alla maldicenza, il genitore alienante, crea nel figlio un’impressione negativa del genitore alienato, portandolo a credere che quest’ultimo sia una persona inaffidabile, indegna del suo amore e della sua devozione.

Anche limitare i contatti con il genitore alienato e sminuirne il ramo parentale è una strategia efficace per istigare i figli contro quest’ultimo; in questo modo si indebolisce il legame tra il figlio e il genitore alienato, riducendo la possibilità che le maldicenze vengano contrastate.

“Parlando della sua famiglia, Kate ha riferito: <<Ogni mercoledì sera dovevo cenare con lui ma mia madre cominciò ad impedirmelo>>”.142

“<<Quando ero piccola mia madre era categorica sul fatto che mia nonna (paterna) fosse una persona malvagia>>”.143

Sottoporre i figli ad un ricatto morale è un'altra strategia adottata dai genitori alienanti:

141 A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, cit.,

pp79-80.

142 Id. p. 84. 143 Id. p. 94.

“<<Mia madre si infuriava se, ad esempio, mio fratello ed io mostravamo dell’affetto per nostro padre>>”.144

Il genitore alienante, non volendo che il figlio mantenga i rapporti anche con l’altro genitore, tenta di indurre ansia nei figli rifiutando il loro bisogno di affetto; in tal modo i bambini vengono sottoposti ad uno sforzo ulteriore per tentare di compiacerli, accrescendo la sua dipendenza dal genitore alienante e, contemporaneamente, allontanandosi sempre di più dal genitore alienato.

Altre strategie messe in atto dai genitori alienanti comprendono: distruggere lettere, regali e fotografie del genitore alienato; dire al genitore alienato che il figlio non lo ama; non permettere al figlio di portare a casa regali del genitore alienato; accusare il figlio di essere troppo legato al genitore alienato; questi sono una parte della serie di comportamenti che un genitore alienante può mettere in pratica per perseguire il suo scopo poiché, come è stato detto in precedenza, la PAS abbraccia un’ampia serie di comportamenti. Tuttavia, ogni strategia di alienazione, concorre ad infondere nel figlio la convinzione manichea che il genitore alienante è l’unico genitore che lo abbia a cuore mentre l’altro, il genitore alienato, deve essere disconosciuto.

Con l’avanzare degli anni, solitamente, si maturano consapevolezze, si riesce a riconoscere la realtà e le persone che ci circondano con una capacità maggiore e, in taluni casi, è possibile anche che un buon numero di individui prenda coscienza di essere stati alienati da un genitore ad opera dell’altro. E’ possibile, inoltre, che la consapevolezza di ciò coincida con il riconoscere gli effetti di tale alienazione. Raccogliendo le varie testimonianze di individui, ormai adulti, consapevoli di essere stati vittime di genitori alienanti, Baker ha riscontrato la presenza di alcuni effetti a lungo termine, comuni a più persone, causati dalla PAS.

In primo luogo si riscontrano, tra i figli adulti della PAS, problemi di autostima più o meno gravi; questo accade perché i bambini interiorizzano l’odio per il genitore alienato:

“Tale processo trova spiegazione nell’ambito della teoria delle relazioni oggettuali secondo la quale l’ ”oggetto cattivo” è concepito come il risultato di una introiezione nella visione che il bambino ha di sé”.145

144 Id. p. 85.

145A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, cit., p.

Percependo il genitore “cattivo” come parte di sé, i bambini si convincono di essere “cattivi” anche loro; e se il genitore alienante demonizza a tal punto l’altra figura genitoriale, il bambino, sentendosi estremamente simile a quest’ultimo, inizierà a sentirsi rifiutato:

“Penso che quando istighi un bambino contro un genitore, quel bambino senta…che provieni da quel genitore, lo assorbi interiormente e lo ritorci contro te stesso. Perciò sapere che ero come mio padre diminuì molto la mia autostima. […]. Non sono il tipo che la mattina balza giù dal letto pronta ad affrontare la giornata con un sorriso. Mia madre lo fa e mio padre no. Così si può dire che sotto questo aspetto sono simile a mio padre, e mia madre mi diceva: <<Sei proprio come tuo padre. Sempre di cattivo umore la mattina.>> Tutti quegli aspetti che io pensavo fossero simili a mio padre mi facevano star male perché lei lo criticava così tanto. Se ero come lui come poteva andar bene?”.146

Tra le varie testimonianze sono stati riscontrati anche importanti episodi di depressione comparsi in età adulta:

“Penso di aver perduto due genitori. Penso che il modo in cui lei affrontò le cose fosse incredibilmente ingenuo. Lei credeva che l’avremmo rifiutata preferendole nostro padre, soprattutto io perché avevo un forte legame con lui. Era spaventata da questo rifiuto. Non so se sono depressa, ma ci sono volte in cui non riesco a funzionare. Non riesco ad alzarmi dal letto o andare a lavorare; sto così per giorni ed è veramente difficile”.147

Altri ancora sono ricorsi, nella prima età adulta, al consumo e all’abuso di di droghe e alcol, per sottrarsi al dolore della perdita del genitore e al dolore che scaturiva dal conflitto con il genitore alienante.

Anche la mancanza di fiducia in se stessi e negli altri è un tema ricorrente nei figli adulti, un tempo vittime della PAS. Alcuni di loro, infatti, provano un senso di incertezza riguardo alla propria percezione degli altri, poiché erano stati abituati fin da piccoli ad avere come riferimento affettivo un genitore che dipingeva l’altro come un individuo malvagio, pericoloso e degno di disprezzo. Questa forte mancanza di fiducia negli altri e nella propria capacità di prendere decisioni e affermarsi nella

146A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, cit.,

p.205.

vita, scaturisce dal fatto che, già dall’infanzia, essi vivevano un forte conflitto tra quella che era la loro percezione del mondo e le opinioni che venivano loro inculcate dal genitore alienante. Crescendo, queste persone, acquisirono la consapevolezza di essere stati manipolati:

“Tutto quello che pensavi non è ciò che pensavi che fosse. Io non mi fido. Si pensa che ci si dovrebbe fidare dei propri genitori. Dovrebbero darti amore, attenzione e sostegno. Se un genitore accusa l’altro, è una cosa che ti distrugge. Io sono stato istigato da un genitore contro l’altro ed ho imparato a non fidarmi; sono diventato così e non riesco a fidarmi degli altri, ad avere fiducia negli altri”.148

Tutti gli effetti poco sopra menzionati hanno fatto sì che si registrasse, in più soggetti adulti, vittime un tempo della PAS, il fallimento del loro matrimonio; questo accadeva anche perché essi tendevano a scegliere un compagno di vita che presentasse notevoli somiglianze con il genitore alienante, ovvero una persona tutt’altro che altruista, priva di empatia e maniaca del controllo sui figli:

“Il mio ex marito è una persona orribile. Il mondo deve girare intorno a lui, infatti è quasi una copia di mia madre, e il buffo è che me ne sono resa conto solo in seguito. Lui si sente al centro di tutto, al punto che se stavo con il bambino si arrabbiava perché non stavo con lui”.149

Un’altra conseguenza particolarmente dolorosa della PAS riguarda l’alienazione, dai loro stessi figli, di molti degli adulti odierni, un tempo vittime anch’essi della PAS. Una probabile causa di ciò si può rintracciare, di nuovo, nel fatto che queste persone hanno scelto come compagno della loro vita una persona con le stesse caratteristiche del genitore che li aveva alienati.

La PAS, in conclusione, distrugge il ruolo delle figure genitoriali, quali educatori e linee guida per il figlio e attribuisce al bambino/ragazzo una responsabilità troppo difficile da sopportare: quella di scegliere tra l’uno o l’altro genitore; quella di gratificare uno e, soprattutto, condannare all’infelicità l’altro genitore. E questo, per un figlio, è senza dubbio la prova più difficile da affrontare.

148 A. Baker, Figli divisi. Storie di manipolazione emotiva dei genitori nei confronti dei figli, cit.,

p.214

La sindrome di alienazione parentale, quindi, comporta il fallimento dello sviluppo emotivo del bambino e della funzione educativa dei genitori i quali, a causa dell’incontrollato procedere del conflitto, perdono di vista il loro compito primario. E’ sulla base di ciò che si insiste nuovamente con il dire che, in una fase delicata per la famiglia quale è la separazione, è fondamentale salvaguardare il legame tra i due genitori, cercando di mettere da parte i rancori e non lasciandosi guidare solo ed esclusivamente dalla rabbia. Serve, in prima istanza, agli ex coniugi, a farli riflettere e ad aiutarli ad uscire il più indenni possibile da quella situazione, alimentando la speranza di poter costruire nuovi legami; e, inoltre, è molto importante per evitare che la situazione influisca negativamente sulla vita dei propri figli.