LA TRASPARENZA NEL CREDITO AL CONSUMO
1. IL TENTATIVO DI ARMONIZZAZIONE MASSIMA DELLA DIRETTIVA 2008/48/CE
Alla luce dei problemi sopra esposti, ampliati dalla crisi del 2007 generatasi in particolar modo dalle vicende legate ai mutui subprime e da un clima di sfiducia generale della collettività in istituti bancari e finanziari, rei di aver collocato nei portafogli di milioni di risparmiatori obbligazioni di banche come la Lehman
Brothers (rimasti ad alto rating fino al giorno prima della dichiarazione di
bancarotta della stessa)74, il Parlamento Europeo approva la direttiva 2008/48/CE
mosso dalla volontà di aumentare il ricorso al credito del rischio e creare una normativa di armonizzazione massima, come emerge dai Considerando della stessa.
Delle innovazioni rispetto al disciplina previgente75 vi sono, come la volontà
di tutelare l'operazione di erogazione del credito, verificando la finalità di consumo prevedendo che la Banca possa sospendere il diritto di utilizzare il credito da parte
74La giurisprudenza si è più volte espressa sulla “imprevedibilità” del crack della Lehman
Brothers, esimendo gli intermediari da responsabilità verso gli investitori in quanto “il
mantenimento di un rating elevato fino al giorno della dichiarazione d’insolvenza rende palese che il mercato finanziario non ha mai avvertito, prima dell’irreparabile, i sintomi del default, con la conseguenza che non può rimproverarsi alla banca di non aver previsto il default di Lehman
Brothers”. Su tutte Trib. Torino del 10-06-2014; Trib. Bologna 3-6-2014 entrambe in expartecreditoris.it
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del consumatore76, creando analogia con la fattispecie contrattuale del mutuo di
scopo. La dottrina appare dubbiosa sul punto, interrogandosi sulla non comparabilità causale del mutuo di scopo rispetto al credito al consumo per il quale, non solo non esiste un'autonoma fattispecie causale (come per il mutuo di scopo), ma risulta arduo verificare ex-post quale è stato l'utilizzo del credito fatto dal
consumatore del credito concessogli77; sul punto è concorde anche la
giurisprudenza di merito78.
Quello che più interessa della direttiva è la regolamentazione, per la prima volta, di obblighi informativi e pubblicitari riferiti al costo del credito, ossia “qualsiasi pubblicità relativa ai contratti di credito la quale indichi un tasso di
interesse o qualunque altro dato numerico ad esso riguardante”79. Il problema si
pone dall'interpretazione testuale dell'articolo 5, dove nel delineare quelle “informazioni necessarie per raffrontare le varie offerte al fine di far prendere al
76Considerando 33 e art 12.
77MODICA, Il contratto di credito ai consumatori nella nuova disciplina comunitaria, in
Europa e diritto privato, fasc. 3, 2009, pag 790. CASTRONOVO, MAZZAMUTO, Manuale di diritto privato europeo, Milano, 2007.
78Trib. Verona 18 Luglio 2012 che afferma “Il contratto di credito al consumo, pur caratterizzandosi per la presenza di una clausola di destinazione nel contratto di finanziamento, non è riconducibile alla diversa categoria del mutuo di scopo, ma si inserisce in un’autonoma categoria di collegamento negoziale necessario (con il contratto finanziato), di derivazione legale”.
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consumatore una decisione con cognizione di causa in merito alla conclusione di un contratto di credito” che l'intermediario deve comunicare al cliente, si legge “se
del caso” a dimostrazione della non vincolatività dell'informativa precontrattuale80
e della sua appartenenza alle pratiche commerciali scorrette81 poiché il target della
norma è un gruppo indefinito di consumatori; questo vuol dire che qualora un consumatore fosse stato indotto in errore o avesse assunto una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso, avrà a disposizione la tutela amministrativa di cui all'art. 27 del codice del consumo, sotto l'ala protettiva dell'AGCM. Questo però genera una discrasia, nel senso che non si parla di un rimedio precontrattuale o contrattuale dovuto alla stipula dello stesso con informazione viziata, ma di un rimedio amministrativo esperibile ogniqualvolta la pratica commerciale scorretta sia posta in essere, nonostante il contratto non venga stipulato.
Altro elemento che, insieme alla trasparenza e agli obblighi informativi, dovrebbe garantire l'utilizzatore da eccessivi rischi debitori è la disciplina della valutazione del merito creditizio, finalizzata ad una responsabilizzazione del consumatore che assume il debito e del finanziatore che eroga il credito.
80Facendo così dubitare che si possa realmente parlare di informativa precontrattuale. CARRIERO, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: linee di indirizzo, questioni
irrisolte, problemi applicativi, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, 2009.
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Sul punto la dottrina appare perplessa, non tanto della idea di fondo quanto nella concreta applicazione dei suddetti principi, in special modo nei punti in cui non si preveda una regolamentazione europea self-executing, ma viene lasciata libertà di attuazione ai singoli Stati membri; non convince poi il non obbligo di verifica del merito creditizio da parte del creditore che, se anche compiesse valutazioni preliminari attingendo informazioni sul cliente, non sarebbe ad esse
vincolate nell'erogazione del credito82.
La direttiva 2008/48/CE, pur mossa dal lodevole intento di voler, in primis, creare una disciplina uniforme negli Stati europei al fine di evitare discrepanze contrarie ad una visione eurocentrista dell'economia (non solo bancaria), non riesce a dare attuazione alla armonizzazione massima che si era prefissata, finendo in una armonizzazione solo minimale. Si prevede infatti che gli Stati non possano modificare o introdurre discipline diverse da quelle regolate dalla direttiva, ma ad un'attenta analisi le forme di attuazione e sanzione per ogni fenomeno in essa regolato (informazione, trasparenza e merito creditizio) devono essere previste dagli Stati nazionali con la logica conseguenza di diversificare tipologia ed impatto di dette disposizioni.
82Si veda sul punto DE POLI, Gli obblighi gravanti sui creditori nella fase anteriore e
posteriore del contratto e le conseguenze della loro violazione, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, a cura di De Cristofaro, Torino, 2009. MODICA, op. cit. pag. 807 e ss.
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Infine può essere, ed è stato, rilevato che la Direttiva in questione non ha come
ratio decidendi la tutela del consumatore, non è mossa dalla volontà di ridurre la
pericolosità per una categoria notoriamente a rischio di vessazioni da parte di istituti di credito, ma sembra agire nell'intento di garantire serietà, uniformità e trasparenza
latu sensu contrattuale in capo all'intermediario, lasciando però il lato attivo del
consumatore alla discrezionalità legislativa del singolo Stato83.
83CARRIERO, Autonomia privata e disciplina del mercato: il credito al consumo, Torino, 2007, pag. 248, che sosteneva già prima dell'emanazione della direttiva come “la funzionalizzazione dell'autonomia privata procede a senso unico nel favorire principalmente gli interessi degli attori del mercato. DE CRISTOFARO, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo, in La nuova