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DALLA TRASPARENZA ALL’EDUCAZIONE FINANZIARIA: PROFILI PROBLEMATIC

DALLA TRASPARENZA ALLA CONSULENZA

INTERNAZIONALI E PROVVEDIMENTI DELLE AUTHORITIES

3. DALLA TRASPARENZA ALL’EDUCAZIONE FINANZIARIA: PROFILI PROBLEMATIC

L’idea della educazione finanziaria, ossia la volontà di creare un consumatore

cosciente al fine di ridurre al minimo il gap informativo-conoscitivo tra lo stesso e

l’intermediario, prova a porsi come rimedio ad una triste realtà: la trasparenza finanziaria ha fallito il compito per la quale era stata creata.

Secondo un’inchiesta condotta dall’associazione dei consumatori Altroconsumo condotta nel 2012 sull’effettivo recepimento del d.lgs. 141 del 2010,

i risultati hanno dato esito negativo197 con la conseguenza di far dichiarare

all’associazione che “al nuovo quadro normativo più esigente sul fronte della

correttezza e preparazione specifica degli operatori oltre che alla trasparenza dell’offerta, non corrisponda la realtà fotografata dall’indagine”198.

197 Su 182 offerte di prestiti finalizzati all’acquisto di un elettrodomestico, di un mobile o di un attrezzo sportivo, nel 62% dei casi gli addetti alla vendita non hanno comunicato il Taeg, l’indicatore sintetico ed effettivo di costo, o ne hanno fornito uno sbagliato.

Nel 78% dei casi il modulo europeo per le informazioni sul credito al consumo (Ebic) non è stato consegnato al consumatore

198 “Le possibilità di rateizzazione sono state presentate in modo frettoloso, con indicazioni

sommarie o del tutto assenti, come nel caso del Taeg non dichiarato 44 volte su 182 (24% dei casi). Le informazioni sul recesso sono state date solo in un caso, a voce e il contratto non è mai stato consegnato in nessuno dei 180 negozi. La preparazione degli addetti al credito al consumo è un passaggio fondamentale affinché i prestiti avvengano in modo attento e responsabile. Tutto il

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Emerge dunque un quadro esattamente opposto rispetto a quello che la normativa comunitaria (prima) e nazionale (poi) hanno cercato di (almeno) ridurre, senza grossi miglioramenti.

Una volta constatato come “non è pensabile che la regolamentazione possa

garantire una protezione totale o assoluta del risparmiatore/investitore”199 senza

prima dotarlo di una conoscenza per evitare di essere alla mercé dell’intermediario, prima organismi internazionali poi le autorità di settore, hanno cercato di accrescere il senso di autoresponsabilità dell’investitore, priorità “lungi dall’essere definita dal

legislatore come dovere giuridico”200, al fine di rendere il consumatore in grado di

gestirsi da solo nei meandri della disciplina bancaria e finanziaria.

Le stesse conclusioni cui giunge l’associazione Altroconsumo, ossia quella di un “consumatore più consapevole”, a dimostrazione della spinta verso un passaggio da una tutela della trasparenza ad una autotutela (educazione finanziaria); in effetti

sistema ne guadagnerebbe: si potrebbero così ridurre le percentuali di insofferenza, il più delle volte conseguenza della scarsa consapevolezza del prestito che si sta realizzando o di valutazioni affrettate. Consumatori più consapevoli, prestiti adeguati, sistema meno insofferente”.

199 CARDIA lo affermava già prima delle disposizione della Banca d’Italia in materia di trasparenza, in un intervento del 14 Marzo 2005, Tutela del risparmio e competitività della piazza

finanziaria, in www.consob.it.

200 PARACAMPO, Il ruolo dell’educazione finanziaria nella recente disciplina del mercato

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la trasparenza, che ha il suo perno nell’informazione, può facilmente degenerare in sovrainformazione, lesiva quanto la totale ignoranza o forse in misura maggiore; qualcosa che non si conosce può mancare, ma la tentazione vera può arrivare solo da qualcosa di cui si è almeno sentito parlare, il problema è da chi e quanto.

Sapere poco e male è peggio di non sapere!

Le scelte economiche lesive non vengono fatte in assenza di informazioni, ma in possesso di nozioni errate o comunque non idonee a ponderare razionalmente le

varie opportunità201 e possono essere facilmente strumentalizzate da chi ha

conoscenze superiori.

Pertanto l’educazione finanziaria dovrebbe quantomeno provare a rispondere a due ordini di problemi (in cui la trasparenza nulla può): il primo riguarda il target; invero non può essere negato che una delle difficoltà del sistema finanziario (nelle sottospecie mobiliare, bancario e assicurativo) sta nel raccogliere gli interessi di

201 Sulla scia di quanto detto vedi MOTTERLINI, Economia emotiva. Che cosa si nasconde

dietro i nostri conti quotidiani, Rizzoli, 2009, pag. 245 che precisa “a cacciarci nei guai non è tanto ciò che non sappiamo, quanto ciò che crediamo di sapere e non è così. Accettare gli errori per fare meno errori significa pertanto riconoscere onestamente i propri limiti senza assumere di avere capacità cognitive che gli esseri in questo mondo non possiedono. Significa studiare i casi in cui la nostra emotività quotidiana sembra averla vinta, imparare ad identificarne i tranelli e mettere a punto scelte economiche e sociali che ne tengano responsabilmente conto. Così facendo eviteremo anche di finire sfruttati da chi della nostra fragilità emotiva e dalla nostra razionalità limitata volesse trarne cinicamente vantaggio”.

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fasce eterogenee di clientela, diversa sia dal punto di vista patrimoniale che dal

punto di vista conoscitivo202; questo era uno degli obiettivi che si era prefissata la

normativa della trasparenza, prima dividendo in fasce la clientela e poi delineando una trasparenza specifica per la categoria considerata più debole, il consumatore (e nei servizi di pagamento la microimpresa).

Il secondo ordine di problema riguarda di nuovo il consumatore “convinto di sapere” poiché formatosi tramite lettura on-line utilizzando blog o social network; se l’innovazione tecnologica ha avuto, tra i suoi meriti, quello di rendere accessibile a chiunque nel lasso di tempo di un clic notizie prima sapute da pochi o comunque introvabili (a mio parere oggi non esiste più niente che non possa essere trovato con mezzi adeguati), la stessa innovazione tecnologica ha aumentato la disinformazione e il pressappochismo permettendo a chiunque di poter scrivere di materie ontologicamente difficoltose (come il settore trattato) e mescolarle a notizie e nozioni vere; se l’esperto non ha difficoltà a filtrare le informazioni su internet

sapendo cosa acquisire e cosa stralciare, il consumatore si trova disorientato203; tale

status, come già detto, diventa peggiorativo nel momento in cui quello stesso

soggetto crede di sapere, con conseguenze che potrebbero portarlo a danni patrimoniali più che considerevoli.

202 Sono due profili intersecabili tra loro, in quanto non è affatto detto che un benestante sia un conoscitore della materia e viceversa.

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