DALLA TRASPARENZA ALLA CONSULENZA
INTERNAZIONALI E PROVVEDIMENTI DELLE AUTHORITIES
4. LA TRASPARENZA COME CONSULENZA: conclusion
Il punto conclusivo, alla luce della trattazione della disciplina della trasparenza del consumatore, dell’educazione finanziaria e della consulenza è una domanda da porsi nella fase finale dell’indagine sin qui svolta: la normativa sulla trasparenza del consumatore, magari rinforzata da interventi settoriali di educazione finanziaria (della quale a livello di legislazione superiore non c’è traccia) possono permettere al consumatore di ridurre davvero le asimmetrie informative, fargli prendere conoscenza del mercato in questione e farlo camminare sulle proprie gambe?
Alla luce delle (poche) esperienze e delle (molte) letture fatte, sono propenso a credere nell’impossibilità oggettiva di rendere il consumatore un soggetto non più debole né bisognoso di tutela; ritengo, mio modesto parere, che sia una sfida persa in partenza per una buona dose di motivazioni.
In primis la stessa affermazione riscontrabile in un qualunque manuale: il
settore finanziario, qualunque sottodisciplina si prenda in esame, è ontologicamente complesso, quella complessità tendenzialmente indefinibile, in quanto l’estrema velocità di cambiamenti, la varietà di strumenti o prodotti bancari e finanziari, le innovazioni improntate ad un mercato globale e non da ultimo la molteplicità di interessi in gioco non permettono (a vantaggio ovviamente di pochi soggetti, tutt’altro che interessati ad una diffusione di massa di notizie) ad una categoria debole di poter essere veramente indipendente e coscienziosa; invero il lucro sta
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proprio qui: più la controparte è ignorante (nel senso letterale di non conoscere) più potrà facilmente essere manovrata.
Questo principio è sempre esistito, non solo in ambito bancario, ma ovunque circolino quantitativi rilevanti di denaro e dubito che la trasparenza o l’educazione finanziaria possano minare questo equilibrio/squilibrio.
In secondo luogo ci sono ragioni connaturate alla natura dell’uomo, cui facevo riferimento sopra, come la pigrizia e la saccenza. Da una parte vi sono individui che non sono realmente interessati ad apprendere la materia in questione, neanche a saperne qualcosa in più rifiutando di capire e di cominciare ad addentrarsi realmente negli intricati meccanismi della disciplina; preferiscono invece affidarsi a persone (professionisti) di loro conoscenza in grado di gestire loro compiutamente investimenti, rapporti con le banche e polizze assicurative; costoro, che ovviamente partono da solide basi reddituali alle spalle, non hanno e non avranno mai l’interesse di apprendere informazioni, ergo non saranno mai interessati ad una disciplina specifica sull’educazione finanziaria. Dall’altro lato l’individuo saccente è lo stesso che, dopo qualche nozione appresa in un forum o su Wikipedia, scaricato simulazioni di finanziamenti e letto che giocando in borsa nel trading on line con società di brokeraggio informatico come Plus 500 si guadagna “un sacco di soldi in un giorno”, affascinato dal successo ottenuto nelle versioni demo, proverà a muovere i primi passi da solo convinto di avere la situazione sotto controllo; nel migliore dei casi dopo le prime perdite smetterà. Anche questo tipo di categoria preferirà di gran lunga la “via facile” su reti telematiche, piuttosto che un percorso
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formativo lungo e calibrato sul quantum di difficoltà della materia stessa, ossia non trarranno beneficio da un’educazione finanziaria.
Il terzo problema è l’educazione finanziaria vera e propria. Per quanto sia convinto che, per chi poi decide di usufruirne, nozioni maggiori in ambito bancario possano sicuramente risultare utili in chiave di comprensione, di ragionamento e nella capacità di fare domande utili e pertinenti senza annuire in stato di confusione totale, questa non può riassumersi in figure didascaliche o slides all’interno dei siti delle authorities; questo è ridurre al minimo il concetto di informazione e cancellare completamente l’idea di far comprendere, posta alla base della normativa sulla trasparenza. Il percorso formativo dovrebbe essere sviluppato sul lungo periodo, in istituti scolastici almeno per le generazioni successive secondo la logica non di far temere ai giovani i contraccolpi che il mercato del credito può dare, ma cominciare a far luce in un settore che chiunque, prima o poi, dovrà affrontare (non solo chi lo sceglierà come carriera professionale).
Infine, il clima di sfiducia generatosi a seguito della crisi ha contribuito ad allontanare la collettività non solo dalla fiducia nelle banche ma dalla volontà di comprendere la logica che sta dietro le scelte degli intermediari. In questo clima si è visto il proliferare di società che gestiscono l’antiusura, antiriciclaggio, anatocismo, derivati su finanziamenti, pagate a percentuale su ciò che riescono a riottenere dalla banca, molto spesso evitando le controversie giudiziali. Il nocciolo della conoscenza del consumatore (del cliente) sta proprio qui: rendersi conto subito del tipo di contratto che si sta firmando, della presenza di clausole vessatorie, della
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presenza del Taeg, del tasso del mutuo immediatamente percepibile e non influenzato da variazioni di sottostanti, rendendo inutile il servizio di queste società, o almeno cercare di ridurlo. Il proliferare delle stesse altro non è che il segno indelebile del fallimento della trasparenza e allo stesso modo dell’educazione finanziaria (almeno per come diffusasi in Italia).
Partendo proprio da questo scenario di impossibilità per il consumatore di abbattere le asimmetrie informative da solo ed arrivare ad una conoscenza più approfondita del mercato finanziario, mi sento di condividere le tesi di chi propone
un obbligo di trasparenza204 nel mercato del credito al consumo (ed in generale
nell’ambito del mercato finanziario) che si estende ad una vera e propria consulenza, così che la trasparenza possa non solo palesare informazioni, ma assurga a canale di pareri e soluzioni.
La consulenza, pur essendo un servizio d’investimento autonomo, può essere strumentale e accessorio (come nella normativa pre-Mifid) non soltanto ad altri servizi d’investimento, ma alle operazioni bancarie in toto.
Nel settore mobiliare questa idea è già molto più sviluppata che nel settore bancario; figure quali i promotori finanziari, professionisti che permettono alla
204 NIGRO, op. cit., pag. 21-22; PARACAMPO, op. cit., pag. 19-21; FALCONE, op. cit., pag. 138.
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banca di esercitare l’offerta fuori sede205, svolgono a favore dei propri clienti anche
raccomandazioni personali strumentali creando un rapporto fiduciario che, oltre a solidificare il rapporto cliente-promotore, permette al contraente debole sia di ottenere chiarimenti e delucidazioni su ogni questione intercorrente tra lui e l’intermediario, sia di “avere la banca a portata di mano”, ossia poter contattare in qualunque momento il promotore e rendere così la banca una figura presente sul mercato e rispondente a bisogni e necessità della clientela, risolvendo (quantomeno riducendo) il clima di sfiducia generale che la crisi aveva generato.
Questo le banche lo hanno capito!
Lo dimostrano i sempre maggiori uffici di promotori sparsi sul territorio, che aumentano in maniera inversamente proporzionale alle figure dell’impiegato,
205 Per offerta fuori sede si intendono “la promozione il collocamento di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del preponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento” (art. 30 TUF). L'offerta fuori sede può consistere sia nella promozione di strumenti finanziari, ossia messaggio promozionale specificatamente diretto alla conclusione di un contratto di compravendita (e può essere posta in essere solo previa pubblicazione del prospetto informativo), che nel collocamento di strumenti finanziari, cioè stipulazione di contratti di compravendita e permuta previsti nell'ambito del pubblico risparmio. La nozione del 1998 non comprendeva nella disciplina delle offerte fuori sede i prodotti finanziari emessi dalle banche, diverse da azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, ovvero prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazioni, esenzione-privilegio cessata con la legge 262 del 2005.
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creando quel mutamento che sta portando la naturale riduzione delle fette di mercato detenute dalle banche tradizionali.
Il rischio di affidarsi completamente ad un soggetto e che questi si possa rivelare un truffatore, esiste.
Dottrina e giurisprudenza (soprattutto quest’ultima) si sono dimostrate più volte irremovibili nell’affermare la responsabilità oggettiva dell’intermediario preponente per illecito del promotore ogniqualvolta sussista la necessaria
occasionalità tra l’incombenza ed il verificarsi dell’illecito206.
206Per la dottrina vedi RABITTI-BEDOGNI, L'offerta fuori sede: regole e costi
dell'intermediazione finanziaria, Roma, 1999; GRECO, La responsabilità del soggetto abilitato nell’illecito del promotore finanziario: il punto fermo della Corte di Cassazione, in Responsabilità Civile e Previdenza, 2013; TIDONA, La responsabilità della banca per il risarcimento al cliente delle somme sottratte e dei danni arrecati dal promotore finanziario, in Magitra Banca e Finanza,
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Per la giurisprudenza, tra le sentenze più recenti, vedi Trib. Biella, 17 Luglio 2008; Trib. La Spezia, 26 Marzo 2014; Trib. Perugia 22 Dicembre 2014; Cass. n. 8236 del 2012 tutte in
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Quando le banche hanno avvertito che il nomen “promotore finanziario” poteva essere associato a manovre finanziarie spericolate agli occhi della clientela, ecco che i messaggi promozionali hanno iniziato a parlare di family banker, bancario al servizio completo della famiglia. L’abile scelta di marketing mostra ciò che ho prima evidenziato: il family banker in ambito bancario e finanziario, nel momento in cui presta il servizio, se è bravo (ed ottempera alle direttive dell’intermediario) offre una consulenza ad ampio raggio che spazia dal ramo mobiliare a quello bancario, financo l’assicurativo; ed è un servizio che, non soltanto garantisce trasparenza, nel senso che l’interesse affinché il cliente non subisca perdite (se non entro la misura concordata e comunque connaturate alla natura del servizio prestato) è anche del promotore (di regola assunto con contratto d’agenzia), ma nel momento
in cui il promotore effettua i test di adeguatezza o appropriatezza207, si rende conto
di chi ha davanti e come muoversi per far comprendere (e non meramente informare) al cliente le manovre che si andranno ad effettuare ed il perché.
Partendo da questo, nel momento in cui l’interesse del cliente non saranno quote di OICR, ma la richiesta di un mutuo o di un finanziamento, il promotore
207 Autorevole dottrina ha sostenuto che il principio di adeguatezza “debba essere ormai declinato anche nella concessione del credito, talora considerandolo un corollario implicito nella clausola generale di correttezza e buona fede, da quantificarsi nell’ambito del criterio di ragionevolezza”. DOLMETTA, op. cit., pag.124-125.
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dovrà farsi carico di offrire un servizio qualitativamente corretto e trasparente (e migliore rispetto alla concorrenza) offrendo al cliente una “serenità” che non troverebbe qualora si rivolgesse da solo in una banca.
Pur essendo conscio che la figura del promotore possa esplicare una consulenza
servente al regime di trasparenza solo in contratti di una certa sostanza208, nei
finanziamenti più ridotti occorrerebbe trasformare in consulenza l’obbligo di assistenza, ossia l’interpretazione logico-speranzosa a discapito di quella letterale.
Solo la consulenza, se oggettiva (anche se polarizzata) e personalizzata può veramente svolgere i compiti di trasparenza e di educazione finanziaria di cui il consumatore necessita; pertanto ritengo che la trasparenza, sub species quella del credito al consumo, necessiti della consulenza per esplicare gli obblighi di informazione al fine di far realmente comprendere (e non meramente conoscere) il valore ed il significato del contratto di credito che lo stesso stipula.
208 Improbabile che un consumatore chieda una consulenza per un finanziamento finalizzato all’acquisto di un elettrodomestico o di un auto.
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